22 November, 2024
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Sarà inaugurata questa sera, alle 18.00, nella sede della Fondazione di Sardegna di via Carlo Alberto a Sassari, la mostra “Sironi 1933 – I figurini per Lucrezia Borgia”. Si tratta della prosecuzione del percorso espositivo ospitato nei mesi scorsi a Cagliari nel palazzo del Consiglio regionale della Sardegna. L’allestimento, curato da Giorgio Dettori, vanta la collezione completa dei figurini realizzati da Mario Sironi per la rappresentazione della “Lucrezia Borgia” di Gaetano Donizetti nella prima stagione del maggio musicale fiorentino, andata in scena nel 1933.

Alla kermesse sassarese sarà presente anche il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau: «Prosegue il percorso di valorizzazione e condivisione con i sardi di questo straordinario patrimonio – spiega Gianfranco Ganau – ora la collezione completa dei figurini di Mario Sironi verrà ospitata in un’altra prestigiosa sede, grazie alla disponibilità del prezioso partner di questo progetto, la Fondazione di Sardegna, da sempre sensibile alla promozione culturale. Un patrimonio inestimabile dal grande valore storico e artistico che ritorna dunque “a casa”, e non solo perché Sironi è uno di quei sassaresi illustri, ma anche perché il Parlamento sardo entrò in possesso dei figurini nel 2003, acquistandoli proprio da un collezionista sassarese. La mostra che inaugureremo venerdì – prosegue il presidente del Consiglio regionale – avrà il pregio di mettere in luce l’eclettismo di Sironi e in particolare la sua straordinaria dote artistica da scenografo, molto meno conosciuta».

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E’ visitabile dal 5 maggio scorso, a Cagliari, in una location all’insegna dell’eleganza, all’interno del palazzo del Consiglio regionale, la mostra “Sironi 1933 – I figurini per Lucrezia Borgia”, alcuni bozzetti e 10 dei 172 costumi che il Teatro Massimo di Palermo fece realizzare agli inizi degli anni ’90, in occasione dello spettacolo di Donizetti.

I bozzetti sono di Mario Sironi, pittore, scrittore e scenografo che nasce a Sassari nel 1885 e muore a Milano nel 1961.

Ispirato da Giacomo Balla e Carlo Carrà, coglie in loro la forza e lo stile per dar vita a figure semplici e sintetiche, essenziali e decise.

Pennellate su stoffe pregiate come il velluto che, con ago e filo abilmente usati diventano costumi per la Lucrezia Borgia del maggio 1933. Abiti di una morbidezza e di una sontuosità regali, dipinti a mano secondo le puntuali direttive dell’artista.

L’esposizione è come una sorta di viaggio dal bozzetto al capolavoro per ricostruire uno spaccato del grande lavoro artistico della prima grande stagione del maggio fiorentino.

Nadia Pische

      

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Anche quest’anno il Consiglio regionale aderisce alla manifestazione “Monumenti aperti”. Oggi e domani, dalle 9.00 alle 20.00, il Palazzo di via Roma sarà aperto al pubblico. A fare da ciceroni, gli studenti dell’istituto professionale Enrico Mattei di Decimomannu. I visitatori saranno accompagnati lungo un percorso che permetterà di scoprire le parti più significative della struttura e le opere d’arte custodite all’interno dell’edificio. Per l’occasione si potranno vedere le stanze della Presidenza, la sala Capigruppo e la galleria dove sono esposti tutti i ritratti dei presidenti del Consiglio che si sono succeduti dalla prima legislatura ad oggi. Una sosta sarà fatta anche nel corridoio che ospita “I Portolani” le antiche carte nautiche, realizzate su pelli di pecora, risalenti ai secoli XVI e XVII. La visita proseguirà con l’accesso all’Aula consiliare e ai corridoi che collegano i due corpi principali dell’edificio.

Sarà inoltre possibile visitare la mostra “Mario Sironi 1933 – I figurini per Lucrezia  Borgia”. L’ingresso è libero. 

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Domani e domenica, dalle 9.00 alle 20.00, in occasione della manifestazione “Monumenti aperti” sarà possibile visitare il Palazzo del Consiglio regionale. Gli studenti dell’istituto professionale Enrico Mattei di Decimomannu accompagneranno i visitatori lungo un percorso che permetterà di scoprire le parti più significative della struttura e le opere d’arte dell’edificio dell’Assemblea legislativa.

Le visite partiranno dall’entrata principale,  in via Roma 25 a Cagliari, dove è allestita la mostra: Sironi 1933 – I figurini per Lucrezia  Borgia. Proprio l’esposizione, curata da Giorgio Dettori, realizzata con il contributo della Fondazione di Sardegna e la collaborazione del professor Moreno Bucci, curatore dell’archivio storico del Maggio Musicale Fiorentino, sarà la prima tappa del percorso. I visitatori saranno poi accompagnati al sesto piano del palazzo dove potranno vedere le stanze della Presidenza, la sala Capigruppo e la galleria dove sono esposti tutti i ritratti dei presidenti del Consiglio che si sono succeduti dalla prima legislatura ad oggi. Una sosta sarà fatta anche nel corridoio che ospita “I Portolani” le antiche carte nautiche, manoscritte su pelli di pecora, risalenti ai secoli XVI e XVII. La visita proseguirà con l’accesso all’Aula consiliare e ai corridoi che collegano i due corpi principali dell’edificio.

L’ingresso è libero.

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Il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, ha inaugurato questa mattina la mostra “Sironi 1933 -I figurini per Lucrezia Borgia”, ospitata all’ingresso del palazzo dell’Assemblea sarda, in via Roma 25 a Cagliari.

