2 November, 2024
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Bruno Rombi è morto il 27 aprile scorso all’età di 89 anni, a Genova, dove viveva dal 1962; era nato nel 1931 a Calasetta, nell’isola di Sant’Antioco dell’arcipelago del Sulcis, “enclave” linguistica tabarchina (variante della “lingua” ligure).

È stato poeta, scrittore, giornalista, traduttore, pittore, legato alla Sardegna ed al suo paese natale (dove ritornava ogni estate), intellettuale sempre schierato a fianco dei Circoli degli emigrati sardi nell’Italia continentale.

Ho conosciuto Bruno Rombi a Pavia nel novembre 1986 proprio in qualità di delegato del Circolo “Sarda Tellus” di Genova al quarto Congresso della Lega Sarda.

Davanti ai rappresentanti di 25 Circoli di emigrati isolani (tante erano allora le associazioni sarde nell’Italia continentale che facevano parte della “Lega”) pronunciò un discorso di alto livello sottolineando comunque autoironicamente il fatto che non era interessato a cariche dirigenziali, ma che non intendeva rinunciare alla sua fama di “rombiscatole” (ho potuto rileggere il suo intervento perché in queste ultime settimane ho completato la trascrizione al computer di questi atti congressuali, che spero possano essere pubblicati in  un volume a stampa).

Bruno Rombi non aveva peli sulla lingua e non nascondeva verità scomode: mi regalò una copia del suo pamphlet di qualche anno prima “Perché i sardi sono così divisi: testo della conferenza tenuta a Genova presso la ‘Sarda Tellus’, associazione democratica lavoratori emigrati, domenica 17 ottobre 1982” (Genova, Lanterna, pp. 28, 1983).

Lascio ad altri il compito di ricordare Rombi per le sue opere letterarie (narrazioni, studi critici e soprattutto poesie, tradotte in francese, inglese – diffuse in questa versione anche in India -, spagnolo, polacco, maltese, rumeno, macedone, greco, sloveno, catalano, corso, portoghese, urdu, arabo ed albanese, oltre che in latino: l’elenco lo ha stilato Giovanni Mameli) e per la sua intensa attività di pittore.

In questo contributo voglio soffermarmi sugli apporti culturali con i quali questo uomo di grande sensibilità, anche se indubbiamente “spigoloso”, ha arricchito l’attività delle associazioni degli emigrati sardi, collocandosi sempre accanto ai  fratelli-corregionali de “su disterru” e facendo proprie le loro istanze e rivendicazioni anche materiali.

Seguendo i suoi scritti e gli articoli che lo riguardano apparsi dal 1976 al 2010 nelle pagine del mensile Il Messaggero Sardo” cartaceo, vediamo che compare alla ribalta innanzitutto come poeta e poi come appassionato degli studi sulla lingua sarda (lui, di “madre-lingua” tabarchina, era ultrasensibile alle questioni delle minoranze  linguistiche), sul matriarcato in Sardegna, su nomi e cognomi della Sardegna, su emigrazione e razzismo (questi articoli sono legati a conferenze sui vari temi organizzati dal “suo” Circolo, il “Sarda Tellus” di Genova).

Manlio Brigaglia recensisce il suo libro su “Sebastiano Satta. Vita e opere” (Genova, marzo 1983) mentre Giovanni Mameli passa in rassegna scrupolosa le successive opere di Rombi: “Un anno a Calasetta” (prima edizione Genova, 1988; poi Sassari, Carlo Delfino, 2006); le raccolte di poesie “Un amore” (1992) e “Il battello fantasma” (2001); il secondo romanzo di Rombi (il primo era stato “Una donna di carbone”, Condaghes 2004) intitolato “Un oscuro amore” (Condaghes, 2009).

Un bilancio della sua produzione poetica, dal 1965 (data della sua prima raccolta, pochi anni dopo il suo trasferimento a Genova) al 2012 è stata  edita nel volume “Il viaggio della vita” (editore Le Mani di Recco, 2012, 330 pagine).

Molte opere di poesia e di prosa (comprese le ultime narrazioni: il romanzo “Il labirinto del G8” ed il racconto “L’ultima vestizione”, rispettivamente Condaghes 2011 e 2018) sono state presentate nella “Sarda Tellus” ma anche in altre associazioni di sardi emigrati, dove è stato spesso chiamato ad illustrare i risultati dei suoi studi critici sui Grandi della letteratura sarda: tra gli altri, Sebastiano Satta, Grazia Deledda, Salvatore Cambosu, Salvatore Satta, Giuseppe Dessì, Francesco Masala, Antonio Puddu, Angelo Mundula.

Personalmente lo portai nei Circoli sardi di Pavia e di Saronno a parlare di Sebastiano Satta, in occasione della ripubblicazione (presso Condaghes) della sua monografia sul poeta-vate nuorese, uscita in prima edizione, come si è detto, nel 1983.

