23 November, 2024
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Consiglio regionale 2 copia

Il Consiglio regionale ha approvato il disegno di legge sull’intervento di natura straordinaria a favore dei lavoratori dipendenti di società partecipate al 100% della Regione Sardegna, il disegno di legge della Giunta regionale sul piano di chiusura delle attività della Miniera di Nuraxi Figus in favore di Carbosulcis S.p.a. – Decisione definitiva n. C (2014) 6836 della Commissione europea del 1° ottobre 2014 sull’aiuto di Stato n. S.A. 20867 (ex 2012/NN e ha approvato la proposta di legge sulle modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 agosto 2014, n. 16 (Norme in materia di agricoltura e sviluppo rurale: agrobiodiversità, marchio collettivo, distretti). Il Consiglio ha poi esaminato due mozioni sulla riduzione dell’esenzione dell’Imu per i terreni agricoli, poi ricomprese in un ordine del giorno unitario sulla riduzione dell’esenzioni Imu, approvato all’unanimità.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, l’Assemblea ha proseguito l’esame dell’ordine del giorno con il disegno di legge della Giunta regionale che prevede un intervento di natura straordinaria a favore dei lavoratori dipendenti di società partecipate al 100% della Regione Sardegna. Il presidente ha aperto la discussione generale.

Il consigliere Paolo Truzzu (Sardegna-Fdi) ha osservato in apertura che «non è facile parlare con le donne chiuse nella miniera di Igea, espressione di una lotta che si protrae da tempo in cui i lavoratori pagano responsabilità della politica in senso lato». Truzzu è stato critico sulla proposta della Giunta: «Stiamo ancora una volta illudendo le persone perché con questo strumento non risolveremo il problema e stiamo operando senza il necessario coraggio». In concreto, il consigliere si è dichiarato molto perplesso sulla natura del fondo di rotazione per i dipendenti delle società partecipate «che vorrebbe dire che un soggetto anticipa e uno restituisce ma questo passaggio non è chiaro, perché non è pensabile che sia la stessa Igea che non riesce a pagare gli stipendi». «Sarebbe stato più giusto – ha concluso – attivare l’agenzia delle bonifiche e farla funzionare, senza dimenticare che esiste il rischio che il fondo si possa configurare come potenziale aiuto di Stato, esponendo la Regione a possibili sanzioni».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha affermato che «il problema di Igea richiama quello più generale delle bonifiche di Sulcis e dei siti minerari di tutta la Sardegna». Abbiamo di fronte un quadro, ha proseguito Locci, «in cui c’è da un lato una convenzione con la Regione che non è stata applicata e dall’altro una società decotta con grandissime difficoltà finanziarie e gestionali: stiamo provando a mettere una toppa per pagare gli stipendi arretrati ai lavoratori in un clima tensione emotiva molto forte». E’ importante perciò, ha concluso, «che non si colga questa occasione per le solite recriminazioni, privilegiando invece azioni chiare per rilanciare la società e mettere finalmente la parola fine alle pastoie burocratiche che stanno ostacolando l’attività di questa ed altre società».

La consigliera di Forza Italia, Alessandra Zedda, ha definito il tema in discussione “complesso” e ha evidenziato come le ultime due giunte regionali non siano riuscite a trovare una soluzione definitiva alla questione che riguarda le società partecipate interamente dalla Regione, le cosiddette società in house, come è l’Igea.

L’esponente della minoranza ha spiegato che la struttura societaria in house non agevola la ricerca di una soluzione definitiva e ha auspicato una riforma complessiva dell’Igea per garantire, primi tra tutti, i lavoratori. Alessandra Zedda ha quindi preannunciato il voto favorevole al disegno di legge approvato dalla Giunta e arrivato all’esame dell’Aula con la corsia preferenziale, garantita dall’articolo 102 del vigente regolamento interno del Consiglio regionale.

L’ex assessore dell’Industria prima e della Programmazione poi, della Giunta Cappellacci, non ha nascosto perplessità in ordine ai meccanismi di rimborso ma ha affermato che i contenuti del provvedimento sono sostanzialmente condivisibili. Alessandra Zedda ha concluso offrendo la disponibilità a procedere per una soluzione definitiva del problema che della società Igea.

Il consigliere dell’Udc, Giorgio Oppi, ha dichiarato in apertura l’assenso del suo gruppo al provvedimento e ha compiuto alcune precisazioni sulla gestione dell’Igea. L’esponente della minoranza ha ricordato che nel 2009 si è proceduto con la nomina di Battista Zurru per sanare un buco in bilancio di circa 14 milioni di euro e nel 2013 – ha spiegato Oppi – è stato approvato il consuntivo 2012 che si è chiuso con 2 milioni di sbilancio. «Il presidente Zurru – ha dichiarato il consigliere dell’Udc – ha lasciato con due mesi di stipendi arretrati mentre col commissario gli stipendi non pagati sono diventati sei».

L’ex assessore dell’Ambiente della Giunta Cappellacci ha quindi denunciato “atteggiamenti di scarsa collaborazione” nei confronti di Igea da parte dei funzionari dell’assessorato dell’Industria ed in particolare di quelli del settore “miniere”.

Oppi nell’auspicare una soluzione definitiva al problema Igea, ha rimarcato l’inopportunità di procedere con la società in house («sarebbe meglio una trasformazione in agenzia») ed ha proposto, nell’ottica di un risparmio nei costi di gestione, di fare ricorso all’esodo di 40 lavoratori che insieme con 20 nuove assunzioni, a giudizio di Oppi, comporterebbero un risparmio sul costo del personale di circa 3.5 milioni di euro nell’arco di un triennio.

Efisio Arbau, capogruppo di Sardegna Vera, ha sottolineato la necessità di ripensare a un programma di riconversione dei siti minerari. «In altre zone dell’Isola come Lula – ha detto Arbau – si pensa alla tutela delle miniere come patrimonio dell’umanità, si vuole lavora per costruire un sistema che funzioni e produca reddito e sia in grado di stare sul mercato». L’esponente della maggioranza ha poi invitato l’opposizione a tener conto della situazione di emergenza in cui si trovano oggi i lavoratori dell’Igea, ormai senza stipendio da mesi. «Abbiamo a che fare con una situazione molto delicata – ha proseguito Arbau – è vero che trovare una soluzione complessiva al problema è difficile. Ora l’obiettivo è quello di prenderci tre-quattro mesi, che sono il tempo del concordato, e pagare gli stipendi a persone che si trovano in oggettiva difficoltà».

Secondo Attilio Dedoni, capogruppo dei Riformatori sardi, occorre pensare da subito a una nuova politica industriale per la Sardegna. «Oggi è stata trovata una soluzione per dare risposte ai lavoratori Igea e alle donne che hanno deciso di occupare i pozzi in segno di protesta. Si tratta di un provvedimento tampone che servirà per l’immediato ma che non individua un percorso definitivo per la società partecipata dalla Regione».

Per il consigliere di minoranza è arrivato il momento di avviare una profonda riflessione per tutti gli enti strumentali e le agenzie regionali. «Serve sobrietà in un momento di grave crisi – ha affermato Dedoni – se non siamo capaci di fare questo offriremo il fianco a coloro che propongono l’abolizione delle regioni a statuto speciale come il Presidente della Regione Toscana, Rossi». Il capogruppo dei Riformatori, infine, ha chiesto un intervento forte della politica per mettere mano alle storture dell’apparato burocratico regionale.

Ha poi preso la parola il presidente del gruppo Sardegna, Modesto Fenu, il quale ha voluto specificare che l’intervento del collega Truzzu  voleva essere «uno stimolo per trovare una soluzione definitiva per questi lavoratori». Fenu ha esortato, quindi, la Giunta a risolvere il problema e ha annunciato il voto favorevole.  Il consigliere del Centro democratico, Annamaria Busia, ha ricordato che proprio lei, nella sua veste di avvocato, aveva sollecitato per Igea l’intervento della Procura della Repubblica, che ha avviato un’inchiesta ancora in corso. Busia ha ricordato che lo stesso ex assessore dell’Industria, Antonello Liori, aveva detto che l’Igea era gestita da incapaci e ha fatto l’esempio di un bando del 2010 per lo smaltimento dell’amianto. Per eseguire quell’operazione, secondo l’esponente della maggioranza, Igea ha speso il doppio di quanto sarebbe stato necessario: circa un milione e 300mila euro contro i 700mila euro necessari. Secondo la Busia le cause sono da cercare nella gestione avvenuta nella scorsa legislatura.

Ha annunciato il suo voto favorevole Fabrizio Anedda (Misto – RCSinistra sarda) «per pagare gli stipendi ai lavoratori di Igea». Per il consigliere c’è un problema da risolvere: Igea è una società che gestisce 200 operai e il committente è la Regione. Secondo Anedda o la Regione non ha dato i soldi alla società o chi gestisce non è in grado, e ha proposto di analizzare la produttività di Igea e affrontare la situazione in maniera definitiva.

Il consigliere Emilio Usula (Soberania e Indipendentzia) ha ribadito che «si tratta di un intervento straordinario attorno al quale nessuno può fare esercizio di retorica o prendersi meriti forse non dovuti; è necessario fare una analisi delle responsabilità politiche e gestionali e, infatti, di questi aspetti si sta occupando la magistratura, ma ora bisogna dare corso alla soluzione individuata dalla Giunta e dall’assessore». «In questo modo – ha sottolineato – stiamo dando una risposta ai lavoratori da mesi senza stipendio: è vero che si tratta di una soluzione importante ma non definitiva e su questa prospettiva bisogna concentrare i nostri sforzi, senza dimenticare che dietro gli uomini e le donne che lottano in galleria ci sono famiglie che hanno diritto a lavoro, dignità e futuro».

Il capogruppo di Sel Daniele Cocco ha condiviso le argomentazioni del consigliere Usula. «Il punto centrale – ha sostenuto – è la straordinarietà dell’intervento che arriva dopo l’incontro dei capigruppo con i rappresentanti sindacali di Igea». «La Giunta – ha detto ancora Cocco – ha fatto bene ad individuare la soluzione proposta attraverso il disegno di legge; è il minimo che il Consiglio regionale possa fare, e sotto questo profilo va apprezzata l’azione incisiva del presidente della Giunta per una vicenda ormai diventata di livello nazionale». «Oggi è inutile parlare del passato – ha concluso – anche perché le responsabilità saranno accertate, ma oggi votare questa legge è nostro dovere».

Il consigliere Gianluigi Rubiu (Udc) ha definito «una ennesima umiliazione per tutti i sardi assistere alla lotta delle donne barricate dentro le gallerie per difendere diritti sacrosanti, contro una politica dimostratasi incapace di dare una prospettiva ad Igea». «Servono soluzioni definitive – ha spiegato Rubiu – attraverso un meccanismo virtuoso e nuove risorse che possano far ripartire la società per mettere in moto un processo di normalità e di vero rilancio dell’azienda». L’agenzia, ha continuato il consigliere dell’Udc, «può essere una ipotesi solida, Igea e Regione avranno più margini di manovra, vogliamo che Igea abbia un ruolo attivo nelle bonifiche sotto il controllo pubblico perché la Sardegna ne ha bisogno in un quadro di trasparenza». «Piuttosto – ha osservato – il riferimento a passate eredità contenuto nella relazione non è chiaro, la questione non è tornare indietro di quattro anni o quindici anni, perché o siamo tutti colpevoli o tutti innocenti». «Il nostro voto sarà favorevole – ha concluso Rubiu – nonostante le speculazioni».

Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, in riferimento ad alcuni accenti polemici emersi nel corso della discussione dai banchi dall’opposizione, ha sottolineato come quello varato dalla Giunta sia un provvedimento “semplice” che “mette a disposizione 5 milioni di euro attraverso un fondo di rotazione da pagare con la Sfirs per garantire le retribuzioni arretrate ai lavoratori dell’Igea”.

«Il tutto significa – ha spiegato l’esponente della maggioranza – che chi prima ha gestito l’Igea non lo ha fatto nella maniera dovuta». Pietro Cocco ha inoltre sintetizzato le tappe di Igea, nata nel ’90 per fare le bonifiche e gestire patrimonio e siti minerari nell’Isola. «Igea – ha affermato il capogruppo dei democratici – non ha saputo svolgere i suoi compiti».

Cocco ha anche confermato il ruolo di Igea nel settore delle bonifiche dei siti minerari «che – ha dichiarato – devono essere fatte da una società pubblica.»

Il capogruppo Pd ha quindi rassicurato sulla presentazione di un piano di rilancio dell’Igea e ha ricordato l’esistenza di un piano di esodo per i lavoratori che riguarda 94 lavoratori. Oggi però – ha proseguito Pietro Cocco – diamo una risposta all’emergenza delle retribuzioni non pagate ai lavoratori. «Lo ricordo – ha concluso Cocco – a quei consiglieri che hanno governato per cinque anni e che hanno lasciato in eredità situazioni disastrose».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha ribadito la richiesta avanzata dal suo gruppo perché il provvedimento su Igea e Carbosulcis fosse inserito in cima all’ordine del giorno dei lavori in Consiglio regionale.

L’esponente della minoranza ha definito “non risolutive” le disposizioni del Dl 155 pur riconoscendo che rappresentano un primo passo nel verso dei problemi dei lavoratori. «Siamo un’opposizione responsabile – ha dichiarato Pittalis – e non cerchiamo divisioni sulle emergenze del lavoro ma chiediamo che si proceda con un piano industriale adeguato per il rilancio del ruolo e delle funzioni di Igea». Il capogruppo di Fi ha ribadito la necessità di una soluzione definitiva per scongiurare il rischio di nuovi interventi dettati dalle emergenze.

Nella parte conclusiva del suo intervento, Pietro Pittalis, si è rivolto al presidente della Giunta: «Presidente Pigliaru – ha dichiarato Pittalis – sul lavoro, il disagio sociale e il precariato, Forza Italia è al fianco di chi pone in essere iniziative serie per dare risposte ai problemi dei sardi».

Al termine dell’intervento del capogruppo di Forza Italia, il presidente Ganau ha dato la parola al Presidente della Giunta per il parere al disegno di legge.

Pigliaru ha chiarito da subito che la decisione adottata dall’Esecutivo è una soluzione di emergenza per dare una risposta ai lavoratori Igea. «Si tratta di una soluzione pienamente legittima che non sottrae l’azienda ai suoi obblighi – ha detto il capo dell’Esecutivo – è un provvedimento di sostegno al reddito dei singoli lavoratori e non influenza negativamente il principio della libera concorrenza».

Il presidente della Regione ha poi evidenziato “il disordine” in cui si trovano le società partecipate, alcune delle quali create da una cattiva politica al fine della mera gestione del potere che oggi non hanno però nessun ruolo nel mercato.

«I dipendenti Igea non devono pagare questo disordine creato dalla politica – ha affermato Pigliaru – oggi si tratta di risolvere un problema contingente ma importantissimo: consentire ai lavoratori in grande difficoltà di ricevere gli stipendi arretrati». La Giunta in ogni caso lavorerà per consentire a Igea di procedere alle bonifiche dei siti minerari: «Ci sono difficoltà forti che speriamo di poter risolvere – ha assicurato Pigliaru – il nuovo commissario si sta muovendo con molta determinazione per recuperare i ritardi causati da una politica distratta». Il presidente ha poi ringraziato l’opposizione per il contributo dato in Aula e si è detto convinto che con un confronto franco e diretto si possano trovare altre buone soluzioni per la Sardegna.

