19 July, 2024
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Per combattere la povertà non servono più soldi ma migliori servizi. Perché la povertà raccontata dai poveri è ben diversa da quella immaginata dalle amministrazioni, che pure investono cifre poderose (in Sardegna la spesa pro capite è di 108 euro, a fronte dei 38 euro di media nazionale) per raccogliere però risultati parziali, se non insoddisfacenti. È il risultato della ricerca “Le trappole della povertà in Sardegna: soluzioni e strategie”, realizzata dalla Fondazione Zancan su commissione del Centro di Servizio per il Volontariato “Sardegna Solidale” e presentata ieri a Cagliari nel corso di un incontro svoltosi nell’Aula Magna della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.

La ricerca si è basata su 52 interviste ad altrettante famiglie povere sarde, ed è stata integrata da due focus group a cui hanno partecipato esperti, volontari ed amministratori. Il risultato è un quadro inedito del fenomeno perché «anche in Sardegna si continuano a fare politiche contro la povertà senza sentire i maggiori esperti: cioè i poveri», ha affermato Giampiero Farru, presidente di Sardegna Solidale.

La domanda di partenza è stata: quali sono i principali fattori legati alla condizione di povertà, soprattutto di lunga durata, delle famiglie?

Ogni famiglia ha indicato in media tre criticità e la prima (richiamata con una percentuale del 95 per cento) è stata l’assenza di un lavoro, seguita da problemi legati all’abitazione (65 per cento) e alla salute (58 per cento). «È evidente dunque che una semplice erogazione finanziaria non risolve assolutamente la gran parte dei problemi connessi alla povertà, che è un fenomeno generato da fattori concomitanti che dunque necessita di una molteplicità di azioni», ha spiegato il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato.

Con la seconda domanda è stato chiesto alle famiglie di indicare gli interventi, forniti da soggetti pubblici o privati, che li hanno aiutati maggiormente.

Il 95 per cento delle famiglie ha ottenuto contributi, il 69 aiuti di prima necessità e il 29 per cento assistenza abitativa. Servizi di orientamento e sostegno, agevolazioni sui servizi per bambini/ragazzi e assistenza domiciliare hanno riguardato rispettivamente il 27, 23 e 13 per cento delle famiglie.

A fornire questi aiuti sono stati nell’11,7% dei casi familiari o amici (e quasi due terzi di questi aiuti sono stati contributi a sostegno del reddito del nucleo), nel 33,1% enti privati (associazioni, organizzazioni di volontariato), e nel 55,2% enti pubblici di vario livello. In questo caso, circa tre quarti degli aiuti sono stati contributi economici diretti (erogazioni di sostegno al reddito, contributi per lavori socialmente utili, pensioni e indennità di invalidità) o indiretti (contributi per visite mediche e farmaci, per affitto o utenze).

Ma come le famiglie hanno valutato gli aiuti ricevuti? Su una scala da uno a cinque, il livello medio di utilità degli aiuti ricevuti è quasi 3,7. Ma non tutti gli interventi sono stati ritenuti ugualmente utili. Paradossalmente, ai contributi economici e ai beni materiali di prima necessità le famiglie hanno attribuito un livello di utilità più basso (tra 3,5 e 3,6), mentre al sostegno fornito in forma di prestiti agevolati è associato il massimo livello di utilità (punteggio medio 5,0), seguiti dai servizi di assistenza abitativa (4,7), orientamento/sostegno psicosociale e assistenza sociosanitaria (4,5), servizi di assistenza domiciliare (3,9) e accoglienza residenziale (3,6). «Se i servizi di microcredito sono i più apprezzati significa che le persone vogliono restituire le risorse ricevute – ha spiegato Vecchiato – segno che l’assistenzialismo non è ineluttabile ma è generato dalle politiche messe in campo».

Per quanto riguarda invece gli aiuti non ricevuti, le famiglie hanno individuato 152 aiuti di cui avrebbero avuto bisogno (e l’85,5% delle famiglie ha citato almeno un aiuto mancato). Il 71 per cento delle famiglie ha lamentato l’assenza di servizi per il lavoro, il 60 di contributi e il 20 di assistenza abitativa.

Ma non tutti gli aiuti “mancati” hanno pesato ugualmente sulle famiglie in difficoltà.

Il livello massimo di gravità è stato associato alla mancanza di sostegno socio educativo (dopo-scuola per i figli), supporto psicologico o informativo, assistenza sanitaria, sociosanitaria e domiciliare, agevolazioni sul credito.

Di poco inferiore (4,9) è il livello medio di gravità attribuito al mancato sostegno per la frequenza di servizi educativi e percorsi scolastici dei figli (servizi di trasporto e mensa scolastica, borse di studio, agevolazioni per nidi).

4,7 è il livello medio di gravità associato alla mancanza di servizi di orientamento e intermediazione al lavoro.

Minore è invece la gravità media attribuita al mancato ricevimento di contributi economici (4,5) e beni materiali di prima necessità (4,2).

Sotto questo aspetto, sono significative alcune voci raccolte nel corso della ricerca.

