25 November, 2024
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Appuntamento “extra moenia” questa sera, per Nuoro Jazz. La rassegna di concerti che affianca il trentesimo Seminario jazz si sposta per una sera dal capoluogo barbaricino a Posada, sulla costa orientale, tappa ormai abituale nel circuito della manifestazione organizzata dall’Ente Musicale di Nuoro.

Alle 21.00, in piazzetta Zirottu, è di scena il We Kids Quartet, formazione guidata da Stefano Bagnoli, tra i batteristi di primo piano della scena jazzistica nazionale (nonché docente del Seminari jazz di Nuoro): accanto ai suoi piatti e tamburi, Francesco Patti al sax tenore, Giuseppe Vitale al pianoforte e Stefano Zambon al contrabbasso.

In attività da quand’era appena quindicenne, nel 1978, Stefano Bagnoli può vantare un curriculum artistico di rilievo sia in termini discografici che per le collaborazioni con artisti del calibro di Clark Terry, Harry Sweet Edison, Buddy De Franco, Johnny Griffin, Tom Harrell, Miroslav Vitous, Joe Lovano, Bob Mintzer, Randy Brecker, Uri Caine, Gil Goldstein. Membro stabile dei gruppi di Paolo Fresu, Paolo Jannacci, Dado Moroni, Franco Cerri, Franco Ambrosetti, oltre a suonare nel progetto “Malia” di Massimo Ranieri con Enrico Rava e Rita Marcotulli, nel 2011 ha formato il suo primo trio con due giovanissimi talenti siciliani, Francesco Patti e Giuseppe Cucchiara: tre album e una fitta attività concertistica hanno spianato la strada ai due, che di recente si sono avventurati con successo oltreoceano sperimentando le proprie idee.

Portando avanti la sua vocazione di talent scout, e con l’intento di mantenere in vita il nome “We Kids” (nome volutamente ironico per un progetto all’insegna del dialogo tra musicisti veterani e nuove leve) come marchio portafortuna per nuove generazioni di musicisti, Stefano Bagnoli ha rinnovato nel 2016 l’organico chiamando a sé altri due giovanissimi fuoriclasse: Giuseppe Vitale e Stefano Zambon. Per questa occasione di Nuoro Jazz, il batterista riunisce in un quartetto i “kids” delle due formazioni e presenta un omaggio all’essenza innovativa e multiforme del jazz, che contamina il passato con il linguaggio moderno delle nuove generazioni: una proposta stilistica ancorata alla tradizione ma con la voglia di rinnovarsi senza barriere, semplicemente suonando, ognuno con il proprio stile, l’intramontabile repertorio storico di Louis Armstrong, Fats Waller, Benny Goodman e Duke Ellington oltre ad alcuni brani originali composti dallo stesso Bagnoli e i suoi ragazzi.

Lunedì sera (27 agosto) la rassegna ritorna a Nuoro per uno dei suoi concerti più attesi: protagonista Peter Bernstein che, ultimata la sua masterclass di tre giorni nell’ambito del Seminario Jazz, sarà sul palco nei cortili del Museo del Costume a partire dalle 21.00. Una bella occasione per apprezzare dal vivo il chitarrista newyorkese, classe 1967, che nel suo bagaglio di esperienze conta la partecipazione a un centinaio di dischi, compresi una quindicina da leader, collaborazioni con jazzisti come Lou Donaldson, Jimmy Cobb, Larry Goldings, Joshua Redman, Diana Krall, Dr. Lonnie Smith ed apparizioni nei gruppi di Nicholas Payton, Sonny Rollins, Lee Konitz e Tom Harrell, tra gli altri.

Altro appuntamento in agenda per lunedì, alle 19 al Caffè Tettamanzi, la presentazione di “Sardegna, Jazz e dintorni”, recente pubblicazione di Simone Cavagnino e Claudio Loi, edita lo scorso giugno da Aipsa. Suddiviso in cinque sezioni tematiche, il libro comprende oltre settanta testimonianze originali di artisti e addetti ai lavori e una nutrita galleria discografica con centinaia di schede distribuite sotto forma di playlist per ogni sezione. Tante le voci autorevoli all’interno dell’opera, tra cui quelle di Paolo Fresu, Antonello Salis, Pinuccio Sciola, Gavino Murgia, Enzo Favata, Paolo Angeli, Elena Ledda, Rossella Faa e Sebastiano Dessanay.

 

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Entra nel vivo la trentesima edizione di Nuoro Jazz: mentre alla Scuola Civica di Musica “Antonietta Chironi”, vanno a regime le attività didattiche, il festival collegato al Seminario Jazz propone domani (mercoledì 22 agosto) due appuntamenti diversi ma accomunati da un riferimento cinematografico. Il primo, alle 18.00, al Caffè Tettamanzi (in corso Garibaldi), è dedicato a Gianni Amico e al suo appassionato rapporto col jazz; presentati dal figlio, Olmo Amico (archivista e catalogatore responsabile della collezione delle colonne sonore presso la biblioteca Renzo Renzi della Cineteca di Bologna), verranno proiettati due documentari del regista e sceneggiatore ligure scomparso (non ancora cinquantasettenne) nel 1990. Si comincia con il suo cortometraggio d’esordio, “Noi insistiamo! Suite per la libertà subito”, del 1964, un film di montaggio di immagini fotografiche: venti minuti in bianco e nero ispirati e accompagnati dalle musiche di “We Insist! Freedom Now Suite”, il disco di Max Roach che fin dal titolo dichiara il suo impegno civile per i diritti degli afroamericani. Girato un anno dopo, nel 1965, in occasione del settimo festival internazionale del jazz di Bologna, il secondo lavoro in visione, “Appunti per un film sul jazz”, propone invece rare immagini e note di alcuni grandi protagonisti di quella manifestazione e di una stagione particolarmente creativa del jazz, come Johnny Griffin, Steve Lacy, Don Cherry, Mal Waldron, Gato Barbieri ed Enrico Rava. Completa la serie di proiezioni al Caffè Tettamanzi “L’uomo Amico”, un documentario del 2014 di Germano Maccioni, da un’idea di Olmo Amico, che ricostruisce un profilo di Gianni Amico attraverso le interviste ad amici e colleghi come Bernardo Bertolucci, Tatti Sanguineti, Caetano Veloso e Gilberto Gil.

Un legame con il cinema caratterizza anche “Metafisica per le scimmie”, titolo del concerto in programma in serata nei cortili del Museo del Costume: al centro dei riflettori, a partire dalle 21, una nuova formazione intestata al chitarrista Bebo Ferra, con il trombettista Fulvio Sigurtà (anche lui docente del Seminario jazz nuorese), Salvatore Maiore al contrabbasso e Alessandro Paternesi alla batteria. Le composizioni nate in collaborazione con Paolo Fresu per il film “Il mio domani”, della regista Marina Spada, sono il punto di partenza da cui Bebo Ferra ha tratto ispirazione per comporre un repertorio di musiche che avessero caratteristiche affini, una forte componente evocativa e narrativa. “Metafisica per le scimmie” era il titolo originario della sceneggiatura del film che il chitarrista cagliaritano ha voluto riprendere per dare sfogo all’ispirazione scaturita da quelle storie e da quel titolo bizzarro. Melodie articolate su un profilo armonico denso, ricco di sfumature e profondità espressiva, fanno parte di un discorso compositivo ampio e complesso che ha come fine ultimo l’esaltazione della cantabilità.