22 December, 2024
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Ha compiuto 100 anni mio zio, Teodoro Antonio Tanas, nato a Teulada il 9 novembre 1921. Conserva ancora ricordi nitidi di tutta la sua vita, in modo particolare delle dure esperienze vissute in tempo di guerra, di cui ha voluto scrivere un commovente diario, ripercorrendo, soprattutto, le drammatiche circostanze legate all’armistizio dell’8 settembre 1943: uno dei tanti soldati “sbandati” non per colpa loro.
Quando fu chiamato alle armi e destinato al III Reggimento Bersaglieri, a Milano, aveva appena 19 anni; oggi è un “giovanotto” di cent’anni, lucido testimone vivente di un capitolo terribile della nostra Storia.
Quel giorno zio ed il suo reggimento si ritrovarono a Tivoli, dopo un lungo e penoso viaggio in treno da Torino. Lì fu dato l’ordine di dirigersi a piedi verso Roma, ma, sono parole sue, «lo sbando era completo, vagavamo senza sapere dove andare, non c’erano più punti di riferimento, il caos era indescrivibile». Come Dio volle, arrivarono a Roma dove il capitano li dichiarò tutti in libertà. Ma dove andare? Tornare in Sardegna non era possibile, che fare allora? Girovagando si ritrovò nei pressi della stazione ferroviaria. Entrò, evitò miracolosamente un posto di blocco tedesco e si diresse verso un treno merci che, ebbe modo di sapere, andava verso le Marche. Fu allora che gli venne in mente Esanatoglia, quel paesino del maceratese dove abitavano i suoceri di suo fratello, mio padre, che lui non aveva mai conosciuto. “Saltai su senza pensarci troppo!”.

Dopo molte ore e non pochi intralci, il treno giunse nei pressi della cittadina di Matelica. Lì zio scese e si avviò a piedi verso Esanatoglia, lontana diversi chilometri, dove, esausto, fu accolto a braccia aperte dai miei nonni materni, verso i quali egli serba tuttora un profondo sentimento di riconoscenza e gratitudine. «La famiglia di tuo nonno – non si stanca di ripetermi è – stata veramente la mia ancora di salvezza».

Svariati furono gli episodi che avrebbero potuto avere un esito tragico per lui, come quando la casa, una sera, fu circondata da un drappello di militari tedeschi alla ricerca di armi nascoste, di rifugiati, di partigiani o di chissà chi. Venivano dal centro del paese, dove, proprio in cerca di partigiani, avevano già commesso degli eccidi. Fortunatamente potè nascondersi bene ed anche quella volta se la cavò..
Fu vittima anche di alcune retate nazi-fasciste: «Una volta fui preso, in paese, caricato su un camion e portato a Matelica, dove erano stati rastrellati altri giovani. Tutti insieme fummo fatti salire su alcuni automezzi, ma strada facendo il camion su cui mi trovavo si ribaltò ed io, ferito, fui portato in ospedale, dove rimasi alcuni giorni».

Un’altra volta fu condotto insieme ad altri giovani in una caserma di San Severino Marche. Seppe che da lì, forse, la destinazione sarebbe stata la Germania! Ma «improvvisamente rimanemmo senza sorveglianza, né tedeschi ne fascisti, tutti scomparsi. Per noi ‘reclusi’ non rimase che riprenderci la libertà».

A Matelica l’episodio più drammatico: «In ottemperanza ad una ordinanza delle autorità militari, che prevedeva l’obbligo per gli uomini di una certa età di presentarsi al comando, pena, per i trasgressori, la morte, decisi di presentarmi presso il Comando Militare di Matelica. Ero in compagnia di un altro ragazzo. Decidemmo, però, di aspettare ancora a presentarci. Eravamo in una grande piazza, dietro un muretto sotto un porticato. Di fronte a noi un edificio imponente, con un grande portone di colore scuro, da cui, improvvisamente, vedemmo uscire dei militari tedeschi insieme ad un giovane in abiti civili, che fu subito bendato. Subito dopo uscì dallo stesso edificio un drappello di militari tedeschi in armi, comandato da un ufficiale che si posizionò davanti a quel giovane, dando l’ordine di puntare le armi e fare fuoco. Il giovane cadde a terra. Questa scena raccapricciante ci fece decidere di non presentarci al comando militare e con tutte le cautele del caso per non farci scoprire rientrammo ad Esanatoglia».