I servizi per l’impiego non ti rispondono… tutti vogliono persone con esperienza, ma se non ti fanno fare neppure un tirocinio… (Int. 21)

Mi sono rivolta a enti o associazioni solo quando mi sono trovata alle strette, e ho sempre chiesto il meno possibile… spesso mi sono trovata di fronte a persone che mi hanno umiliata… lo vedo anche in comune… come si permettono di etichettare, di non portare rispetto… non tutti son così, ma alcuni sì, e danno molto fastidio… non so, è una questione di approccio iniziale: gli aiuti ci sono, ma il modo con cui vengono fatte queste cose fa la differenza… (Int. 29)

Parlo solamente del problema di mio figlio, lo Stato cioè non esiste… la Asl diciamo non esiste… un colloquio faceva ogni due mesi perché c’era una neuropsichiatra che doveva seguire mille bambini… [I servizi per il figlio] non ci sono stati, assenti, irreperibili. [Quanto grave è stata la mancanza da uno a cinque?] Dieci si può scrivere? (Int. 37)

L’ultima parte dell’intervista alle famiglie ha cambiato prospettiva, secondo l’idea guida del welfare generativo per cui la lotta alla povertà non può prescindere dall’idea che “non posso aiutarti senza di te”. Il 73 per cento delle famiglie ha così affermato di essere pronta a mettere a disposizione della comunità (vicini di casa, associazioni di volontariato, parrocchia ecc.) le proprie risorse o capacità. «In questo ambito il volontariato può fare molto – ha spiegato Vecchiato – facendo incontrare offerta e domanda, tenuto conto che le famiglie hanno espresso un giudizio positivo sull’importanza del ruolo delle associazioni di volontariato nel sostenere le famiglie povere, attribuendo un punteggio medio pari a 4,1».

Al termine della presentazione (a cui hanno preso parte anche il presidente del Comitato promotore del Csv Sardegna Solidale don Angelo Pittau, il  direttore regionale della Caritas don Marco Lai, il presidente del Co.Ge. Sardegna Bruno Loviselli, il consigliere regionale Luca Pizzuto ed il responsabile del Servizio Studi e Ricerche di Caritas Sardegna Raffaele Callia), sono state premiate le associazioni partecipanti al concorso “Poveri per sempre?”, promosso da Sardegna Solidale per far emergere le strategie contro la povertà messe in campo dal volontariato nei vari territori. Alla premiazione sono intervenuti Vittorio Pelligra (docente di Politica Economica Università di Cagliari), Gianni Concas (volontario Mensa del Viandante) e Linda Migliaccio (Presidente del Gruppo Volontariato Vincenziano Sardegna).

 

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Alcune centinaia di persone, con in testa i sindaci di numerosi comuni di diverse aree della Sardegna, hanno risposto all’invito “della Rete Sarda – Sanità pubblica”, partecipando a Cagliari alla manifestazione di protesta contro il Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, a difesa dei piccoli ospedali e dei servizi sanitari delle zone interne. Al termine della manifestazione, una delegazione ha incontrato il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, al quale hanno esposto le ragioni della protesta.

Il gruppo consiliare di Sel (Daniele Cocco, Eugenio Lai, Luca Pizzuto, Francesco Agus) ha diffuso una nota, nella quale sostiene che «comprende le ragioni della protesta di amministratori locali e comunità delle zone interne per la razionalizzazione della rete ospedaliera. E’importante però sottolineare, anche in questa occasione, che la missione della maggioranza sia rivolta verso il rilancio delle aree più marginali della Sardegna, cominciando dalla salvaguardia dei diritti essenziali dei cittadini come quello alla salute».

«I piccoli ospedali ed i servizi ad essi collegati sono quindi un elemento imprescindibile della nostra azione politica – aggiungono i consiglieri regionali di SEL -. Riteniamo che questo debba essere il punto di partenza per gli interventi di razionalizzazione della rete, che devono certamente eliminare gli sprechi ma in un quadro di garanzie fondate sia sulla migliore accessibilità al sistema sanitario che sulla qualità delle prestazioni. L’azione politica di Sel sarà comunque diretta alla difesa delle periferie e dei piccoli ospedali ed alla tutela dei servizi nella zone più svantaggiate.»

«Occorre garantire nell’immediato la qualità e la sicurezza  dei servizi sanitari ai cittadini – ha detto da parte sua Gianluigi Rubiu, capogruppo dell’Udc in Consiglio regionale -. Anche nel Sulcis Iglesiente ci aspetta una sfida decisiva, con l’impegno di preservare e rafforzare i presidi ospedalieri all’interno del distretto. Il rischio del nuovo disegno è il declassamento dei poli ospedalieri dell’interno, veri punti di riferimento nel territorio e con reparti che rappresentano l’eccellenza della sanità. Si pensi alle criticità del Cto di Iglesias e del Sirai di Carbonia, con il trasloco dei reparti ed il taglio dei servizi destinati ai pazienti. Una confusione che sta generando una battaglia di campanile assurda ed inconcepibile. Ci sono poi le situazioni relative agli ospedali di Isili e Sorgono. Non è certo questa la finalità della Asl unica – conclude Gianluigi Rubiu – E’ necessario preservare e salvaguardare i servizi sanitari sul territorio, scongiurando una razionalizzazione basata su tagli privi di logica e le sforbiciate delle prestazioni specialistiche.»

Assessorato regionale della Sanità 6 copia

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Mentre continuano i presidi dei lavoratori di Eurallumina presso la sede dell’assessorato regionale dell’Ambiente, il consigliere regionale di Sinistra Ecologia Libertà Luca Pizzuto chiede la massima disponibilità a tutti gli attori coinvolti per la positiva soluzione nella conferenza di servizi definitiva prevista per il prossimo dicembre e che la Regione si faccia parte attiva per promuovere il riavvio dello stabilimento.

«Intanto – aggiunge Luca Pizzuto -, esprimiamo un cauto ottimismo sulle notizie relative alla vertenza Alcoa che, secondo quanto affermato da fonti ministeriali, dovrebbe vedere la firma dell’accordo per la gestione in capo a Invitalia e l’avvio delle trattative con nuovi acquirenti. Premiato il lavoro della Regione che in questi mesi è stata impegnata instancabilmente nel seguire le trattative del Governo nazionale. Il Sulcis e i suoi lavoratori – conclude Luca Pizzuto – non saranno lasciati soli: dobbiamo e possiamo dare a questo territorio una nuova speranza di sviluppo e di ripresa.»

