21 November, 2024
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Il disastro sanitario ed economico del Sulcis Iglesiente non è nato dal nulla. Ha radici nei fatti politici del 1992. E’ utile fare un viaggio nella storia di quegli eventi sia per capire e, forse, per porre qualche riparo.
Lo stato di salute della sanità pubblica è oggi talmente grave e la sua gravità è talmente complessa che, a questo punto, è difficile anche il solo sospettare che veramente esista fisicamente qualcuno che abbia programmato tanto degrado. Dovrebbe essere un genio fornito di una maligna intelligenza superiore.
Ammesso che esista un soggetto del genere, a che scopo lo avrebbe fatto? C’è chi sostiene che il danno al servizio sanitario nazionale sia stato progettato da un’ignota organizzazione al fine di favorire la sanità privata. Sarebbe un’organizzazione di matti veramente sciocchi perché sostituirsi del tutto alla Sanità pubblica non conviene a nessuno. Per esempio: a chi converrebbe accollarsi i malanni di tutti i vecchi d’Italia, soli, inguaribili e con in tasca i pochi soldi per la sopravvivenza? A chi converrebbe l’onere di assistere tutti i malati di cancro, debilitati nel fisico, nella famiglia e, soprattutto, nel conto in banca? Chi glielo farebbe fare ad assumersi l’impegno di prendersi in cura i pazienti in Rianimazione in uno stato di coma più o meno profondo? Perché dovrebbero pagare le ingenti spese dei trapianti d’organo a pazienti senza speranza e non solvibili? E gli infarti del miocardio? E tutti i casi di diabete ai limiti della invalidità? E i tossicodipendenti? E le malattie rare? I morti sul lavoro? E gli psichiatrici? E gli incidenti stradali? Chi glielo farebbe fare ad assumersi il compito costosissimo di affrontare le epidemie tipo Covid-19 o le campagne vaccinali, o le spese dell’Inail e dei Pronto soccorso?
Gli imprenditori privati non sono matti. A sé riservano le cliniche dove si curano le malattie, tutto sommato, più semplici, facili, guaribili e, soprattutto, di pazienti solventi. Ciò che compete alla Sanità pubblica è diversissimo da ciò di cui si occupa la sanità privata.
E’ assolutamente vero che negli Stati Uniti d’America esistono le assicurazioni private costosissime che si limitano a poche malattie e per tempi di cura molto limitati; in genere non pagano le spese del pronto soccorso o fanno dimettere i malati dopo tre giorni da un intervento a cuore aperto, per risparmiare sulla degenza in ospedale. Bisogna sapere che in America esiste anche una Sanità pubblica, che si chiama “Medicare”, a beneficio di chi non può pagarsi l’assicurazione privata e che, oltre ad essere molto carente, costa allo Stato il doppio di quanto costa il Sistema sanitario italiano. A questo punto, oltre al sospetto che dietro ci sia l’interesse di qualcuno, potremmo anche considerare il sospetto che dietro il nostro disastro sanitario ci sia in realtà qualche grosso errore commesso da politici poco accorti. Può anche essere accaduto che la grande Riforma sanitaria varata col DPR 833 del 1978 si sia inceppata a causa di leggi successive fatte male; può anche darsi che quelle nuove leggi non siano state lette con attenzione e che i votanti abbiano votato senza vedere gli errori che hanno prodotto queste conseguenze.
Anche questo sospetto, paradossalmente, è sommamente ingiusto, perché è anche vero che i politici italiani furono i primi al mondo a riconoscere nella Costituzione del 1948, all’articolo 32, il diritto di tutti alla salute. Quell’articolo, nella sua semplicità e completezza, fu uno degli elaborati intellettuali più geniali che un Costituente potesse generare: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti». Fu una frase rivoluzionaria contenente due principi: l’inviolabilità assoluta del diritto alla salute e la certificazione che tale bene è di rilevanza collettiva. Così fu sancita la solidarietà nazionale. Altro che privatizzazione! Altro che svantaggio a danno dei molti che non possono permettersela! Tutte le leggi che vanno contro questo principio sono incostituzionali e, se qualcuno avesse votato nuove norme contrarie a questo principio per disattenzione, sarebbe gravemente colpevole.