Oggi il nome di quel giovane, il partigiano Antonio Morigerato, è scritto in una lapide affissa sul muro di quello stesso palazzo, insieme ai nomi di altre vittime della barbarie nazi-fascista! Alla fine del 1944 zio lasciò Esanatoglia per presentarsi al CERSETI (Centro Raccolta Settore Tirreno) e tornare quindi in Sardegna, dove riprese e completò il servizio militare. Non è più tornato nelle Marche, ma Esanatoglia occupa ancora un posto importante nei suoi ricordi. Ed il sindaco di Esanatoglia, proprio il giorno del suo centesimo compleanno, ha voluto collegarsi con lui, circondato dai tanti figli e nipoti, in video chiamata, a Cagliari, per complimentarsi ed esprimergli i suoi migliori auguri, a nome di tutta la comunità esanatogliese!

Lucia Tanas

 

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Un evviva per Fernanda SauTanas, donna abitante dell’Universo, come ama definirsi, che non manca mai di sorprenderci per la sua intelligenza, la sua esuberanza, la sua prontezza di spirito. La sera del 6 agosto ci ha dato una gradevolissima opportunità, quella di trascorrere insieme un po’ di tempo, ospiti del locale Centro Residenziale per Anziani, parlando di poesia, d’arte, di pietre e di Teulada. Un incontro all’insegna del sorriso e dell’amicizia, che ci ha portato a conoscere le ragioni e l’autentica ispirazione dei versi del suo libro “Su soli in domu, nelle pietre il canto”. Versi che vogliono dichiarare il proprio amore per la sua terra e lo stupore per opere che nascono dalla pietra, simili a creature rese libere dalla greve prigione della massa informe. Una scrittrice, dunque, dalla profonda sensibilità poetica, che esprime in componimenti che affascinano per musicalità, ricchezza verbale, simbiosi creativa con i paesaggi e le visioni della sua terra. E che sa cogliere i messaggi di bellezza e di valori eterni nella Natura e nell’opera d’Arte!

Una donna, Fernanda, dalla vitalità esplosiva e contagiosa, forte di un magnetismo che afferra e coinvolge nel suo “cantare”  il legame con Teulada, richiamo ancestrale ed irresistibile, divenuto nel tempo autentica fonte di serenità, dopo tanto girovagare per luoghi lontani. Luoghi che sono parte della sua vita, ma che mai potrebbero reclamare il diritto allo stesso “canto d’amore” nato dalle pietre, dai sassi, dal sole e dal mare del suo unico ed autentico luogo del cuore! Narrato, quella sera, con parole che hanno toccato le corde di una commozione profonda quando alla nostalgia per una giovinezza che è facile immaginare lontana dagli schemi della convenzionalità, si è affiancata la speranza che altrettanto amore per questa terra possa guidare i passi delle future generazioni. Ed a questo augurio si sono uniti gli applausi di tutti i presenti, i suoi amici più cari, l’editore Giampaolo Cirronis, l’assessore Giacomo Piras, il direttore del centro Alessandro Dessì, le ragazze che della struttura si prendono cura. Tutti amabilmente coinvolti nella vitalità di questa donna sorprendente!

Lucia Tanas

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L’incontro con Francesco Abate, giornalista di chiara fama e scrittore dalla vena creativa brillante ed accattivante, è da annoverare fra gli eventi più significativi promossi dall’Associazione Culturale “Is Sinnus” in questa estate 2018, con il consueto impegno nel voler rendere noti fatti e personaggi emblematici della “Sardità” nel mondo. Un incontro piacevole con un uomo dalla grande capacità empatica, cui la condizione di trapiantato d’organo non toglie nulla quanto a voglia di “celebrare” la vita, come ben esprimono anche i personaggi, tutti reali, del suo libro “Torpedone Trapiantati”, protagonisti di episodi spassosi e divertenti, narrati con una scrittura gradevolissima per levità e scorrevolezza. Una occasione, dunque, che Teulada non poteva farsi sfuggire, vista la nota sensibilità dei suoi abitanti verso la donazione ed il trapianto degli organi, per tanti malati unica opportunità di nuova vita. Un libro, “Torpedone Trapiantati” che si legge tutto d’un fiato, che coinvolge il lettore in un clima in cui il sorriso trova un posto di primo piano mentre si toccano le corde più intime della sensibilità umana. Pagine dense di significati, legate da un filo conduttore che, pur in situazioni drammatiche come possono essere la malattia che non lascia scampo, l’espianto ed il trapianto di organi, si snoda sulla scia di una sottile auto ironia, con il pregio di non tradursi  mai in auto compatimento e di esaltare, insieme a similitudini tanto efficaci quanto inconsuete, il senso del messaggio che i protagonisti riescono a comunicare con le proprie avventure di gitanti simpaticamente maldestri e pasticcioni: Noi siamo i “Figli del Dono”, rinati non solo nel corpo, ma anche nello spirito!