Eurallumina.Attendati Alcoa 2

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giuramento-marras 

Il neo consigliere regionale Alfonso Marras (Udc), subentrato a Gianni Tatti, decaduto dal 31 ottobre 2016 per effetto di una decisione giudiziaria. ha giurato nell’Aula di via Roma, a norma dell’articolo 23 dello Statuto speciale.

L’Aula è poi passata all’esame del Regolamento sul Registro regionale dei tumori. Il regolamento è stato illustrato dall’on. Raimondo Perra, presidente della commissione Sanità, secondo cui «non si può prescindere, per la prevenzione, della valutazione dell’incidenza e della tipologia dei tumori. Il registro è un archivio volto a raccogliere, per finalità di studio e di ricerca, tutti i dati relativi ai tumori nel rispetto delle norme sulla tutela delle persone».

Il relatore ha riferito che «lo schema di regolamento della Giunta, trasmesso al garante per la protezione dei dati personali, è stato poi esaminato in commissione Sanità che ha sostanzialmente condiviso il testo del proponente».

Per la discussione generale è intervenuto l’on.Emilio Usula (Rossomori), che ha detto: «Il registro è uno strumento indispensabile di conoscenza, di cui si potranno avvalere gli operatori sanitari ma ancora prima i decisori politici in ordine a tutte le scelte che possono avere conseguenze sulla salute, come le decisioni in materia di ambiente e di industria. Sarà un ottimo strumento di guida: a oggi esistono in Sardegna soltanto il registro di Sassari e quello di Nuoro, con una copertura pari al 43 per cento della popolazione regionale».

Per l’on. Luca Pizzuto (Sel) «oggi c’è da essere orgogliosi perché il Registro è un grande strumento di crescita della nostra isola. Con questa legge stiamo realmente facendo qualcosa di concreto verso di chi oggi vive problemi di salute ed è questo un modo per testimoniare a queste persone la nostra concreta vicinanza».

La Giunta ha espresso un parere favorevole con l’assessore Luigi Arru, che ha detto: «Il garante della privacy Antonello Soro ha detto con orgoglio che la Sardegna è la prima regione ad adottare il registro nel rispetto delle norme sulla tutela dei dati personali. E’ un motivo in più di orgoglio questo nostro regolamento che ha regole chiare, anche organizzative, e che terrà conto delle positive esperienze di Sassari e poi di Nuoro». L’assessore ha aggiunto: «Potremo finalmente monitorare i dati delle cartelle cliniche e incrociarli per studiare i fenomeni epidemiologici. I dati saranno raccolti su base aziendale».

L’Aula ha approvato gli articoli 1, 2, 3, 4. L’on. Lorenzo Cozzolino (Pd) ha presentato un emendamento e ha ricordato che «anche Cagliari ha inviato all’Osservatorio epidemiologico i suoi dati. Tutti i dati dovrebbero essere inviati a Sassari e poi da Sassari a Cagliari. Vorrei capire perché il coordinamento regionale del registro tumori non è all’Ospedale Oncologico di Cagliari. Dite con chiarezza se il coordinamento sarà a Cagliari o a Sassari».

L’assessore Arru ha detto in replica: «L’Oncologico di Cagliari sarà il punto di riferimento della rete oncologica sarda ma non possiamo non tenere conto che negli ’90 la Asl 1 di Sassari ha iniziato a occuparsi per prima del problema. La funzione di coordinamento sarà a Sassari ma non ci saranno problemi di dislocazione fisica perché l’informatica mette a disposizione i dati in tempo reale. Non verrà meno il ruolo dell’area sociosanitaria di Cagliari, con il suo 57 per cento della demografia e della casistica dei tumori sardi».

L’on. Lorenzo Cozzolino ha ritirato l’emendamento e l’articolo è stato approvato.

Così anche l’articolo 5 e poi il 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e l’allegato A. Il Regolamento che istituisce il Registro dei tumori è stato approvato in via definitiva.

L’Aula è quindi passata all’esame della mozione n. 267 presentata da tutti i capigruppo sulla paventata chiusura degli uffici postali nelle zone più disagiate della Sardegna a seguito del nuovo piano di privatizzazione e riassetto di Poste Italiane Spa.

Il primo firmatario, Daniele Cocco (Sel) ha illustrato il documento scaturito da un incontro con i sindacati in occasione della manifestazione di protesta tenuta nei giorni scorsi a Cagliari dai dipendenti di Poste Italiane. «Si va verso la privatizzazione della società con la cessione di un ulteriore 30% del pacchetto azionario – ha ricordato Cocco – la procedura potrebbe avere effetti devastanti per la Sardegna con decine di posti di lavoro a rischio e la probabile chiusura di molti uffici postali nei piccoli paesi dell’Isola».

Il documento impegna la Giunta a intervenire con urgenza nei confronti del Governo: «La maggioranza ha sottoscritto un progetto per il rilancio delle zone interne, la Giunta ha presentato un Master Plan per i comuni minori – ha affermato Cocco – le Poste in alcuni centri hanno la stessa importanza degli uffici comunali e delle stazioni dei carabinieri. La procedura di privatizzazione non deve andare avanti, porterebbe ulteriori criticità alla Sardegna, siamo certi che il Presidente Pigliaru interverrà perché venga scongiurato questo rischio».