Nota finale. Ho letto la notizia comparsa su questo sito in cui è stato messo in evidenza il forte legame di Bruno con il paese natìo:

https://www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com/2020/04/calasetta-ricorda-il-grande-concittadino-bruno-rombi-morto-a-genova-alleta-di-89-anni/

Personalmente vorrei aggiungere in questa occasione – richiamando un mio articolo in memoria apparso su questo sito – un breve cenno ad una personalità culturale sardo-genovese, amica di Bruno Rombi e, come lui, dei sardi emigrati: Lina Aresu:

https://www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com/2018/07/ricordo-della-scrittrice-lina-aresu-nuoro-16-gennaio-1938-chiavari-ge-15-giugno-2018-di-paolo-puilina/

Le “vite parallele” di questi due scrittori sardo-genovesi e le loro numerose opere (più di 40 per ciascuno) meriteranno in futuro di essere commemorate in una giornata di studi da organizzarsi da parte della comunità dei sardi emigrati.

Qui mi limito a rammentare che nel marzo 2004 Rombi presentò, sempre alla “Sarda Tellus”, il romanzo storico di appendice “Ritedda di Barigau. Bozzetto ogliastrino” del maestro di Semestene (Sassari) Marcello Cossu, edito nel 1885 dalla Tipografia Sociale di Vacca-Mameli di Lanusei. Una bella amicizia tra loro due, che hanno condiviso con un chiavarese doc, il docente di materie letterarie Marcello Vaglio, e con il sottoscritto, sardo trapiantato in provincia di Pavia.

Paolo Pulina

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La scrittrice sarda-chiavarese Lina Aresu è scomparsa a Chiavari nel pomeriggio del 15 giugno, un mese dopo il marito Dino Silvano (giudice di pace, ma prima funzionario del ministero dei Beni culturali; era nato a Varese Ligure nel 1938).

Mi sembra doveroso dare di lei una sintetica scheda biografica e una prima rassegna bibliografica delle sue numerose opere.

Raffaella (Lina) Aresu era nata a Nuoro il 16 gennaio 1938. Trascorse però l’infanzia e l’adolescenza tra Jerzu e Lanusei. Dopo aver frequentato il liceo “Siotto” a Cagliari, si era trasferita a Genova. Lì aveva compiuto gli studi universitari e aveva insegnato filosofia per più di quarant’anni appassionandosi in particolare alle ricerche di antropologia culturale.

Ha svolto un’intensa attività di conferenziera. È stata attiva per molti anni presso il Circolo sardo “Sarda Tellus” di Genova e presso il Coordinamento nazionale Donne dei Circoli della Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (F.A.S.I.).

Dal 1993 al 2015 Lina Aresu ha pubblicato oltre cinquanta opere. Qui di seguito si dà conto solo di quelle registrate nel catalogo on line dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane (ICCU) più qualcuna presente nella biblioteca di chi scrive.

Presso le edizioni L’Impronta, Sant’Olcese (Genova), ha pubblicato le seguenti opere (ma l’elenco è sicuramente incompleto);   

Uomo nero, schiava bianca, stampa 1996

Saragata: psicoanalisi della vita intensa, stampa 1996

Esotismo delle rovine, stampa 1997

Samuele sgomento e fiele: vita, morte e leggenda del bandito Stochino, stampa 1997

Coga. La fattucchiera, stampa 1997

Dimore ispirate, 1997

Quando il monumento vidi: omaggio a Elena Bono, stampa 1998

Le muse inquietanti, stampa 1998

Il porco infelice, stampa 1998

Invernizio: ozio, stravizio e pregiudizio, stampa 1998

Peripezia di Andria, stampa 1998

La turcheria in Tertenia, stampa 1998

Corpo deturpato corpo da amare, stampa 1998

Le dame nel Verziere: commedia profana in lingua sarda nota come “Sa cumedia de barí”, stampa 1999

Bruna ma leggiadra, stampa 1999

Teschi e pietre di luna, stampa 1999

Il muro del pianto: su Macabeu, stampa 2000

Dimore ispirate, stampa 2000

La verginella è simile alla rosa: teatro di strada, 2000

Umbramala: enigma in forma di canzone, stampa 2000

L’ orco, l’agnelletta e i carabinieri, stampa 2000

L’orco, l’agnelletta e i carabinieri, seconda edizione, stampa 2001

Liete voglie, stampa 2002

Io son Titania. Bibliografia di Carolina Invernizio, stampa 2002

Su muccubellu, stampa 2002

Imbrossinadura: saggio sull’oltretomba nell’antica cultura di Sardegna, stampa 2003

Ritedda di Barigau: romanzo lessicale, stampa 2003

Ahi, Pennabilli, il castello d’Atlante, stampa 2006

Fulvio Caporale – Lina Aresu, Lawrence a Nuoro, disegni di Delio Caporale; interventi di M. Rosaria D’Alfonso, stampa 2006

Annus horribilis, stampa 2007

Carolina Invernizio. Il gusto del proibito? Atti del convegno, Govone (CN), 13-14 ottobre 2006, a cura di Ornella Ponchione ed Antonella Saracco, Torino, Daniela Piazza editore, 2011

Ritedda di Barigau: bozzetto ogliastrino di Marcello Cossu; prefazione di Paolo Pulina, seconda edizione, stampa 2012