Esaminiamo cosa è avvenuto nella storia delle Riforme sanitarie italiane. Nell’anno 1968 la legge Mariotti istituì gli “Enti ospedalieri” che sostituirono gli ospedali caritativi provenienti dalla tradizione ospedaliera medioevale. La stessa legge istituì il “Fondo ospedaliero nazionale” e attribuì la competenza di gestione degli ospedali alle Regioni. Quel Fondo e quella legge ospedaliera furono la base su cui si costruì la Grande Riforma sanitaria con la legge 833 del 1978, concepita dalla Commissione parlamentare di Tina Anselmi. Ella raccontò in quei giorni che quell’idea era nata da discussioni e progetti formulati da gruppi partigiani riuniti intorno ai fuochi dei bivacchi di montagna. La legge 833/78 rappresentò un’utopia che si concretizzava in un documento scritto. Il sogno prese forma nella premessa della legge nel cui testo sta scritta la frase: «…Il Sistema sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture (ospedali), dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento, e al recupero della salute fisica e della salute psichica di tutta la popolazione». In nessuna legge del mondo era mai stata scritta questa premessa.
Mentre gli ospedali, dal medioevo al ‘900, erano stati sempre amministrati da comitati caritativi religiosi o filantropici, nella nuova legge si volle che gli ospedali fossero amministrati da rappresentanti popolari democraticamente eletti. Fu una rivoluzione. I cittadini, dopo 1.500 anni dall’istituzione degli ospedali dai tempi di San Benedetto e San Basilio, divennero per la prima volta i proprietari e gestori diretti degli ospedali. La comunicazione fra cittadino e gestore divenne immediata perché il Sistema venne dato in mano ai sindaci e ai consiglieri comunali. Essi avevano il compito di eleggere l’”Assemblea generale” che era formata da consiglieri comunali e l’Assemblea eleggeva il presidente della Usl (Unità sanitaria locale). Furono gli anni più produttivi della storia sanitaria italiana.
Scomparvero le Casse mutue e comparve il Ssn (Sistema sanitario nazionale), finanziato dal sistema fiscale universale. Ne conseguì anche che ai grandi miglioramenti si associò il crescere della spesa pubblica dello Stato. Per contenerla il ministro Carlo Donat Cattin nel 1987 abolì l’Assemblea generale ma mantenne il presidente della Asl e il Comitato di gestione, eletto dai sindaci dei Comuni del territorio.
Secondo gli indicatori economici internazionali, l’Italia godeva di un generale benessere economico tanto che nell’anno 1991 venne dichiarata quarta potenza industriale del mondo e il PIL pro capite risultava superiore a quello dell’Inghilterra.
Appena un anno dopo, la Repubblica entrò nel suo “annus horribilis”: il 1992. La commissione governativa presieduta dall’economista Piero Barucci rivelò che l’economia era al collasso a causa di un imponente debito pubblico causato dalle Partecipazioni statali. Eni, Enel, Iri, Ina, Efim, stavano portando al tracollo lo Stato. L’indebitamento aveva messo in crisi il Governo espresso dal CAF (Craxi-Andreotti-Forlani). Caduto il Governo Andreotti II e dimessosi Francesco Cossiga, si andò a nuove elezioni sotto l’effetto dell’esplodere dello scandalo di Tangentopoli. A febbraio era iniziata l’indagine della procura di Milano diretta da Francesco Saverio Borrelli e condotta da Antonio di Pietro, in seguito alle rivelazioni di Mario Chiesa, il direttore del Pio Albergo Trivulzio. Oscar Luigi Scalfaro, sostenuto dalla corrente dei “moralizzatori”, venne eletto presidente della Repubblica e immediatamente indisse le nuove elezioni; queste avvennero ad aprile contemporaneamente all’esplosione della sfiducia popolare nei partiti storici, in un clima di forte instabilità politica. I partiti tradizionali crollarono ed emerse la Lega Nord che passò da 2 a 80 parlamentari. Il presidente Oscar Luigi Scalfaro si rifiutò di concedere incarichi di Governo a Bettino Craxi e nominò presidente del Consiglio il deputato Giuliano Amato. La Prima Repubblica era finita con un’ondata di arresti e di avvisi di garanzia. A maggio, ad opera della mafia, avvenne la strage di Capaci, seguita due mesi dopo da quella di via d’Amelio. Lo Stato era preso fra molti fuochi. Giuliano Amato si trovò ad affrontare una condizione di dissesto economico più grave dal dopoguerra ad allora. Si correva il rischio di non poter pagare gli stipendi pubblici. La Nazione si sarebbe fermata.