Antonio Solinas (Pd) ha ricordato che da tempo di sparla di adottare misure finalizzate a bloccare, o almeno attenuare, il fenomeno dello spopolamento delle zone interne. «Giunta e maggioranza, ma credo anche l’opposizione, vogliono dedicare la seconda parte della legislatura al problema dello spopolamento dei piccoli comuni – ha detto Solinas – credo che sia importante che il Consiglio nella sua interezza chieda al Governo nazionale, vista la particolarità orografica della Sardegna, di evitare i tagli ipotizzati da Poste Italiane». Secondo Solinas, gli sforzi della Regione a favore dei piccoli comuni rischiano dei essere vanificati dalla cancellazione di servizi importanti per i cittadini. «La scorsa settimana ad Aritzo abbiamo discusso di zone interne – ha detto il consigliere di maggioranza – il sindaco di quel paese ci ha ricordato che è inutile parlare di lotta allo spopolamento se poi vengono a mancare servizi come la scuola e i trasporti. Sono convinto che i giovani possano continuare a vivere nei piccoli comuni ma servono servizi essenziali per garantire a tutti un vivere dignitoso, tra questi servizi ci sono quelli svolti da Poste Italiane». Solinas ha quindi concluso il suo intervento chiedendo che eventuali provvedimenti di razionalizzazione vengano preventivamente discussi e concordati con la Giunta regionale.

Anche per Gigi Ruggeri (Pd) questa vicenda non può trovare la Sardegna come spettatore passivo. «Non va trascurato che siamo di fronte alla più importante azienda in Sardegna in termini di capitale umano e di presenza nei piccoli centri – ha detto Ruggeri – noi siamo attenti ai processi di razionalizzazione dei servizi, a questo miravano le riforme della sanità e il dimensionamento della rete scolastica. In questo caso non si parla di razionalizzare per offrire un servizio migliore ma si ragiona secondo logiche economiche. Siamo in presenza di un rischio grosso. Le Poste nei piccoli paesi hanno una funzione centrale di riferimento, non hanno solo una declinazione economica ma anche sociale. Nei piccoli comuni i servizi devono avere la stessa qualità garantita nei centri maggiori».

L’esponente del Pd ha poi invitato la Giunta a far valere le prerogative contenute nello Statuto: «La Provincia di Bolzano ha ottenuto da Poste Italiane un particolare trattamento per i propri comuni. C’è bisogno di una evidente mobilitazione da parte della Giunta. Il nostro territorio non è come quello di Roma o Milano».

Giudizio condiviso da Attilio Dedoni, capogruppo dei Riformatori. «Non capisco se la controparte siano le Poste o il governo centrale – ha esordito Dedoni – è ora di finirla di parlare dei problemi della Sardegna bisogna risolverli alla fonte. La questione riguarda molti lavoratori che da domani potrebbero essere espulsi dal mercato del lavoro ma riguarda anche un importante servizio che potrebbe mancare nei piccoli centri. Il piano di razionalizzazione di Poste Italiane deve tener conto dell’orografia della Sardegna, della sua viabilità e del problema dei trasporti. Già oggi in alcuni centri gli uffici postali aprono per due giorni alla settimana, sembra di essere nel Far West. E’ ora di dire basta».

Il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu ha ricordato che si parla di un’operazione finanziaria multiforme che modifica gli assetti societari di Poste Italiane. «C’è da preoccuparsi sugli effetti diretti e indiretti dell’operazione – ha sottolineato Congiu – . La Cassa Depositi e Prestiti continuerà ad assolvere il suo compito originario di assistenza degli enti locali o diventerà un soggetto con un ruolo importante nel sistema della finanza pubblica italiana? Il presidente Francesco Pigliaru ponga il tema della tenuta finanziaria della Cassa e del suo ruolo. Occorrono rassicurazioni sul fatto che non cambi la sua mission».

Per Gianluigi Rubiu, capogruppo dell’Udc, le Poste sono un simbolo della presenza dello Stato italiano nell’Isola. «La società ha un fatturato di 30 miliardi di euro con utili di 500 milioni – ha ricordato Rubiu – in Sardegna ha 3500 dipendenti. Il Consiglio ha il potere di condizionare il Governo chiedendo che Cassa Depositi e Prestiti mantenga solo il 35% della quota azionaria. E’ necessario l’impegno del presidente affinché il contenzioso venga risolto. Non ci si può permettere di perdere un servizio così importante per i cittadini sardi. Siamo  con i lavoratori».

Pietro Cocco, capogruppo del Pd, ha detto di condividere le preoccupazioni per la situazione di Poste Italiane in Sardegna. «Abbiamo presentato in passato un’interrogazione sulla vicenda – ha ricordato Cocco – il tema dello spopolamento delle piccole comunità è un tema ricorrente su cui concentrare la nostra attenzione. Questa è una risposta che può scontrarsi con le logiche economiche ma è un tema decisivo per il futuro delle comunità che sono il cuore e l’anima dell’Isola».

Secondo Cocco, quella del Consiglio non è una battaglia di retroguardia: «Siamo pronti alla sfida della globalizzazione, ma questa talvolta non coincide con la necessità di salvaguardare le proprie comunità – ha detto il capogruppo del Pd – occorre valorizzare la nostra autonomia, bisogna avere la capacità di scrivere regole nuove per tutelare i nostri diritti. Saremo vigili e metteremo in piedi tutte le iniziative necessarie e i nostri buoni uffici nei confronti del governo nazionale».

Per Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, le Poste italiane hanno rappresentato un presidio pubblico nell’interesse della collettività e hanno esercitato un ruolo sostitutivo degli istituti di credito in alcuni piccoli centri per la raccolta del denaro e per i servizi agli anziani. La responsabilità della vicenda deve però essere chiara: «Se non si dà nome e cognome a chi sta mettendo in piedi questa operazione si rischia di abbaiare alla luna – ha detto Pittalis – non si può tollerare il silenzio della Giunta di fronte allo smantellamento di servizi importanti. Pigliaru non deve aspettare una mozione o un ordine del giorno del Consiglio. La Giunta deve esercitare le prerogative che lo Statuto le attribuisce pretendendo di essere sentita dal Consiglio dei Ministri, non dobbiamo chiedere nulla ma far valere i nostri diritti. La mozione è importante, da sola però non è sufficiente se non c’è una presa di coscienza da parte della Giunta».

