Vanno avanti le audizioni della Prima Commissione sul tema delle riforme. Il parlamentino dell’Autonomia ha sentito questa mattina gli ex presidenti di Regione e Consiglio Antonello Cabras, Italo Masala, Giacomo Spissu e Felicetto Contu.
Antonello Cabras, presidente della Giunta regionale dal novembre del ’91 al giugno del ’94, ha ricordato i numerosi tentativi di riforma dello Statuto portati avanti negli ultimi vent’anni. Tentativi che però non hanno prodotto risultati, se non alcune modifiche parziali della Carta in materia di entrate e forma di governo. «Oggi – ha sottolineato Cabras – è ancora più difficile pensare ad una revisione dello Statuto. Al centro delle riforme nazionali non ci sono più le regioni ma i comuni. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi incarna questa idea. Il rischio è aprire un dibattito sulle riforme con chi non è disposto ad ascoltare». Per questo, secondo l’ex presidente della Regione, «ogni progetto di revisione dello Statuto deve essere realista, altrimenti si corre il pericolo di un arretramento della nostra autonomia». «La Regione sarda può comunque esercitare le sue potestà esclusive in alcune materie – ha aggiunto Cabras – se non lo fa è perché non vuole farlo». E’ ciò che è successo con la forma di governo: l’elezione diretta del Presidente è una conseguenza della modifica del Titolo V della Costituzione, ma il Consiglio poteva anche puntare sul presidenzialismo puro, soluzione – secondo Cabras – più efficace per il governo di una regione come la Sardegna.
L’ex presidente della Giunta ha poi affrontato il tema del riordino degli Enti Locali. «Le proiezioni demografiche parlano chiaro. La Sardegna, nei prossimi decenni, scenderà sotto il milione di abitanti. L’attuale sistema non reggerà: occorre mettere insieme i comuni e studiare nuovi modelli di governance per il livello intermedio». Un accenno, infine, alle questione economica: «La Sardegna deve difendere la sua autonomia fiscale – ha detto Cabras – e prevedere un prelievo totale sulle attività svolte nel territorio della Regione. La riforma non può, inoltre, non tenere conto dei vincoli europei sempre più condizionanti. Il patto di stabilità non può applicarsi allo stesso modo in tutti i territori. Chi vive a Cuneo ha più opportunità di un abitante della provincia di Nuoro».
Italo Masala, presidente della Regione dall’agosto del 2003 al giugno del 2004, ha suggerito alla Commissione di guardare con attenzione ai progetti di riforma portati avanti a livello nazionale. «Saranno più veloci di noi – ha detto Masala – da soli si rischia di non andare da nessuna parte. Bisogna ottenere la giusta considerazione da parte del Governo». Masala ha poi ricordato il tentativo, fallito, di dotare gli esecutivi regionali di un potere più forte in situazioni di urgenza. «Nel 2001 si provò ad inserire nella riforma del Titolo V della Costituzione la previsione per le regioni a Statuto Speciale di intervenire, per casi particolari, con decreti legge. Il governo si oppose». Ecco perché è urgente, secondo l’ex presidente della Giunta, entrare nel dibattito sulla riforma del Senato che «deve essere, necessariamente, una sede di confronto tra lo Stato e le autonomie locali».
Sulla forma di governo, Masala ha suggerito una via che garantisca più equilibrio di poteri tra Giunta e Consiglio. «La potestà di indirizzo politico in capo al presidente della Regione è oggi più forte con il sistema di elezione diretta. Il quadro è sbilanciato. Forse sarebbe il caso di prevedere anche l’elezione diretta di un vicepresidente per evitare che il corso di una legislatura venga condizionato dalla volontà del capo dell’esecutivo».
