18 November, 2024
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Roberto Frongia, neo assessore regionale dei Lavori pubblici, lascia il Consiglio comunale di Iglesias, al suo posto subentrerà Luisella Corda, prima dei non eletti nella lista dei Riformatori sardi alle Amministrative del 10 giugno di un anno fa, con 67 preferenze.

Roberto Frongia, 59 anni, presidente dei Riformatori sardi e del Comitato per il riconoscimento dell’Insularità in Costituzione, è alla seconda esperienza da assessore regionale. Nella prima, nella XII legislatura, dal 1999 al 2004, ricoprì il ruolo di assessore del Turismo, Artigianato e Commercio, nelle Giunte guidate da Mario Floris, Mauro Pili ed Italo Masala.

La decisione di lasciare il Consiglio comunale di Iglesias per dedicarsi a tempo pieno al nuovo prestigioso ed oneroso incarico, è arrivata undici giorni dopo il giuramento da neo assessore regionale.

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Roberto Frongia, 59 anni, avvocato, presidente dei Riformatori sardi e del Comitato per il riconoscimento dell’Insularità in Costituzione, nonché consigliere comunale di minoranza al comune di Iglesias, è il nuovo assessore regionale dei Lavori pubblici. Ritorna così in Giunta regionale, a distanza di 15 anni, avendo ricoperto l’incarico di assessore del Turismo, Artigianato e Commercio per l’intera XII legislatura, nelle tre Giunte presiedute da Mario Floris, Mauro Pili ed Italo Masala.

Roberto Frongia ha iniziato la sua esperienza politico-amministrativa al comune di Iglesias, la sua città, il 5 dicembre 1993 da assessore e vicesindaco al fianco di Mauro Pili, con il quale fu protagonista di una clamorosa rimonta al ballottaggio (partendo dal 22% contro il 48% maturati al primo turno) nei confronti della coalizione di centrosinistra guidata da Nico Grillo. L’esperienza al comune di Iglesias si interruppe anticipatamente per la candidatura di Mauro Pili alla carica di governatore, alla vigilia delle elezioni regionali del 1999 che lo videro candidato, non eletto, alla carica di consigliere. Venne subito indicato dai Riformatori sardi come assessore tecnico del Turismo, Artigianato e Commercio, incarico che ricoprì per l’intera legislatura, in tre diverse Giunte. Conclusa quell’esperienza, ha continuato il suo impegno politico, senza soluzione di continuità, con i Riformatori sardi, candidandosi prima alla carica di consigliere regionale, poi a quella di sindaco di Iglesias, senza fortuna, e un anno fa è tornato in Consiglio comunale da consigliere di minoranza. Dal luglio 2016 è presidente del partito. Ha proseguito le battaglie storiche dei Riformatori sardi per le riforme e da un paio d’anni guida il Comitato per il riconoscimento dell’insularità in Costituzione.

Dalla prossima settimana, subito dopo il giuramento in Aula, Roberto Frongia guiderà l’assessorato dei Lavori pubblici della Giunta Solinas.

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Si moltiplicano le prese di posizione delle forze politiche sugli sviluppi negativi degli ultimi giorni della vertenza dello stabilimento Alcoa di Portovesme.

Oggi ad intervenire è Roberto Frongia, presidente dei Riformatori sardi, già assessore regionale del Turismo dal 1999 al 2004 nelle Giunte guidate da Mario Floris, Mauro Pili e Italo Masala.

«Disoccupazione e un carico di veleni insostenibile: è questo il regalo di Alcoa, con la penosa partecipazione di Glencore e Regione – scrive Roberto Frongia in una nota -. Adesso vogliamo sapere che fine faranno i lavoratori, chi ci restituirà un territorio bonificato per procedere finalmente nell’unica strada possibile per lo sviluppo del Sulcis Iglesiente: un master plan turistico che porti vera ricchezza e non finti posti di lavoro.»