Pietro Pittalis ha poi ribadito che il collocamento del restante 30% di azioni di Poste Italiane è stato deciso dal Governo italiano. «Se è in atto un processo di privatizzazione questo può essere accompagnato da direttive nazionali che tengano conto della specificità della Sardegna. Non parliamo di razionalizzazione ma di smantellamento di servizi. La Giunta faccia pressione sul governo Renzi».

A nome della Giunta, l’assessore della Programmazione Raffaele Paci ha recepito le preoccupazioni espresse dal Consiglio sottolineando che «sono anche quelle della Giunta ed assicurando il massimo impegno dell’Esecutivo regionale e del presidente Pigliaru». «Piuttosto – ha osservato – la mozione non deve essere considerata contro il governo Renzi o contro la privatizzazione di Poste Italiane, perché allora sarebbe inutile chiedere la riduzione delle tasse o misure più incisive per sostenere il rilancio dell’economia; è vero invece che il processo di razionalizzazione di una grande azienda come Poste Italiane non può avere le stesse connotazioni in una Regione a bassissima densità di popolazione come la Sardegna ed è evidente che ci deve essere riconosciuta quella peculiarità che le stesse Poste hanno rappresentato come presidio sociale e bancario». «Il nostro impegno – ha proseguito Paci – è continuare il dialogo fra istituzioni ciascuna con la propria autonomia, superando la politica dei ricorsi che non ha prodotto risultati; con la nostra azione, al contrario, abbiamo dimostrato a partire dal problema delle entrate che siamo sulla strada giusta». Quanto alle aree interne – ha concluso – va ricordato che la Sardegna è pienamente inserita nella strategia nazionale per le aree interne con le zone dell’Alta Marmilla e del Mandrolisai, una strategia che mette al centro proprio il mantenimento ed il potenziamento dei servizi di pubblica utilità come sanità, trasporti ed istruzione».

Per dichiarazione di voto il vice capogruppo di Forza Italia Marco Tedde ha valutato positivamente che «il Consiglio abbia manifestato una forte coesione anche se il punto dolente di questo momento unitario è quello dell’assessore Paci che ha fatto un pistolotto giustificazionista nei confronti di Renzi ma le cose non stanno così perché le responsabilità devono emergere e deve essere riconosciuto che chi governa ha la piena responsabilità dell’arretramento dello Stato in Sardegna». «La soppressione di tribunali, uffici del giudice di pace, scuole e perfino della motorizzazione civile – ha concluso Tedde – sono scelte che in un’Isola come la nostra hanno effetti devastanti, soprattutto perché nel caso specifico delle Poste si stanno mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro, ecco perché il presidente Pigliaru deve alzare la voce nei confronti dell’azienda ma anche di Renzi».

Il capogruppo di Sel Daniele Cocco, primo firmatario della mozione, ha ricordato che «non capita troppe volte che il Consiglio regionale si trovi unito sulle stesse posizioni e, in particolare, su una mozione con un contenuto molto chiaro e concreto». «Nella nostra Regione – ha aggiunto – ci sono 400.000 cittadini che vivono sotto la soglia di povertà e quindi non ci possiamo permettere non di perdere ma nemmeno di mettere a rischio un solo posto di lavoro; piuttosto deve essere riconosciuta la specificità della nostra Regione e su questo non abbiamo dubbi sull’impegno della Giunta».

Il consigliere Angelo Carta, sardista, ha annunciato il voto favorevole esprimendo però alcune perplessità, a cominciare da «alcuni precedenti come quello di Tossilo in cui la volontà dell’Aula è stata ignorata». «Si parla tanto di zone interne – ha lamentato Carta – ma poi non ci preoccupiamo quando si chiudono le scuole, una decisione che non ha preso il Governo Renzi ma la Regione, ultima di una serie di inadempienze che ci metterebbero in difficoltà nel caso di un confronto serrato con lo Stato».

Il consigliere Antonio Solinas (Pd), favorevole, ha messo però l’accento sul fatto che «lo spirito della mozione è quello di unire le forze politiche in una azione forte nei confronti di Poste italiane, un obiettivo che non può essere offuscato da accuse strumentali contro il Governo Renzi, con cui si dimentica troppo in fretta che i processi di razionalizzazione del sistema pubblico hanno attraversato centro destra e centro sinistra e non si possono concentrare le accuse su una sola parte». «Sulle scuole – ha detto infine – non è vero che le ha chiuse la Regione ma ha dato seguito agli indirizzi del Governo; resto peraltro convinto che le pluriclassi debbano essere chiuse mentre invece è necessario potenziare i collegamenti fra i diversi centri».

Non essendoci altri iscritti a parlare il presidente Gianfranco Ganau ha messo in votazione la mozione che il Consiglio ha approvato con 47 voti. Successivamente ha tolto la seduta aggiornando i lavori dell’Aula a domani alle 16.00, mentre per le 15.30 è stata convocata la conferenza dei capigruppo. Per le 12.00 infine è prevista la riunione della commissione Autonomia.

 

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Come aiutare le persone in difficoltà a rialzarsi e a non entrare in una spirale che rischia di renderle “povere per sempre”? Come evitare che il sistema di aiuti non finisca per rendere la povertà “istituzionale”? A queste domande risponde la ricerca “Le trappole della povertà in Sardegna: soluzioni e strategie”, realizzata dalla Fondazione Zancan e che verrà presentata giovedì 10 novembre a partire dalle ore 16.00 presso l’Aula Magna della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, in via Sanjust 13. Commissionata da Sardegna Solidale, la ricerca è stata condotta mettendo a confronto nei vari territori dell’isola amministratori, volontari ma anche persone e famiglie in difficoltà, per poter capire direttamente quali solo gli strumenti maggiormente efficaci e quali invece quelli che non aiutano a risolvere le criticità.

