24 November, 2024
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Mercoledì 27 settembre, alle 17.00, al Lù Hotel di Carbonia, i consiglieri regionali Luca Pizzuto e Pietro Cocco incontreranno i sindaci e gli amministratori del territorio del Sulcis Iglesiente per ascoltare,  discutere e ragionare sulla riforma sanitaria e la riorganizzazione della rete ospedaliera. 

«Sarà un incontro di ascolto delle istanze dei territori prima della presentazione degli emendamenti e di confronto – spiegano Luca Pizzuto e Pietro Cocco – siamo a disposizione degli amministratori per illustrare eventuali punti poco chiari di questa riforma e per acquisire proposte. L’invito è esteso alle associazioni e alla cittadinanza.»

 

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«Il gruppo consiliare di Articolo UNO – Sinistra per la Demcorazia e il Progresso accoglie con piacere la notizia che il Partito Democratico, nella direzione regionale svoltasi ieri ad Oristano, abbia trovato l’intesa sulla riforma della rete ospedaliera. Come consiglieri di maggioranza vorremmo però sottolineare che il ragionamento su un argomento così importante dovrebbe essere aperto e condiviso, e che noi non vogliamo essere, e non saremo, spettatori passivi di scelte decisive per la vita delle persone.»

Lo scrivono, in una nota, Daniele Secondo Cocco, Eugenio Lai, Luca Pizzuto e Paolo Zedda.

«Le nostre proposte sulla riforma hanno sempre mantenuto le direttive della perequazione e dell’uguaglianza dei servizi offerti nei territori – aggiungono i quattro consiglieri regionali del gruppo Articolo Uno – Sdp -. La persona deve essere messa al centro di ogni decisione sulla rete sanitaria e non permetteremo la creazione di pazienti di serie B. Vigileremo quindi, affinché siano tutelati i servizi ospedalieri nelle zone disagiate. Per questa ragione, nella seduta di Consiglio di martedì prossimo, andremo a riaffermare la nostra idea di sanità sarda, che si basa sulle istanze dei territori e raccoglie le richieste fatte da ANCI.»

«Per quel che concerne l’ospedale Ozieri-Alghero rimarcheremo le richieste, già fatte sia in commissione che in maggioranza, della necessità del mantenimento di tutte le strutture presenti, oltre che istituzione della radiologia interventistica extravascolare, e l’impegno a tradurre in norma il potenziamente di tutte quelle necessarie per avere un ospedale di primo livello entro il 2018 – aggiungono Daniele Secondo Cocco, Eugenio Lai, Luca Pizzuto e Paolo Zedda -. Anche sull’ospedale di Nuoro le nostre proposte sono molto precise: l’istituzione dello stroke unit e breast unit e del reparto di medicina nucleare. Insisteremo affinché l’atto aziendale dell’ATS rispetti le linee guida della riforma, mantenendo e potenziando le strutture presenti, incluse riabilitazione, dermatologia e dietologia. Faremo proposte chiare perché ci siano percorsi di cura omogenei su tutto il territorio regionale: in particolar modo per l’oncologia, e per la creazione dei dipartimenti di onocologia femminile, che attraverso l’hub della Sardegna (il Businco Oncologico) possano creare percorsi di eccellenza, mettendo al centro i bisogni del paziente e valorizzando le professionalità oggi presenti nella sanità pubblica sarda. Ci schiereremo, come già fatto per il riconoscimento della struttura semplice dipartimentale di radiologia pediatrica del Microcitemico, per salvaguardare e sostenere le future generazioni della nostra isola.»

«Oltre a ciò, siamo in attesa che ATS equipari i due bandi di mobilità per per permettere le stesse possibilità di accesso sia agli assunti interni che agli extra aziendali. Rimarchiamo qui, e ribadiremo in sede istituzionale, che restiamo fermi sulla nostra richiesta dell’istituzione dell’AREUS e della nomina del direttore generale. Vogliamo inoltre sottolineare la necessità, già riconosciuta dal Presidente Pigliaru – concludono i quattro consiglieri del gruppo Articolo UNO – Sdp -, di fare chiarezza sui conti della Regione.»

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Durante la seduta odierna, il vicepresidente del Consiglio regionale Eugenio Lai è intervenuto sull’ordine dei lavori a nome del gruppo Articolo Uno – SDP per sottolineare che, sulla vicenda AIAS, nonostante l’ordine del giorno dello scorso mese di aprile e la conseguente delibera di Giunta, tutto sia rimasto invariato e i lavoratori ancora attendono diversi stipendi arretrati. La delibera in particolare riguardava il mancato rinnovo delle convenzioni con il Sistema sanitario sardo di coloro che erano in arretrato con i pagamenti degli stupendi ai dipendenti.

Per questo motivo è stato chiesto conto ai presidenti della Giunta regionale Francesco Pigliaru e del Consiglio Gianfranco Ganau, della mancata applicazione di questi provvedimenti.

«Il gruppo consiliare Articolo Uno – SDP – scrivono in una nota Eugenio Lai, Daniele Cocco, Luca Pizzuto e Paolo Zedda  -, continuerà a vigilare sull’esito di questa vertenza e a sostenere tutti i lavoratori coinvolti in questa grave vicenda.»

 

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L’assessorato dell’Igiene e sanità e dell’assistenza sociale ha pubblicato l’avviso “Includis” per i progetti di inclusione socio-lavorativa di persone con disabilità. Il progetto “Includis”, finanziato dal PoFse 2014-2020 ot 9 – priorità i – obiettivo specifico 9.2. azione 9.2.1., prevede un intervento complessivo di 6 milioni di euro.

«Attraverso questo provvedimento – dice Luca Pizzuto, consigliere regionale del gruppo Articolo UNO – Sdp – si vuole promuovere su tutto il territorio regionale la realizzazione di un sistema diffuso e articolato di servizi per l’accompagnamento al lavoro di persone con disabilità, finalizzato al recupero delle capacità di socializzazione e, più in generale, a un reinserimento sociale partecipato. In particolare, si intende così contribuire all’incremento dell’occupabilità e della partecipazione al mercato del lavoro attraverso lo sviluppo di percorsi integrati e multidimensionali di inclusione attiva e di sostegno all’inserimento sociale e lavorativo di tali destinatari.»

«Attraverso progetti come “Includis” vogliamo dare il nostro contributo per una società giusta e solidale dove l’obiettivo primario deve sempre essere la felicità delle persone, di ogni singola persona.  Continueremo ad impegnarci per costruire una comunità inclusiva dove a ciascuno viene data la possibilità di contribuire a costruire un mondo migliore. Il bando “Includis” dà la possibilità lavorativa concreta per 6-12 mesi a migliaia di persone con difficoltà e darà un’opportunità anche a un centinaio di persone nel nostro territorio. Il Welfare che stiamo cercando di ridisegnare – conclude Luca Pizzuto – prevede inclusione, solidarietà, emancipazione e lavoro.»

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Si è svolta questa mattina, durante l’incontro nell’ambito della Settimana Europea della Mobilità Sostenibile 2017, la presentazione dei primi risultati dello studio sulla “Rete regionale degli Itinerari ciclabili della Sardegna“.  

«Dotare la Sardegna di un sistema di mobilità ciclistica, da un lato vuole rendere l’isola più attrattiva e competitiva al più alto numero di appassionati, dall’altro vuole fare della mobilità ciclistica un’occasione di sviluppo e di crescita della Sardegna – dice Luca Pizzuto, consigliere regionale del gruppo Articolo UNO – SDP –Siamo molto soddisfatti del fatto che si sia deciso di raccordare la “Ciclovia Turistica della Sardegna con l’area ciclopedonale del Sulcis. In un primo momento, infatti, il nostro territorio era stato escluso da questo progetto ma grazie alle pressioni della maggioranza di centrosinistra si è riusciti a ottenere questo importante risultato.»

«L’inserimento del Sulcis nella Ciclovia della Sardegna permetterà di mettere in rete i percorsi già esistenti (San Giovanni Suergiu- Carbonia) e quelli in cantiere (San Giovanni Suergiu-Sant’Antioco, San Giovanni Suergiu-Tratalias, Sant’Anna Arresi-Porto Pino), realizzati grazie ai fondi regionali, ai Comuni, all’ex provincia di Carbonia Iglesias e al Piano Sulcis. L’opera della Ciclovia della Sardegna risulta strategica per la valorizzazione di un territorio come il Sulcis Iglesiente – conclude Luca Pizzuto – sia per il sostegno a nuove forme di turismo ecologico e culturale che ormai stanno prendendo piede.»

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Il Capo della Polizia e Prefetto di Roma Franco Gabrielli stamane è intervenuto in Consiglio regionale alla seduta sulla violenza di genere.