Chiusa la discussione generale, il presidente Ganau ha messo in votazione il passaggio agli articoli che è stato approvato dall’Aula all’unanimità. Subito dopo il Consiglio è passato all’esame dell’articolo 1. Non essendoci iscritti a parlare, il presidente ha messo in votazione il testo dell’art.1 che è stato approvato all’unanimità. Successivamente è stato votato l’articolo 2 e il relativo emendamento aggiuntivo che fissa l’entrata in vigore del provvedimento nel giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Articolo ed emendamento sono passati con 52 voti a favore e uno contrario. Ganau ha quindi messo in votazione il testo integrale della legge che è stato approvato con 52 voti a favore e uno contro.

Il presidente Ganau ha messo in discussione il secondo punto all’ordine del giorno: il DL 154 (Giunta regionale) “Piano di chiusura delle attività della Miniera di Nuraxi Figus in favore di Carbosulcis S.p.a. – Decisione definitiva n. C (2014) 6836 della Commissione europea del 1° ottobre 2014 sull’aiuto di Stato n. S.A. 20867 (ex 2012/NN)”. Il presidente ha aperto la discussione generale e ha dato la parola a Luca Pizzuto (Sel). Il consigliere ha affermato “che o si sta dalla parte del lavoro o non ci si sta”. Pizzuto ha ricordato che «abbiamo ereditato una situazione del mondo del lavoro, attinente ai finanziamenti della Regione, disastroso». E ha ricordato l’intervento dell’attuale Giunta per risollevare le sorti dei lavoratori di Igea, con il Dl appena approvato, di Alcoa (oggi recuperata) e della Carbosulcis con un percorso  di chiusura che dà sicurezza ai lavoratori. Pizzuto ha annunciato che il gruppo di Sel sosterrà le due proposte e si impegnerà a dare risposte ai lavoratori.  

L’ex assessore dell’Industria, Alessandra Zedda (FI), ha evidenziato che «quando bisogna dare risposte ai lavoratori noi non abbiamo mai fatto mancare il nostro supporto, ma non abbiamo invece goduto dello stesso atteggiamento da parte dell’opposizione nella scorsa legislatura». Zedda ha ripercorso le tappe che hanno portata alla crisi della Carbosulcis, ricordando che il problema arriva da lontano, e ha imputato responsabilità alla Regione, ma anche allo Stato.  Zedda ha annunciato il voto favorevole per una «norma dovuta», che eviterà alla Regione di incorrere nella procedura di infrazione dell’Europa e consentirà di sostenere fino al 2027 tantissimi lavoratori e le loro famiglie. Zedda ha esortato il presidente della Regione a cercare di ottenere il maggior numero di finanziamenti possibili dallo Stato da destinare al rilancio del territorio del Sulcis Iglesiente.

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha sostenuto che con il provvedimento in esame «inizia un percorso giusto in continuità con un cammino avviato alcuni anni fa, nell’ambito di un progetto di chiusura programmata condiviso fra lavoratori, sindacati e Regione ed Unione europea». Si chiude un pezzo della storia industriale della Sardegna, ha ricordato Locci, «ma oggi non avevamo soluzioni diverse; confermiamo quindi il sostegno a questa legge raccomandando che non sia una soluzione temporanea ma si rafforzi nel tempo con una prospettiva forte già a partire, per quanto riguarda la Regione, dalla prossima finanziaria».

Il capogruppo dei Riformatori sardi Attilio Dedoni, rivolgendosi al consigliere Pizzuto, ha affermato che «il ragionamento politico è un divenire, democrazia significa aprirsi alla partecipazione del popolo sia su scelte economiche che istituzionali, in un percorso spesso non omogeneo segnato da grandi difficoltà». Le politiche del settore minerario in Sardegna, ha aggiunto Dedoni, «sono state inadeguate e poco partecipate, segno che la politica e la classe dirigente non riescono a mettersi in sintonia con la gente; bisogna recuperare una sensibilità nuova capace di offrire più fatti e meno parole».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha ricordato che «stiamo chiudendo l’ultima miniera di carbone d’Italia è non si tratta  di una questione romantica, perché nel tempo ci sono state responsabilità oggettive che hanno portato a questo risultato». «La vicenda della miniera di Nuraxi Figus – ha detto ancora Cocco – poteva andare diversamente con scelte più coraggiose anche industriali e tecniche ma ora siamo di fronte ad una scelta obbligata: piuttosto, dobbiamo concentrare il nostro impegno sulla creazione di un polo tecnologico sostenibile da punto di vista ambientale, sui diversi passaggi che accompagneranno questo processo, dalla chiusura nel 2018 fino al completamento dei piani di bonifica nel 2027». Ci sono insomma molte idee da mettere in campo, ha concluso il capogruppo del Pd, «e la Regione ha un ruolo importantissimo che dovrà esercitare con grande attenzione e competenza anche nelle scelte che riguarderanno il management della società, perché non ci possono essere uomini per tutte le stagioni».

Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha quindi concesso la parola al presidente della Giunta. Il presidente Francesco Pigliaru ha sottolineato in apertura del suo intervento l’importanza del Dl 154 che fa parte – ha spiegato il capo dell’Esecutivo – del piano Carbosulcis. «Facciamo la nostra parte – ha dichiarato il presidente della Regione – e creiamo le condizioni perché il percorso di chiusura delle attività della miniera di Nuraxi Figus in favore di Carbosulcis Spa (così come richiesto dalla Commissione Europea) avvenga con il minor danno possibile per i lavoratori».

Pigliaru ha quindi confermato la volontà di procedere così come concordato nell’apposito piano ed ha annunciato l’incontro con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Graziano Delrio, in programma domani (giovedì 4 dicembre) a Cagliari sui temi dell’Igea, Piano Sulcis e sulle altre vertenze aperte in Sardegna.

A conclusione delle dichiarazioni del presidente della Giunta, il presidente del Consiglio ha concesso la parola per le dichiarazioni di voto ai consiglieri Pizzuto (Sel), Truzzu (Fdi-Sardegna), Rubiu (Udc) e Arbau (La Base-Sardegna Vera) che hanno dichiarato voto favorevole al Dl 154.

Il presidente Ganau ha quindi posto in votazione il passaggio agli articoli che è stato approvato dall’Aula. Si è proceduto, dunque, con la votazione dell’articolo 1) “Approvazione  del Piano di chiusura della miniera di Nuraxi Figus” che è stato approvato con votazione elettronica (52 presenti, 51 votanti e 51 voti favorevoli), quindi dell’articolo 2) “Copertura finanziaria” che è stato approvato con 51 votanti e 51 voti favorevoli.

Il presidente Ganau ha quindi posto in votazione l’emendamento aggiuntivo n. 1, presentato da tutti i capigruppo del Consiglio (primo firmatario il capogruppo Pd, Pietro Cocco) che così recita: “La presente legge entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (Buras)”. L’Aula ha dato il via libera all’unanimità (51 votanti e 51 favorevoli) all’emendamento aggiuntivo all’articolo 2 e sempre con votazione unanime sono stati approvati gli allegati A) e B) al testo di legge.

Il presidente del Consiglio ha quindi dichiarato aperta la votazione finale ed ha proclamato l’approvazione del Dl 154 con 51 votanti e 51 voti a favore.  (am)

Successivamente il Consiglio è passato all’esame della proposta di legge n. 139/B “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 agosto 2014, n. 16 (Norme in materia di agricoltura e sviluppo rurale: agrobiodiversità, marchio collettivo, distretti)”.

Il testo introduce alcuni correttivi alla legge approvata nei mesi scorsi e impugnata dal Governo davanti alla Corte Costituzionale perché ritenuta contrastante con le norme europee sulla libera circolazione delle merci e sulla libera concorrenza.  Il primo firmatario Luigi Lotto, presidente della Commissione Attività Produttive, ha spiegato l’obiettivo primario della legge n.16/2014:  creare un marchio di qualità per la valorizzazione dei prodotti sardi. «Quella legge era stata licenziata all’unanimità dal Consiglio – ha ricordato Lotto – la Giunta aveva impostato una procedura presso l’Unione Europea per l’approvazione del marchio di qualità. Il Governo ha impugnato la legge contestando l’iniziativa perché andrebbe contro le normative europee sulla libera concorrenza. Noi abbiamo voluto creare un marchio che valorizzasse sistemi produttivi certificati per promuovere valori e tradizioni del mondo agricolo sardo». Il presidente della Quinta Commissione ha poi ricordato all’Aula che in Italia altre regioni si sono dotate di un marchio di qualità. Alcuni progetti sono andati in porto, altri hanno subito le contestazioni del Governo. «Non sono in grado di sapere quale sarà il destino finale della nostra legge – ha affermato Lotto – c’è però una scelta politica di fondo fatta dal Consiglio all’unanimità per porre le basi che consentano al mondo agricolo sardo di creare sviluppo economico». Lotto ha poi spiegato che con la proposta in discussione saranno corretti solo alcuni passaggi obiettivamente suscettibili di rilievi, mentre sarà mantenuto l’impianto della legge 16 e difesa l’idea della Regione di creare un marchio di qualità per valorizzare i propri prodotti tipici. “Ad altre Regioni è stato consentito – ha proseguito Lotto – come Regione Autonoma non possiamo accettare supinamente che il Governo e la Corte lascino in piedi le leggi di altre regioni cassando la nostra». In mattinata la Quinta Commissione aveva respinto la proposta del presidente del Gruppo “Sardegna” Modesto Fenu che chiedeva di non procedere ad alcuna modifica della legge regionale n.16 impugnata dal Governo. «Abbiamo deciso in sintonia con gli uffici di procedere ad alcune modifiche senza rinunciare all’impianto di fondo – ha concluso Lotto – siamo convinti che la creazione del marchio di qualità per i prodotti sardi sia un’operazione pienamente legittima».

Ha poi preso la parola il leader dell’Uds Mario Floris che ha chiesto di ritirare la sua firma dal progetto di legge. «Pensavo che ci fossero state delle interlocuzioni con il Governo nazionale – ha detto l’ex presidente della Regione – questa proposta introduce invece delle modifiche per i rilievi del governo. Fino a questo momento abbiamo difeso la nostra specialità con ricorsi e contestazioni, ora ci stiamo rimangiando tutto». Floris ha poi invitato Giunta e Consiglio a riappropriarsi del ruolo di capofila tra le regioni a statuto speciale: «Oggi ci adagiamo sulle decisioni di altri – ha affermato Floris – eppure la Sardegna è stata la prima regione al mondo a dotarsi di un testo unico sull’agricoltura». Il consigliere di minoranza ha quindi concluso il suo intervento sollecitando una difesa più forte delle tipicità sarde in modo da evitare l’invasione dei prodotti provenienti dall’estero.

Il presidente ha poi dato la parola al vice presidente della commissione Attività produttive, Luigi Crisponi (Riformatori sardi), il quale ha evidenziato il lavoro fatto dal parlamentino nell’analisi delle richieste fatte dal governo. Crisponi si è detto dispiaciuto nel rinunciare a parti importanti della legge, approvata ad agosto, come il contrassegno, la dicitura prodotto in Sardegna e sulle sanzioni, «ma dobbiamo soggiacere» a causa dei regolamenti comunitari. Il consigliere ha ricordato che la Regione Sardegna ha passato, però, indenne il controllo dell’Unione europea sul marchio di qualità e di origine dell’artigianato di qualità della Sardegna, utilizzando il marchio Isola. «Questo impone una riflessione della commissione». Crisponi ha concluso dichiarando «inevitabile assicurare, per adesso, il voto favorevole».

Per Mario Tendas (Pd) probabilmente c’è stato qualche errore a livello procedurale sul marchio collettivo di qualità. Il consigliere ha richiamato la sentenza della Corte Costituzionale 66/13 relativamente ai marchi di qualità regionali in cui viene affermato che “introdurre un marchio «regionale» di qualità può indurre il consumatore a preferire prodotti contrassegnati da tale marchio rispetto ad altri similari, producendo, quantomeno indirettamente o in potenza, effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci”. Tendas ha ricordato anche l’esperienza della Puglia, che ha allargato l’utilizzo del marchio ai soggetti operanti nell’Unione europea che rispettino determinati principi di qualità. Un’iniziativa, secondo l’esponente della maggioranza, da approfondire in Commissione. Il consigliere del Pd ha esortato l’Aula ad approvare la legge che «consente di salvare il salvabile».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia)  si è detto dispiaciuto del fatto che «la legge sia sotto lo schiaffo dell’avvocatura dello Stato pur essendo il frutto di un lavoro importante cui hanno contribuito maggioranza e opposizione». Con le modifiche che stiamo apportando, ha continuato Tedde, «si è deciso di salvare il bambino buttando l’acqua che comunque non è sporca ed è evidente che da parte del Governo c’è stato un eccesso di zelo: dal punto di vista tecnico stiamo facendo una operazione abbastanza marginale ma sul piano politico va denunciato l’atteggiamento del Governo che si concentra su atti formali e non guarda alla sostanza, dato che la legge non vuole violare i principi della libera concorrenza ma richiamare l’attenzione dei consumatori sul nostro marchio di qualità».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha operato una distinzione. Da una parte, ha sostenuto, «c’è un percorso di tecnica legislativa che porta al rispetto delle norme sovra ordinate nazionali ed europee ma, dall’altro, c’è poi un aspetto che riguarda la politica su cui c’è molto da dire». Il nostro obiettivo, ha spiegato, «è quello di promuovere la qualità dei nostri prodotti; in altre parole mangia sardo e compra sardo lo possiamo e lo dobbiamo dire, vogliamo avere uno strumento di promozione forte ed efficace e per questo abbiamo due strade, prodotti con marchio di qualità più un marchio qualità Sardegna che verrà regolato dai disciplinari di produzione delle varie filiere».

Il consigliere Pier Mario Manca (Sardegna Vera), in apertura, ha espresso dispiacere per la posizione del consigliere Floris che ha ritirato firma, «fermo restando che rilievi del Governo non sono del tutto condivisibili soprattutto in materia di concorrenza sleale». La politica, però, ha continuato Manca, «è mediazione, il legislatore deve governare il territorio con norme che consentano agli operatori economici di lavorare con dignità e non ci possiamo arroccare sulle nostre posizioni». Oggi, ha detto ancora, «dobbiamo salvaguardare l’impianto della legge e lavorare sui marchi di qualità, utilizzando anche il meglio di altre esperienze con riferimento a marchi di società private». Forse non è la migliore legge possibile, ha concluso il consigliere, «ma è l’inizio di una strada nuova che ci può portare a risultati migliori nel futuro, un segnale che inverte la tendenza e che si potrà ulteriormente consolidare con la programmazione dei fondi Por 2014 – 2020 che consentiranno di intervenire positivamente sulle nostre filiere».

Il consigliere del Psd’Az, Angelo Carta, ha definito l’approvazione della legge n. 16 dello scorso 7 agosto “una bella pagina della Legislatura” e un “buon esercizio di un pezzo di quella sovranità tanto sbandierata”. Carta ha quindi dichiarato di considerare “un attacco alla Sardegna” la decisione del governo di impugnare la legge 16 dinanzi alla Corte costituzionale, perché – ha aggiunto il consigliere della minoranza – la potestà legislativa in materia di agricoltura e foreste è garantita dall’articolo 3 dello Statuto di Autonomia. «Ma Renzi – ha attaccato  il rappresentante sardista – della nostra Specialità se ne frega e non si può dunque accettare la decisione del governo procedendo con l’approvazione del Dl 139».