«Il 10 novembre 2014 – ricorda Roberto Frongia – è stato sottoscritto il Memorandum tra il ministero dello Sviluppo economico, la Regione autonoma della Sardegna e la Glencore International AG. Fin dall’inizio avevamo espresso perplessità e dubbi, nonostante le dichiarazioni entusiastiche del Presidente Pigliaru e del PD. Tra possibili interventi del governo italiano in materia di energia elettrica, interrompibilità, contratti di sviluppo possibili per sostenere finanziariamente gli investimenti finalizzati allo sviluppo industriale e/o alla tutela ambientale, innovazione e ricerca, il Governo italiano ha consumato anni senza ottenere alcun risultato. Senza dimenticare la Regione Sardegna che alle promesse del Governo nazionale sommava le proprie, impegnandosi a realizzare in tempi brevi opere portuali e stradali indispensabili, a loro dire, per l’ottimizzazione della logistica al servizio degli impianti industriali dell’area. Non solo. La Regione, su richiesta della Glencore, si impegnava ad adottare tutte le risoluzioni che avrebbero consentito in tempi rapidi la semplificazione e la velocizzazione degli iter procedurali necessari per l’ottenimento delle autorizzazioni di carattere ambientale e/o amministrativo necessarie per la riattivazione degli impianti.» 

«Su questa semplificazione – sottolinea ancora Roberto Frongia – è meglio stendere un velo pietoso considerato il dramma ambientale che vivono le popolazioni del Sulcis Iglesiente. Insomma una vergogna assoluta. Nel frattempo vi è da chiedersi che fine faranno i lavoratori e chi pagherà il danno ambientale. Nel Sulcis-Iglesiente (già dichiarata area ad elevato rischio di crisi ambientale) per molti anni venivano prodotti circa il 65% di rifiuti speciali dell’isola. Un carico di veleni insostenibile. A questo punto siamo pronti a sostituirci all’inerzia degli Enti locali. Ad ogni buon conto le bonifiche potranno creare migliaia di posti di lavoro e dare una risposta immediata alle emergenze di Iglesias, Portoscuso, Gonnesa, Carbonia ed il territorio. Le bonifiche ed il recupero del patrimonio immobiliare (proseguendo nell’azione di riqualificazione a fini turistici delle aree minerarie dismesse e nelle aree di archeologia industriale iniziata nell’ormai anno 2000), unitamente ad un progetto di gestione di quelle aree, saranno le fondamenta su cui potrà reggersi un Piano di sviluppo turistico. Poi – conclude Roberto Frongia – agricoltura, pesca, cultura e ricerca, sono queste le nostre proposte per creare posti di lavoro e per garantire una vita dignitosa alle migliaia di disoccupati.» 

Roberto Frongia copia

Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

Vanno avanti le audizioni della Prima Commissione sul tema delle riforme. Il parlamentino dell’Autonomia ha sentito questa mattina gli ex presidenti di Regione e Consiglio Antonello Cabras, Italo Masala, Giacomo Spissu e Felicetto Contu.

Antonello Cabras, presidente della Giunta regionale dal novembre del ’91 al giugno del ’94, ha ricordato i numerosi tentativi di riforma dello Statuto portati avanti negli ultimi vent’anni. Tentativi che però non hanno prodotto risultati, se non alcune modifiche parziali della Carta in materia di entrate e forma di governo. «Oggi – ha sottolineato Cabras – è ancora più difficile pensare ad una revisione dello Statuto. Al centro delle riforme nazionali non ci sono più le regioni ma i comuni. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi incarna questa idea. Il rischio è aprire un dibattito sulle riforme con chi non è disposto ad ascoltare». Per questo, secondo l’ex presidente della Regione, «ogni progetto di revisione dello Statuto deve essere realista, altrimenti si corre il pericolo di un arretramento della nostra autonomia». «La Regione sarda può comunque esercitare le sue potestà esclusive in alcune materie – ha aggiunto Cabras – se non lo fa è perché non vuole farlo». E’ ciò che è successo con la forma di governo: l’elezione diretta del Presidente è una conseguenza della modifica del Titolo V della Costituzione, ma il Consiglio poteva anche puntare sul presidenzialismo puro, soluzione – secondo Cabras – più efficace per il governo di una regione come la Sardegna.