Sul riordinamento degli enti locali, Masala ha sottolineato la necessità, oggi ancora più marcata dopo l’abolizione delle province, di garantire una rappresentanza ai territori. «Difficile pensare che una sola città metropolitana come Cagliari possa rappresentare tutta l’Isola. Occorre trovare soluzioni alternative». Nel suo intervento, l’ex presidente ha toccato per ultimo il tema della riorganizzazione della macchina regionale. «La legge 31/98 ha avuto il merito di separare funzioni politiche e amministrative. Abbiamo assistito però ad una proliferazione di servizi – ha detto Masala – che ha creato problemi nel funzionamento della struttura pubblica».
Giacomo Spissu, presidente del Consiglio nella XIII legislatura, ha sottolineato la necessità di inquadrare ogni proposta di riforma in un contesto più ampio. «Affrontare questo tema – ha detto Spissu – senza considerare ciò che succede a livello nazionale e internazionale ci espone a grandi rischi». In Italia, ha ricordato l’ex presidente dell’Assemblea, si è passati dall’autonomismo al regionalismo diffuso per arrivare poi al federalismo. «Ora c’è una spinta neocentralista che rimette in discussione non solo il rapporto Stato-Regione ma anche quello tra Regione ed enti locali. I progetti di revisione dello Statuto devono muoversi in contesti favorevoli altrimenti rischiano di fallire. Questo aspetto deve essere vagliato attentamente dal Consiglio. Attenzione a toccare lo Statuto perché c’è il rischio di peggiorarlo». Spissu si è poi soffermato sul metodo da adottare per le riforme bocciando senza mezzi termini l’ipotesi dell’Assemblea Costituente. «Sarebbe una soluzione velleitaria – ha detto Spissu -. A un soggetto costituente si ricorre dopo le guerre o in situazioni di emergenza democratica. Ogni proposta dell’Assemblea andrebbe comunque vagliata dal parlamento». Meglio, dunque, affidare il compito ad un altro organo. «Nel 2006 – ha ricordato Spissu – venne approvata la proposta per l’Istituzione di una Consulta che nella fase istruttoria affiancasse il Consiglio lasciando a quest’ultimo la potestà legislativa. Questa può essere ancora oggi una buona soluzione». Secondo Spissu l’aula può comunque procedere in piena autonomia all’approvazione della legge Statutaria e alla modifica delle storture dell’attuale legge elettorale.
Sul fronte della riorganizzazione della macchina amministrativa, l’ex presidente del Consiglio ha evidenziato la mancanza di un’idea chiara. «Serve una riforma complessiva degli enti locali che preveda una nuova allocazione dei poteri e una ridefinizione del sistema dei controlli».
Felicetto Contu, presidente del Consiglio nella VI e nella VII legislatura, ha rivendicato i risultati ottenuti dalla Sardegna in termini di progresso economico e sociale nella stagione dell’Autonomia. «Oggi è indubbio – ha detto Contu – che lo Statuto debba essere rivisitato, ma il compito è arduo. La riforma nazionale va verso uno Stato centralista. Compito dei legislatori sardi è, non solo la difesa delle nostre prerogative, ma anche l’accrescimento degli spazi di sovranità». Secondo il decano della politica sarda, è necessario darsi un obiettivo, anche il più ambizioso come l’indipendenza, ma occorre ragionare per gradi. «Gli esempi sono tanti: in alcune regioni d’Europa, come i Paesi Baschi, la Catalogna e le Canarie – ha detto Contu – si esercitano poteri statuali su alcune materie. La Sardegna potrebbe far tesoro di queste esperienze e mutuarle nel proprio ordinamento».
L’ex presidente del Consiglio dopo aver evidenziato la mancata attuazione di alcune disposizioni dello Statuto, in particolare quelle sul Piano di Rinascita e sui punti franchi, si è poi soffermato sulle modalità con le quali procedere alla riforma. «Sono tendenzialmente favorevole all’Assemblea Costituente – ha detto Contu – ma non è una posizione ideologica. In ogni caso – ha concluso l’ex presidente – qualsiasi proposta di modifica dovrà essere sottoposta ad un referendum consultivo».
Le audizioni della Commissione proseguiranno domani, venerdì 6 giugno, con l’intervento dei parlamentari sardi.