Lucia Tanas

In occasione della presentazione del libro “Torpedone Trapiantati”, di Francesco Abate – 2 agosto 2018    

 

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Un raffinato liutaio, Pietro Contu, ma soprattutto un Teuladino della cui arte si potrebbe scrivere a lungo, elogiando la competenza e la capacità costruttiva raggiunte in anni di lavoro appassionato e tenace. Un Teuladino, dunque, che non dimentica le proprie origini, pur vivendo da molti anni in Germania e ci tiene, anzi, a dire da dove viene! Nel suo sguardo e nelle sue parole si percepiscono cenni di una “teuladinità” sempre viva e presente, che fa pensare ad un benefico influsso sulla sua creatività, certamente innata, ma indubbiamente favorita da paziente operosità. Quell’operosità, ci viene da pensare, che ha permesso a molti “Teuladesus” di raggiungere traguardi notevoli in vari campi, una volta lasciata “sa bidda”. Sarà per desiderio di emergere, sarà per orgoglio di appartenenza ad una comunità unita e fiera, che non si vuol deludere, sarà per una spinta che viene dal cuore e consente di guardarsi intorno per afferrare le opportunità più consone su cui far convergere ogni sforzo, ogni massimo impegno, sarà per tanto altro ancora…. ma il fatto resta che per Pietro Contu la buona volontà, la passione e lo spirito di sacrificio sono stati determinanti nel fargli intraprendere una strada che lo ha portato ben lontano, a chiara fama e notorietà in un campo assolutamente di alta specializzazione, l’Arte Liutaia. Divenuta, dunque, traguardo di una “carriera” iniziata in “bidda” con la rivelazione di una istintiva propensione per lavori di intaglio e di intarsio sul legno e gratificata, via via, dagli apprezzamenti di chi sapeva distinguere l’abilità delle sue mani. La voglia di nuovi orizzonti, comune a molti nel fiore degli anni, portò Pietro lontano dalla sua terra, in Germania, alla ricerca di nuove opportunità, in grado di soddisfare le aspettative comuni a tanti giovani come lui. E qui, per lui autentica terra promessa, la scelta giusta per la sua vita! Che implicò fin da subito la prospettiva di un cammino duro ed impegnativo, “illuminato”, sì, dall’incontro con musicisti provetti, ma   soprattutto segnato da studio serio e costante di materie quali Statica, Fisica, Matematica, Acustica, oltre che della Storia dell’Arte, che gli consentisse di realizzare strumenti perfetti quanto ad equilibrio fra i vari componenti ed armonia nel suono. Studio ancor oggi affiancato da una ricerca  minuziosa nell’ambito della grande Arte Liutaia Italiana, perché le sue “creature” ne esprimano al meglio il rigoroso “spirito costruttivo, i principi estetici, la sonorità, la tecnica”. Di tutto ciò ci parla, questi giorni, la bella “Mostra Fotografica d’Arte Liutaia” allestita nei locali della Casa Baronale di Teulada, una mostra che ripercorre le fasi  di un processo stupefacente, che parte dalla scelta accurata dei materiali e prosegue con i vari momenti di un assemblaggio certosino, secondo i modi di illustri predecessori, quali Amati, Guarnieri e Stradivari. Una testimonianza significativa di come Pietro Contu, sempre affiancato nel suo lavoro dalla moglie, Pamela Glaser, maestra liutaia anche lei, oltre che partner preziosa e brillante violinista, possa essere, a buona ragione, annoverato fra protagonisti di prim’ordine nella grande Arte Liutaia europea. E, quasi a “rendere onore” ad una storia iniziata con semplici prospettive ed arrivata ad essere “nobilitata” dalla magia dei suoni ammalianti di strumenti unici, con un concerto per violino e pianoforte si è voluto inaugurare la mostra, al pianoforte Claudio Mosca, al violino proprio Pamela Glaser, che hanno eseguito brani della migliore tradizione musicale, d’epoca Barocca, con Vivaldi e Handel, d’epoca Classica, con Mozart e Beethoven, d’epoca Romantica, con Brahms e d’epoca Moderna, con Rachmaninoff. Un concerto che ha voluto essere anche autentico omaggio a Teulada e pensiero d’affetto per i suoi abitanti e che si ripeterà il 26 luglio, alle ore 21.00.

Lucia Tanas