La seduta è stata aperta da un intervento di saluto del presidente Gianfranco Ganau che ha definito il fenomeno della violenza contro le donne «una vera e propria emergenza sociale», un problema strutturale e culturale che può essere risolto «solo con una strategia condivisa e coordinata».
La lotta alla violenza, quindi, secondo Ganau deve vedere in prima fila lo Stato e le istituzioni impegnate in un «grande lavoro di prevenzione» in grado di produrre un forte cambiamento culturale nella società.
Una società nella quale, ha aggiunto il presidente del Consiglio, trovano spazio troppi luoghi comuni profondamente sbagliati: «Sono biasimate le donne che subiscono violenza, uno spregevole pensiero sullo stupro fa notizia solo perché pronunciato da un mediatore culturale, i riflettori si accendono improvvisamente per fomentare l’odio nei confronti degli stranieri».
«Ecco perché – ha sostenuto ancora Ganau – la battaglia contro la violenza è una battaglia di civiltà che deve diventare prioritaria nell’agenda della politica». Rivolto agli uomini, il presidente dell’Assemblea li ha invitati ad impegnarsi a fondo in una battaglia giusta «che non può essere delegata solo alle donne, continuamente minacciate non solo nella loro vita o nell’integrità fisica ma nella loro identità e libertà, nella loro dimensione sociale».
«Tutto questo è violenza di genere e da qui dobbiamo partire per cambiare una realtà che, anche in quest’aula, riflette una società non equilibrata; abbiamo quindi il dovere di introdurre nella nostra legge elettorale la norma anti-discriminatoria della doppia preferenza di genere. La scorsa legislatura viene ricordata per il vergognoso voto segreto che bocciò la doppia preferenza, non permettiamo che questa sia ricordata per non aver avuto neanche il coraggio di portarla in aula.»
Successivamente il presidente Ganau ha dato la parola al presidente della Regione, Francesco Pigliaru.
Dopo aver citato i dati più recenti del femminicidio in Italia, «che provocano sdegno e angoscia di fronte ad una guerra che fa migliaia di vittime e causa tante vite spezzate di famigliari e di bambini», Pigliaru ha auspicato una forte «strategia sociale» che ha bisogno di risorse adeguate, politiche sociali e finanziarie.
Alcune politiche di settore come l’aumento delle pene per alcune tipologie di reati, ha proseguito il presidente, «sono necessarie ma non sufficienti perché la storia insegna che anche lo strumento più efficace rischia di essere mortificato da una cultura inadeguata ed occorre innanzitutto lavorare sulle prevenzione, attraverso i centri anti violenza e di ascolto per intervenire, dove si può, quando la vittima può essere salvata».
Soffermandosi sull’attività della Regione, Pigliaru ha sottolineato l’importanza di una serie di provvedimenti che riguardano il mondo della scuola, dagli studenti agli insegnanti ai genitori, gli investimenti in cultura, il potenziamento dei centri anti violenza e la creazione di opportunità di lavoro per le donne, mettendo l’accento sul fatto che «la Giunta ha investito ingenti risorse su programmi contro il bullismo, il cyber bullismo e la parità di genere», sostenendo che la Sardegna «è sulla strada giusta».
Per quanto riguarda i centri anti violenza, il presidente della Regione ha ricordato che le risorse destinate a queste strutture per il 2017 sono state aumentate rispetto all’anno precedente, assicurando un impegno ancora maggiore per «combattere scoraggiamento delle donne ed aiutarle a conciliare lavoro e famiglia». Un buon inizio, ha sintetizzato ringraziando le consigliere regionali di quanto hanno fatto, dentro e fuori dall’Aula, per la diffusione nella società sarda di una maggiore sensibilità sul tema della violenza di genere, «con una coraggiosa forma di testimonianza civile ed un contributo significativo alle istituzioni autonomistiche e tutta la nostra comunità».
«La buona politica – ha concluso – è fatta anche di parità di genere nelle istituzioni; com’è vero che la crisi della democrazia si combatte con più democrazia, è vero anche che questo obiettivo può essere raggiunto con più partecipazione femminile e con la partecipazione di tutti al governo della società».
Dopo l’intervento del presidente Pigliaru, il presidente del Consiglio ha dato la aprola al Capo della Polizia Franco Gabrielli.
Dopo aver manifestato il suo grande orgoglio per essere ospite del Consiglio regionale della Sardegna, «un territorio cui ogni italiano è sinceramente affezionato», Gabrielli non ha nascosto la sua amarezza perché «la presenza di un rappresentante delle istituzioni è diventata occasione di lotta politica». Non sono, ha chiarito, «un funzionario del Governo ma dello Stato, nominato con un decreto del presidente della Repubblica, e l’amarezza si allarga perché il mio sogno è che questo paese impari a trattare temi così importanti come la sicurezza come patrimonio comune e come argomento da utilizzare nelle per campagne elettorali». «Respingo inoltre – ha aggiunto – le frasi oltraggiose con cui mi si accusa di pensare più alla sicurezza dei miei uomini che alla violenza contro le donne, perché il mio lavoro è quello di garantire la sicurezza di tutti».
Affrontando il tema oggetto dell’incontro, il Capo della Polizia ha affermato che «la violenza di genere si manifesta attraverso tante forme di sopraffazione proprio nei luoghi che dovrebbero essere di maggior tutela e protezione delle donne». «Ma di questo fenomeno – ha spiegato – si parla troppo in coincidenza di fatti di cronaca che richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica, con tanto clamore e giudizi strumentali che poi rifluiscono nell’indifferenza; questo è un primo grande elemento di criticità perché questi fatti non possono essere relegati alle pagine di cronaca».
«Anzi – ha sostenuto – devono essere sempre al centro della nostra attenzione prima di tutto sul piano culturale, perché nessuna vicenda criminale ha un rapporto così stretto con la cultura ed i reati di genere hanno radici in una sub-cultura che rende la donna una cosa senza libertà e senza autonomia, con un legame che per aspetti richiama alcune vicende della protezione civile, in cui emerge un concetto proprietario di quello che è intorno a noi, una idea di essere padroni del territorio a prescindere».
Quanto ai dati, secondo Gabrielli «sono leggere con intelligenza perché possono presentare insidie, cito per esempio i dati di una agenzia europea del 2014 secondo i quali il fenomeno della violenza contro le donne si manifesta in modo più elevato proprio in Paesi dove c’è maggiore sensibilità su questo tema, senza dimenticare che la stessa lettura dei dati è condizionata dalla resistenza di molte vittime a far mergere gli episodi di violenza; in altre parole, anche il calo degli omicidi ci impone di non adagiarci, perché accanto alla diminuzione dei numeri in assoluto la percentuale delle donne-vittime resta costante».
Così come, ha proseguito, «sono in aumento i cosiddetti reati-sentinella: percosse, maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali, stalking, tipologie di reati che in Sardegna presentano un andamento sostanzialmente in linea col dato nazionale».
I numeri, a giudizio di Gabrielli, «danno quindi indicatori utili ma i nostri strumenti più efficaci restano prima di tutto la cultura e la formazione, anche perché la violenza sulle donne non ha estrazioni sociali o antropologiche ma attraversa tutta la società, e in tutta la società è presente la difficoltà e la resistenza vittime a denunciare per cause di varia natura, dal contesto familiare alla paura di perdere figli o per semplice vergogna, per cui dobbiamo combattere una battaglia per mettere in primo piano le vittime che non possono o non riescono a denunciare».
La Sardegna, ha poi aggiunto, «è un esempio di buone pratiche con la rete anti-violenza fa buone pratiche ed anche noi lavoriamo sulla cosiddetta vittimizzazione secondaria, cioè quella di chi ha subito violenza e teme di subirne ancora magari sotto forme diverse; è una realtà complessa che spesso le vittime in difficoltà nell’entrare in un ufficio di polizia come se fosse un fatto negativo; perciò è fondamentale il lavoro dei centri di ascolto e anti violenza e, nel nostro ambito, la formazione di operatori di polizia chiamati a lavorare fuori dagli uffici, e ad analizzare questi reati con nuovi protocolli, nuove modalità di intervento e l’inserimento in apposite banche-dati di episodi apparentemente isolati».
Per quanto riguarda la legislazione di settore, il Capo della Polizia ha l’ha definita molto positiva, sia perché ha intercettato fenomeni nuovi come lo stalking e il cyber bullismo, sia soprattutto perché ha privilegiato «un approccio non solo repressivo, ad esempio con l’istituto ammonimento, come strumento pre-giudiziario, che può contribuire a mettere in luce un contesto potenzialmente a rischio con un lavoro in progress». Mai come in questa materia, ha avvertito il Capo della Polizia, «la battaglia si vince insieme ed il frutto di questo sforzo comune è che, dal 2011, sono aumentate del 33% le denunce per maltrattamenti significa che si sta affermando un sentiment della vittima che si avvicina con fiducia nelle istituzioni e manifesta la sua condizione ma questa fiducia va mantenuta e consolidata con azioni di tutto il sistema, dalle istituzioni alla società civile».
«Noi ci siamo e ci saremo», ha concluso Gabrielli, in una comunità che ci deve vivere «non come soggetto di repressione ma come baluardo di legalità».
Al termine dell’intervento del Capo della Polizia ha preso la parola la consigliera del gruppo Misto Annamaria Busia, prima firmataria della mozione contro la violenza di genere, sottoscritta da tutti i capigruppo del Consiglio.
La Busia ha iniziato il su intervento con una citazione dell’intellettuale sarda Nereide Rudas secondo la quale «in un epoca moderna o post moderna ci sono ancora uomini rimasti indietro che, pur non essendo nati in contesti familiari vuoti, esprimono una realtà in cui si manifesta una superiorità nei confronti delle donne».