Affrontare il tema della povertà è infatti una sfida che chiama in causa tutti gli attori del territorio: istituzioni, imprese, realtà associative, cittadini. Il Centro di servizio per il volontariato Sardegna Solidale ha molto investito negli ultimi anni nella conoscenza e nel supporto alle iniziative di contrasto alla povertà in Sardegna, cogliendone la complessità e le molteplici sfaccettature in chiave multidimensionale. Le indagini realizzate nel 2011 e nel 2014 hanno consentito di approfondire le caratteristiche “epidemiologiche” e territoriali della povertà nell’Isola, in modo integrato con le azioni regionali e locali a sostegno della popolazione in difficoltà. Ora aver chiesto ad un osservatore esterno ma “prossimo” (come la Fondazione Emanuela Zancan di Padova, impegnata da anni nello studio della povertà e delle politiche sociali) di leggere le storie e le esperienze di aiuto vissute dalle famiglie e dagli attori istituzionali e sociali attivi nel territorio regionale, è stata un’opportunità per capire come meglio orientare la nostra azione di volontari e di cittadini.

Alla presentazione interverranno il direttore del Centro studi e ricerca sociale Fondazione Emanuela Zancan Onlus di Padova Tiziano Vecchiato, il presidente di Sardegna Solidale Giampiero Farru, il presidente del Comitato promotore del Csv Sardegna Solidale don Angelo Pittau, il  direttore regionale della Caritas don Marco Lai, il presidente del Co.Ge. Sardegna Bruno Loviselli, il consigliere regionale Luca Pizzuto e il responsabile del Servizio Studi e Ricerche di Caritas Sardegna Raffaele Callia.

All’incontro, che sarà coordinato dal giornalista Vito Biolchini, sono stati invitati il presidente della Regione Francesco Pigliaru, il sindaco di Cagliari Massimo Zedda e il Rettore dell’Università di Cagliari, Maria Del Zompo.

Alla presentazione della ricerca seguirà la premiazione del concorso di idee “Poveri per sempre? Proposte e percorsi per uscire dalla povertà”, lanciato da Sardegna Solidale e rivolto alle associazioni di volontariato, le quali sono state chiamate a presentare le idee progettuali e le loro esperienze in atto, rivolte al contrasto della povertà di lunga durata di persone e famiglie. Alla premiazione interverranno Vittorio Pelligra (docente di Politica Economica Università di Cagliari), Gianni Concas (volontario Mensa del Viandante) e Linda Migliaccio (Presidente del Gruppo Volontariato Vincenziano Sardegna).

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Con il voto favorevole della maggioranza e l’astensione dell’opposizione la commissione Sanità ha approvato questa mattina il documento della Giunta regionale relativo alle risorse da destinare ai Plus, i piani locali unitari dei servizi alla persona.

In apertura di seduta la commissione (presieduta dall’on. Raimondo Perra) ha audito l’assessore regionale della Sanità, Luigi Arru, che ha ricordato come «la proposta di delibera abbia preventivamente superato il confronto con i Comuni e con tutto il sistema delle autonomie locali. Stiamo cercando di rilanciare i Plus per migliorare il nostro welfare in modo generativo, facendo in modo che sia sempre più rivolto all’erogazione di servizi invece che di contributi monetari da assegnare ai singoli. A dieci anni dalla approvazione della legge 23 bisogna rivedere anche il ruolo del terzo settore in Sardegna».

Sul sistema dei Plus, sulla legge 162  e più in generale sull’effettività della spesa delle risorse assegnate sono intervenuti per l’opposizione i consiglieri Randazzo, Zedda e Oppi. Quest’ultimo, ha sollecitato una risoluzione all’unanimità della commissione, «per incrementare le risorse. Una risoluzione è l’unico strumento, se davvero vogliamo che aumenti la dotazione finanziaria per i Plus». Della stessa opinione il consigliere Luca Pizzuto (Sel), che si è detto favorevole a discutere la proposta formulata dall’ex assessore alla Sanità.

Tra i commissari hanno preso la parola anche i consiglieri del Pd Rossella Pinna, Gigi Ruggeri e Daniela Forma, che hanno analizzato la sintesi delle rendicontazioni di spesa consegnata alla commissione dall’assessorato e hanno segnalato le difficoltà di alcuni Uffici di Piano a spendere tutte le risorse assegnate.

Assessorato regionale della Sanità 6 copia

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Nel dibattito acceso in atto nel territorio sulla riorganizzazione dei servizi sanitari e, nello specifico, sul trasferimento del reparto di ostetricia e ginecologia dall’ospedale Sirai di Carbonia dall’ospedale Cto di Iglesias, interviene nuovamente l’on. Luca Pizzuto, consigliere regionale e segretario regionale di Sinistra, Ecologia e Libertà.

«La divisione del territorio sulle tematiche sanitarie è il miglior regalo che si possa fare alle lobby pubbliche e private che speculano sulla sanità – scrive Luca Pizzuto in una nota -. Da diversi mesi sto lavorando ad ipotesi di miglioramento della sanità, che unitamente alla razionalizzazione portino anche una miglior qualità del servizio. A questo proposito, una proposta che sento di fare (partendo dalle esperienze statunitensi, anglosassoni, olandesi, ma anche di qualche regione d’Italia come Emilia romagna e Lombardia) è quella di istituire nei luoghi in cui sarà eliminato il punto nascita la cosiddetta “Casa di Maternità” ed il percorso di nascita a domicilio.»