L’ex presidente della Giunta ha poi affrontato il tema del riordino degli Enti Locali. «Le proiezioni demografiche parlano chiaro. La Sardegna, nei prossimi decenni, scenderà sotto il milione di abitanti. L’attuale sistema non reggerà: occorre mettere insieme i comuni e studiare nuovi modelli di governance per il livello intermedio». Un accenno, infine, alle questione economica: «La Sardegna deve difendere la sua autonomia fiscale – ha detto Cabras – e prevedere un prelievo totale sulle attività svolte nel territorio della Regione. La riforma non può, inoltre, non tenere conto dei vincoli europei sempre più condizionanti. Il patto di stabilità non può applicarsi allo stesso modo in tutti i territori. Chi vive a Cuneo ha più opportunità di un abitante della provincia di Nuoro».

Italo Masala, presidente della Regione dall’agosto del 2003 al giugno del 2004, ha suggerito alla Commissione di guardare con attenzione ai progetti di riforma portati avanti a livello nazionale. «Saranno più veloci di noi – ha detto Masala – da soli si rischia di non andare da nessuna parte. Bisogna ottenere la giusta considerazione da parte del Governo». Masala ha poi ricordato il tentativo, fallito, di dotare gli esecutivi regionali di un potere più forte in situazioni di urgenza. «Nel  2001 si provò ad inserire nella riforma del Titolo V della Costituzione la previsione per le regioni a Statuto Speciale di intervenire, per casi particolari, con decreti legge. Il governo si oppose». Ecco perché è urgente, secondo l’ex presidente della Giunta, entrare nel dibattito sulla riforma del Senato che «deve essere, necessariamente, una sede di confronto tra lo Stato e le autonomie locali».

Sulla forma di governo, Masala ha suggerito una via che garantisca più equilibrio di poteri tra Giunta e Consiglio. «La potestà di indirizzo politico in capo al presidente della Regione è oggi più forte con il sistema di elezione diretta. Il quadro è sbilanciato. Forse sarebbe il caso di prevedere anche l’elezione diretta di un vicepresidente per evitare che il corso di una legislatura venga condizionato dalla volontà del capo dell’esecutivo». 

Sul riordinamento degli enti locali, Masala ha sottolineato la necessità, oggi ancora più marcata dopo l’abolizione delle province, di garantire una rappresentanza ai territori. «Difficile pensare che una sola città metropolitana come Cagliari possa rappresentare tutta l’Isola. Occorre trovare soluzioni alternative». Nel suo intervento, l’ex presidente ha toccato per ultimo il tema della riorganizzazione della macchina regionale. «La legge 31/98 ha avuto il merito di separare funzioni politiche e amministrative. Abbiamo assistito però ad  una proliferazione di servizi – ha detto Masala – che ha creato problemi nel funzionamento della struttura pubblica».

Giacomo Spissu, presidente del Consiglio nella XIII legislatura, ha sottolineato la necessità di inquadrare ogni proposta di riforma in un contesto più ampio. «Affrontare questo tema – ha detto Spissu – senza considerare ciò che succede a livello nazionale e internazionale ci espone a grandi rischi». In Italia, ha ricordato l’ex presidente dell’Assemblea, si è passati dall’autonomismo al regionalismo diffuso per arrivare poi al federalismo. «Ora c’è una spinta neocentralista che rimette in discussione non solo il rapporto Stato-Regione ma anche quello tra Regione ed enti locali. I progetti di revisione dello Statuto devono muoversi in contesti favorevoli altrimenti rischiano di fallire. Questo aspetto deve essere vagliato attentamente dal Consiglio. Attenzione a toccare lo Statuto perché c’è il rischio di peggiorarlo». Spissu si è poi soffermato sul metodo da adottare per le riforme bocciando senza mezzi termini l’ipotesi dell’Assemblea Costituente. «Sarebbe una soluzione velleitaria – ha detto Spissu -. A un soggetto costituente si ricorre dopo le guerre o in situazioni di emergenza democratica. Ogni proposta dell’Assemblea andrebbe comunque vagliata dal parlamento». Meglio, dunque, affidare il compito ad un altro organo. «Nel 2006 – ha ricordato Spissu – venne approvata la proposta per l’Istituzione di una Consulta che nella fase istruttoria affiancasse il Consiglio lasciando a quest’ultimo la potestà legislativa. Questa può essere ancora oggi una buona soluzione». Secondo Spissu l’aula può comunque procedere in piena autonomia all’approvazione della legge Statutaria e alla modifica delle storture dell’attuale legge elettorale.