Le istituzioni, ha sottolineato la Busia, «devono trovare soluzioni e strumenti efficaci per combattere la violenza contro le donne, perché al di là dei numeri, troppe donne hanno subito violenza nella loro vita, da un partner attuale o precedente, spesso in età adolescenziale e con minori che assistono a queste tragedie, donne sperate e divorziate, disabili o con problemi di salute». Di fronte a questo fenomeno, ha proseguito, «i miglioramenti statistici non devono illuderci, perché è vero che c’è maggiore consapevolezza della necessità di combattere la violenza, ma sono ancora troppi i segnali negativi e non si intacca lo zoccolo duro del problema; c’è ancora troppo sommerso soprattutto nel contesto familiare ed un’alta percezione di paura di subire nuove violenze».
Sul versante legislativo, la Busia ha messo l’accento sul Piano straordinario nazionale che prevede un ruolo importante della Regioni con nuovi strumenti e risorse, ricordando però che «al Senato, dopo il voto unanime della Camera, è ancora ferma una proposta di legge per la tutela degli orfani delle vittime di violenza, è una legge nata in Sardegna dopo la richiesta di un uxoricida di vedersi assegnata la pensione di reversibilità; una legge bloccata per ragioni che riguardano assenza da quest’Aula di una parte politica, ma che va approvata al più presto».
Al presidente Pigliaru, ha concluso la consigliera, «chiediamo soprattutto che renda più veloce la spesa delle risorse, per l’osservatorio e la cabina di regia, un sistema integrato di raccolta ed elaborazione dei dati, il coordinamento del lavoro in tutti gli ambiti territoriali, in un quadro di leale collaborazione fra soggetti nazionali e regionali interessati». La Busia ha ringraziato infine i presidenti della Regione Pigliaru, del Consiglio Ganau ed il Questore di Cagliari, ricordando in riferimento all’assenza dall’Aula dell’opposizione che «noi sardi siamo solitamente più ospitali ed anche noi proviamo grande amarezza».
Subito dopo il presidente Ganau ha sospeso brevemente i lavori che poi riprenderanno in seduta formale.
Dopo la pausa, il Consiglio ha iniziato la discussione della mozione.
Il primo intervento è stato quello del consigliere Domenico Gallus (Misto) ha dichiarato di essere presente a titolo personale perché, pur collocandosi all’opposizione, non ha condiviso scelta di restare fuori dall’Aula.
Sulla mozione, Gallus ha affermato che «la violenza di genere attraversa purtroppo tutta la società a cominciare dalla famiglia, dove si apprendono le prime differenze di genere e la stessa appartenenza sessuale, con uomo e donna che sono categorie complementari reciprocamente escludenti che poi si riflettono nella società comportamenti, linguaggi, ruoli; il genere, in altre parole, è un carattere appreso e non innato».
Quello maschile, ha detto ancora Gallus, «occupa purtroppo una posizione privilegiata e la vita è scandita dall’accentuazione delle differenze, con messaggi importanti che tendono ad occupare uno spazio fisico ed è qui che si annida la violenza». L’uguaglianza va quindi affermata, ha concluso, «come momento di costruzione di una società capace di riconoscere le uguaglianze e ristabilire un buon equilibrio fra le sue componenti».
In questi anni si sono fatti molti passi avanti ma non bastano, ha continuato, «come vediamo in Consiglio regionale ma anche nella famiglia, nella scuola e nella società, dove resta forte l’impatto di una violenza di genere che va vista come questione sociale e, come emerge dai documenti dell’Oms come problema di salute pubblica, con effetti negativi, sotto molteplici aspetti, per lo sviluppo delle comunità». Il femminicidio, ha concluso, «è un dramma inaccettabile in una società avanzata, per cui bisogna partire da famiglia e scuole per educare i ragazzi al rispetto e all’uguaglianza, con una azione più forte delle istituzioni e delle altre agenzie educative che mettano al centro la persona affermando una mentalità nuova».
Il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu, dopo aver assicurato la firma del suo gruppo alla mozione ed aver espresso gratitudine per l’impegno delle colleghe che, sulla lotta alla violenza contro le donne, hanno qualificato tutto il Consiglio in questa legislatura, ha sottolineato i positivi risultati già raggiunti. Siamo stati fra i primi in Italia a costituire l’osservatorio, ha ricordato, «ed i primi a presentare proposte a sostegno degli orfani delle vittime, dimostrando con i fatti come vogliamo caratterizzare il nostro impegno sociale». Ribadiamo qui il nostro impegno, ha aggiunto, »ricordando però che prima della repressione c’è la necessità di un cambiamento culturale; chiediamo che sia discussa al più presto la legge sulla parità di genere che con deve essere confusa con altre riforme elettorali».
In conclusione, il capogruppo del Pds ha motivato l’assenza dall’Aula del suo gruppo con il fatto che «il Capo della Polizia, in realtà, ha contributo al dibattito solo per i dati che ha fornito, ma il governo Italiano non ha neppure un ministero per le Pari Opportunità per le pari opportunità ma solo un semplice dipartimento, per cui a nostro giudizio non era utile restare in Aula». Quanto agli obiettivi della Regione sulla materia, «per noi sono positivi fermo restando che il dibattito su questa mozione ha oscurato i contenuti di tante altre mozioni importanti per la Sardegna e questo per noi è negativo».
La consigliera del Pd Daniela Forma ha affermato che «il fenomeno della violenza sulle donne ci richiama ad una nuova strategia delle istituzioni, dopo la convenzione di Istambul che ha equiparato violenza (non solo sessuale) contro le donne ad una violazione di diritti umani, tracciando un percorso politico, culturale, di innovazione e di civiltà, fatto non solo di leggi ma di una nuova coscienza collettiva». C’è, ha sostenuto, «uno spazio molto ampio su cui lavorare per raggiungere l’uguaglianza di genere, una sfida da vincere per cambiare una società ancora profondamente maschilista in cui le donne vittime di violenza sono spesso sopraffatte da vergogna e sensi di colpa». Il Consiglio deve ripartire dalla sotto rappresentanza del genere femminile, ha concluso, «perché sono ancora troppo poche le donne nel sistema Regione, servono atti concreti, che anche gli uomini devono condividere senza la paura di essere coraggiosi».
Il consigliere Emilio Usula (Misto-Rossomori) ha definito la mozione apprezzabile «sia per il contenuto che per impegno delle consigliere regionali, però non posso non ricordare ultima finanziaria quando un mio emendamento per aumentare i fondi ai centri anti violenza venne respinto, limitando le risorse ad appena 900 mila euro per tutto il territorio regionale, c’è una contraddizione evidente».
Il consigliere di Mdp – Art.1 Luca Pizzuto ha parlato di «un tema molto rilevante per cui sbagliamo ad occuparcene solo sulla spinta di fatti rilanciati dai media; la libertà della società si fonda soprattutto sulla liberazione della donna perché la prima forma di oppressione non è dell’uomo sull’uomo ma dell’uomo sulla donna». Oggi, ha lamentato, «la tv ci bombarda con immagini che raffigurano la donna come oggetto a disposizione dell’uomo; questo va messo fortemente in discussione e devono cominciare a farlo gli uomini, per ribaltare gli schemi di una società profondamente oppressiva». Luca Pizzuto ha poi ringraziato il presidente Ganau che ha parlato nel suo discorso di uomini non violenti, dicendosi che convinto che «le azioni della Regione debbano rappresentare un modello educativo nuovo in grado, fin dalla prossima finanziaria, di mettere la Sardegna all’avanguardia nelle politiche di cambiamento».
La consigliera Rossella Pinna (Pd) ha dichiarato che «il tema in discussione ci tocca profondamente, per tutte le vicende di donne minacciate perseguitate ed uccise che hanno attraversato la storia, e per quelle di oggi con il femminicidio che rappresenta la parte preponderante degli omicidi, consumati in un contesto come quello della famiglia che si rivela il luogo più pericoloso per donne e bambini». Alla domanda se si sta facendo abbastanza per combattere questo fenomeno, ad avviso della Pinna, «bisogna dare purtroppo una risposta negativa, servono più azioni positive e politiche integrate su educazione, formazione professionale, ed opportunità di lavoro per le donne,  un cambiamento culturale, insomma, che metta al centro l’identità di ogni persona». La Sardegna ha un’ottima legge, ha ricordato, «ma l’applicazione ma migliorata perché i tempi di erogazione delle risorse sono trotto lunghi e con consentono ai centri anti violenza di programmare bene l’utilizzo delle loro risorse».
La consigliera ha proposto infine, con un emendamento orale, «di integrare il dispositivo della mozione con quattro punti, dedicati ad intese col mondo della scuola con insegnamenti collegati all’educazione di genere, misure di promozione di nuovi modelli comportamentali, sostegno ad attività formative e culturali in tema di uguaglianza e contro razziamo e omofobia, formazione del personale delle agenzie educative, dalla scuola allo sport».
Dopo l’on. Pinna ha preso la parola il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che si è detto «disponibile a individuare risorse aggiuntive nella prossima Finanziaria regionale, se dovessero servire. Valuteremo anche se ci sono risorse non spese e per quale ragione. Sarà questo Consiglio a decidere in ultima analisi dentro la manovra finanziaria. Certo però è che abbiamo bisogno di cultura e di valori, soprattutto per la parte maschile della società. Per questo la scuola è così importante: dobbiamo fare una grande animazione verso le scuole di tutti i territori e promuovere il programma Iscola della Regione, in particolar modo con riguardo al bullismo e alla parità di genere. I bandi di Iscola sono aperti, cogliamo questa opportunità perché le risorse ci sono già».
Il presidente Ganau ha poi messo in votazione la mozione così come emendata dall’onorevole Rossella Pinna nel suo precedente intervento. La mozione è stata approvata e il presidente del Consiglio regionale e ha poi dichiarato conclusi i lavori.