«Le Case di maternità sono strutture che offrono una assistenza costante e personalizzata alla gravidanza, al parto e ai primi anni di vita del bambino – aggiunge Luca Pizzuto -. La Casa di maternità non è un reparto o una piccola clinica, ma una vera e propria casa con ambienti di vita normali, in cui è presente la stanza della nascita, un luogo insonorizzato e accogliente, in grado di offrire intimità e confort, con camere che permettono ai genitori di dormire insieme e di mantenere un contatto fisico, pelle a pelle, con il neonato. Questa nuova struttura è il perno di un nuovo percorso di nascita “in casa” che prevede un approccio olistico e preventivo, nel quale si realizza la presa in carico della donna. Le future madri che, volontariamente, sceglieranno di aderire a questo percorso avranno un controllo continuo che ne fa derivare un livello di rischio tale da consentire di partorire in assoluta sicurezza.»

«La politica ha il dovere di ricercare unità nel territorio, difendendo qualità e servizi. Decidano le ASL dove collocare cosa, ma, insieme, si lavori ad una nuova stagione nel territorio in cui la garanzia di nascere sani sia certa non solo a Carbonia, ma anche a Giba, Masainas, Musei, Sant’Antioco, Carloforte, ecc., per consentire alle famiglie una scelta sicura e di qualità in cui anche l’affetto per il luogo in cui nasce sia rispettato. Una proposta rivolta al Sulcis Iglesiente – conclude Luca Pizzuto -, ma anche a tutta la Regione Sardegna.»

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Aias Cortoghiana

La vertenza Aias, seconda per importanza solo a quella di Alcoa, «va affrontata e risolta con impegno e determinazione, per tutelare il diritto alla salute dei pazienti, dare finalmente certezze a centinaia di lavoratori di tutti i territori della Sardegna e mettere in sicurezza una parte importante del sistema sanitario regionale».

Lo sostengono, in una nota, i consiglieri regionali di Sinistra Ecologia Libertà Daniele Cocco, Eugenio Lai, Francesco Agus e Luca Pizzuto, secondo i quali «l’assessorato ha già adottato atti significativi ma non sufficienti, almeno fino a questo momento, a garantire il pagamento delle spettanze arretrate e la giusta retribuzione a tutti i dipendenti dell’azienda».

In particolare è opportuno, aggiungono Daniele Cocco, Eugenio Lai, Francesco Agus e Luca Pizzuto, «che la commissione Sanità ascolti al più presto le organizzazioni sindacali per acquisire ulteriori elementi di conoscenza sulla complessa vicenda, tanto più che la richiesta dei rappresentanti dei lavoratori è già stata inoltrata circa due mesi fa ed il tempo a disposizione va utilizzato, a nostro giudizio, per una ulteriore accelerata nell’individuazione di una soluzione positiva della vertenza.»

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Luigi Arru 2

La commissione Sanità, presieduta dall’on. Raimondo Perra (Psi) ha ascoltato i rappresentanti regionali dei laboratori di analisi chimico-cliniche e l’assessore Luigi Arru per un esame “incrociato” delle problematiche del settore, alla luce dei nuovi indirizzi predisposti dalla Giunta regionale.

A nome della Federlab Enrico Tinti ha ricordato che, a seguito del recente accordo Stato-Regioni, la Giunta ha emanato una delibera «che modifica profondamente i requisiti per l’accreditamento delle strutture e pone significativi paletti sul volume delle prestazioni». «Ciò comporta  – ha spiegato – soglie molto alte delle stesse prestazioni (200.000 l’anno) che per la Sardegna non sono sostenibili, anche per rapporto fra popolazione e strutture di analisi che è il più elevato d’Italia». «Inoltre – ha sottolineato – non è realistico pensare che in un solo anno si possano portare a termine processi di aggregazione in un tessuto di imprese medio-piccole, molto diversificato sul territorio; chiediamo sia il ridimensionamento delle soglie che una tempistica adeguata alla creazione di nuove reti di impresa». Tinti, in conclusione, ha messo in guardia la commissione dalla nuova tendenza nazionale ed europea di dare vita ai cosiddetti supermarket delle analisi: «Forse ci sarebbero vantaggi sui costi, ma danni altrettanto certi all’indotto e, soprattutto, al rapporto col paziente».

Francesco Cogoni, della Assolab, ha ribadito l’importanza del rapporto fra strutture di analisi e territorio segnalando alla commissione che «i laboratori operano in molte realtà medio-piccole della Sardegna dove non c’è la presenza delle Asl, un dato di specificità di cui la programmazione sanitaria regionale deve tener conto».

E’sbagliato, secondo Paolo Loddo della Sapmi, «associare i laboratori di analisi ad un generico concetto di malasanità, anzi bisogna ricordare che il settore ha subito negli anni tagli del 60% sulle prestazioni e che spesso i budget assegnati vengono esauriti nei primi 15 giorni del mese, segno che bisogna ridiscutere con urgenza il tariffario regionale».

Francesco Spissu della Mednet, infine, ha annunciato che a breve scadenza sarà consegnato alla commissione un documento comune della categoria, rilanciando poi la preoccupazione diffusa delle imprese del settore per gli accorpamenti in vista »che metterebbero a rischio il mantenimento dei requisiti di accreditamento per le singola strutture».

Nel dibattito hanno preso la parola i consiglieri regionali Luca Pizzuto (Sel), Fabrizio Anedda (Misto), Augusto Cherchi (Pds), Giorgio Oppi (Udc), Rosella Pinna e Luigi Ruggeri (Pd), Alessandra Zedda (Forza Italia) e Michele Cossa (Riformatori).

Nella seconda parte della seduta si è sviluppato un serrato confronto fra la commissione e l’assessore della sanità Luigi Arru.

Lorenzo Cozzolino, del Pd, ha messo l’accento sulla insostenibilità della soglia di 200.000 prestazioni per la Sardegna «dove i laboratori effettuano una media annuale inferiore alle 60.000 prestazioni». Il consigliere del Pd ha quindi auspicato una profonda revisione della delibera della Giunta, «sia perché lo stesso accordo con lo Stato lascia autonomia decisionale alle singole Regioni e, nel nostro caso, dobbiamo usarla fino in fondo, sia perché le stesse direttive nazionali del Ministero della Salute privilegiano la strada del miglioramento dei processi organizzativi rispetto a quella dei tagli lineari».