La fiaba “La storia del principe Lui” di Giuseppe Dessì, in Giuseppe Dessì a 40 anni dalla pubblicazione di “Paese d’ombre” (1972). Atti del convegno, Pavia, presso Salone del Circolo Logudoro, 17 novembre 2012,  a cura di Paolo Pulina, stampa 2013

Il Giornalista, Madamina Invernizio e altre passioni letterarie, stampa 2014

La turcheria in Tertenía, seconda edizione, stampa 2014

Cronaca di un caso atroce di amok registrato nell’aprile 1645 nelle Filippine; prefazione di Paolo Pulina, stampa 2014

Carolina Invernizio, la Madamina nazionalpopolare; postfazione e aggiornamenti bibliografici su Carolina e le sue opere a cura di Paolo Pulina; in appendice: Io difendo, di Bruno Cassinelli, stampa 2015

A questi volumi sono da aggiungere: Su moru in crobetura, stampa 1993; Favarrustu: le nozze primogenite; con una riscrittura di Guido Pastorello, stampa 1994 (presso Stampa alternativa, Roma); Battista Saiu Pinna, Sas Bestimentas: costumi, costumenze e storia del LogudoroPozzomaggiore; prefazione di Roberto Perinu; postfazione di Lina Aresu, stampa 1999 (presso Circolo sardo “Su Nuraghe”, Biella); Fondali: percorsi sommersi di geografia letteraria in Sardegna, stampa 2005; Fulvio Caporale, A Escalaplano nidifica l’avvoltoio: racconti, illustrazioni di Fernand; prefazione di Lina Aresu, stampa 2008 (presso Zonza editore, Cagliari).

Nota personale

La mia amicizia con Lina Aresu è nata in rapporto alla presentazione del suo libro intitolato “Samuele Stochino: storia del bandito chiamato ‘tigre d’Ogliastra” – nell’edizione  2004 pubblicata da “L’Unione Sarda” sia presso il Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia (dicembre 2006) sia nell’ambito di un ciclo di conversazioni (aprile 2008) da me svolto su “Sardegna: tra letteratura, storia, tradizioni” per l’Unitré (Università delle Tre Età) di Godiasco-Salice Terme-Rivanazzano-Retorbido-Varzi (in Oltrepò pavese).

Lina Aresu ha dedicato diverse ricerche alla figura del più famoso e crudele bandito della Sardegna, Samuele Stochino (Arzana, 22 maggio 1895 – Ulassai, 20 febbraio 1928). Reduce della Grande Guerra, sottufficiale della Brigata “Sassari”, decorato con medaglia d’argento al valor militare, divenne poi il bandito per il quale Mussolini stabilì la taglia più alta mai fissata per un ricercato. Vediamo i titoli dei libri riguardanti Stochino:

1) “Samuele sgomento e fiele: vita, morte e leggenda del bandito Stochino”, stampa 1997.

2) “L’orco, l’agnelletta e i carabinieri” (due edizioni: 2000 e 2001). L’orco è il bandito Samuele. L’agnelletta è la sua sessantaduesima ed ultima vittima: Assunta, una bambina di otto anni.

3) “Samuele Stochino, vita breve di un bandito leggendario.  La storia della ‘Tigre d’Ogliastra’ tra mito e realtà” presso Della Torre (2003).

L’Aresu ha avuto successo con ciascuna di queste opere ma ha venduto oltre 100.000 copie dell’edizione (ridotta di 70 pagine rispetto al volume mandato in libreria da Della Torre)  pubblicata nel 2004 dal quotidiano di Cagliari “L’Unione Sarda”. (Col titolo “Da soldato valoroso a tigre inferocita”, lo stesso giornale ha ristampato l’opera nel 2015).

In entrambe le occasioni l’autrice dichiarò che a lei interessava  la diffusione del mito delle imprese efferate del bandito più che la sua biografia.

Dato che nel 2006 era  uscito presso Einaudi il romanzo di Marcello Fois “Memoria del vuoto” ispirato alle “due vite” del bandito (in una nota finale Fois scrive: «Ringrazio Franco Fresi e Lina Aresu, senza la verità dei quali non avrei potuto inventare questa storia»), l’Aresu puntualizzò  le differenze tra la sua ricostruzione dell’amplificazione della  leggenda delle banditesche azioni di Stochino (vero cognome con una c)  e l’ingegnosa architettura narrativa dentro la quale Fois ha fatto rivivere il personaggio di fiction, Stocchino (con due c).

La mia amicizia con Lina si è poi consolidata in rapporto al comune interesse – con i metodi critici della sociologia della letteratura, non con i criteri tesi a stabilire  una valutazione estetica – al romanzo storico  d’appendice  (“Ritedda di Barigau” del sardo Marcello Cossu, Semèstene, 1845 – Lanusei, 1895) e, in particolare, per le opere  della “regina dei romanzi di appendice”, Carolina Invernizio (Voghera 1851-Cuneo 1916). Ma qui il discorso si farebbe lungo e converrà tornarci in futuro.

Paolo Pulina