Di seguito gli interventi integrali del presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, e del presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru.

GIANFRANCO GANAU

Ringrazio il prefetto Franco Gabrielli, per la sua disponibilità e il questore di Cagliari, Pierluigi d’Angelo, per averci dato l’occasione di riflettere su un fenomeno, quello della violenza di genere, che ha assunto oggi in Italia le dimensioni di una vera e propria emergenza sociale, sintomo di un problema strutturale e culturale che per la complessità delle sue ragioni e la pluralità delle sue manifestazioni può esser combattuto solo con una strategia condivisa e coordinata.

La ratifica della convenzione di Istanbul da parte del nostro parlamento è stato un passo in avanti fondamentale perché stabilisce che la violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani, non un fatto privato da gestire in silenzio, in casa, in solitudine. È un fatto che riguarda tutti, che riguarda in primo luogo lo Stato, il che ci obbliga come istituzioni a farcene carico.

Non esiste tolleranza né giustificazione alcuna per le condotte che ledono i diritti delle donne, dal sessismo di affermazioni considerate “leggere”, alle offese, alle minacce, agli stupri, al femminicidio.

Molto si è fatto sul fronte delle misure repressive con la legge sul femminicidio, ma ciò che ancora dobbiamo portare avanti con maggiore convinzione e determinazione è un lavoro di prevenzione perseguendo quel cambiamento culturale necessario.

La consapevolezza condivisa della gravità del problema è presupposto indispensabile per avviare un reale processo di cambiamento.

E allora, ad esempio, dobbiamo opporci a qualsiasi strumentalizzazione quando si parla di educazione di genere nelle scuole.

Perché, guardate bene, in mancanza di un mutamento anche nel modo di parlare e di guardare, non vi sarà un reale cambiamento; finché non si capirà che la sotto rappresentazione e la rappresentazione offensiva della donna riguarda, in primo luogo, gli uomini che vanno educati da bambini al rispetto, non ci saranno progressi.

I dati ci riportano una realtà che è un bollettino di guerra che dice che il 31,5% delle donne nel corso della loro vita hanno subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale.

Che ci dice che il 62,7% degli stupri viene commesso dal partner attuale o precedente, ossia in famiglia.

Ma il nostro è un mondo al contrario dove ad essere biasimate sono le donne che subiscono violenza, dove uno spregevole pensiero sullo stupro fa notizia solo perché pronunciato da un mediatore culturale e non per l’estrema gravità del suo contenuto.

Siamo un paese dove i riflettori sulla violenza maschile contro le donne si riaccendono improvvisamente per fomentare l’odio nei confronti degli stranieri. E improvvisamente ciò che conta non è il fatto terribile che ogni giorno in Italia 11 donne vengano stuprate, spesso in famiglia, ma quanti di questi stupratori siano stranieri; arrivando perfino a distinguere le vittime in italiane e straniere come se le vittime non fossero sempre vittime e gli stupratori sempre stupratori.

La questione è politica e culturale: noi uomini non violenti non possiamo permettere che la violenza venga fatta a nostro nome. Dobbiamo fare in modo che questa battaglia di civiltà diventi prioritaria nella nostra agenda politica.

E allora dobbiamo affrontare con serietà le proposte sull’educazione sentimentale che giacciono in Parlamento.

Fondamentale è insegnare il rispetto perché l’amore non è sopraffazione, ma è saper vivere insieme in armonia. Dobbiamo combattere la “violenza mascherata d’amore” di cui ci ha parlato la presidente Boldrini nel suo primo discorso alla Camera.

E non cito a caso la presidente Boldrini perché a lei come istituzione e come donna va tutta la mia solidarietà per gli attacchi e le minacce brutali e sessiste che riceve ogni giorno esclusivamente perché donna delle istituzioni o forse meglio dire donna nelle istituzioni.

Abbiamo il dovere di denunciare e combattere il fenomeno, sempre più diffuso, dell’utilizzo nei social network di volgarità, espressioni violente e di minacce nella quasi totalità a sfondo sessuale.

Non è accettabile che anche uno strumento nato per dare più opportunità, si trasformi in un ulteriore mezzo di violenza nei confronti delle donne.

Sono profondamente convinto che la violenza sulle donne riguardi tutti; se colpisce le donne è un problema degli uomini, una società che non rispetta le donne è una società che colpisce i diritti di tutti. Noi uomini dovremmo occuparci di più di questa battaglia che non possiamo delegare solo alle donne, il più delle volte sminuendone e deridendone le rivendicazione. Perché, badate bene, non si tratta solo di violenza e lesioni gravi da parte di partner o ex, ogni condotta che mira ad annientare la donna nella sua identità e libertà, non solo fisicamente ma anche nella sua dimensione sociale e psicologica e lavorativa, è una violenza di genere.

Certo, oggi la situazione è migliorata, basti pensare che 1/3 delle parlamentari è donna, abbiamo ministre e sottosegretarie ma non possiamo negare che la diffidenza e i pregiudizi esistono in ogni ambito della società. Siamo il paese in cui soltanto il 47 per cento delle donne lavora contro una media europea del 60 per cento. E quando lavora, spesso ha retribuzioni più basse.

Eppure è dimostrato che se le donne lavorano, il PIL aumenta, è dimostrato che quando le donne conquistano nuovi diritti è tutta la società che va avanti. E allora dobbiamo interrogarci sul perché di questa situazione.

E guardate, anche il linguaggio di genere non è una quisquiglia, è sostanza. Perché se dico infermiera, segretaria non devo dire avvocata, magistrata o sindaca?

Prima esisteva solo il genere maschile perché erano lavori riservati agli uomini, ma la nostra è una lingua neolatina che declina il genere, per cui dobbiamo declinare, dobbiamo correggere e adattare il linguaggio al cambiamento della società. Declinare al femminile è sostanza, è riconoscere un percorso.

È tutto connesso: norme sulla rappresentanza, incentivi per il lavoro femminile, lotta contro la violenza e la mercificazione del corpo della donna, il linguaggio di genere. 

E allora colleghe e colleghi, è da qui che noi dobbiamo partire, da questo palazzo da quest’aula, che è oggi lo specchio di una società non equilibrata. Abbiamo il dovere di introdurre nella nostra legge elettorale la norma antidiscriminatoria della doppia preferenza di genere, perché di questo si tratta, di norme antidiscriminatorie, non di quote rosa. Dobbiamo risolvere il problema della sotto-rappresentatività della metà del genere umano di quest’organo politico.

Questo tema non riguarda solo le donne, c’è molto di più in ballo, perché se la metà del genere umano è tagliata fuori o compressa nella rappresentanza è la democrazia a soffrirne prima ancora che le stesse donne. Perché la democrazia è meno rappresentativa e meno inclusiva, meno capace di interloquire con le istanze della società.

E allora forse oggi possiamo prendere pochi altri impegni ma di certo di questo possiamo farci carico. La scorsa legislatura viene ricordata per il vergognoso voto segreto che ha bocciato la doppia preferenza di genere, non permettiamo che questa sia ricordata per non avere avuto neanche il coraggio di portarla in aula.