A giudizio di Carta, il Consiglio regionale non deve infatti modificare il testo della legge 7 agosto 2014 sul marchio dei prodotti agroalimentari ma “andare fino in fondo, fino al giudizio dinanzi della Corte costituzionale”. «Conduciamo la nostra battaglia per difendere la nostra specialità oppure saremo complici del governo nazionale», ha insistito Angelo Carta, che si è rivolto alla componente indipendentista e sovranista della coalizione del centrosinistra, perché incalzino la maggioranza per un’azione più coraggiosa e incisiva.

Il consigliere del Psd’Az ha concluso annunciando il ritiro della firma al Dl 139 ed ha preannunciato il voto contrario al testo che modifica la legge 16 approvata in Consiglio lo scorso 7 agosto.

Il consigliere del Pd, Luigi Lotto, ha ribadito l’opportunità di procedere con l’approvazione del Dl 139 che – a giudizio del presidente della Quinta commissione –modifica quelle parti della legge 16/2014 che sono a rischio di bocciatura dinanzi alla Corte costituzionale. «Il nostro obiettivo – ha dichiarato Lotto – è salvaguardare la possibilità per la Regione di gestire il proprio marchio attraverso gli appositi disciplinari di produzione».

Luigi Lotto si è detto sicuro che senza le modifiche contenute nel Dl 139 la legge, che istituisce il marchio Sardegna, per i prodotti dell’agroalimentare sarà bocciata dalla Corte costituzionale. (am)

Il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu ha difeso l’impianto della legge n.16. «Quel testo per il quale oggi si presenta una proposta di modifica – ha detto Rubiu – era una legge condivisa, la sintesi perfetta delle proposte di maggioranza e opposizione. Per questo siamo contrari ai correttivi».  Rubiu ha poi chiesto all’Aula di prendere in considerazione l’emendamento alla legge presentato insieme al consigliere Modesto Fenu con il quale si affida la gestione del marchio ad un soggetto terzo di diritto privato. «In questo modo si difenderebbero i nostri prodotti tipici e si impedirebbe ad aziende non sarde di produrre e commercializzare con il marchio Sardegna». Rubiu ha quindi annunciato il proprio voto contrario in caso di mancato accoglimento dell’emendamento proposto.

Efisio Arbau, presidente del Gruppo “Sardegna Vera” ha sottolineato il nuovo spirito identitario presente in Sardegna da cui è nata l’esigenza di creare un marchio di qualità. «Questo – ha detto Arbau – sta consentendo a molte aziende di presentarsi con orgoglio nei mercati nazionali ed internazionali. Oggi però c’è l’esigenza di portare a casa un risultato positivo». Arbau ha messo in evidenza l’obbligo del legislatore di individuare strumenti e iniziative buone per tutti. «Gli strumenti da noi votati – ha proseguito il capogruppo di Sardegna Vera – sono stati ritenuti illegittimi dal Governo. Oggi abbiamo il dovere di fare i buoni legislatori e ottenere il miglior risultato possibile».

Rivolgendosi al consigliere Mario Floris, Arbau ha chiesto se si vuole davvero fare una battaglia per la creazione dello Stato sardo. «Noi siamo pronti a sostenere questa battaglia – ha concluso Arbau – altrimenti sventolare la bandierina solo sul dettaglio ci porta a prendere schiaffi dalla Corte Costituzionale». (Psp)

Il presidente del gruppo Sardegna, Modesto Fenu, ha affermato di essere dispiaciuto nel sentire consiglieri che paragonano la Sardegna a regioni come la Puglia non a Statuto speciale. «Noi siamo chiamati qui oggi non per assecondare quello che ci viene chiesto dal Governo ma per difendere l’autonomia, i diritti e le aspettative delle aziende agroalimentari sarde». Fenu ha ricordato che «il divario tra le esportazioni e importazioni ammonta a 2 miliardi e mezzo di euro», e che se si riuscisse a incidere almeno del 40 per cento si porterebbe un incremento di fatturato per le nostre aziende di oltre un miliardo di euro.

L’avvocatura dello Stato ci offende, ha affermato, perché hanno utilizzato diversi comportamenti con altre regioni non sono state e perché chiunque così potrà avere il marchio. «E non è un caso che ci chiedono di inserire il regolamento 207 del 2009» ha aggiunto Fenu, «significa che noi non possiamo intervenire neanche con i disciplinari di produzione». Per l’esponente della minoranza bisogna approvare un testo che difenda la Sardegna e gli interessi delle aziende sarde e non comportarci sempre come una colonia. Fenu ha ricordato che il Regolamento CE 1169 del 2013 non solo non impedisce di creare il marchio, «ma ce lo chiede». «Non è possibile che dobbiamo sempre essere figli di un Dio minore. Non è possibile accettarlo. Non posso votare questa legge», ha concluso Fenu.

Emilio Usula (Rossomori), capogruppo di Soberania e Indipendentzia, ha annunciato: «Voterò a favore di questa legge anche con un po’ di mal di pancia. Tutte le strade che portano alla promozione dei nostri prodotti devono essere percorse. La legge approvata all’unanimità ad agosto – ha continuato – va vista in questa direzione e l’impugnazione del Governo dimostra che stiamo andando nella direzione giusta». Usula ha affermato che la Roma ci sono forze che rispondono agli interessi della grande distribuzione che si vede minacciata da questo tipo di legge. «Dobbiamo difendere il nostro prodotto agricolo sardo e con i disciplinari saremo in grado di farlo». (eln)

L’assessore dell’Agricoltura Elisabetta Falchi, a nome della Giunta, ha affermato che «le modifiche proposte sono corrette e vanno sostenute, perché affermano la volontà della Sardegna di sostenere i suoi prodotti, decisione fortemente attesa dagli operatori del settore che punta a distinguere il prodotto sardo e difenderlo da una concorrenza molto aggressiva». L’impugnativa del Governo, ha precisato, «punta ad interrompere questo cammino virtuoso; per il futuro, comunque, niente ci vieta di effettuare interventi successivi per connotare meglio i nostri prodotti attraverso l’iniziativa delle imprese private, oggi dobbiamo andare avanti nella tutela della nostra agricoltura».

Il presidente Ganau ha messo in votazione il passaggio agli articoli della legge, che l’Aula ha approvato. Successivamente, il Consiglio ha approvato l’art.1 (36 favorevoli, 4 contrari), l’art. 2 (36 favorevoli, 4 contrari e 3 astenuti) e l’art. 3 (35 favorevoli e 4 contrari).

Nella discussione generale dell’art.4 sono intervenuti i consiglieri Modesto Fenu (Sardegna-Zona Franca), Luigi Lotto e Roberto Deriu (Pd).

Il consigliere Modesto Fenu (Sardegna-Zona Franca) ha sottolineato che, con l’articolo in esame, «si cancella la concessione esclusiva del marchio ad imprese che hanno sede in Sardegna, quindi si dà la possibilità ad imprese del territorio nazionale di confezionare nostri prodotti ottenendo per giunta il nostro marchio, distorsione che non è possibile correggere con i disciplinari».

Il consigliere Luigi Lotto (Pd) ha ricordato che «quando venne introdotta questa modifica lo si fece per difendere la visione unitaria della legge, superando i rilievi degli uffici che avevano avvertito sulla possibilità di una censura; il cuore della legge è l’art.22, che prevede l’obbligo di indicare il luogo in cui i prodotti vengono confezionati in base a precisi disciplinari dove vengono, al consumatore la scelta finale, a noi il compito di dare valore a questo aspetto della legge».

Il consigliere Roberto Deriu (Pd) ha detto che «la mente mi porta a sostenere l’approvazione della legge ma il cuore mi porterebbe a sostenere le ragioni dell’autonomia, senza dimenticare che proprio la prima legge della Sardegna venne rimandata indietro dal Governo e la Sardegna la riapprovò». La vera scelta, ha sostenuto, «è invitare i consumatori a orientarsi su prodotti sardi perché si può essere autonomisti credendo nel mercato e nella concorrenza leale: noi, difendendo l’origine del prodotto, facciamo un passo avanti anche se vorremmo fare qualcosa di più, fermo restando che la riflessione politica su come esprimere la nostra autonomia rimane tutta».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente Ganau ha messo in votazione l’art.4 che è stato approvato con 37voti favorevoli e 4 contrari.

Il consigliere del gruppo “Sardegna”, Modesto Fenu, ha confermato le critiche alle disposizioni contenute nella Pl 139 ed ha ribadito che le modifiche proposte alle legge regionale n. 16 non tengono conto delle prerogative statutarie in materia di agricoltura e foreste. «A ciò si aggiunga – ha concluso l’esponente della minoranza – che all’articolo 5 della Pl 139 si lascia intendere che i disciplinari di produzione debbano avere una sorta di parare preventivo da parte del ministero».

Il presidente del Consiglio, non avendo altri iscritti a parlare a posto in votazione l’articolo 5 “Modifiche all’articolo 19 (Disciplinare di produzione) della legge regionale n. 16 del 2014” che è stato approvato con 33 voti favorevoli, 11 contrari, su 44 votanti. Il presidente Ganau ha quindi aperto la discussione sull’articolo 6), al quale è stato presentato l’emendamento aggiuntivo n. 1 (Fenu-Rubiu), e il presidente del Consiglio ha invitato i presentatori ad indicare la copertura finanziaria. Il consigliere Fenu (Zona Franca-Sardegna) ha indicato l’Upb è specificato che la copertura finanziaria prevista è pari a 50mila euro. Modesto Fenu ha quindi proseguito il suo intervento denunciando che con l’approvazione della Pl 139 di fatto si impedisce la valorizzazione attraverso l’apposito marchio dei prodotti dell’agroalimentare sardo per quelle produzioni con ingrediente principale sardo. Fenu si è detto convinto che al marchio Sardegna possa applicarsi il regolamento Ue 1169/2011 che consente alla Francia di tutelare e valorizzare i prodotti delle produzioni agricole.

Il consigliere dei Riformatori, Luigi Crisponi, ha ricordato come l’ipotesi del marchio collettivo a gestione privata sia stato in realtà cassato dall’Unione europea nel 2002, in riferimento ad un’iniziativa condotta in tal senso dalla Germania.

Il consigliere del Pd, Luigi Lotto, ha espresso il parere contrario della commissione Quinta e la Giunta, con l’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi, ha dichiarato di rimettersi al parere della commissione.

Il consigliere Fenu (Zona Franca-Sardegna) è intervenuto per dichiarazione di voto ed ha invitato il Consiglio a riflettere sul fatto che le modifiche alla legge 16, attraverso quanto previsto nella Pl 139, si tradurranno in una penalizzazione per la Sardegna e avranno come risultato che “i culurgiones prodotti con la fecole di patate olandesi avranno il marchio dei prodotti sardi”.

Il consigliere Luigi Lotto (Pd) ha annunciato il voto contrario all’emendamento Fenu-Rubiu ma ha sottolineato come in sede di discussione in commissione si è dichiarata la disponibilità ad affrontare il tema del marchio collettivo a gestione privata.

Il consigliere del gruppo Soberania&Indipendentzia, Piermario Manca, ha sottolineato la disponibilità al confronto dichiarata in tal senso dall’assessore Falchi.

Il consigliere di Sel, Eugenio Lai, ha evidenziato come il compito principale del Consiglio regionale sia quello di concludere il percorso normativo segnato dalla legge 16 del 7 agosto 2014 e che ha registrato il favore di agricoltori e allevatori in Sardegna.

Il consigliere di Forza Italia, Oscar Cherchi, ha dichiarato il favore alla proposta avanzata da Fenu e Rubiu per il marchio collettivo a gestione privata.

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha quindi posto in votazione l’articolo 6 “Abrogazioni” che è stato approvato con 38 voti a favore e 5 contrari, mentre l’emendamento aggiuntivo n. 1 (Fenu-Rubiu) non è stato approvato (42 votanti, 11 favorevoli e 31 contrari). Approvato con 40 favorevoli e 3 contrari l’articolo 7 “Entrata in vigore”, il presidente Ganau ha dichiarato aperta la votazione finale del testo di legge e ne ha quindi proclamato l’approvazione: 43 votanti, 39 favorevoli e 4 contrari.

L’Aula è poi passata all’esame di due mozioni, una della maggioranza e una dell’opposizione, sulla revisione delle esenzioni Imu sui terreni agricoli introdotta dal Governo nazionale. La prima mozione è stata illustrata da Antonio Solinas, presidente della Commissione Urbanistica e primo firmatario del documento.

Solinas ha evidenziato i pericoli del decreto interministeriale n.66/2014, convertito in legge lo scorso 23 giugno, con il quale si cancellano le esenzioni Imu per i terreni agricoli finora assicurate alle aree montane, collinari e svantaggiate lasciandole in vigore solo per i centri situati ad oltre 600 metri di altitudine sul livello del mare. «Se applicato – ha detto Solinas – questo provvedimento metterebbe a rischio le già asfittiche casse dei comuni sardi e impedirebbe di rispettare il principio del pareggio di bilancio».

Secondo il primo firmatario della mozione, la decisione del Governo, oltre a penalizzare i comuni, arrecherebbe un colpo mortale all’intero comparto agricolo della Sardegna. «Per questo – ha concluso Solinas – si chiede l’impegno della Giunta regionale a sostegno del mondo delle campagne e degli enti locali per scongiurare i rischi per i loro bilanci derivanti dalla revisione dalle esenzioni Imu sui terreni agricoli.

Pietro Pittalis (capogruppo Forza Italia Sardegna) ha illustrato la mozione n. 96 di cui è primo firmatario. Non basta approvare un  ordine del giorno – ha detto – bisogna intervenire a livello parlamentare. Il capogruppo di Forza Italia ha detto che l’iniziativa di predisporre un ordine del giorno bipartisan è lodevole  ma non basta. Il problema è far svegliare i parlamentari della Sardegna per far valere le nostre  prerogative. Questo onere di 18 milioni e 500 mila euro non può gravare sul bilancio dei comuni e del comparto agricolo. Eugenio Lai (Centro democratico Sardegna) ha parlato di “mannaia” per il nostro mondo agricolo e di “fuga” dello Stato davanti alle proprie responsabilità. Per Lai è necessario aprire  una vertenza Sardegna e un confronto continuo con il governo nazionale.

Il consigliere Pier Mario Manca (Sardegna Vera) ha messo l’accento sul fatto che il provvedimento del governo colpisce un settore, come quello agricolo, che stava mostrando timi segnali di ripresa. La Sardegna, ha aggiunto, «è la Regione che paga di più perché ha un altimetria media molto bassa e la maggioranza dei Comuni ricade in una fascia che non potrà godere di nessuna esenzione». Nella nostra Regione inoltre, ha detto ancora Manca, «esistono caseggiati di grandi dimensioni per immagazzinare grandi quantità di prodotti come i cereali, che sarebbero ulteriormente penalizzati; in definitiva, siamo davanti a un colpo mortale per la nostra agricoltura, che si potrebbe evitare semplicemente ritornando al concetto di altimetria media eliminando il legame fra l’imposta e la posizione della casa comunale».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Itaila) ha affermato che, con il provvedimento del Governo sull’Imu, «si sta gettando nella disperazione tutta l’agricoltura sarda». Sul piano istituzionale, secondo Cherchi, «viene completamente ribaltata la situazione precedente in base alla quale la Regione sarda poteva azzerare l’impatto dell’Imu sui terreni agricoli, considerando tutta la Sardegna zona svantaggiata; ora invece la competenza passa allo Stato con gli effetti che conosciamo». A parte il criterio assurdo di legare l’imposizione alla sede legale del Comune, ha concluso Cherchi, «chiediamo che il presidente e  l’assessore si trasferiscano a Roma fino alla soluzione del problema».