La Banca d’Italia fu costretta a vendere 48 miliardi di dollari per difendere il cambio e la lira fu svalutata del 30%. La lira uscì dallo Sme (Sistema monetario europeo); era il 16 settembre 1992, il “mercoledì nero”. Giuliano Amato per sostenere le casse dello Stato procedette al “prelievo forzoso” retroattivo del 6 per mille dai conti correnti degli italiani e, in base alle indicazioni del ministro del Tesoro Piero Barucci, dette avvio ad una grande operazione di privatizzazione delle Partecipazioni statali (banche, energia elettrica, trasporti pubblici, Alitalia, industrie manifatturiere, industrie dell’acciaio, comunicazioni, poste, idrocarburi, assicurazioni, agroalimentare, etc.). Lo Stato si spogliava di tutte le sue pregiate proprietà, nell’intento di allontanare la politica dalla gestione delle imprese statali. Su tutta la gestione pubblica, sotto l’effetto delle indagini di Tangentopoli, cadde il sospetto di possibile collusione con la corruzione e vennero varate leggi e norme fortemente restrittive nell’intento di arginare l‘idea che il malaffare fosse in agguato ovunque ci fosse la gestione del politico. In questo crollo finirono anche le miniere del Sulcis Iglesiente e le industrie di Portovesme espressione dell’Eni. Gli operai di Portovesme, per fermare i licenziamenti in massa di oltre 20mila operai promossero la famosa “Marcia per lo sviluppo”. Gli operai iniziarono a marciare il 19 ottobre e, al suono di tamburi di latta, saltarono il mare. Raggiunta Civitavecchia, percorsero a piedi le vie del Lazio fino a Roma, dove vennero accolti da Papa Woytila ma non da Giuliano Amato.
A fine anno, il vortice autodistruttivo coinvolse anche il Sistema sanitario nazionale quando il ministro della Sanità Francesco di Lorenzo il 31 dicembre varò il decreto che iniziò la “privatizzazione” del Sistema sanitario pubblico col DPR 502/1992. Le Unità sanitarie locali (Usl), rette dai sindaci, vennero trasformate in entità rette dai “Direttori generali con autonomia gestionale di diritto privato” nominati dalla Regione all’interno di un elenco di idonei. La “mission” del Sistema sanitario cambiò in modo radicale per due motivi. Primo, i sindaci, che rappresentavano la parte politica, vennero espulsi dalla gestione del sistema sanitario locale; secondo, l’obiettivo dei nuovi amministratori non fu più quello di soddisfare le richieste della popolazione locale ma venne sostituito dall’“equilibrio di bilancio”.
Questo dava ai direttori generali l’opportunità di poter modificare la risposta alle richieste provenienti dal territorio, ignorandone la soddisfazione globale e mettendo al centro il calcolo ragionieristico della salute che doveva ora attenersi a un nuovo criterio: i Livelli essenziali di assistenza (Lea). Oggi, a distanza di 32 anni, sappiamo che tutte le premesse alla legge, che promettevano Uguaglianza, Equità e Prossimità dell’assistenza sanitaria in tutto il territorio nazionale non sono state rispettate. Ciò avvenne a causa della mancanza del “controllore”, cioè la parte politica elettiva rappresentata dai sindaci. Al ministro Francesco di Lorenzo, seguirono le ministre Maria Pia Garavaglia e Rosy Bindi che perfezionarono l’“aziendalizzazione delle Asl”.
Nell’anno 2003 il Governo Berlusconi dettò regole per ridurre la spesa sanitaria dello 0,5% l’anno; ciò comportò il blocco del turn-over del personale andato in pensione e portò all’assottigliamento e disgregazione dei reparti ospedalieri. Col Governo Monti, il ministro Balduzzi emanò norme restrittive per i reparti ospedalieri che, ridotti in povertà di personale dalle norme precedenti, non potevano più funzionare. Ne conseguì la chiusura di ospedali.
Nel 2015 il DM 70 del Governo Renzi pose regole stringenti, basate anch’esse sul risparmio; ne conseguì un peggioramento ulteriore degli ospedali provinciali che portò alla desertificazione del sistema sanitario territoriale a vantaggio della centralizzazione della Sanità. In Sardegna la Sanità pubblica venne centralizzata a Cagliari e Sassari.