FRANCESCO PIGLIARU

I dati più recenti sul fenomeno del femminicidio in Italia provocano sdegno e angoscia. Stiamo parlando di più di cento donne assassinate nel 2016, di 20 donne assassinate fino a luglio di quest’anno. Donne spesso uccise da uomini che dicevano di amarle.
E’ il bollettino di una guerra. Una guerra che fa migliaia di vittime.
Perché dietro ogni donna uccisa non c’è soltanto una vita dissolta, ma altre esistenze spezzate: distrutte per sempre. Un padre e una madre. Un fratello o una sorella. Una comunità di amici. Bambini di cui troppo poco si parla: i reduci di cui nessuno cura le ferite.
E’ quindi una tragedia sociale, una situazione eccezionale che esige di essere fronteggiata con risorse adeguate. Risorse che sono morali intellettuali, finanziarie.
E’ preciso dovere della politica programmare interventi concreti, mettere in campo strumenti di prevenzione, finanziare azioni di supporto e di sostegno contro questa inaccettabile situazione.
Noi non possiamo perdere questa sfida. Noi abbiamo il dovere, contro questo nemico, di tenere il campo.
Sul piano delle politiche generali di settore, l’incriminazione del reato di stalking e l’inasprimento delle pene previste in caso di femminicidio sono un primo passo, certo non sufficiente.
Occorre compiere significativi passi in avanti sul fronte della definizione accelerata dei procedimenti e sulla effettività delle pene.
Occorre che chi è chiamato al delicato compito di accertare e reprimere i reati, in via amministrativa e giudiziaria, abbia non solo una sensibilità specifica, ma una preparazione culturale e operativa adeguata.
Occorre che abbia la capacità di calibrare gli interventi cautelari e sanzionatori in modo appropriato, perché la nostra storia insegna che spesso anche lo strumento più efficace rischia di restare mortificato da una inadeguata cultura applicativa. Ed è esattamente quello che è accaduto spesso in questi anni.
La sfida più importante però è nel terreno delle politiche attive di prevenzione e di sostegno alle vittime e alle possibili vittime.
Occorre innanzitutto prevenzione. Presidio del territorio, specie nelle realtà più a rischio. Centri anti-violenza e centri d’ascolto per intervenire là dove ancora intervenire si può: quando ancora la mano del carnefice non è armata e la possibile vittima può essere salvata dal rischio concreto di un epilogo tragico.
La Regione ha messo in campo strumenti importanti per far fronte a questa tragedia quasi sempre annunciata, attraverso interventi specifici nelle scuole, nel finanziamento dei centri antiviolenza, nelle politiche attive per il lavoro delle donne e la conciliazione con la famiglia.
La scuola, prima di tutto, in quanto luogo deputato alla crescita culturale e civica dell’individuo, rappresenta il luogo chiave per combattere e vincere la lotta alla violenza di genere.
Questa Giunta ha investito ingenti risorse per potenziare e migliorare la qualità della scuola in Sardegna. Ci sono alcune linee del programma Iscol@ che hanno sviluppato l’anno scorso progetti per contrastare bullismo, cyber bullismo e differenza di genere. L’esperienza collettiva dei laboratori è stata molto positiva e ha sviluppato empatia tra gli allievi, superando fenomeni negativi di diffidenza, incomprensione, emarginazione e violenza.
E in questi giorni in cui stanno riaprendo le scuole è giusto sottolineare che proprio nelle scuole molto, moltissimo si può fare. Voglio ricordare in questa occasione, ed è un appello a tutte le scuole, che il bando Iscol@ è aperto e che progetti così importanti per il nostro futuro come quelli fatti l’anno scorso possono essere replicati e moltiplicati anche quest’anno e ci auguriamo che la partecipazione delle autonomie scolastiche sia ancora molto più numerosa di quella degli anni passati, perché questa è una grande opportunità.
Un’altra importante politica regionale riguarda il sostegno ai centri antiviolenza e alle case rifugio. La Regione Sardegna ha avviato e assicurato continuità agli interventi a sostegno delle donne vittime di violenza e dei loro figli: abbiamo finanziato con risorse pari a 1 milione di euro per il 2016 e abbiamo stanziato complessivamente 1,8 milioni per il 2017.
Sono cifre spesso insufficienti e certamente ci impegniamo a fare di più come i dati che ho citato all’inizio ci impongono di fare.
Ma ci siamo concentrati anche sulle politiche attive che combattano lo scoraggiamento delle donne rispetto alla possibilità non solo di trovare un lavoro, ma anche di riuscire a conciliarlo con i propri carichi di cura familiare.
E’ ancora una goccia nel mare rispetto alla vastità del fenomeno, ma è un inizio, forse un buon inizio, che ci induce a fare sempre di più.
Renderei poi torto a questa Assemblea se non sottolineassi e se non valorizzassi adeguatamente l’enorme, preziosissimo, continuo lavoro svolto dalle consigliere Busia, Forma, Pinna e Zedda per diffondere una maggiore sensibilità sul delicato tema della violenza di genere non solo all’interno di quest’Aula ma nell’ambito di tutta la società sarda.
Il vostro lavoro è innanzitutto una coraggiosa forma di testimonianza civile, è un contributo autentico al progresso complessivo della nostra comunità e, in questo senso, rappresenta una pagina importante nella storia del Consiglio Regionale della Sardegna e della nostra autonomia regionale.
Sono inoltre profondamente convinto che la buona politica passi anche da una corretta distribuzione dei seggi a garanzia della parità di genere.
L’equilibrio di genere nelle assemblee legislative è un fatto di civiltà e il dibattito avviato da quest’Aula e gli impegni assunti in questa legislatura dalle forze politiche qui rappresentate e dai vari livelli istituzionali auspico che vengano trasformati al più presto in azione concreta.
Per concludere, così come alla crisi della democrazia si risponde con più democrazia, alla violenza di genere si può rispondere in un modo soltanto: incrementando i livelli di partecipazione femminile nel mondo della scuola, del lavoro, dell’impresa e delle istituzioni.
Perché non ci può essere alcuna autentica uguaglianza senza la piena condivisione e la compartecipazione più estesa e radicale di tutti – uomini e donne – al governo di tutti i settori della società.»

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Paolo Luigi Dessì ha giurato ieri pomeriggio in Consiglio regionale al posto del dimissionario Ignazio Locci, neo sindaco di Sant’Antioco. L’ex sindaco di Sant’Anna Arresi è ritornato così in Consiglio regionale per gli ultimi 17 mesi della legislatura, dopo l’esperienza maturata dal 2009 al 2014.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Ganau che, dopo le formalità di rito, ha ricordato la figura dell’on. Giannetto Mariani, medico originario di Orune, consigliere regionale nella XIV legislatura nelle file dell’Italia dei Valori, scomparso il 2 marzo scorso.

Il presidente Gianfranco Ganau ha quindi comunicato all’Aula le dimissioni del consigliere Ignazio Locci (Forza Italia), eletto il 12 giugno scorso sindaco del comune di Sant’Antioco. Vista l’incompatibilità tra la carica di consigliere e quella di primo cittadino, Ignazio Locci ha deciso di optare per quest’ultima. Il presidente Ganau, ai sensi dell’articolo 85 della legge regionale n.7/79, ha ricordato la facoltà riservata all’Assemblea di ricevere ed accettare le dimissioni dei propri membri ed ha invitato la Giunta delle elezioni a riunirsi e ad indicare il nome del subentrante. La seduta è stata quindi sospesa per 10 minuti.

Alla ripresa dei lavori, il presidente Ganau ha comunicato la decisione della Giunta delle elezioni: al posto del consigliere Ignazio Locci entra in Consiglio Paolo Luigi Dessì, primo dei non eletti nel Sulcis nella lista di Forza Italia. Il neoconsigliere, chiamato in Aula, ha prestato giuramento e si è formalmente insediato nel nuovo ruolo.

L’Aula è quindi passata all’esame del primo punto all’ordine del giorno: nomine di competenza del Consiglio nei Cda di alcuni enti regionali.

Sull’ordine dei lavori è intervenuto il consigliere Michele Cossa. L’esponente dei Riformatori sardi ha chiesto il parere dell’Aula e del presidente sulle dichiarazioni rilasciate alla stampa da Fausto Marino, sovraintende per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio delle province di Cagliari e Oristano contro la proposta di nuova legge urbanistica presentata dalla Giunta. «Cosa pensa il Consiglio delle valutazioni irrituali e inappropriate espresse da un alto funzionario dello Stato su atti all’esame del Consiglio? Ricordo che il mio gruppo ha votato contro la legge di manutenzione urbanistica e ha espresso contrarietà alla nuova legge di riordino – ha detto Michele Cossa – quello che si è verificato rappresenta però un grave oltraggio al Consiglio regionale. Cosa accadrebbe domani se il comandante generale dell’esercito decidesse di polemizzare con la Regione in tema di servitù militari? Pongo il problema all’Aula e al presidente in quanto garante della dignità dei sardi».

E’ quindi intervenuto il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu (Pds) che ha chiesto chiarimenti sulle nomine inserite all’ordine del giorno. «Non sappiamo di cosa si tratta – ha detto Gianfranco Congiu – pensiamo che si tratti dell’Ersu, se così non fosse il presidente informi l’Aula». Gianfranco Congiu ha poi chiesto delucidazioni sulle ultime due nomine nel Cda dell’Ersu decise dal presidente Ganau: «Non c’è stato nessun tavolo di sintesi. Renda conto del suo operato in quanto organo super partes. Una delle nomine è espressione di una fucina politica ben identificata».

Gianfranco Congiu ha subito replicato il presidente: «Le nomine dell’Ersu erano iscritte da tempo all’odg. Non essendo arrivati a una sintesi politica mi è stato chiesto di esercitare i poteri sostitutivi. Questo ho fatto nominando i signori Giovanni Maria Cubeddu e Stefano Perrone».

E’ quindi intervenuto il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis per chiedere l’inversione dell’ordine del giorno: «Visto che non c’è accordo sulle nomine sarebbe meglio discutere subito il Dl sulla pastorizia».

La proposta di Pittalis è stata accolta e il Consiglio è quindi passato all’esame del disegno di legge n. 448 della Giunta che modifica la legge regionale n. 19/2017 incrementando la dotazione finanziaria a sostegno del comparto ovi-caprino messo in ginocchio dal calo del prezzo del latte. Il provvedimento prevede un ulteriore stanziamento di 30 milioni di euro che andranno ad aggiungersi ai 17 già stanziati nei mesi scorsi.

Nel primo intervento della discussione generale il consigliere Piermario Manca (Pds) ha ricordato la grave difficoltà del comparto agropastorale dovuta alla siccità. «La grave situazione di crisi era già chiara nel mese di maggio. Il Nord Sardegna si è mobilitato per sensibilizzare la politica. Sono state raccolte migliaia di firme per chiedere un intervento immediato di sostegno. Il 6 giugno di quest’anno sindaci e organizzazioni di categoria hanno presentato un pacchetto di richieste al presidente Pigliaru che riguardava in particolare il riconoscimento dello stato di calamità naturale, l’istituzione di un tavolo interassessoriale, l’acquisto di scorte alimentari per tutte le aziende, il congelamento delle rate Inps e dei mutui Agrari, l’immediato pagamento dei premi comunitari. Nonostante l’allarme lanciato dal mondo rurale – ha affermato Manca – solo dopo alcune settimane è stata presentata la richiesta di calamità naturale. Finora la Regione  non ha speso un euro».