Il capogruppo dei Riformatori Sardi Attilio Dedoni ha rivendicato in Aula la decisione di presentare insieme ai colleghi del centrodestra una mozione per arrivare poi alla predisposizione di un ordine del giorno unitario. «Gli agricoltori non possono essere trattati in questo modo – ha detto Dedoni – questo decreto sulle esenzioni Imu per i terreni agricoli è l’ennesimo attacco all’autonomia sarda. Dal Governo abbiamo ricevuto piccoli contentini, per il resto solo tasse e penalizzazioni».

Angelo Carta (Psd’Az) ha auspicato un’azione forte nei confronti del Governo che domani sarà rappresentato in Sardegna dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Del Rio. «Ho firmato l’ordine del giorno unitario consapevole che non cambierà le sorti dei comuni sardi ma servirà per ribadire a Roma che non siamo disposti a continuare a subire penalizzazioni». Carta ha poi annunciato, come sindaco di Dorgali, l’intenzione di trasferire la sede legale del suo comune a 800 metri di altitudine per poter continuare a beneficiare delle esenzioni Imu.

L’ordine del giorno è stato condiviso dalla giunta. Siamo fortemente preoccupati – ha detto l’assessore all’Agricoltura – dall’impatto che questo provvedimento avrà sui nostri territori. Questo provvedimento deve essere rivisto.

Il Consiglio ha poi messo in votazione un ordine del giorno firmato da tutti i capigruppo. Questo ordine del giorno impegna la giunta regionale a mettere in campo tutte le azioni necessarie per difendere le prerogative della Regione e le norme approvate in ragione della propria autonomia, a tutelare gli Enti locali della Sardegna rispetto ai rischi derivanti per i loro bilanci dalle modalità di applicazione della revisione delle esenzioni Imu sui terreni agricoli e a sostenere il mondo agropastorale sardo di fronte ad un provvedimento che, se applicato, aggraverà la situazione di pesante crisi che attraversa il settore. L’ordine del giorno è stato approvato. Il Consiglio è stato convocato a domicilio.

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I consiglieri Eugenio Lai (Sel), primo firmatario, Daniele Cocco (Sel), Francesco Agus (Sel), Luca Pizzuto (Sel), Efisio Arbau (La Base – Sardegna vera), Lorenzo Cozzolino (Pd), Piero Comandini (Pd), Raimondo Perra (Psi – Sardegna vera) e Roberto Desini (Cd), hanno presentato una proposta di legge sul “Riconoscimento in Sardegna della Sensibilità chimica multipla (MCS) come sindrome di origine organica e malattia rara”.

La proposta di legge, composta da 6 articoli, prevede che la Regione riconosca la MCS, intesa come intolleranza agli xenobiotici ambientali, «come una patologia che colpisce vari organi e apparati e si manifesta con una sintomatologia complessa, causata da un accumulo di sostanze tossiche che rendono l’organismo incapace di tollerare gli agenti chimici (TILT, Toxicant Induced Loss of Tolerance), presenti nell’ambiente anche in dosi di molto inferiori a quelle tollerate dalla popolazione generale».

In Italia si stima che ci siano circa 5mila malati, anche se potrebbero essere molti di più. Il nostro Stato, ad oggi, non riconosce la Msc come patologia e quindi non garantisce ai malati i Livelli essenziali di assistenza (LEA). La sindrome è invece riconosciuta dagli Stati uniti d’America, dal Canada, dalla Germania, dall’Austria, dalla Danimarca, dal Giappone, dalla Spagna e dalla Finlandia. In Italia, però, diverse Regioni hanno riconosciuto la MCS come malattia rara di origine organica, tra queste il Lazio.

Si tratta di una malattia molto grave che attacca «i vari apparati e sistemi del corpo umano: apparati respiratorio, cardiocircolatorio, digerente, cutaneo, renale, e sistemi neurologico, muscolo scheletrico, endocrino-immunitario. La sintomatologia si manifesta in forma acuta a causa di sostanze tossiche che possono essere assorbite per inalazione, per contatto o ingerite. L’esposizione – è scritto nella legge – a sostanze tossiche, anche di uso comune, anche in quantità limitatissime, causa gravi crisi respiratorie e anche shock anafilattico».

La proposta di legge stabilisce anche la tipologia di interventi che deve promuovere la Regione: «Riconoscere la MCS come ntolleranza agli xenobiotici ambientali, promuovere diagnosi precoce e prevenzione nel territorio regionale, garantire i LEA, favorire assistenza sanitaria e cure nel territorio regionale, proteggere i malati in fase cronica con misure atte a preservare l’ambiente in cui vivono, migliorare le condizioni ambientali della popolazione generale, garantire il diritto allo studio dei minori, favorendo prevenzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor, promuovere formazione e aggiornamento sia in campo medico, che in campo sociale».

Il testo prevede, tra l’altro, che vengano garantiti i Lea e che i medici seguano corsi di aggiornamento e formazione sulla sindrome MCS. L’importo previsto per l’attuazione di questi interventi è di 100mila euro l’anno.

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L’ex Provincia di Carbonia Iglesias, nell’ambito del Servizio Centro Cultura della Nonviolenza gestito dal Consorzio Network Etico territoriale di Cagliari in collaborazione con La Cernita Teatro e l’assessorato delle Politiche sociali del comune di Iglesias, e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio regionale propongono, in occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle donne, le seguenti attività di sensibilizzazione:

Martedì 25 novembre 2104

Alle ore 10.30, presso il Teatro Electra di Iglesias, per gli Istituti d’Istruzione Superiore e il pomeriggio, per l’intera comunità, a Carbonia alle ore 15.30, presso l’Aula Magna dell’Ipsia sito in Via Dalmazia, avrà luogo la seconda tappa del progetto “Violenza domestica, una questione pubblica”.

Il progetto è stato realizzato, come prima tappa, presso il Teatro di Bacu Abis il giorno venerdì 30 maggio 2014, in occasione della IV edizione di “Spazi di Frontiera” rassegna di Teatro Sociale e di Comunità, ideata e organizzata de La Cernita Teatro insieme al Centro per la Cultura della Nonviolenza dell’ex Provincia di Carbonia Iglesias, Gestione Commissariale e il Consorzio Network etico di Cagliari. In tale occasione sono state presentate due performance teatrali sul tema (“Dopo l’Inferno, forse” di e con Riccardo Montanaro, regia di Gloria Uccheddu e Monica Porcedda e “L’ospite” di e con Cinzia Mocci, regia di Marcella Manconi) e un incontro conclusivo con gli artisti, Il Centro per la Cultura della Non Violenza, Cinzia Crobu giornalista, antropologa e critico teatrale, e Luca Pizzuto, consigliere regionale.

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Sinistra Ecologia Libertà esprime soddisfazione per l’approvazione avvenuta ieri in Consiglio regionalea, su iniziativa del proprio Gruppo consiliare (primo firmatario l’on. Luca Pizzuto con gli onorevoli Daniele Cocco, Francesco Agus e Eugenio Lai), di un importante emendamento alla legge di riforma sanitaria (DL 71/2014), condiviso ampiamente da maggioranza e opposizione. Si tratta dell’istituzione del “Codice Rosa” in tutti i pronto soccorso della Regione Sardegna: un percorso di accesso al pronto soccorso dedicato alle vittime di ogni forma di violenza, senza alcuna distinzione, ma con particolare attenzione alla violenza sulle donne.

Il “Codice Rosa”, oltre a rappresentare un percorso preferenziale per il paziente che ha subito violenza, attiverà anche una procedura parallela da parte di un gruppo di sostegno formato da operatori sanitari, assistenti psicologici, rappresentati delle forze dell’ordinee della Procura della Repubblica, al fine di procedere all’individuazione dell’autore della violenza.

“Si tratta – afferma Pizzuto, coordinatore regionale di SEL Sardegna – di un altro piccolo ma considerevole passo verso la cultura della non violenza e un tentativo di coordinare e mettere in rete le diverse istituzioni e competenze, per dare una risposta efficace già dall’arrivo della vittima al pronto soccorso.»

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Il codice rosa arriva nei Pronto Soccorso della Sardegna, fra le prime regioni in Italia ad averlo istituito: l’ha deciso il Consiglio regionale, approvando all’unanimità un emendamento orale di maggioranza. Il codice rosa, inserito nella legge di riforma della sanità in discussione nell’aula di via Roma, sarà operativo dal momento dell’entrata in vigore della stessa legge e sarà dedicato alle donne vittima della violenza di genere ma anche agli altri soggetti deboli della società che subiscono violenza, in particolare minori, anziani e immigrati. All’arrivo in pronto soccorso, il codice rosa sarà assegnato insieme al codice di gravità da personale addestrato a riconoscere segnali non sempre evidenti di una violenza subita anche se non dichiarata. Una volta assegnato il codice rosa si attiverà un gruppo operativo dedicato e opportunamente formato composto da personale sanitario (medici, infermieri, psicologi) e dalle forze dell’ordine.
«Sono molto soddisfatto della decisione unanime del Consiglio regionale che dimostra grande attenzione su un tema così importante e delicato, e oltre all’onorevole Luca Pizzuto che ha proposto l’emendamento ringrazio l’Aula per la sensibilità dimostrata – dice l’assessore della Sanità Luigi Arru – Il Codice Rosa garantirà alle donne vittima di violenza che purtroppo sono sempre più numerose l’accoglienza e le cure di cui hanno bisogno, difendendo la loro privacy e aiutandole in un percorso anche psicologico, ma saranno aiutati tutti i soggetti più deboli della società. Siamo una delle primissime Regioni a istituire il Codice Rosa per legge e a renderlo operativo in tempi stretti – conclude l’assessore Arru – Credo sia un segnale, dovuto, di grande attenzione e civiltà.»
A supporto dei Codici Rosa in Sardegna è stato firmato un protocollo operativo fra Ordine dei Medici e Ordine degli Avvocati della Provincia di Cagliari.

 

Il Consiglio regionale ha approvato stamane l’articolo 4 della proposta di legge di riforma del sistema sanitario.

Avviando la discussione generale, il presidente Gianfranco Ganau ha comunicato gli emendamenti presentati all’art. 4 e ha dato la parola al primo degli iscritti a parlare, il consigliere Michele Cossa dei Riformatori sardi.

Cossa ha affermato che il testo dell’art. 4 «rafforza la nostra convinzione di una riforma funzionale solo al commissariamento delle Asl e, in particolare, si continua ad alimentare confusione, anticipando elementi di riforma sui quali si dovrà tornare». «La ratio dell’articolo – ha aggiunto – è gestire la fase transitoria post abolizione delle Province che porta con se anche l’abolizione della conferenza provinciale ed il nuovo assetto degli Enti locali, un contesto complesso che dovrebbe suggerire il rinvio alla sede naturale della vera riforma della sanità». Quanto alle Consulte, secondo il consigliere «sono una cose bella molto cara alla sinistra ma, in realtà, si traducono in appesantimenti delle procedure determinati da organismi fittizi senza ricadute effettive e poteri reali, che interferiscono oltretutto col ruolo istituzionale degli Enti locali: non possono che essere i sindaci gli interpreti delle istanze dei territori».

Il consigliere Alessandra Zedda, di Forza Italia, ha sottolineato che «si continua a procedere in un modo quantomeno discutibile; la proposta, letta insieme agli emendamenti, cambia del tutto l’art. 4». Soffermandosi sulla consultazione dal basso, ha detto che «è apprezzabile ma si corre il rischio di una Babilonia, soprattutto in una fase di scarsa chiarezza: cosa vuol dire rappresentanti degli Enti locali? Ci sono i sindaci, così siamo in presenza di una norma fuorviante e sarebbe opportuno individuare al massimo alcuni principi per poi rinviare tutto al dettaglio alla vera riforma».

Il consigliere Oscar Cherchi, anch’egli di Forza Italia, ha espresso forti perplessità su un articolo «che svuota i Sindaci del ruolo che hanno sempre esercitato in materia sanitaria». Qui, ha osservato, «si sta seguendo un percorso logico contrario a quello dell’articolo precedente, disciplinando le consulte con un semplice atto amministrativo, ragione di più per sollecitare la Giunta ad un chiarimento, una sorta di simulazione del risultato di questo anticipo di riforma».

Il consigliere Giorgio Oppi (Udc) si è detto d’accordo su alcune dichiarazioni precedenti, mettendo l’accento sul fatto che «c’è molta confusione mentre bisogna tener conto delle esperienze precedenti». «Leggendo gli emendamenti con cui si scrive in effetti la legge – ha proseguito – ci si convince che sarebbe stato molto meglio fare la legge dall’inizio; in entrambi i percorsi c’è poi un errore perché deve essere il Consiglio ad attribuire le funzioni dei distretti sanitari». «Bisogna inoltre specificare – ha suggerito Oppi – che le consulte non producono oneri aggiuntivi, fermo restando che così come sono configurate appesantiscono processi decisionali, sottraggono poteri ai Sindaci legittimati dalle elezioni». Alla fine, ha concluso l’esponente dell’Udc, «si finirà per non concludere niente, anche perché la competenza sulle norme regolamentari, come dice la legge, spetta al Consiglio e non alla Giunta».

Il consigliere del Pd, Luigi Ruggeri, ha definito “accoglibile” la proposta formulata dal consigliere Giorgio Oppi, per specificare all’interno della norma che l’introduzione della consulta è senza oneri aggiuntivi per l’amministrazione regionale. L’esponente della maggioranza ha quindi ricordato che al momento non c’è ancora un nuovo assetto delle Province e ha insistito sul “senso” generale del contenuto dell’articolo 4, soprattutto in riferimento con quanto previsto nell’emendamento sostitutivo presentato dai consiglieri del centrosinistra. «Può essere – ha ammesso Ruggeri – che l’istituzione della consulta rappresenti un appesantimento dei centri decisionali ma è fondamentale, con l’annunciata riduzione del numero delle Asl e, dunque, con il conseguente accentramento dei centri decisionali, controbilanciare l’accentramento di decisioni e di scelte». L’emendamento “sostitutivo totale” n. 367 presentato dai consiglieri della maggioranza e che prevede che la Giunta definisca composizione, modalità e funzioni della consulta di cittadinanza e delle consulte locali – a giudizio di Ruggeri – garantirà che le funzioni restino nei territori dove operava la Asl.

Il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde, ha dichiarato che le perplessità espresse dalle forze della minoranza alla Pl 71 sono le medesime di quelle espresse dal Cal. Tedde ha quindi definito “contradditorio” il parere di merito formulato dal Cal alla Pl 71: «Non si comprende come essere positivo dopo le critiche e le censure evidenziate». Il rappresentante del centrodestra ha quindi rivolto critiche al “modo di legiferare della maggioranza” ed in particolare ha stigmatizzato l’uso degli emendamenti: «Non è corretto che siano utilizzati, come si sa facendo nel corso dell’esame in Aula della Pl 71, per rivoluzionare la norma e stravolgerne senso e contenuto rispetto al testo esaminato nella competente commissione consiliare».