Sul fronte della riorganizzazione della macchina amministrativa, l’ex presidente del Consiglio ha evidenziato la mancanza di un’idea chiara. «Serve una riforma complessiva degli enti locali che preveda una nuova allocazione dei poteri e una ridefinizione del sistema dei controlli».

Felicetto Contu, presidente del Consiglio nella VI e nella VII legislatura, ha rivendicato i risultati ottenuti dalla Sardegna in termini di progresso economico e sociale nella stagione dell’Autonomia. «Oggi è indubbio – ha detto Contu – che lo Statuto debba essere rivisitato, ma il compito è arduo. La riforma nazionale va verso uno Stato centralista. Compito dei legislatori sardi è, non solo la difesa delle nostre prerogative, ma anche l’accrescimento degli spazi di sovranità». Secondo il decano della politica sarda, è necessario darsi un obiettivo, anche il più ambizioso come l’indipendenza, ma occorre ragionare per gradi. «Gli esempi sono tanti: in alcune regioni d’Europa, come i Paesi Baschi, la Catalogna e le Canarie – ha detto Contu – si esercitano poteri statuali su alcune materie. La Sardegna potrebbe far tesoro di queste esperienze e mutuarle nel proprio ordinamento». 

L’ex presidente del Consiglio dopo aver  evidenziato la mancata attuazione di alcune disposizioni dello Statuto, in particolare quelle sul Piano di Rinascita e sui punti franchi, si è poi soffermato sulle modalità con le quali procedere alla riforma. «Sono tendenzialmente favorevole all’Assemblea Costituente – ha detto Contu – ma non è una posizione ideologica. In ogni caso – ha concluso l’ex presidente – qualsiasi proposta di modifica dovrà essere sottoposta ad un referendum consultivo».

Le audizioni della Commissione proseguiranno domani, venerdì 6 giugno, con l’intervento dei  parlamentari sardi.

Francesco Agus

Gli ex presidenti della Regione, Pietro Soddu e Angelo Roich, sono stati sentiti ieri pomeriggio dalla Prima Commissione del Consiglio regionale, presieduta da Francesco Agus, nell’ambito delle audizioni programmate sul tema delle riforme istituzionali.

Pietro Soddu (sette volte alla guida della Regione dal 1972 al 1980) non ha nascosto le sue perplessità sul metodo di consultazione adottato dalla Commissione. «In questo momento di delegittimazione della politica – ha detto Soddu – sarebbe necessario portare la discussione fuori dal palazzo. In Europa, basta pensare a ciò che succede in Scozia, Spagna e Francia, sul tema delle riforme si ricorre sempre più frequentemente ad un pronunciamento diretto del corpo elettorale. Questo aspetto in Sardegna sembra trascurato nonostante la presenza di forze sovraniste e indipendentiste in Consiglio regionale».