L’esponente del Partito dei Sardi si è poi detto d’accordo sullo stanziamento di ulteriori risorse: «Oggi ci apprestiamo a stanziare altri 30 milioni di euro destinati al comparto ovicaprino con l’impegno a trovarne altri 20 per gli altri settori colpiti dalla siccità. Il provvedimento va votato ma servono alcune correzioni. I soldi vanno destinati all’intero comparto zootecnico. Riconoscere le somme solo agli allevatori di pecore e capre crea discriminazioni. Alla manifestazioni di agosto erano presenti non solo allevatori di pecore ma anche di vacche. Non possiamo assumerci la responsabilità di dividere il settore».

Giovanni Satta (Psd’Az – La Base) ha annunciato il suo voto a favore sottolineando però alcune criticità. «La decisione di triplicare lo stanziamento è giusta – ha detto Satta – ma ci arriviamo con un anno di ritardo. Ho presentato una mozione nel settembre scorso per chiedere interventi immediati a favore del mondo agropastorale. E’ una cosa gravissima, non si è mostrata attenzione per il settore. Oggi si tampona un’emergenza e non si interviene sul prezzo del latte che grazie a Dio è risalito da solo perché la produzione è calata. L’auspicio è che in futuro ci sia maggiore attenzione da parte della Giunta. Serve una vera riforma organica dell’intero comparto agricolo».

Per Domenico Gallus (Psd’Az-La Base) il disegno di legge è «una manifestazione di buona volontà della Giunta per dare sollievo al comparto agropastorale». Gallus ha ricordato la grave situazione di disagio in cui si trova il mondo delle campagne: «Oggi si parla di misure a favore del settore ovino. Sono d’accordo e voterò a favore – ha detto il consigliere – le risorse messe a disposizione non sono sufficienti, tuttavia l’iniziativa è positiva perché potrà consentire al comparto di agganciare la ripresa. Il prezzo del latte registra un incremento di valore grazie anche alle sagge politiche di alcune cooperative. Ci sono però altri comparti che meritano attenzione come quello dell’olivicoltura. Servirebbe un provvedimento anche per questo settore».

Gaetano Ledda (Psd’Az-La Base) si è detto d’accordo con il provvedimento ma ha espresso preoccupazione per i tempi di erogazione delle risorse.

«Vorrei ricordare come si è arrivati a questo disegno di legge – ha detto Ledda – in finanziaria, visto il calo del prezzo del latte pagato 50/60 centesimi al litro, si decise di stanziare i primi 17 milioni dei quali però non si è speso ancora un euro. I tempi sono troppo lunghi. Chiedo all’assessore quando e come saranno spesi i soldi che stanziamo oggi.»

Dopo l’on. Ledda ha preso la parola l’on. Attilio Dedoni (Riformatori), che ha annunciato il voto a favore della legge, «a prescindere di quello che sarà il voto del mio gruppo. Tutte le disgrazie che l’agricoltura sarda ha patito e sta patendo hanno bisogno di risposte concrete ma non vorrei che anche questa legge fosse inviata alla Corte Costituzionale dal solito governo amico. E’ adesso l’inizio dell’anno agrario, il Capudanne dei sardi: non possiamo perdere altro tempo. Cosa ne pensa il ministero di queste norme? Ci saranno altri ritardi? Ecco, vorrei essere rassicurato su questo».

Per l’on. Daniele Cocco (Mdp) «oggi si va a tradurre concretamente l’impegno preso il 2 agosto scorso da tutti i capigruppo insieme al presidente Pigliaru. Certo, il governo che troppo spesso si è dimostrato poco amico potrebbe impugnare la legge ma immagino che l’assessore abbia avuto tutte le sue interlocuzioni con il ministero. Sappiamo bene che anche un’altra parte del mondo agricolo è in sofferenza e la Giunta sta aprendo un tavolo verde tecnico. Avrei voluto che fossero i Comuni a gestire la partita dell’erogazione dei fondi, visto che per la blue tongue i Comuni sono stati bravissimi e veloci. Ma l’assessore ha scelto un’altra procedura e noi ci fidiamo».  L’oratore ha aggiunto: «Non so se sia il caso di rimodulare il Psr, alcuni settori hanno già esaurito il plafond mentre altri rischiano di non spendere tutto. Ma intanto oggi si inaugura una nuova stagione di unità, non solo con chi sta in campagna a lavorare ma anche con le istituzioni della Regione. Sappiamo bene che con la legge di oggi risolviamo poco ma questo poco è molto importante».

Per l’Udc ha preso la parola l’on. Gianluigi Rubiu, che ha definito il provvedimento tardivo, inconsistente e non risolutivo. «Quarantacinque milioni di euro sono come curare un tumore con un’aspirina. Il minimo sindacale è destinare alle campagna l’uno per cento del bilancio regionale, come ha chiesto il leader del Movimento pastori. Nei convegni noi diciamo sempre che l’agricoltura è trainante per la Sardegna ma poi qui dentro le parole rimangono tali». Rivolto all’assessore all’Agricoltura ha detto: «E’ grave che la Giunta non individui in maniera univoca da dove verranno attinti i 45 milioni di euro. Quindi, è giusto dire che i tempi rischiano di essere lunghi, anche un anno. E che la legge, per come è scritta, non darà nessun tipo di risultato».

Per l’on. Gianfranco Congiu (Partito dei Sardi) «abbiamo iniziato un percorso per alleviare le sofferenze del mondo agropastorale e il percorso che abbiamo articolato consisteva in una rimodulazione del Psr. La nostra strategia avrebbe evitato quelle pericolose differenziazioni nel mondo delle campagne che oggi ci troviamo davanti, veicolando le risorse sulla misura 5.2. Si è scelto di rimodulare il bilancio regionale ma in un’incertezza procedurale che mi fa allarmare. Stiamo attenti a spendere le risorse nel miglior modo: questi soldi devono uscire e devono arrivare e non vedo nel testo della legge quella certezza di riposta del comparto».

Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, ha chiesto di «riportare la discussione a quello che è il testo della legge: destinare 30 milioni al comparto ovicaprino della Sardegna. E’ evidente che non si risolvono i problemi della pastorizia sarda ma non ci sono alternative da parte di quelli che oggi dicono di non essere d’accordo e sollevano anche ora dubbi. Abbiamo accolto il grido di dolore che si solleva dal mondo agropastorale, che rappresenta il presidio civile delle zone interne della Sardegna e non solo». L’oratore ha aggiunto: «Questa legge è concreta e abbiamo assunto l’impegno all’inizio di agosto, ascoltando la piazza. Ed è bene che tutto il Consiglio regionale ne vada fiero, non solo la maggioranza di centrosinistra. Il vero tema è invece la velocità dei pagamenti: dobbiamo rispettarli».

Il presidente del Consiglio ha dato la parola al capogruppo di Forza Italia, on. Pietro Pittalis, che ha detto: «Poco fa un’agenzia di stampa ha dato la triste notizia del licenziamento di tutti gli operai di Ottana. E non è questa l’occasione di ragionare sulle cause ma certo una scellerata politica distrusse la solida economia agropastorale ha arricchito gli imbroglioni dell’industria pesante e oggi lascia macerie. Da quel periodo è iniziata la parabola della nostra economia: questi santoni che promettevano lo sviluppo e l’eldorado sono stati aiutati. Io non voglio che in Sardegna un girono si scriva che è finita l’era della pastorizia. Al contrario: dobbiamo vedere le nostre campagne in un’ottica nuova. E da sardi dobbiamo fare una battaglia nei confronti dello Stato e della Ue. La nostra economia agropastorale non è quella padana né quella olandese, non è possibile che le risorse dell’Ue non arrivino nelle campagne sarde». L’on. Pietro Pittalis ha poi aggiunto: «Sono oppositore di questa giunta ma sono fiero di votare questo provvedimento, sollecitato dal popolo dei pastori. Perché noi votiamo le cose positive e non cerchiamo il pelo nell’uovo a ogni costo. Approveremo dunque oggi questo provvedimento ma il presidente Pigliaru deve assumere l’impegno solenne che le risorse non si perderanno nelle pastoie della burocrazia. Perché di burocrazia non si campa».

Per la Giunta ha preso la parola l’assessore Pierluigi Caria, che ha ricordato la breve storia del provvedimento in esame: «E’ una legge per tutelare i pastori e si deve sapere che non abbiamo comprato le eccedenze del pecorino romano perché quell’acquisto non avrebbe portato un euro nelle tasche dei pastori. Oggi stiamo mantenendo un impegno assunto con forza da tutta la politica. Certo, è vero che non stiamo facendo un intervento strutturale: stiamo colmando un’emergenza che si è creata nei mesi scorsi nel settore che deve rappresentare l’ossatura principale dell’economia sarda». Per l’assessore «metteremo altri 20 milioni per gli altri comparti di allevamento insoddisfatti con il provvedimento di oggi e per l’agricoltura». Rispondendo all’on. Congiu ha detto: «Le misure del Psr non potevano essere adottate per questa risposta sollecitata dal mondo pastorale. Noi usiamo le norme sulla calamità naturale (nevicate, gelate e siccità), come ci ha suggerito il ministero. Sarà l’assessorato con Argea a occuparsi dei pagamenti e dovremo essere bravi a spendere tutti i 45 milioni, è una scommessa che mi assumo. Gli allevatori dovranno semplicemente indicare nella domanda i propri capi di bestiame e la produzione di latte delle ultime due annate». L’oratore della Giunta ha proseguito: «Con le organizzazioni agricole stiamo lavorando per un Psr di sviluppo e non di sostegno”.