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, ha rivolto un invito alla chiarezza e alla serietà e ha definito “un frutto di un ben individuato credo ideologico” la decisione di istituire la consulta che esclude la rappresentanza e prevede una partecipazione diretta dei cittadini («questa non è una vera partecipazione democratica e nasconde il rischio di fare ricorso a vere e proprie truppe cammellate per decidere sulle questioni della sanità»). Dedoni ha invitato la maggioranza a ritirare la norma («fate due passi indietro e aprite al confronto per migliorare il provvedimento»). Il capogruppo dei Riformatori ha concluso denunciando un possibile rischio di delegittimazione dei sindaci e dei Consigli comunali.

Il presidente ha dato, poi, la parola al capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, il quale ha definito l’articolo 4 una «scatola vuota, amorfa, priva di significato e che arreca un grave danno a chi ha riposto in voi la fiducia». Rubiu ha apprezzato la volontà di istituire i distretti socio sanitari, ma ha evidenziato che nella norma non è specificato alcun dettaglio, dall’organizzazione, ai compiti fino alla copertura finanziaria. Il capogruppo di Sardegna Vera, Efisio Arbau (La Base), ha affermato di essere molto favorevole all’istituzione delle consulte, in quanto rafforzano la partecipazione del territorio e dei cittadini. Per Arbau il funzionamento di questo articolo è strettamente legato alla riforma di enti locali. «Avremo modo di lavorare attentamente su una proposta che preveda i criteri generali e lasci autonomia ai territori».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, si è detto d’accordo con l’on. Tedde per quanto riguarda il modo di legiferare. «Lo dico al presidente della commissione Sanità che imponeva ritmi di lavoro a tappe forzate» e ha ricordato che la minoranza aveva chiesto di fare riflessioni più attente. Pittalis ha messo anche in evidenza come gli emendamenti stravolgano l’articolo. «C’è molta confusione – ha detto – e non avete le idee chiare». L’esponente azzurro si è detto molto preoccupato per come sta agendo la maggioranza: «State dando una delega in bianco alla Giunta, di fatto state commissariando la funzione del Consiglio regionale». Pittalis si è poi meravigliato della poca attenzione della stampa locale alle denunce fatte in Aula da lui e da tutta la minoranza su questa legge. In conclusione il consigliere ha annunciato di condividere l’emendamento di Luca Pizzuto (Sel), che istituisce il codice rosa nei pronto soccorso. Il presidente Ganau ha quindi dato la parola all’assessore regionale della Sanità, Luigi Arru, il quale ha confermato che è in corso la riforma degli enti locali  e ha ribadito la grande importanza che avranno le consulte in previsione del cambiamento delle patologie e dell’invecchiamento della popolazione. La partecipazione delle comunità sarà sempre più importante, ha proseguito, portando a una maggiore consapevolezza e responsabilità. «Dobbiamo promuovere in maniera unitaria – ha concluso l’assessore – la partecipazione degli enti locali e dei cittadini».

Il presidente ha quindi dato la parola al relatore della legge Luigi Ruggeri (Pd) per illustrare il parere della commissione sugli emendamenti. Ruggeri si è espresso in senso contrario su tutti quelli presentati, fatta eccezione per il n. 367, della maggioranza, che disciplina il “funzionamento dei distretti socio sanitari” e per il n. 63 (Pizzuto e più, successivamente unitario) che istituisce “il codice rosa in tutti i pronto soccorso della Sardegna”.

La Giunta ha espresso parere conforme a quello del relatore.

Il presidente ha chiamato la votazione degli emendamenti n. 50, 149 e 125.

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha riconosciuto il ruolo importante dell’associazionismo ma, ha precisato, «non sono momenti assembleari come questi che miglioreranno l’efficienza del servizio sanitario regionale, saranno spesso organismi di comodo al servizio di una parte politica omologa alla maggioranza».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente ha messo in votazione agli emendamenti 50, 149 e 125 che sono stati respinti.

L’Aula ha quindi iniziato l’esame dell’emendamento n. 367 (Cocco Pietro e più) che disciplina il «funzionamento dei distretti socio-sanitari, della conferenza territoriale socio-sanitaria, delle consulte generali e locali di cittadinanza».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori sardi), per dichiarazione di voto, ha dichiarato che la norma presenta «problemi di legittimità, per la delega alla Giunta di competenze del Consiglio, e di opportunità politica perché si interviene in una riforma che non c’è».

Il consigliere Luigi Ruggeri (Pd) ha ribadito che «non c’è sottrazione di poteri a danno dei sindaci, la conferenza socio sanitaria rimane in piedi mentre decade quella provinciale perché non ci saranno più le Province». Ruggeri ha poi manifestato disponibilità ad accogliere, con un emendamento orale, la richiesta di introdurre il parere vincolante della Commissione consiliare sulla proposta della Giunta in materia di consulte sollecitando inoltre, con un secondo emendamento orale, come suggerito dal consigliere Oppi, una modifica del testo per chiarire che l’attività delle consulte dovrà essere svolta senza oneri aggiuntivi per l’amministrazione regionale.

Intervenendo sull’ordine dei lavori, il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha chiesto una breve sospensione della seduta, che il presidente Ganau ha accordato.

Alla ripresa della seduta, il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha proposto, precisando ulteriormente le dichiarazioni del consigliere Ruggeri, i due emendamenti orali all’emendamento 367; al primo comma la dizione “la Giunta provvede” viene sostituita da “la Giunta propone”, al comma 3 viene aggiunto il passaggio “senza oneri per l’amministrazione”.

Il presidente Ganau ha invitato il consigliere Cocco ad una maggiore chiarezza terminologica nella formulazione dei due emendamenti orali ed ha nuovamente sospeso brevemente i lavori.

Alla ripresa, il consigliere Pietro Cocco ha comunicato che resta invariato il testo del comma 1, mentre al comma 3 viene aggiunta la dizione “senza oneri aggiuntivi per l’amministrazione”.

Il consigliere Gianluigi Rubiu (Udc), annunciando il voto contrario del gruppo, ha sottolineato che «emerge una confusione totale, meglio riportare in commissione tutta le legge».

Il capogruppo del Psd’Az Christian Solinas ha evidenziato che l’emendamento, a suo avviso, non prevede niente di nuovo ma ha richiamato l’attenzione dell’Aula sul fatto che «l’art. 27 dello Statuto individua nel Consiglio il soggetto titolare della potestà legislativa e regolamentare, potestà che non ammette deroghe, è un modo di procedere del tutto irregolare».

Il consigliere Giorgio Oppi (Udc) si è detto contrario per l’oggettivo appesantimento del sistema previsto dal testo, e perché si creano organismi che si sovrappongono alla conferenza dei sindaci: «sarebbe stato meglio concordare questi passaggi con gli stessi Enti locali, così è uno sgarbo istituzionale».

L’Aula ha poi approvato l’emendamento orale formulato dal consigliere Cocco e, a seguire, l’emendamento 367, con 31 voti a favore e 18 contrari. Il presidente Ganau ha comunicato che, per effetto dell’approvazione dell’emendamento, decadono gli altri emendamenti dal n. 150 al n. 366 e dal n. 61 al 167. Successivamente, sono stati respinti anche gli emendamenti n. 50, 149, 325, 59, 158, 333, 290, 159, 163, 60, 160, 289, 334, 165, 166, 164.

Subito dopo si è passati all’esame dell’emendamento n. 63 (Pizzuto e più, poi sottoscritto unitariamente) ed il presidente ha dato la parola al primo firmatario, il consigliere Luca Pizzuto, di Sel.

Nel suo intervento Pizzuto ha affermato che «il Consiglio sta facendo qualcosa di importante per la Sardegna e per le donne della Sardegna, per contrastare un fenomeno con cifre allarmanti: in Italia avvengono 10 stupri al giorno e sono denunciati 7200 casi di violenza ogni anno». La violenza di genere, ha aggiunto, «costa alla società ben 16 miliardi l’anno ma non è solo questione di soldi: bisogna combattere una visione della donna come strumento di mercificazione soprattutto nei media».

Il consigliere Alessandra Zedda (Forza italia) ha affermato che «questa norma ci mette al passo con i tempi; il fenomeno ha numeri spaventosi, ma soprattutto sono drammatiche le cicatrici della sofferenza delle donne ma non solo». «Il codice rosa – ha concluso – significa attenzione delle autorità sanitarie e dei soggetti sociali che operano nelle strutture, può aiutare a denunciare e prevenire».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza italia) ha condiviso le argomentazioni del consigliere Pizzuto. Si tratta di una norma di civiltà, ha osservato, «ma dispiace che sarà senza oneri aggiuntivi, forse in questo caso sarebbe stata opportuna una eccezione, per adeguare strutture del pronto soccorso ad accoglienza particolare».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori sardi) ha definito l’emendamento emblematico «di un tema sensibile ed attuale, è auspicabile però che l’assessore chiarisca alcuni aspetti di operatività della norma perché soprattutto in questo caso non si possono fare le nozze con i fichi secchi».

Il consigliere Gianluigi Rubiu (Udc) ha annunciato il voto favorevole, aggiungendo che «quando si affrontano argomenti importanti emerge la politica migliore, però non basta dire senza oneri aggiuntivi; bisognerà provvedere nella prossima finanziaria».

Il presidente Ganau, parlando da “operatore sanitario” ha messo l’accento sulla delicatezza del percorso delle persone vittime di violenza soprattutto nella fase pre-ospedaliera.

L’assessore della Sanità Luigi Arru ha espresso il suo parere favorevole, sottolineando che «la norma recepisce quanto di buono è stato già fatto dalla società» ed ha ricordato, in proposito, le iniziative di alcuni ordini di medici ed avvocati, che hanno messo a punto protocolli di intervento ed assistenza ed i protocolli seguiti dai medici di emergenza-urgenza. «Dobbiamo dare più forza a queste iniziative – ha concluso – garantendo la privacy, fornendo una accoglienza in grado di tutelare appieno la persona in modo uniforme su tutto il territorio regionale».

Il consigliere Alessandra Zedda (Forza Italia) ha manifestato alcuni dubbi procedurali, suggerendo che forse sarebbe più utile lavorare ad una norma ad hoc.

Il presidente Ganau ha disposto un breve rinvio dell’esame dell’emendamento, per consentire i necessari approfondimenti sulla formulazione dell’emendamento, ed ha chiamato la votazione dell’emendamento n. 248 in materia di sanità penitenziaria, dando la parola al primo firmatario, il consigliere Paolo Truzzu (Fdi).

Il consigliere Paolo Truzzu (Fdi) ha messo in evidenza che si tratta di un problema che assume importanza sempre maggiore, soprattutto per la parte della sanità penitenziaria che prevede cure mediche dal carcere a in ospedale, suggerendo la creazione di un dipartimento inter-aziendale.

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori sardi) si è detto favorevole, ricordando però che la maggioranza ha dimenticato questo problema, pur avendo la Regione assorbito tutte le competenze in materia.

Il consigliere Alessandra Zedda (Forza italia) ha dichiarato che «anche qui serve un atto di civiltà e serve molta attenzione per casi che si stanno moltiplicando dei quali il Ministero non si occupa, mentre mancano anche protocolli comportamentali degli operatori».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza italia) ricordato che «nel carcere di Uta ci sono strutture all’avanguardia, bisogna potenziare la formazione del personale ed evitare un uso inappropriato del servizio sanitario regionale».

Il consigliere Modesto Fenu (Zona Franca) ha auspicato che il Consiglio dimostri «la stessa sensibilità espressa nell’emendamento contro la violenza sulle donne, bisogna migliorare la capacità professionale degli operatori».

Il consigliere Luca Pizzuto (Sel) ha osservato che «occorre capire modalità gestionali perché la competenza è delle Asl».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha apprezzato la proposta.

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco si è detto favorevole ma non totalmente, suggerendo un rinvio dell’esame dell’emendamento al pomeriggio.

Il presidente Ganau ha comunicato che è pervenuto il testo dell’emendamento relativo all’istituzione del “codice rosa”, precedentemente sospeso.

Il consigliere Giorgio Oppi (Udc) ha ricordato che la Sardegna è l’unica Regione che forniva assistenza, anche farmaceutica, ai detenuti, invitando l’assessore a fornire chiarimenti all’Assemblea.

L’assessore della Sanità, Luigi Arru, ha riconosciuto che «la Sardegna ha anticipato un modello di assistenza sanitaria ai detenuti ma la situazione è a macchia di leopardo, perché oltre alle patologie principali ci sono quelle pediatriche e odontoiatriche in un quadro di vincoli eccessivi che potranno essere superati solo attraverso un percorso comune da portare avanti con l’amministrazione penitenziaria».

L’Aula ha poi approvato la proposta di rinviare l’esame dell’emendamento alla seduta pomeridiana ed ha ripreso l’esame dell’emendamento n. 63 sull’istituzione del “codice rosa”. Nella sua nuova formulazione, il testo prevede che entro 120 giorni le aziende dovranno organizzare il servizio mentre entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, la Giunta regionale emanerà apposite linee-guida.

Per dichiarazione di voto, il consigliere Rossella Pinna (Pd) si è detta «favorevole con convinzione per il valore simbolico e al tempo stesso reale della norma; la Sardegna ha buone leggi ma ancora inapplicate come quelle relative alla rete anti violenza».

Il consigliere Alberto Randazzo (Forza Italia), pur essendo favorevole, ha espresso riserve sull’assenza di risorse, che invece occorrono se si vuole davvero mettere in funzione equipe di intervento.

Il consigliere Modesto Fenu (Zona Franca), anch’egli favorevole, ha condiviso i dubbi del consigliere Randazzo, auspicando tempi brevi per implementazione nuovo servizio.

Il consigliere Paolo Truzzu (Fdi) ha ringraziato il collega Pizzuto per aver voluto condividere la sua iniziativa con l’Assemblea, osservando che forse la sintesi dell’emendamento è troppo riduttiva.

Il consigliere Attilio Dedoni (Riformatori sardi) ha sottolineato che si tratta di un argomento di grande importanza impostato nel modo giusto; la violenza non ha aggettivi ed occorre puntare su accoglienza e riservatezza.

Il consigliere Emilio Usula (Soberania-Indipendentzia) ha richiamato invece l’attenzione dell’Aula sulla centralità della formazione del personale.

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, ha definito la norma «di civiltà, necessaria per contrastare un fenomeno che merita una forte risposta delle istituzioni».

Non essendoci altri iscritti a parlare il presidente Ganau ha messo in votazione l’emendamento che è stato approvato unanimità.

Successivamente ha tolto la seduta e convocato la conferenza dei capigruppo. I lavori del Consiglio riprenderanno alle 16,30.

Consiglio regionale 3 copia

Ignazio Locci 7 copia

Nuovo attacco del consigliere regionale Ignazio Locci (FI) alla Giunta regionale, sulla gestione del sistema sanitario.