Pietro Soddu ha poi puntato l’attenzione sulla riforma costituzionale avviata dal Governo e orientata verso una “visione centralista”. Il Consiglio, secondo l’ex presidente della Giunta, deve avere più coraggio, servono strumenti più forti della mera consultazione. «Più sovranità e meno autonomia» – ha detto Soddu – rispolverando un suo vecchio slogan. «La nuova questione sarda deve fondarsi su tre elementi: modernità, identità e cittadinanza. La Sardegna – ha sottolineato – non può rinunciare a un nuovo processo di modernizzazione, a una partecipazione attiva al grande cambiamento in atto a livello globale e a capire come difendere le radici profonde della sua identità». Sul concetto di cittadinanza, Soddu ha ricordato che lo Statuto «è frutto della Costituzione italiana. Lo Stato, cento anni dopo la fusione perfetta del 1848, ha restituito alla Sardegna una forma, seppur parziale, di autogoverno. Rinunciare alla Costituzione sarebbe un’impresa ardua, la cittadinanza non si può buttare a mare».

Sul nuovo modello di sviluppo, Pietro Soddu ha ribadito la necessità di puntare ancora sull’industria, moderna e tecnologicamente avanzata. «Non conosco modelli di sviluppo che possano fare a meno delle attività industriali. Impossibile dare risposte solo con il turismo o il settore primario». Ampi margini di intervento esistono invece in agricoltura: «In questo settore – ha detto Soddu – il Piano di Rinascita non ha avuto piena attuazione. Si sono create le infrastrutture, con le dighe e i canali di irrigazione, ma non si sono ottenuti risultati, mentre le industrie hanno prodotto ricchezza per 40 anni».

Per Angelo Roich, presidente della Giunta dal 1982 al 1984, l’attuale legislatura si giocherà sul tema delle riforme. Una questione decisiva per l’Isola in un’epoca che vede gli spazi delle Regioni appiattiti dalla globalizzazione e la sovranità degli Stati ridimensionata dall’invadenza dell’Unione Europea. Per questo, secondo Roich, occorre procedere a una revisione dello Statuto senza cambiarne i principi e i valori. «Non si deve correre il rischio di un declassamento della Carta costituzionale della Sardegna. Il nuovo Statuto può creare un’autonomia rinnovata, fondata su un nuovo patto con il parlamento italiano e con quello europeo. Ma un patto federativo sarebbe riduttivo senza un’intesa tra le Regioni a Statuto Speciale e l’Unione Europea».

Sul metodo con cui riscrivere lo Statuto, Roich ha sottolineato la centralità del Consiglio regionale esprimendo perplessità sul ricorso all’Assemblea Costituente. «Quest’ultimo organismo avrebbe un valore importante se eletto dal popolo, ma è un percorso difficile perché si potrebbe creare un conflitto con il Consiglio». Secondo l’ex presidente della Regione, «una soluzione potrebbe essere quella di una Consulta da affiancare alla Commissione Autonomia».  

Il nuovo Statuto, ha proseguito Roich, «deve rappresentare la sintesi delle culture, della storia di un popolo e della sua spiritualità. L’unità dei sardi deve ritrovarsi nei principi e nei valori fondamentali, primo fra tutti quello dell’autogoverno». In questa battaglia, secondo l’ex presidente, «la Sardegna non sarà sola ma potrà contare sull’appoggio di altre nazioni senza Stato, come la Catalogna, la Navarra, i Paesi Baschi, la Galizia e la Scozia. L’obiettivo deve essere quello di un’Europa dei popoli e delle piccole patrie».

Roich ha infine suggerito alla Commissione di non rinunciare ad alcuni contenuti dello Statuto. «La previsione dell’articolo 13 sul Piano di Rinascita è un unicum giuridico – ha detto Roich – da difendere per il solo fatto che sancisce la parità tra Stato e Regione». Da rispolverare anche la norma sull’istituzione dei punti franchi. «Questa ipotesi non sarebbe guardata con sfavore dall’Europa – ha sottolineato l’ex presidente della Regione – la Sardegna ha infatti una posizione strategica nel Mediterraneo, l’istituzione di punti franchi in tutte le zone industriali aprirebbe prospettive straordinarie di sviluppo e di occupazione per i giovani».

 I lavori della Commissione proseguiranno domani mattina con le audizione degli ex presidenti della Regione e del Consiglio regionale Antonello Cabras, Italo Masala, Felicetto Contu, Lello Mereu e Giacomo Spissu.