Secondo appuntamento con la stagione di teatro d’autore, parte del più ampio progetto de Il Crogiuolo “La rosa bianca. Un altro genere di storie”, venerdì 25 ottobre 2013, ore 21, al Teatro La Vetreria, via Italia Pirri, andrà in scena “Cantare le donne”, un racconto con parole e musica, di e con Laura Pisano.
Dalle ballate del Cinquecento alle canzoni popolari dell’Ottocento e del Novecento, fino ad alcune canzoni inedite dei nostri giorni, con un breve riferimento alle Trovatore del XI e XII secolo, la sequenza raccontata e cantata da Laura Pisano rivela non solo donne sacrificate in nome di regole che ne sopprimono la libertà, e raccontano amori difficili, resi impossibili da pregiudizi e volontà di sopraffazione esercitata dai forti sui deboli, dagli uomini sulle donne, fossero essi padri, mariti, fratelli, figli. Ma raccontano anche di donne che chiedono ascolto e complicità nella relazione di vita col partner, come è il caso dei componimenti poetici delle Trovatore, le Trobairitz della Provenza. Nel Cinquecento, furono i cantastorie a cantare donne vittime del frequentissimo “delitto” d’onore, in realtà non percepito come tale nelle società di quel tempo, bensì come ovvia conseguenza della mancata sottomissione femminile alle regole imposte dagli uomini della loro stessa famiglia o comunità. Di corte in corte, le ballate dei cantastorie, che mettevano in evidenza la disperazione femminile, impressionavano e commuovevano il pubblico.
Solo molto più tardi, nell’Ottocento, quando le donne iniziano a lavorare nelle fabbriche, quando il lavoro che svolgono nelle campagne da tempo immemorabile comincia ad essere vissuto con una nuova consapevolezza, un nuovo atteggiamento, un nuovo sguardo, sono le canzoni del lavoro quelle che le donne cantano, spesso in coro: e denunciano le condizioni spesso disumane nelle quali il lavoro si svolge, dalle risaie alle filande, alle manifatture tabacchi…
Ai primi del Novecento, negli anni intorno alla guerra di Libia (1911) e alla prima guerra mondiale (1914-18), canzoni pacifiste dicono che la guerra uccide non solo gli uomini, ma i sentimenti che li uniscono alle loro donne e alle loro famiglie. Dopo la guerra, le donne cantano canzoni di protesta politica, quando si uniscono nelle prime forme di organizzazione sindacale, nelle leghe socialiste, contadine e operaie.
E di donne parlano anche le canzoni dell’emigrazione, dell’allontanamento dagli affetti, dal paese, dalla famiglia, e dei rischi che si corrono quando si emigra. Di donne e d’amore parlano le canzoni napoletane, che hanno una lunga storia, fin dal Settecento, e che ebbero una grandissima popolarità non solo a Napoli, ma in tutta Italia, e nel Novecento anche nel mondo. Intorno agli anni Venti, le canzoni, soprattutto quelle da tabarin e da caffè-concerto, puntano i riflettori su nuovi comportamenti femminili, trasgressivi talvolta, sui quali si può fare dell’ironia, o comunque “cantarli”.
Più tardi ancora, altre e altri interpreti sapranno cantare i sentimenti con uno sguardo tutto nuovo. Ma per questo dobbiamo superare la terribile catastrofe della seconda guerra mondiale e giungere al secondo dopoguerra. Negli anni Sessanta, tra tutte le cantanti di quel periodo, è fuor di dubbio che Mina, la più grande, con la sua allegria, ha saputo persino ridicolizzare certi comportamenti, maschili e femminili, aprendo così la strada a tante cantanti che, dopo di lei, hanno messo al centro della loro arte proprio la condizione femminile.
Lo spettacolo si conclude con due canzoni inedite che raccontano di donne che hanno portato, anche in Sardegna, una parola di emancipazione e di speranza.
Il biglietto d’ingresso intero costa euro 10, ridotto euro 8, ridotto operatori euro 5, ridotto studenti euro 2.