«La Giunta regionale – attacca Ignazio Locci – prosegue nel suo perverso piano di smantellamento dei servizi sanitari del Sulcis Iglesiente. Tra qualche giorno, la Asl 7 di Carbonia dovrà fare i conti con la cancellazione del servizio di Aferesi terapeutica (utilizzata per il trattamento della miastenia grave e il Morbo di Moskowitz), così come disposto dalla delibera regionale N° 35/21 del 12.9.2014 (assetto organizzativo temporaneo della Rete Trasfusionale regionale). Un altro tassello del progetto di razionalizzazione della sanità isolana, che nella versione Luigi Arru significa semplicemente tagli indiscriminati specie ai presidi di periferia, operati senza tenere in considerazione le esigenze dei cittadini. Presidi che di questo passo verranno definitivamente cancellati dal sistema sanitario sardo, costringendo i cittadini del Sulcis Iglesiente a recarsi nelle strutture del capoluogo.»

«È doveroso che il direttore generale della Asl 7, Maurizio Calamida, impugni la delibera N° 35/21 al fine di difendere la sanità del territorio – aggiunge Locci -. Non si può accettare passivamente l’abbattimento dei servizi. Ma, soprattutto, mi chiedo quale sia la posizione degli onorevoli eletti nel Sulcis Iglesiente, il capogruppo del Pd Pietro Cocco ed il segretario regionale di Sel Luca Pizzuto, che a testa bassa stanno accettando la distruzione del nostro sistema sanitario. Mi auguro – conclude il consigliere regionale di Forza Italia – abbiano un guizzo di schiena dritta e si ribellino agli insani progetti che la maggioranza cui appartengono sta attuando.»

Consiglio regionale 1 copia

I lavori del Consiglio regionale sono ripresi questo pomeriggio per l’esame degli altri punti all’ordine del giorno. Si è iniziato con la mozione, primo firmatario il capogruppo dei Riformatori sardi Attilio Dedoni, “sulla Fondazione Banco di Sardegna”.

Attilio Dedoni, dopo aver premesso che «alcuni contesti sono estranei ai veri interessi della Sardegna» ha ricordato che la Sardegna vive una crisi più drammatica delle altre Regioni: disoccupazione, difficoltà allo sviluppo, cassintegrati da tutte le parti, un motore alimentato esclusivamente dal sistema bancario che non gira, nonostante interessi tutte le famiglie. Il problema, insomma, per Dedoni è molto chiaro: «Il Consiglio ha il dovere di dare indirizzi alla Fondazione che, è bene ricordarlo, gestisce un patrimonio di 900 milioni di euro proprietà del polo sardo, controllato dalle istituzioni, mentre chi amministra dovrebbe essere distante dalla politica per non subirne le contiguità». Non voglio accusare un partito, ha chiarito il consigliere dei Riformatori sardi, «ma vorrei che un partito facesse un atto di moralità, che controllasse e verificasse se la Fondazione fa gli interessi del popolo sardo, è una cosa che riguarda tutti». Soffermandosi poi sui contenuti specifici della mozione, Dedoni ha criticato la composizione degli vertici societari: «E’ grave e anomalo che la Fondazione detenga il 49% delle quote azionarie del Banco (mentre altre fondazioni superano di poco il 20%) attraverso patti parasociali che suo tempo imposero un certo assetto, riconoscendo alla Bper una prelazione su queste quote e sulle nomine dei vertici». Il consigliere ha poi lamentato la scarsa trasparenza di alcune operazioni della Fondazione, come dismissioni patrimoniali, plusvalenze, obbligazioni, fondi inglesi ed altre partecipazioni a volte opache (come una società lussemburghese che gestire distributori di bevande): «Scelte incomprensibili – ha proseguito – che appaiono distanti dall’interesse pubblico». Lo stesso presidente Pigliaru, ha concluso il capogruppo dei Riformatori, «in più circostanze, come hanno affermato anche autorevoli esponenti del Pd come Bersani e Fassina ed altri, si schierò contro certe operazioni; ragione in più per recuperare moralità e distinguere nettamente fra sistema bancario e politica».

Il consigliere Cesare Moriconi (Pd) ha detto in apertura di non sapere se è giusto tirare in ballo moralità ed etica, affermando che è molto più importante «portare la discussione su un terreno adeguato ad una discussione utile, fuori dal gioco delle parti». «Nel caso specifico – ha sostenuto Moriconi – occorre individuare strumenti davvero utili alle politiche del credito e non alle contrapposizioni politiche». Certamente, ha aggiunto il consigliere del Pd, «è sbagliato cercare colpevoli di una parte e dall’altra, col risultato di mancare l’obiettivo di un sistema creditizio che avremmo voluto più partecipe dello sviluppo locale». Forse non è utopia immaginare una banca legata al territorio in un quadro organico di sostegno alle nostre comunità, ha dichiarato il consigliere Moriconi, «vicino a giovani, imprese, ambiente, qualità della vita, istruzione, salute, ad ogni settore il cui sviluppo possa accendere una speranza». Serve in altre parole, a giudizio dell’esponente del Pd, «una discussione nobile per capire se esiste una nuova possibilità per il credito in Sardegna, favorendo il nostro tessuto locale e sociale, riflessione che serve perché questa discussione non si esaurisca nelle contrapposizioni».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha riferito che fra poco a Lei, piccolo paese del Marghine, arriverà il cosiddetto bancomat intelligente dove si potrà pure versare. In realtà, ha detto, «siamo davanti al frutto di una politica che colpisce le realtà più deboli, ma poi perché non si deve parlare della Fondazione quasi fosse una no fly zone?»

 La politica, secondo Crisponi, ha invece «titolo per entrare nelle questioni a cominciare dallo smantellamento del sistema del credito nella nostra regione, passano per il tema dell’influenza della politica nel credito, anche perché ormai non si parla più di sviluppo e ripartenza della Sardegna perché i rubinetti del credito sono chiusi». «Per queste ragioni – ha proseguito Crisponi – è giusto reclamare una politica diversa più attenta ai territori, spezzando una catena strana che avvolge un sistema di califfati, su un solco simile a quello del #Monte dei Paschi dove la politica ha creato sfracelli e danni». La situazione è delicata, ha concluso il consigliere dei Riformatori, «perciò dobbiamo togliere il velo e far diventare tutto più trasparente e accessibile, perché dopo il Marghine ci saranno altre chiusure e ci troveremo ben presto a domandarci cosa fare: apriamo porte e finestre, ricordando soprattutto che degli 82 miliardi che la Bce ha assegnato recentemente alle banche, 2 miliardi sono andati a Bper, ma per fare cosa? Ricordiamoci che sono soldi che arrivano dalle tasche dei nostri cittadini».

Il consigliere del gruppo Pd, Franco Sabatini, ha escluso operazioni condotte al di fuori delle norme e delle leggi da parte della Fondazione e del Banco di Sardegna. «Se fossero vere le dichiarazioni rese in Aula dall’onorevole Dedoni – ha attaccato il presidente della commissione Bilancio – dovrebbe recarsi in procura e denunciare le violazioni di legge». A giudizio di Sabatini tutte le operazioni del Banco e della Bper, compresa quella relativa a Sardaleasing, sono avvenute nel pieno rispetto delle procedure e, laddove necessario, sono state verificate da advisor indipendenti. L’esponente della maggioranza ha quindi approfondito il tema dei rapporti che intercorrono tra il Consiglio regionale e gli istituti di credito che operano in Sardegna. «Ci limitiamo – ha spiegato Sabatini – alle audizioni in occasione delle formalità della discussione della manovra finanziaria, ma servirebbe maggiore confronto e maggiore collaborazione». L’esponente del Pd auspica un maggiore confronto in tema di servizi offerti alle imprese, alle cooperative, insieme con una nuova attività di coordinamento nei diversi interventi della Fondazione nei settori della cultura, della ricerca, dello spettacolo e dello sport. Sabatini ha concluso replicando alle ulteriori critiche mosse dal capogruppo dei Riformatori alla gestione della Fondazione e del Banco di Sardegna ed ha rassicurato sulla solidità patrimoniale della Fondazione Banco di Sardegna.

Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa, ha cercato, in premessa, di ricondurre il dibattito al tema oggetto della mozione consiliare. «Poniamo il tema del rispetto delle regole – ha dichiarato il coordinatore regionale dei Riformatori sardi – e della commistione tra politica e banche». «E’ il tema – ha aggiunto Cossa – che ha posto anche il presidente Pigliaru, quando ancora non governava la Regione, all’indomani del caso #Monte Paschi». Michele Cossa ha quindi declinato i valori della Carta delle fondazioni ad incominciare da quello che indicano il patrimonio delle fondazioni come patrimonio originario delle comunità. A giudizio del consigliere della minoranza nella Fondazione Banco di Sardegna permane l’anomalia di una “forte” presenza politica e la situazione è ancor più grave se si considera che la Fondazione con l’erogazione di contributi e risorse, è in grado di condizionare la vita dei cittadini sardi in misura maggiore di quanto non lo faccia la stessa Regione. Michele Cossa ha concluso auspicando un intervento della Giunta per quanto attiene l’esercizio dei poteri di vigilanza e ha invitato il Consiglio ad occuparsi di un tema centrale per lo sviluppo dell’Isola. «Siamo pronti a portare in piazza – ha ammonito Cossa – per spiegare ai sardi che il Banco di Sardegna è diventato una succursale del Pd».

Per Piero Comandini (PD), la mozione presentata dal centrodestra manca di originalità. «Vengono elencati vecchi problemi – ha detto Comandini – ma non c’è una parola, un indirizzo che sollevi il problema del credito in Sardegna». Comandini ha poi concentrato l’attenzione sulla Sardaleasing, difendendo l’operazione di fusione con l’ABF: «Questa decisione – ha sottolineato il consigliere del Partito Democratico – ha consentito di salvare Sardaleasing che oggi continua ad esistere e ad operare nella nostra regione».

L’esponente delle maggioranza ha poi invitato i presentatori della mozione a distinguere tra banche e fondazioni. «Queste ultime – ha spiegato Comandini – svolgono un ruolo fondamentale per le comunità, sono una risorsa imprescindibile per i territori in cui operano. Sono state infatti create per limitare il peso della politica all’interno del sistema creditizio. Oggi, invece, si chiede di tornare indietro e di rafforzare il legame tra politica e credito. Credo che non sia questa la strada giusta». Comandini, al termine del suo intervento, ha ricordato che «oggi a Firenze si tiene la seconda Conferenza europea delle Fondazioni. Questa opportunità noi non la cogliamo per le solite discussioni da cortile che non risolvono le questioni importanti. Non è difendendo uno sportello bancario di un piccolo comune che si rilancia l’economia dell’Isola».

Stefano Tunis (Forza Italia) ha criticato l’approccio al problema del credito: «Parte dei colleghi individuano i mali del sistema creditizio nella presenza di esponenti politici legati a un partito – ha detto Tunis – altri invece scaricano le responsabilità. Alle banche, elemento centrale della nostra economia, si attribuisce un ruolo superiore slegato da qualsiasi attività di indirizzo da parte della politica. Ma per quale motivo – si è chiesto Tunis – dovremmo rinunciare ad un ruolo della politica?». L’esponente di Forza Italia ha quindi segnalato all’Aula la distanza tra le banche e gli interessi di cittadini e imprese. «Per questo motivo – ha aggiunto Tunis – occorre oggi dare alla politica un ruolo più forte perché le istanze della società vengano ascoltate e si esca dai freddi meccanismi del sistema creditizio».

Paolo Truzzu (Fratelli d’Italia) in apertura del suo intervento ha ricordato i tre perni su cui si è costruito in passato il sistema del credito: il Banco di Sardegna (per il credito alle famiglie e alle imprese), il Cis (per quello alle industrie) e la Sfirs. «Oggi il Cis sta sparendo – ha sottolineato Truzzu – mentre il Banco di Sardegna è oggettivamente in difficoltà visto il ruolo predominante della Banca Popolare dell’Emilia».

Truzzu ha poi ricordato le preoccupazioni espresse da autorevoli intellettuali come l’economista Antonio Sassu e lo storico Paolo Fadda. «C’è una preoccupazioni viva nella società – ha detto Truzzu – è vero che le fondazioni esistono per allontanare la politica dalle banche, ma è anche vero che il Consiglio regionale ha il compito di vigilare». Il consigliere di Fratelli d’Italia ha poi evidenziato il ruolo dominante del Partito Democratico all’interno della Fondazione Banco di Sardegna. «All’interno della Fondazione è rappresentata solo una parte, non è un problema solo per la Sardegna ma per lo stesso Partito Democratico. Quello di cui oggi si discute è l’opportunità di certe scelte. Ciò oggi sembra lecito e legale può lasciare dei dubbi. Anche la quotazione di #Parmalat è avvenuta secondo le regole poi è successo quello che è successo. Per questo – ha concluso Truzzu – è necessario riflettere sul ruolo del Consiglio.»

Il vice presidente, Eugenio Lai, ha assunto la presidenza del Consiglio regionale e ha dato la parola al consigliere di Forza Italia, Antonello Peru, il quale ha sottolineato come sia necessario fare chiarezza su un ente che gestisce il patrimonio di tutti i sardi. Per il vice presidente del Consiglio Peru è grave quanto sta accadendo nel Banco di Sardegna. Gli emiliani della «Bper si preparano all’azzeramento della gestione dell’istituto di credito sardo. Un altro pezzo di autonomia della Sardegna che va via». Per Peru è necessario che il presidente Pigliaru spieghi con chiarezza quale sarà il futuro della Fondazione Banco di Sardegna e ha ribadito che il 49 per cento delle azioni del Banco di Sardegna detenute della Fondazione debbano restare in mano al pubblico,  patrimonio di tutti i sardi. Per questo Peru ha esortato ai Comuni a esercitare il diritto di prelazione per l’acquisto delle azioni, sottraendole al controllo della Bper, in modo da salvaguardare l’autonomia della Sardegna. L’esponente della minoranza ha ricordato come in questi anni i dipendenti del Banco di Sardegna siano diminuiti della metà, perdendo oltre 2000 lavoratori e stipendi per 70 milioni di euro, mentre la Bper ha raddoppiato i dipendenti. Stiamo assistendo, secondo Peru, a un governo coloniale del credito sardo: il corpo è in Sardegna, ma la testa è a Modena.

Per Fabrizio Anedda (Rifondazione-Comunisti italiani-Sinistra sarda-Misto) è giusto considerare il Banco di Sardegna la banca dei sardi. «Chi l’ha fatta diventare grande è stata la politica e i governi che si sono succeduti. Quindi chi ha fatto diventare grande il Banco è stata la Regione Sardegna. Non ci si deve meravigliare se ci sono nomine politiche che hanno il compito di vigilare, non vedo dove sia il problema». Anedda ha sollevato un altro problema, ossia quello relativo alla voce insistente che il Banco di Sardegna stia cedendo i crediti vantati nei confronti delle imprese in sofferenza. «Siccome anche le imprese hanno contribuito a far diventare grande il Banco di Sardegna mi sembra una situazione grave». Anedda ha chiesto alla Giunta di verificare la veridicità di queste notizie e, se confermate, intervenire a favore delle imprese. II consigliere dell’Udc, Giorgio Oppi, ha subito affermato di essere contrario allo spirito di questa mozione che ha l’obiettivo di attaccare il presidente della Fondazione del Banco di Sardegna. «Conosco Antonello Cabras e ne apprezzo le qualità politiche e morali», ha affermato. L’esponente della minoranza ha evidenziato come nella mozione ci siano delle contraddizioni: da una parte si chiede la divisione tra finanza e politica e dall’altra si vuole però interferire nelle nomine interne alla Fondazione. La politica, secondo Oppi, è sempre stata legata al credito così da agire nel miglior modo possibile a favore del territorio e delle sue imprese. «La politica – ha auspicato Oppi – deve tornare a essere il perno della società».