Per dichiarazione di voto ha preso la parola l’on. Gianmario Tendas (Pd): «Non è un provvedimento risolutivo ma straordinario a fronte di una vera emergenza. Dobbiamo ora riprendere il discorso generale del settore».

L’on. Anedda (Misto) ha annunciato il voto a favore e ha detto: «Tutte le imprese sono oggi in difficoltà e le risorse sono aggiuntive e non ledono la dignità se creano sviluppo e non assistenza». E’ intervenuto anche l’on. Ledda (Psd’Az-La Base) e ha annunciato il voto a favore anche l’on. Tedde (FI), che ha detto: «E’ evidente che la piazza ha fatto paura al governo regionale e ora, ai pannicelli caldi, devono seguire misure capaci di incidere sul sistema agropastorale, dichiarando una volta per tutte lo stato di crisi».

Il consigliere Antonio Gaia (Cps), favorevole, ha affermato che «il provvedimento è condivisibile, un punto di partenza per il Consiglio che, con il contributo di tutto il mondo agro-pastorale, deve lavorare per arrivare ad una nuova legge organica sul pastoralismo per passare finalmente dalle parole ai fatti e consentire agli agricoltori sardi di far crescere le loro aziende».

Il consigliere Alessandro Collu, del Pd, ha ribadito il voto favorevole del suo gruppo, sottolineando che «con la legge si mettono in condizioni le aziende di salvarsi e di fare buona programmazione per le prossime annate; piuttosto, è necessario che la Regione intervenga presso lo Stato per aumentare le risorse nazionali che, con appena 17 milioni per l’intera penisola, sono del tutto insufficienti».

La consigliera Annamaria Busia (Misto), favorevole, ha dichiarato che «con la legge si imbocca la strada giusta per risolvere i problemi che stiamo vivendo, ma per il futuro le questioni del mondo agricolo dovranno essere affrontate in modo diverso, in linea con i cambiamenti del mondo agro-pastorale e con lo sguardo proiettato verso la costruzione di nuovo modello agricolo».

Il capogruppo dell’Udc Rubiu ha ribadito le sue preoccupazioni per la scelta dell’assessore di puntare sul riconoscimento dei danni da calamità naturale che a suo giudizio, nel negoziato con il Governo, «determineranno l’esclusione di molte aziende mentre, per quanto riguarda i tempi, è facile ipotizzare che i pagamenti reali arriveranno nella prossima primavera: tutto questo è preistorico».

Il capogruppo di Sdp – Art. 1 Daniele Cocco si è limitato a ricordare che i fondi previsti dalla legge saranno ripartiti solo in base al numero dei capi.

Luigi Lotto, presidente della commissione Agricoltura (Pd), favorevole, ha confermato che «si tratta di un intervento che va fatto, significativo nella sua dimensione, fortemente richiesto, necessario anche se non risolutivo». «Al Consiglio – ha proseguito – è affidato il compito di avviare da domani un percorso che, accanto a procedure più celeri, preveda anche un ruolo importante di altri soggetti, a cominciare da quello dell’agro alimentare organizzato, un modo che si deve cimentare assieme alle istituzioni nel difficile compito di individuare un nuovo modello per l’agricoltura sarda, in grado di creare ricchezza e benessere».

Subito dopo il Consiglio ha approvato il passaggio agli articoli della legge.

Sull’art 1, il consigliere Antonio Solinas, Pd, ha sottolineato che «il settore agro-pastorale ha una funzione strategica nell’economica regionale; il provvedimento in esame ha una funzione emergenziale ma deve essere approvato e ne vanno riconosciute sia la tempestività che la consistenza dal punto di vista finanziaria». Sulle modalità di attuazione, Solinas ha osservato che «è vero che Argea sarà organismo pagatore a livello regionale ma la straordinarietà della situazione richiede uno sforzo in più, soprattutto per evitare che il lavoro sui fondi della legge metta in secondo piano il Psr, ed assicurare i pagamenti entro Natale, sia utilizzando il personale di altre agenzie agricole o del sistema Regione sia, come ha suggerito il collega Pittalis, attraverso la costituzione di una task force esterna, ipotesi da non trascurare».

Al termine dell’intervento di Solinas il Consiglio ha approvato all’unanimità i 5 articoli della legge e le 7 tabelle allegate.

Prima del voto finale è stato presentato un ordine del giorno con primo firmatario il consigliere Michele Cossa dei Riformatori sardi con cui si impegna la Giunta a individuare misure di sostegno a favore delle aziende agricole ed agrituristiche danneggiate dagli incendi nella stagione 2017.

Illustrando il parere favorevole della Giunta l’assessore della Programmazione Raffaele Paci ha assicurato che, all’interno delle regole sugli aiuti di Stato, si farà il possibile come per le precedenti calamità.

L’ordine del giorno è stato approvato.

In sede di dichiarazione di voto il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu ha confermato l’impostazione del suo partito «soprattutto dopo l’intervento dell’assessore Caria», confermando che, a suo giudizio, «si è trattato di una cattiva interpretazione della misura 5 del Psr che, invece, risarcirebbe anche il patrimonio strutturale delle aziende colpite da calamità perchè in realtà si fa riferimento anche ai danni al potenziale produttivo delle aziende».

Il capogruppo del Psd’Az Angelo Carta, favorevole, ha sostenuto che «la legge non è un punto di arrivo ma di partenza anche in riferimento al documento consegnato al Consiglio dai pastori il 2 agosto scorso, un documento in cui ci sono molti punti non applicati soprattutto in materia di alleggerimento fiscale, servizio idrico, viabilità e strutture per la conservazione del latte». «Il provvedimento di oggi va bene – ha concluso – ma altri problemi restano a cominciare da quelli indicati dal movimento pastori».

L’assessore dell’Agricoltura Pierluigi Caria è intervenuto nuovamente per precisare che, «per danni al potenziale si intende perdita degli animali ma questo non si è verificato, per cui intervenendo sul quella parte di Psr con una rimodulazione significava mandarlo alla Ue, con tempi molto più lunghi rispetto al disegno di legge».

Subito dopo il Consiglio ha approvato la legge con 48 voti.

Passando ad un punto successivo dell’ordine del giorno, il presidente ha formulato la proposta di rinvio della votazione riguardante l’elezione del Garante regionale dell’Infanzia. Il Consiglio ha approvato.

Successivamente l’Aula ha iniziato l’esame della proposta di legge n. PL 446 – modifiche alla legge regionale sul turismo ed il presidente ha dato la parola al primo firmatario, il capogruppo del Pd Pietro Cocco.

Nel suo intervento, Cocco ha affermato che la legge ha lo scopo di riportare la normativa regionale sul turismo alla sua vera natura, sopprimendo il comma 4 sia per considerazioni di ordine politico che per riserve sulla sua legittimità costituzionale, concludendo che il Consiglio potrà comunque disciplinare meglio il problema dell’accoglienza con altre norme specifiche.

Il relatore di minoranza Marco Tedde (Forza Italia), ha parlato di norma singolare e mai vista «prima approvata e poi modificata in 24 ore». Nel merito, ha aggiunto, «il giudizio sulla proposta è negativo perchè crea una pericolosissima commistione fra imprenditori del turismo e dell’accoglienza, finanziata da altre risorse; l’emendamento di Peru alla legge sul turismo era di buon senso e cancellarlo è sbagliato».

Luigi Crisponi, per i Riformatori sardi, ha messo l’accento sul fatto che «tutto l’armamentario verbale della legge sul turismo, accuse di razzismo comprese, era del tutto fuori luogo: distinguere fra imprenditori turistici ed imprenditori dell’accoglienza è segno di saggezza e significa guardare in faccia la realtà e, al contrario, se una Regione ad economia turistica come la Sardegna fa confusione su questo sbaglia di grosso».

Il consigliere di Forza Italia Antonello Peru ha espresso dispiacere «per dover intervenire a spiegare ancora una volta il senso dell’emendamento approvato dal Consiglio; la proposta afferma un principio di buon senso e per certi versi scontato, cioè che i contributi previsti dalla legge sul turismo spettano a chi fa turismo, mentre altri fanno accoglienza dei migranti, un’opera nobile e meritoria ma radicalmente diversa, che gode di specifiche misure di sostegno pubblico». «Se il Consiglio ritiene di fare una legge sull’accoglienza – ha continuato – sono totalmente disponibile ma è un’altra cosa, il turismo è la vocazione della Sardegna e merita attenzione e consapevolezza, per questo chiediamo il ritiro della proposta di legge, nata da un voto non controllato ma che ha prodotto un esito positivo che è sbagliato correggere con una prova muscolare».

Sempre per Forza Italia il consigliere Giuseppe Fasolino ha ricordato le espressioni irriguardose rivolte al suo gruppo dopo l’approvazione di quell’emendamento, affermando che «Peru ha dato una spiegazione molto puntuale di quel voto su cui si era registrata una convergenza della maggioranza». Siamo alle solite, ha protestato: «tutti dicono che il turismo deve essere un settore trainante della nostra economia e tutti ci siamo compiaciuti dei risultati di questa stagione anche se determinati in parte da una congiuntura internazionale, poi però quando ci sono da fare strategie per rilanciare il settore le cose cambiano». «Magari capiterà l’esclusione di una struttura ricettiva a favore di una di accoglienza – ha concluso Fasolino – e forse allora capirete l’errore di aver tolto risorse al turismo in una Regione turistica».