L’allestimento, curato da Giorgio Dettori, è realizzato con il contributo della Fondazione Sardegna e vanta la collezione completa dei figurini realizzati da Mario Sironi per la rappresentazione della “Lucrezia Borgia” di Gaetano Donizetti, nella prima stagione del maggio musicale fiorentino, andata in scena nel 1933.

Insieme ai 63 figurini di proprietà del Consiglio regionale. si potranno ammirare, fino al 13 agosto (tutti i giorni dalle 10.00 alle 13.30 e dalle 16.00 alle 20.00), anche i dieci costumi scenici, realizzati per una rappresentazione del 1992 proprio dai figurini di Sironi e messi a disposizione dal Teatro Massimo di Palermo.

«Dopo Nivola e Grazia Deledda ecco Sironi – ha dichiarato il presidente Ganau – proseguiamo con orgoglio nell’allestimento delle mostre realizzate con i materiali custoditi dell’archivio del Consiglio regionale, per valorizzare e divulgare l’opera e il pensiero dei grandi artisti sardi.»

«Abbiamo aderito con convinzione e entusiasmo al progetto di collaborazione con il Consiglio regionale – ha aggiunto il presidente della Fondazione Sardegna, Antonello Cabras – perché questa mostra rientra nel programma varato ormai tre anni fa, quando abbiamo scelto di favorire la fruibilità pubblica dell’immenso giacimento rappresentato dalle opere degli artisti sardi. Proseguiremo, dunque, in questa azione, insieme al Consiglio regionale, ad altri enti e anche ai privati, per far crescere il livello di attenzione e interesse verso la Sardegna, soprattutto tra i visitatori e i turisti.»

L’arte di Mario Sironi

Quella per il teatro fu una delle passioni di Mario Sironi che, come scenografo o disegnatore dei costumi, collaborò a lungo con le maggiori istituzioni e le rassegne nazionali più prestigiose a partire dal Maggio fiorentino. Alla prima edizione del Maggio, nel 1933, appartiene la collezione dei figurini preparata da Sironi per l’opera “Lucrezia Borgia”, acquisita dal Consiglio regionale della Sardegna e proposta ora al pubblico in una mostra nelle sale del palazzo di via Roma, a Cagliari.

Sironi, uno dei più grandi artisti del Novecento, fu naturalmente molto altro. Nato nel 1885 a Sassari, dove il padre dirigeva i lavori del grande palazzo della Provincia in piazza d’Italia, si trasferì presto a Roma ed iniziò gli studi di ingegneria, abbandonati dopo poco tempo per dedicarsi completamente all’arte ed alla pittura.

L’arte, in particolare, era per Sironi una sorta di entità sovrannaturale; “una deità immensa”, scriveva, «a cui a me, povero mortale, non era purtroppo dato che di aspirare il soave profumo».

Pittore fra i più originali del Novecento ma anche illustratore, vignettista politico, critico d’arte, fondatore e collaboratore di giornali e riviste, animatore di movimenti culturali, amante della musica e creativo pubblicitario.

Un impegno totale, coerente con una certa visione del mondo che vide rappresentata dal fascismo (pagandone il prezzo nel dopoguerra) e, ancora prima, dal movimento futurista e dall’interventismo “militante” che lo portò, da volontario, sulle trincee della prima guerra mondiale.

Dalle illustrazioni che hanno accompagnato per oltre 20 anni le edizioni quotidiane de “Il Popolo d’Italia” agli affreschi per le Università di Roma e Venezia, dalle grandi decorazioni per importanti uffici pubblici alle partecipazioni alla Biennale di Venezia ed alle maggiori rassegne espositive in Italia e nel mondo, dai quadri realizzati per abbellire gli interni delle navi alle campagne pubblicitarie per la Fiat, l’arte sironiana nelle sue molteplici espressioni ha sempre mostrato una forte personalità, armonia delle forme, dinamismo, suggestioni metafisiche e richiami alla classicità sempre proiettati verso il futuro. Apprezzato ed ammirato da suoi contemporanei illustri come Boccioni, Balla, Marinetti, Severini, Campigli, Carrà e perfino Picasso, Sironi ha lasciato tracce profonde del suo passaggio in tutto il Novecento. Umberto Boccioni esaltava la sua «manifestazione artistica illustrativa eccezionalmente originale e potente», mentre Marinetti ne esaltava la coerenza futurista definendolo con enfasi «non soltanto un uomo simpaticissimo, un carattere generoso e rettissimo e specialmente un vero futurista…Egli prende il posto di Soffici, con un ingegno almeno 100 volte superiore».

«L’arte deve andare verso il popolo», pensava Sironi. Questa idea di fondo ha in qualche modo attraversato tutta la sua produzione, dai “paesaggi urbani” degli anni ’20 alle opere di grandi dimensioni con particolare riferimento a quelle ispirate al tema del lavoro, fino alla cosiddetta “pittura murale”, che per certi aspetti accostava la pittura ad un mezzo di comunicazione di massa.

Nel ’33, dopo un saggio apparso sul Popolo d’Italia, Sironi spiegò nel Manifesto della pittura murale, sottoscritto anche da Campigli, Carrà e Funi cosa intendeva dire: «La pittura murale è pittura sociale per eccellenza. Essa opera sull’immaginazione popolare più direttamente di qualunque altra forma di pittura e più direttamente ispira le arti minori». Una pittura meno attenta all’artista, aggiungeva, che deve tornare ad essere “un uomo fra gli uomini” e più aderente alla sua “funzione sociale”, sulla spinta di un “mecenatismo di Stato” in grado di liberare la stessa arte dalle logiche del possesso individuale e del mercato.