Il consigliere Modesto Fenu (Zona Franca) ha dichiarato che «il Consiglio eletto dai cittadini ha il dovere morale di tutelare gli interessi della comunità; se politica deve essere il primo potere dello Stato è giusto che intervenga sulla materia, semmai bisogna chiedersi se l’intervento della politica possa ridursi a quello di una sola parte». Fenu ha poi sostenuto che è «più utile mettere l’accento sul sistema del credito oggi chiamato a supportare la vita e lo sviluppo delle aziende mentre invece fa il contrario, non supporta il tessuto produttivo e spesso agisce per accelerarne la scomparsa dal mercato». Il consigliere ha denunciato inoltre «i numerosi i casi di usura e anatocismo riconducibili ad una parte del sistema bancario: se è vero che oltre l’80% dei mutui sardi hanno questo vizio bisognerebbe bloccare le azioni di pignoramento in corso, forse è abbastanza per una commissione d’inchiesta». Se non la facciamo, ha avvertito il consigliere Fenu, «la residua fiducia riposta dai cittadini nella politica sarebbe fortemente a rischio, interroghiamoci piuttosto sul sistema del credito senza spaventarci se con questo mettiamo in difficoltà le banche, riflettiamo sulle centinaia di milioni distribuiti dalla Regione per i mutui prima casa, casa oggi molti cittadini stanno rischiando di perdere».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, ha esordito affermando che «in questi casi la cautela è dovuta e necessaria, cautela che è mancata ai presentatori della mozione, retaggio di un certo passato come ha ricordato il consigliere Oppi». «Che le fondazioni debbano uscire dalle banche – ha continuato Cocco – è giusto ma questo deve valere per tutti gli altri contesti a cominciare dalle Asl e, in proposito, scandalizza l’intervento di Peru dopo le vicende della sanità sassarese  o quello di Dedoni che soffre di nostalgia del passato, ma qui bisogna parlare di politica ed occuparsi di tutte le questioni, compresa quella che riguarda le banche». Questo dibattito, ha ricordato il capogruppo del Pd, «poteva essere una occasione per parlare del credito a livello generale, con l’attenzione dovuta ai problemi quotidiani di famiglie ed imprese ma la mozione ha contenuti inesatti, contraddittori, approssimativi, velleitari e confusi, deve essere respinta al mittente a cominciare dal passaggio all’impegno del presidente del Consiglio regionale, del tutto privo di fondamento». «Respingo anche – ha concluso il consigliere Cocco – i riferimenti all’etica ed alla moralità fatti dai Riformatori sardi, abbiamo perso l’occasione di fare una discussione seria».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha rivolto, in apertura del suo intervento sottolineature critiche verso i toni utilizzati dal capo gruppo del Pd, Pietro Cocco, ed ha riaffermato lo spirito prettamente politico della mozione presentata dai consiglieri dell’opposizione (ad esclusione del gruppo Udc). «Non sono in discussione le persone – ha spiegato Pittalis – e tantomeno i presidenti di Fondazione e Banco ma il ruolo, le funzioni e il rispetto delle regole dell’ente e dell’istituto di credito che operano in Sardegna». L’esponente di Fi ha quindi ripercorso l’iter istitutivo delle fondazioni e le dinamiche che in alcuni casi («Mps e Unicredit, ad esempio») hanno portato ad autentiche degenerazioni.

Pietro Pittalis ha concluso invitato il presidente della Regione a illustrare quali azioni intenda mettere in campo per garantire la correttezza dell’operato di Fondazione e Banco, insieme con la salvaguardia delle funzioni e del ruolo di controllo proprio della politica, nel delicato comparto del credito in Sardegna.

«Auspico l’uscita della Fondazione dal capitale del Banco di Sardegna». E’ quanto ha affermato il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, nel suo intervento in Consiglio, nello spazio riservato alla replica della Giunta, nel corso della discussione della mozione n. 68. Il presidente della Giunta, ha riconosciuto, in premessa, l’importanza del tema oggetto della mozione illustrata in Aula dal capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, ed ha mostrato apprezzamento per gli spunti offerti dal confronto che si è sviluppato in Consiglio.

Francesco Pigliaru ha ricordato inoltre che Fondazione e Banco sono un ente e un’impresa privati e ha definito “non utile” entrare nel recinto delle questioni proprie della gestione aziendale.

«Ma – ha aggiunto il presidente della Regione – c’è un tema dal quale non intendo sottrarmi e riguarda il rapporto tra politica e credito, ed affermo con chiarezza che la politica deve restare fuori dalla gestione del credito e deve limitarsi ai compiti di indirizzo e controllo, intervenendo quando ci sono episodi di malfunzionamento del mercato». Il governatore ha citato a questo proposito il caso del mercato dell’accesso al credito per esplicitare gli esempi positivi di “intervento complementare” tra parte pubblica e sistema del credito, ad incominciare dai consorzi fidi.

«Nessuna ingerenza con gli istituti di credito», ha insistito il Pigliaru, nell’evidenziare il dettato dello statuto della Fondazione Banco di Sardegna nella parte in cui norma il cosiddetto “comitato di indirizzo”. Il presidente della Regione ha dunque ricordato che le indicazioni sono in capo ad enti che rappresentano i cittadini e non già la politica (Università, Camere di Commercio, Province e Regione). «La prima ricetta che ho da proporre – ha dichiarato il capo dell’esecutivo – è quella di nominare le persone giuste e non procedere con nomine legate alle appartenenze politiche».

Il presidente Pigliaru ha quindi affrontato il tema centrale del dibattito in Consiglio, inerente il patrimonio della Fondazione e la partecipazione al capitale sociale del Banco di Sardegna. «Auspico che il patrimonio della Fondazione sia utilizzato per favorire lo sviluppo dei nostri territori nei previsti settori di intervento – ha spiegato il leader della maggioranza – e ritengo che perseguire questi obiettivi la Fondazione debba gestire in modo adeguato il proprio patrimonio, per investire le necessarie risorse a sostegno dell’economia e della società sarda».

«La mia opinione, il mio auspicio – ha proseguito Francesco Pigliaru – è che la Fondazione Banco di Sardegna esca dal capitale sociale del Banco di Sardegna». A giudizio del governatore sono due le ragioni che supportano la posizione espressa. La prima è che si diversificherebbe il portafoglio titoli della Fondazione e si potrebbe contare su maggiori risorse per gli investimenti nell’Isola, rispetto a quelle che derivano dalla partecipazione (350 milioni di euro) al capitale del Banco; la seconda è che con l’uscita della Fondazione dal Banco si romperebbe l’anacronistico legame tra fondazione e banca, eliminando i rischi di possibili commistioni tra politica e banche.

«Quelli espressi – ha concluso Pigliaru – sono auspici che mi auguro siano ascoltati da chi opera nella Fondazione con l’autonomia propria del suo mandato».

Nella sua replica, il primo firmatario delle mozione, Attilio Dedoni, ha espresso soddisfazione per le parole di Francesco Pigliaru. «L’intervento del presidente – ha detto Dedoni – va nella direzione giusta. La necessità di separare politica e credito è stata recentemente sollecitata anche dal Fondo Monetario Internazionale  che ha denunciato il peso eccessivo delle partecipazioni bancarie sulle fondazioni».

Attilio Dedoni ha poi rimarcato lo spirito della sua mozione orientata a promuovere un dibattito sul tema del rapporto banche-politica. «Discussioni a parte – ha detto il capogruppo dei Riformatori sardi – abbiamo posto delle domande a cui il presidente ha dato una risposta chiara». Dedoni ha poi invitato Pigliaru a farsi promotore di un’iniziativa in Consiglio per dare regole certe al rapporto della politica con le fondazioni. «Noi – ha concluso Dedoni –  siamo disponibili a lavorare insieme, anche per altri settori come la sanità».

Il presidente Ganau ha quindi posto in votazione la mozione che è stata respinta dall’Aula (34 i voti contrari, 17 quelli a favore).

L’assemblea è passata quindi ad affrontare l’esame della mozione n. 69 (Truzzu e più) “per esprimere solidarietà ai due marò ingiustamente detenuti in India”.

Il primo firmatario del documento ha parlato di “vicenda surreale”. «Massimiliano La Torre e Salvatore Girone operavano su una nave della Marina militare italiana impegnata in un’operazione di contrasto della pirateria – ha ricordato Truzzu – sono stati arrestati con l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani “ma dovevano essere giudicati in Italia».

Truzzu ha poi definito “raccapricciante” il ruolo dello Stato e dei vari governi che non sono stati in grado di tutelare i due marò. A differenza dei casi Sigonella e Achille Lauro ha aggiunto – lo Stato non ha mostrato fermezza nel difendere le sue prerogative. «Ciò che si chiede è che venga fatta giustizia – ha detto Truzzu – La Torre e Girone devono essere giudicati in Italia, nel rispetto delle norme internazionali». Al termine del suo intervento, l’esponente della minoranza ha chiesto di esprimere solidarietà e sostegno ai due marò con l’esposizione di uno striscione nella facciata del Palazzo del Consiglio e della Regione e a inviare al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli esteri una copia della mozione.

Il presidente ha dato la parola al consigliere regionale dei Riformatori sardi, Michele Cossa, il quale ha ringraziato il collega Truzzu per aver presentato questa mozione. «Credo che facciamo bene a dedicare il nostro tempo a questa vicenda, che vede i nostri due militari coinvolti in una vicenda allucinante». Cossa ha poi aggiunto: «L’auspicio è che la vicenda si chiuda in maniera definitiva. L’Italia non ha fatto una bella figura e neanche l’Unione europea». Per Cossa se al posto dei militari italiani ci fossero stati militari americani la situazione sarebbe stata risolta con più celerità. Anche il capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, ha ringraziato l’onorevole Truzzu per aver presentato la mozione che mette «in evidenza la vicenda di questi due eroi. Io non credo che se fossero stati militari russi starebbero ancora lì». Per Ignazio Locci (Forza Italia) «siamo davanti a due servitori dello Stato, a due militari che partecipavano a una missione internazionale contro la pirateria e che sono incappati in un incidenti. Il Consiglio – ha affermato – non può non esprimere solidarietà a suoi militari».

Il consigliere Modesto Fenu (Zona Franca) si è detto convinto che non ci sia da scandalizzarsi davanti all’iniziativa doverosa del consigliere Truzzu. «I due marinai – ha detto – stavano facendo il loro dovere al servizio dello Stato nel quadro di un patto di reciproca lealtà, di qui l’impegno totale per riportarli in Patria, di fronte a questa situazione è auspicabile che l’intero Consiglio possa votare a favore di questa mozione, anche con l’esposizione degli striscioni su alcuni edifici».

Il consigliere Giuseppe Fasolino (Forza Italia) ha riconosciuto che «forse l’intervento del Consiglio non produrrà grandi risultati ma la nostra sensazione di italiani, a parte l’aspetto umano della vicenda dei due marinai e la sofferenza della loro famiglie, è quella della vergogna di vedere abbandonati due militari in missione all’estero, caso per certi aspetti simile a quello dei migranti che tutti considerano ingiustamente un fatto interno dell’Italia, a cominciare dall’Unione europea». Che questa vicenda, ha concluso Fasolino, «ci serva per riflettere sulla condizione di tanti militari impegnati in missione di pace all’estero».

A nome della Giunta il vice presidente Raffaele Paci ha dichiarato l’attenzione dell’ esecutivo per queste tematiche che peraltro sembrano in fase di risoluzione. Paci ha espresso un parere favorevole parziale alla mozione, nel senso che «si approva l’iniziativa di manifestare solidarietà e sostegno ai due militari perché la detenzione dei due marò non rispetta il diritto internazionale ed è ingiusta,ma si valuta inopportuno sia per il momento (uno dei due è in Italia) che per le trattative in corso l’esposizione dello striscione sulle facciate dei palazzi». «Se facciamo passare questo tipo di manifestazione – ha precisato Paci – lo dovremmo fare anche per italiani rapiti, le cooperanti e così via; le istituzioni hanno modi propri per manifestare ed esprimere solidarietà e partecipazione ed è perciò auspicabile una soluzione per contemperare la posizione Giunta e quella dei sostenitori della mozione».

Il consigliere Paolo Truzzu (Fdi) ha in primo luogo apprezzato il parere favorevole della Giunta sullo spirito della mozione, chiarendo tuttavia di non comprendere «le difficoltà per appendere lo striscione, è già accaduto per Rossella Urru con un voto unanime del Consiglio, si tratta della stessa manifestazione già svoltasi in tanti Comuni e tante Regioni d’Italia». «Spero – ha concluso Truzzu – che questo non sia un motivo per non sostenere la mozione, sarebbe paradossale e forse poco degno, non capisco quale sensibilità potrebbe urtare: si chiede solo giustizia e oggi mi vergogno un po’».

Il capogruppo di “Sardegna”, Modesto Fenu, ha espresso contrarietà alla proposta del voto per parti della mozione di solidarietà ai due marò e replicando alle dichiarazioni rese dal vice presidente della Giunta, Raffaele Paci, ha dichiarato piena disponibilità per manifestare pari sentimenti di solidarietà «verso tutti coloro che si trovano privati della libertà per mano dell’Isis e per esprimere ferma condanna contro ogni forma di illecita privazione della libertà dell’uomo».

Il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde, ha espresso condivisione per le affermazioni del consigliere Paolo Truzzu e ha invece dichiarato la non condivisione per quanto affermato dall’assessore Paci in occasione del suo intervento di replica in Aula. «Non si può fare un parallelo tra le situazioni che riguardano le cooperanti e quelle che riguardano due soldati ingiustamente carcerati», ha spiegato Tedde che ha concluso evidenziando le responsabilità di tre governi nazionali “nel fallimento del caso marò”.

Il consigliere di Forza Italia, Giuseppe Fasolino, ha dichiarato il proprio favore all’intero dispositivo della mozione 69 e  è detto negativamente sorpreso dalla contrarietà espressa dall’esecutivo all’ipotesi di affiggere uno striscione di solidarietà a La Torre e Girone.

Il consigliere di Forza Italia, Ignazio Locci, ha definito “una solidarietà a metà” quella che l’esecutivo e il centrosinistra vogliono offrire ai due marò e alle loro famiglie.

Roberto Deriu (Pd) ha sollecitato l’Aula a ricercare una posizione pacata, non una soddisfazione di parte o un motivo di divisione. «Il proponente della mozione – ha detto Deriu – mi pare interessato a sollevare la questione a fare in modo che la Sardegna sia vicina ai marò e alla Repubblica italiana che sta soffrendo una difficile situazione internazionale». Sul tema, secondo il consigliere del PD, non si può però dare una risposta definitiva, meglio pensare a un documento unitario.

Il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu, annunciando il parere favorevole alla mozione, ha espresso disappunto per le parole dell’assessore Paci «che ha cercato di evitare un giudizio della Sardegna sulla questione dei marò».

Luca Pizzuto, a nome del gruppo Sel, ha espresso solidarietà ai due marò e alle loro famiglie per le sofferenze patite. Pizzuto si è detto d’accordo sulla parte della mozione in cui si chiede di giudicare i due militari in Italia, contrario invece alla richiesta di esporre striscioni fuori dal palazzo del Consiglio regionale «perché – ha detto – c’è stato un reato su cui devono ancora pronunciarsi i giudici».