Paolo Truzzu (Misto-Fdi) ha iniziato dicendo di non pensare che «fosse necessario un supplemento di discussione su questo argomento perché, proprio ieri, l’assessore del Turismo Barbara Argiolas, al di là del titolo fuorviante sui troppi turisti, ha espresso considerazioni condivisibili sulla sostenibilità del sistema regionale per le presenze fortemente concentrate nel mese di agosto, quando si finiscono scorte d’acqua, i depuratori vanno al limite e le spiagge sono eccessivamente affollate anche in piccoli Comuni». A questo punto, secondo Truzzu, «o la Regione fa le scelte strategiche o le fa il mercato; ecco perché la legge sul turismo destina risorse a chi opera nel settore e non ad altri, le risorse per l’accoglienza sono diverse e ci sono, quindi la legge nasce da una visione ideologica di cui le stesse associazioni di categoria del turismo non si fanno una ragione».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha sostenuto che «la legge andrà ricordata fra le cose obbrobriose di questa legislatura confondendo fra turismo ed accoglienza, errore già fatto in materia di turismo cancellando la legge sul golf; adesso la maggioranza deve dire chiaramente alla gente che si stanno togliendo risorse al turismo».

Il consigliere di Sdp – Art.1 Luca Pizzuto, favorevole, ha ribadito il suo punto di vista evidenziando che «chi ha realizzato una struttura turistica ha scelto questo settore cambiando poi la sua attività, magari per sopravvivere, come dimostrano i dati che parlano di agriturismi e non di alberghi sul mare». «Per noi – ha dichiarato – è in gioco un principio inalienabile di giustizia e di solidarietà sociale che non può essere cancellato da un emendamento capzioso; il problema non è come riorganizzare il sistema turistico ma come organizzare localmente e non centralmente il sistema dell’accoglienza e comunque non possiamo restare indifferenti davanti alla sofferenza di milioni di persone».

La consigliera Alessandra Zedda, intervenendo in qualità di capogruppo Fi, ha definito “terribile” la scelta della maggioranza di modificare la legge approvata poco più di un mese fa dal Consiglio ed ha accusato il centrosinistra di non avere «un’idea di turismo e di sviluppo turistico». «La norma che proponete – ha dichiarato l’esponente della minoranza – è uno scempio e ribadisco condivisione per il contenuto dell’emendamento Peru: con la vostra iniziativa state facendo un danno serio alla Sardegna». «La vocazione turistica non è l’accoglienza – ha concluso la consigliera Zedda – ed invito la maggioranza a riflettere ritiro della proposta di legge».

Il presidente della Giunta, Francesco Pigliaru, ha dichiarato parere conforme a quello della maggioranza e il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis ha escluso richieste di votazioni a scrutinio segreto: «Vogliamo che la maggioranza si assuma la responsabilità dell’approvazione di un simile provvedimento che niente c’entra con la politica dell’accoglienza».

Posto in votazione il passaggio agli articoli è stato approvato con 25 sì e 12 no e dopo una breve sospensione dei lavori il presidente della Quinta commissione, Luigi Lotto (Pd), ha dichiarato il parere sugli emendamenti e quello della Giunta è risultato conforme a quello della commissione.

Non approvati gli emendamenti soppressivi dell’articolo 1 (n. 5 e n. 7) il presidente ha posto in votazione l’articolo 1 (Abrogazione) ed ha constatato, al termine dello scrutinio elettronico (solo 28 presenti) la mancanza del numero legale.

Il presidente Ganau ha dichiarato dunque conclusi i lavori ed ha convocato il Consiglio per questa mattina alle 10.00.

 

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Dura presa di posizione dei consiglieri regionali del gruppo Art. 1 – Sdp Eugenio Lai, Daniele Secondo Cocco, Luca Pizzuto e Paolo Zedda. sulla chiusura del reparto di radiologia pediatrica all’ospedale Microcitemico di Cagliari.

Il mancato riconoscimento, nell’atto aziendale dell’Azienda Ospedaliera Brotzu, della Struttura Semplice Dipartimentale di radiologia pediatrica del Microcitemico, è di assoluta gravità – si legge in una nota -. Ricordiamo che la Struttura Semplice Dipartimentale di radiologia pediatrica sarebbe l’unica in Sardegna e con la sua eliminazione saremmo l’unica regione Italiana a non avere una radiologia pediatrica dedicata, con autonomia tecnico-professionale e gestionale-organizzativa.

«Questo atto – dice il vicepresidente del Consiglio regionale, Eugenio Lai – creerebbe un grosso danno ai bambini della Sardegna e alle loro famiglie. L’eliminazione della SSD, infatti, costringerebbe gli utenti all’esodo in altre strutture di rilievo a livello nazionale e internazionale, con grossi sacrifici e costi per i pazienti».

«Non si può non far notare, inoltre, che nella SSD di radiologia pediatrica è stato fatto un importante aggiornamento tecnologico, con costi pubblici di milioni di euro tra acquisto e manutenzioni – aggiungono i quattro consiglieri di Art. 1 – Sdp -. Si fa notare, ancora, come nel corso degli anni il personale già specializzato ha acquisito capacità e competenze di tipo pediatrico e non sarebbe ricollocabile in altre strutture a vocazione diversa da quella pediatrica. Il personale si è professionalizzato, con grosso investimento da parte dell’Azienda, attraverso stage e formazione presso ospedali di massimo rilievo nazionale e europeo al fine di implementare la specializzazione su malattie rare (tra cui la talassemia) che affliggono la nostra terra, su tumori infantili e malattie neurologiche e endocrinologiche. In ultimo, la cancellazione della SSD di radiologia pediatrica porterebbe alla soppressione degli esami pediatrici qualificanti attualmente offerti come unica struttura a livello regionale.»

Per tutti questi motivi il gruppo consiliare regionale Articolo 1 – SDP, prende le distanze da questa scelta aziendale, che andrebbe a scapito del servizio sanitario locale e dei suoi pazienti. Chiediamo pertanto a chi di dovere di rivedere al più presto questa decisione.

 

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Il presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru, è uno dei quattro destinatari delle minacce contenute in una busta da lettera, inviata con francobollo e priva di mittente, fatta recapitare oggi al Consiglio regionale della Sardegna, con all’interno quattro cartucce da fucile calibro 12. Gli altri tre cognomi, tutti scritti con un pennarello blu, sono Letta, Carbini e Sanna.

Numerosi gli attestati di solidarietà arrivati al goveranatore Pigliaru.

«Esprimo tutta la mia solidarietà al presidente della Regione Francesco Pigliaru, destinatario assieme ad altri esponenti politici regionali, del messaggio intimidatorio – scrive in una nota il deputato del Partito democratico Emanuele Cani -. Simili gesti non possono essere né tollerati né ammessi. L’auspicio è che le indagini degli inquirenti consentano un’individuazione rapida dei responsabili.»

«In attesa che gli inquirenti facciano luce sull’atto intimidatorio subito dal presidente della Regione Francesco Pigliaru, esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà». E’ il messaggio del capogruppo regionale dell’Udc Gianluigi Rubiu che, con il leader dei centristi Giorgio Oppi e i consiglieri Giuseppino Pinna e Alfonso Marras. «Nessuno pensi che con queste intimidazioni si possa ostacolare l’attività politica e democratica all’interno dell’assemblea regionale – conclude Gianluigi Rubiu -. Auspichiamo si faccia chiarezza su quanto è accaduto, identificando i responsabili e assicurando il proseguimento del percorso di legalità».

Solidarietà al presidente Pigliaru e agli altri destinatari delle gravissime minacce arriva anche dai consiglieri regionali di Articolo UNO – SDP Daniele Secondo Cocco, Eugenio Lai, Luca Pizzuto, Paolo Zedda e dall’assessore regionale della Pubblica istruzione Giuseppe Dessena.

«Condanniamo quindi questo atto increscioso e ci stringiamo intorno al presidente Pigliaru e agli altri destinatari. Oggi e sempre viva la Democrazia.»

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Dopo quello dell’assessore della Programmazione e del Bilancio del comune di Carbonia, Mauro Manca, del Movimento 5 Stelle, oggi arriva un altro attacco da un consigliere regionale di maggioranza, Luca Pizzuto (Art. 1 – Sdp), alla Giunta Pigliaru, per l’esclusione del Sulcis dall’itinerario della “Ciclovia Turistica della Sardegna – Ciclovia Sardegna”.

«Il fatto è gravissimo – attacca Luca Pizzuto – in quanto veniamo estromessi da un percorso finalizzato a rilanciare e valorizzare sia il turismo locale che quello rurale. Questa esclusione è ancora più grave perché non tiene conto dei lavori già fatti e in cantiere nel territorio (grazie ai Comuni, all’Ex provincia e al Piano Sulcis), in tema di piste ciclabili e percorsi a camminamento lento.»

«Per questi motivi – aggiunge Luca Pizzuto – presenteremo un’interrogazione al presidente della Giunta e all’assessore dei Lavori pubblici, per conoscere le motivazioni che hanno portato alla mancata ricomprensione del territorio del Sulcis Iglesiente nei percorsi della Ciclovia della Sardegna. Chiediamo, all’assessore di mobilitarsi per reinserire il Sulcis nei percorsi previsti e se questo non dovesse avvenire condurremmo una dura battaglia politica per il raggiungimento del risultato.»