Considerazioni analoghe a quelle di Cozzolino sono state espresse, con diverse sottolineature, dai consiglieri Alessandra Zedda ed Edoardo Tocco (Forza Italia), Augusto Cherchi (Pds), Luca Pizzuto (Sel) e Fabrizio Anedda (Misto).

Nella sua replica l’assessore Arru ha manifestato apertura per una “rimodulazione intelligente” della libera, anche nell’ambito della definizione della nuova rete ospedaliera, purché «si mantenga l’obiettivo di fondo di migliorare la qualità del servizio e l’efficienza delle strutture». «Non dimentichiamo – ha ricordato – che in questi anni la tecnologia ha fatto passi da gigante anche nella diagnostica e la stessa soglia delle 200.000 prestazioni emerge dalla letteratura scientifica». Detto questo, ha concluso, «nessuno vuole chiudere niente però dobbiamo essere consapevoli, tenendo conto anche che le stesse prestazioni in Sardegna costano il doppio rispetto al resto d’Italia e che siamo in piano di rientro, siamo al centro di un processo di cambiamento che, pur nella sua gradualità, è irreversibile».

L’assessore, come annunciato nella precedente riunione, ha fornito un rapporto dettagliato sulla situazione dei laboratori di analisi in Sardegna. In base ai dati riferiti al 2015, i laboratori privati attivi che forniscono prestazioni al servizio sanitario regionale sono 53, per un volume complessivo di oltre 3,6 milioni di prestazioni ed una media di circa 68.000 esami per struttura (nessuno laboratorio ha raggiunto la soglia di 200.000). I lavoratori occupati sono circa 450, principalmente biologi (119) e tecnici di laboratorio (57), più altre figure professionali come infermieri, medici, ausiliari ed amministrativi.

Su questi ed altri dati, compresa una mappa articolata delle strutture sul territorio regionale, si svilupperà il lavoro della commissione nelle prossime sedute.

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In Sardegna le forze identitarie danno vita al comitato per il No al Referendum sulla riforma della Costituzione. Una mozione urgente in Consiglio regionale, manifestazioni in tutta la Sardegna con associazioni, artisti e volontari per contrastare la riforma voluta dal Governo Renzi. Il Comitato per il No raccoglie forze politiche e movimenti di area sardista, sovranista e  indipendentista, con quattro forze politiche rappresentate nel Consiglio regionale (Rossomori, Psd’Az, Sel e Upc) e i movimenti “Sardegna sostenibile e sovrana”, “Possibile” e “Cagliari Città Capitale”.

«Il voto del 4 dicembre è un appuntamento importantissimo per la Sardegna – ha  detto il primo firmatario della mozione Paolo Zedda (Rossomori – dobbiamo contrastare la spinta neocentralista ed evitare che le regioni vengano ridotte a semplici enti amministrativi». «Per questo – ha annunciato il capogruppo dei Rossomori Emilio Usula – chiederemo che la mozione venga discussa al più presto in modo da chiarire quali siano le posizioni in campo anche all’interno della maggioranza di centrosinistra».

Rispondendo alle domande dei giornalisti sul pronunciamento a favore del referendum da parte del presidente della Regione Francesco Pigliaru e dell’assessore delle Riforme Gianmario Demuro, il segretario nazionale dei Rossomori Marco Pau è andato oltre: «Si tratta di posizioni legittime che però non rispettano l’orientamento della maggioranza, in caso di vittoria del No Pigliaru dovrebbe fare un passo indietro».

Di opportunità per ricomporre il frastagliato mondo identitario ha invece parlato il consigliere del Psd’Az Christian Solinas: «Il Comitato per il No può essere il punto di partenza per avviare il processo di riunificazione delle forze sardiste, sovraniste e indipendentiste. Il primo passo verso un’orgogliosa alternativa tutta sarda ad un vuoto di sistema».

Per leader di Irs Gavino Sale, invece, il referendum è l’occasione giusta per assestare “uno schiaffone” allo Stato italiano, l’ufficializzazione di uno scontro in atto per affermare i propri diritti. «La Sardegna prenda esempio dalla Corsica che oggi costringe lo Stato francese alla trattativa – ha detto Sale – basta giocare in difesa, il referendum da questo punta di vista rappresenta un’arma formidabile a nostra disposizione».

Concetto condiviso da Luca Pizzuto, segretario regionale di Sel: «Il voto al referendum è un no al disegno occidentale di destrutturazione delle democrazie – ha sottolineato Luca Pizzuto – una nostra vittoria destabilizzerà il sistema di potere italiano e contribuirà a creare nuovo scenari in Sardegna».

Per Antonio Gaia, consigliere dell’Upc, la riforma merita un No convinto «perché partorita da un Parlamento delegittimato dalla bocciatura della legge elettorale con la quale è stato eletto da parte della Corte Costituzionale. Un colpo di Stato che va assolutamente bloccato».

Tiziana Troja, attrice teatrale e rappresentante di “Sardegna sovrana e sostenibile” ha annunciato una serie di iniziative e spettacoli in giro per l’Isola: «C’è bisogno di una grande partecipazione – ha detto Troja – la porta del Comitato è aperta a tutti, movimenti, associazioni artisti e volontari».

Sulla stessa lunghezza d’onda Enrico Lobina di “Cagliari Città Capitale” che ha auspicato iniziative in tutti i paesi e le città dell’Isola a sostegno delle ragioni del No.

Thomas Castangia di “Possibile”, infine, ha invitato i sardi a fare fronte comune: «Dobbiamo decidere se diventare artefici del nostro destino o demandare tutto al governo centrale». 

Palazzo del Consiglio regionale 2014 2 copia