Nella replica, il primo firmatario della mozione Paolo Truzzu ha ribadito l’obiettivo del documento: esprimere solidarietà ai marò anche attraverso l’esposizione di uno striscione nelle sedi istituzionali. Truzzu ha poi definito “gravi” le parole di dell’assessore Paci. «Non si può mettere sullo stesso piano cooperanti e militari – ha detto Truzzu –  occorre distinguere tra chi si reca volontariamente in regioni di guerra e chi invece lo fa per lavoro e spirito di servizio verso lo Stato. Paci – ha aggiunto il consigliere di minoranza – non ha avuto la capacità di volare alto come invece ha fatto Pigliaru sulla #Fondazione Banco di Sardegna».

Truzzu, infine, ha ribadito la necessità di esprimere la solidarietà dei sardi ai marò. «Sarebbe vergognoso – ha concluso – non intervenire».

Il presidente ha dato la parola al capogruppo del Pd, Pietro Cocco, il quale ha dato la disponibilità a votare la mozione ed esprimere solidarietà ai marò, ma si è detto contrario a esporre lo striscione nella facciata nel Consiglio regionale. Cocco ha chiesto la votazione per parti. Il presidente Ganau ha messo in votazione il dispositivo della mozione per parti.

Il Consiglio regionale ha approvato la mozione n. 69 (Truzzu e più) per esprimere solidarietà ai due marò detenuti ingiustamente in India. Il testo, approvato con 43 voti a favore e 6 astenuti, impegna il presidente della Regione: ad esprimere solidarietà e sostegno ai due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, detenuti ingiustamente in India e ad inviare al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro degli Esteri copia della presente mozione. Respinta la parte della mozione che prevedeva «l’esposizione di uno striscione nella facciata del Palazzo del Consiglio regionale e della Regione» (23 voti favorevoli, 28 contrari e 1 astenuto).

Il presidente ha quindi messo in discussione la mozione n. 73 (Rubiu e più) per l’attivazione delle procedure per la ricollocazione dei lavoratori ex #Rockwool. Questa mozione abbiamo presentato per il ricollocamento ex Rockwool, in particolare per trovare una soluzione per gli ultimi 13 lavoratori che da dicembre 2013 sono alla disperazione, senza cassa integrazione e che stanno occupando la #galleria Villamarina della miniera di piombo e zinco di Monteponi a Iglesias. «Gli operai – ha spiegato Gianluigi Rubiu, capogruppo dell’Udc – sono finiti in cassa integrazione dal 2010, ma lo scorso 31 dicembre è scaduta la mobilità (percepivano appena 480 euro) e hanno perso anche quel minimo sostegno economico e si ritrovano senza nessuno strumento di integrazione al reddito e nessuna forma di ammortizzatore sociale».

«Il Consiglio, già di allora nel 2009 si era occupato della vicenda e ha destinato i lavoratori  alla linea di intervento 2 della Regione (ovvero «azioni di formazione per le iniziative del territorio»), il cui obiettivo primario era finalizzato alla riqualificazione ed al reinserimento lavorativo, con un processo volto ad una loro ricollocazione nel mondo del lavoro; tuttora però, nessun provvedimento in materia di riqualificazione e ricollocamento è stato attuato».

Il capogruppo dell’Udc ha poi proseguito: «Vogliamo sollevare l’attenzione per questi 13 lavoratori, detti gli invisibili, perché vengano inseriti in un processo produttivo. Proporrei ai capigruppo un ordine del giorno unitario per trovare una soluzione».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, ricordando le numerose occasioni in cui il Consiglio si è occupato della vicenda, ha affermato che «i lavoratori potrebbero essere inclusi in un percorso di recupero pur provenendo da agenzie interinali, per effetto del loro accesso alle procedure di mobilità». «Una soluzione di può trovare – ha detto Cocco – ci sono state interlocuzioni con l’Assessore, sono stati ascoltati anche i lavoratori, il problema non è semplice ma l’iniziativa del consigliere Rubiu ha il sostegno del Pd».

Il consigliere Luca Pizzuto (Sel) si è espresso in modo favorevole alla mozione del consigliere Rubiu. La vicenda dei lavoratori #Rockwool, ha sintetizzato, «è emblematica di un mercato del lavoro che progressivamente ha perduto ogni regola rendendo assai difficoltosi anche gli interventi di protezione con strumenti di welfare». «L’azienda – ha concluso Pizzuto – ha chiuso non perché non guadagnava ma perché non guadagnava abbastanza, spostando la produzione in un’altra parte del mondo. Per questo, al di là dei casi specifici, servono risposte di sistema».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia), riallacciandosi agli interventi precedenti, ha sottolineato il permanere del problema del precariato, di cui il Consiglio si è occupato recentemente a proposito dei lavoratori ex Csi e Cesil, i servizi per il lavoro «stanno avvenendo molti episodi analoghi e servono momenti di grande unità per sostenere tutti».

Il consigliere Giorgio Oppi (Udc) ha brevemente ripercorso le vicende della Rockwool e quelle dei lavoratori collocati in mobilità dopo la fine dell’attività dell’azienda. «Dopo il tentativo di inserirli nell’Igea – ha aggiunto Oppi – alla fine si è individuata la soluzione del corso di formazione, anche se il sindacato non ha aiutato, risolvendo in parte l’emergenza perché alcuni sono rimasti per strada: è giusto però che tutti, oltre ad avere il massimo della solidarietà, abbiano le stesse opportunità».

L’assessore regionale del Lavoro, Virginia Mura, ha ripercorso l’iter dei provvedimenti e delle iniziative adottate nel corso delle ultime due legislature per la stabilizzazione dei lavoratori ex Rockwool, sottolineando come i 13 lavoratori oggetto della mozione n. 73, non erano alle dirette dipendenza della società Rockwool ma operavano come “lavoratori somministrati”. L’assessore Mura ha ricordato l’incontro avuto con i lavoratori ed ha evidenziato come non abbia avuto seguito la richiesta rivolta agli operari in protesta di abbandonare l’occupazione della miniera («promessa fatta dagli ex Rockwool all’assessore dell’Industria, Maria Grazia Piras, ma che al momento non ha avuto alcun seguito»). «Siamo impegnati – ha assicurato la rappresentante dell’esecutivo – a trovare una soluzione per i 13 lavoratori, rispettosa delle norme e dei profili di legittimità ma non riteniamo percorribile l’ipotesi avanzata di un utilizzo dei corsi di formazione professionale come surrogato degli ammortizzatori sociali». Virginia Mura ha inoltre precisato che i lavoratori oggetto della mozione consiliare hanno usufruito degli ammortizzatori sociali e che al momento non godono di sostegno al reddito per le note difficoltà del governo nazionale a procedere con gli stanziamenti dei fondi necessari («ma abbiamo già raggiunto gli accordi con le parti sociali»).

Per quanto riguarda le iniziative per la ricollocazione degli ex operai Rockwool, l’assessore Mura ha ipotizzato il ricorso ad alcune misure contenute nel #“Piano Sulcis” ed ha confermato positive interlocuzioni al livello ministeriale per la realizzazione di appositi progetti per il tramite anche delle agenzie.

Il capogruppo dell’Udc, Luigi Rubiu, primo firmatario della mozione n. 73, ha mostrato perplessità per il ricorso al #Piano Sulcis ed ha evidenziato l’urgenza di interventi per la soluzione del “caso” dei 13 dipendenti ex Rockwool. «Restiamo in attesa di fatti concreti – ha concluso Rubiu – perché parliamo di lavoratori che vivono in una grotta e che soffrono fame e enormi disagi».

Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, nel dichiarare la disponibilità ad una breve interruzione per la predisposizione di un ordine del giorno unitario per la conclusione del dibattito della mozione n. 73, ha annunciato la presentazione alla presidenza del testo unitario dell’ordine del giorno sulla vertenza Meridiana, oggetto dell’interpellanza n. 52 (Arbau e più) e della mozione n.77 (Busia e più). Il presidente Ganau ha quindi concesso la parola al consigliere Mario Floris (gruppo “Sardegna”) per le dichiarazioni di voto. L’ex presidente della Regione ha manifestato apprezzamento per il garbo e la prudenza con il quale il presidente della Giunta e l’assessore dei Trasporti, affrontano la vertenza. «Ma – ha spiegato Mario Floris – gli strumenti nella disponibilità della Regione sono insufficienti, per questo è urgente che il presidente Pigliaru incontri il principe Karim Aga Khan, proprietario della compagnia aerea». Mario Floris ha quindi chiesto l’inserimento nel dispositivo dell’ordine del giorno unitario dell’impegno al presidente della Giunta per un incontro con #Karim Aga Khan.

Il presidente del Consiglio, non avendo altri iscritti a parlare, ha posto in votazione con procedimento elettronico palese, l’ordine del giorno sottoscritto da tutti i capigruppo che impegna la Giunta a «partecipare attivamente e in modo propositivo al tavolo istituzionale e definire tutte le iniziative utili a garantire: i livelli occupazionali e la continuità di impegno e presenza di Meridiana in Sardegna». L’ordine del giorno impegna inoltre il presidente della Regione «ad investire della vertenza il presidente del Consiglio dei ministri».

L’ordine del giorno è stato approvato con 52 voti favorevoli e con una astensione. Il presidente del Consiglio ha quindi accordato una breve sospensione dei lavori.

Alla ripresa dei lavori il presidente Ganau ha quindi dato lettura dell’ordine del giorno unitario sulla Rockwool.
Il documento impegna la Giunta a: 1) continuare un tavolo di confronto per favorire il reinserimento nel processo occupazionale dei tredici operai della ex Rockwool attualmente in occupazione nella galleria della Miniera di Monteponi; 2) esprimere la dovuta vicinanza ai lavoratori e alle loro famiglie mediante la convocazione urgente del Consiglio regionale.
L’assessore Mura ha espresso parere favorevole al documento. Il presidente Ganau ha quindi messo in votazione l’ordine del giorno che è stato approvato all’unanimità. Al termine della votazione, il presidente Ganau ha dichiarato chiusa la seduta e convocato il Consiglio per domani mattina, alle 10.00.

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Il gruppo di #Sinistra Ecologia Libertà ha presentato una proposta di legge in materia di servitù militari. Obiettivo della proposta di legge è l’assunzione di un ruolo centrale da parte della Regione Sardegna nella gestione dei propri territori utilizzati per le esercitazioni militari.

«E’ un diritto della Regione, sulla base del rapporto paritetico con lo Stato, esprimersi preventivamente sulle attività militari che si svolgono nei poligoni sardi – ha detto Eugenio Lai, vicepresidente del Consiglio e primo firmatario della proposta di legge -. Sposiamo in pieno l’articolo 11 della Costituzione (l’Italia ripudia la guerra) e sosteniamo che sia il momento di pensare a una riconversione delle basi militari.»

Sinistra Ecologia Libertà apprezza il lavoro svolto finora dalla Giunta regionale che, sulle servitù, ha avviato un serio confronto con il Governo nazionale: «Francesco Pigliaru sta facendo sentire le ragioni dei sardi – ha spigato il capogruppo Daniele Cocco – la nostra iniziativa vuole dare più forza all’azione dell’esecutivo traducendo in legge le aspirazioni dell’intera comunità isolana».

Per Francesco Agus, presidente della #commissione “Autonomia”, la battaglia sulle servitù militari si inserisce nel discorso più ampio della difesa della specialità sarda, oggi minacciata dalle spinte neocentraliste del Governo nazionale. «Sul caso La Maddalena, il ministro della Difesa ha avviato un’interlocuzione diretta, seppure informale, con il sindaco Comiti scavalcando il Consiglio regionale. Ciò è inaccettabile, l’Assemblea sarda è, e rimane, il primo interlocutore istituzionale dello Stato». 

La proposta di legge sarà affidata nelle prossime settimane alla Commissione competente. «Nostro obiettivo – ha detto il segretario regionale di Sel, Luca Pizzuto – è arrivare alla sua approvazione in tempi rapidi«.

La partita sulla servitù militari, secondo Sinistra Ecologia e Libertà riguarda non riguarda solo i poligoni ma anche le aree occupate nei territori comunali, in particolare Cagliari. «La Conferenza regionale sulle servitù, annunciata da Pigliaru, sarà l’occasione per un serio confronto tra Regione e Comuni – ha concluso Francesco Agus – in quel frangente dovranno essere indicati i beni militari dismessi e tracciato un percorso per la loro riconversione. I risultati si misurano in termini di metri quadri e metri cubi che saremo in grado di riconvertire».

I consiglieri regionali di Sel, Lai, Cocco, Pizzuto ed Agus, hanno presentato una proposta di legge per una nuova normativa sulle esercitazioni militari.

«Nell’ambito della revisione e del progressivo superamento delle servitù militari la Regione Sarda – secondo i proponenti – deve dotarsi di una nuova normativa che disciplini le attività addestrative sul territorio, esercitando le competenze previste dallo Statuto Speciale e dalla Costituzione.»

La nuova disciplina è contenuta nella proposta di legge che ha come primo firmatario il vice presidente del Consiglio regionale, Eugenio Lai, sottoscritta anche dai colleghi di Sel Daniele Cocco, Luca Pizzuto e Francesco Agus. Il testo, agli articoli 5, 6, 7 e 8 contiene alcune innovazioni particolarmente significative riguardanti la “cornice” dei rapporti fra Regione e Stato in materia di esercitazioni militari. L’art. 5, in primo luogo, prevede che tutte le decisioni inerenti l’utilizzo del territorio regionale per lo svolgimento di attività militari dovranno essere contenute in una specifica intesa con la Regione «che esprimerà la sua posizione attraverso un deliberato del Consiglio regionale». Il provvedimento della Regione inoltre, come recita l’art. 6, avrà valore “vincolante” ai fini dello svolgimento delle attività militari.

Con l’art. 7 i consiglieri regionali di Sel si propongono poi l’obiettivo di armonizzare con il diritto internazionale in materia di diritti umanitari e civili l’ordinamento nazionale e regionale che disciplina le attività addestrative militari. Ogni tipo di esercitazione, infatti, sarà “precluso” a quegli Stati stranieri che “utilizzano” lo strumento militare «per offendere la vita, la dignità ed il rispetto dei popoli», mutuando la definizione condivisa di tali concetti dalla normativa vigente elaborata dai principali organismi internazionali.

L’impatto delle servitù militari sul territorio sardo, infine, sarà non solo analizzato sotto diversi profili (ambiente, salute, sviluppo economico) ma costantemente monitorato da una Commissione speciale del #Consiglio regionale, di cui faranno parte anche esponenti della società civile. Fra i compiti della Commissione, come prevede l’art. 8, quello di riferire al Consiglio «con periodicità semestrale».

Con la proposta di legge, in definitiva, i consiglieri del gruppo consiliare di #Sinistra Ecologia Libertà, intende restituire centralità al ruolo della Regione in un corretto ambito di leale collaborazione con lo Stato in una materia particolarmente “sensibile”, assicurando nello tempo stesso controlli ambientali penetranti e rigorosi sulle attività militari, in modo da renderle effettivamente compatibili con i programmi di sviluppo sostenibile della Sardegna che rappresentano una precisa priorità della Giunta e del #Consiglio regionale.

Esercitazioni militari copiaPalazzo del Consiglio regionale 3 copia