Nel 2017 la regione Sardegna, presidente Francesco Pigliaru e assessore della Sanità Luigi Arru, istituì la Ats (Azienda tutela salute). Con tale legge le 8 Asl sarde vennero ridotte a 1 soltanto, che assunse tutte le funzioni delle altre 7. Sopravvissero:
– l’Ats (a Cagliari e Sassari)
– il Brotzu di Cagliari
– il Policlinico Universitario di Cagliari
– il Policlinico Universitario di Sassari
Alle altre 7 Asl venne tolto il nome di “Azienda” e divennero “Aree sanitarie locali”. Erano diventate periferie sanitarie e persero l’autonomia programmatoria e amministrativa precedente. Ne conseguì l’esplosione delle “liste d’attesa” e l’insoddisfazione popolare. Alle elezioni del 2019 la popolazione sarda mandò a casa la Giunta Pigliaru e promosse una nuova maggioranza guidata dalla “Lega” di Matteo Salvini che, capeggiata da Christian Solinas, prometteva di restituire le vecchie ASL alle 8 province sarde. In effetti, la Giunta Solinas produsse rapidamente una sua riforma sanitaria regionale e l’assessore Mario Nieddu varò la legge regionale 24/2020 con cui istituì la Ares (Azienda regionale salute). In realtà però le vecchie Asl non vennero integralmente ricostituite; al posto delle “Aree territoriali sanitarie” vennero identificate le Asl 1-2-3-4-5-6-7-8 che, a parte il nome, non hanno nulla delle precedenti Asl; infatti, non hanno il diritto né di assumere personale, né di far acquisti e programmare. In sostanza non esistono; l’unica vera Azienda capace di programmare e gestire, centralizzando tutti i poteri gestionali, è la Ares di Cagliari e Sassari. Oggi lo stato di degrado direzionale e amministrativo nelle Province è ulteriormente peggiorato e l’insoddisfazione e infelicità dei cittadini sono esplose nelle elezioni regionali del 25 febbraio 2024 con la bocciatura del Governo regionale sardo.
Recentemente un politico esperto ha suggerito di cercare nella legge 833/78 gli strumenti per uscire dalla crisi sanitaria. Quale può essere lo strumento?
Lo strumento che si deve utilizzare nella pubblica amministrazione è sempre lo stesso: il rispetto delle regole democratiche. Queste regole prescrivono che la volontà popolare sia affidata ai propri rappresentanti eletti e, nel territorio, i rappresentati ufficiali dello Stato sono i sindaci. E’ certo che i sindaci non possono entrare nel merito di tutto, ma possono essere i “custodi” degli interessi della gente. Fra questi, oggi, l’interesse più sentito è la Sanità. Dare un nuovo ruolo ai sindaci nelle Asl è fortemente indicato.

Mario Marroccu

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I consiglieri di minoranza contro il sindaco di Iglesias Mauro Usai,sulla vicenda della deroga al Punto Nascita del CTO.
«Eviterei toni trionfalistici, è il minimo che ci potesse aspettare per il nostro territorio», queste sono state le parole pronunciate dal Sindaco di Iglesias Mauro Usai pronunciate mezzo stampa nella giornata del 24 gennaio, le stesse che hanno suscitato un senso di contrarietà nei confronti dei componenti di minoranza del Consiglio comunale», scrivono in una nota i consiglieri i consiglieri Federico Garau, Francesca Tronci, Bruna Moi, Luigi Biggio, Simone Saiu, Valentina Pistis ed Alberto Cacciarru.
«Una cosa è certa, dopo anni passati nel vedere il CTO di Iglesias (principale struttura ospedaliera cittadina e del territorio) perdere pezzi ed essere protagonista di continui disservizi, la conferma del punto nascite non è assolutamente un qualcosa da sottovalutare o da prendere con leggerezza, ma bensì una vittoria da rivendicare con grande fierezza.
«Dal sindaco di Iglesias ci saremmo aspettati ben altre parole e dichiarazioni, quanto detto è veramente irrispettoso nei confronti di una struttura ospedaliera che in questi anni è stata completamente spolpata e privata di numerosi servizi di primaria importanza. Servizi che sia da parte sua che dalla precedente amministrazione in cui lui era Presidente del Consiglio, non hanno mai visto difesa da parte della massima assemblea cittadina», aggiungono i consiglieri di minoranza che si riferiscono al periodo (la precedente legislatura), in cui la Sanità Sarda è stata gestita dal centrosinistra, di cui l’assessore della Sanità Luigi Arru ne è stato uno dei principali esponenti, ma soprattutto uno dei maggiori responsabili del decadimento del presidio ospedaliero appartenente alla città di Iglesias.
«Inoltrerimarcano i consiglieri di minoranzail mantenimento del punto nascite è una battaglia momentaneamente vinta, il cui esito non era per nulla scontato, il CTO per tutto il periodo della pandemia dovuta al Covid-19 ha lavorato in condizioni precarie, con servizi al limite del collasso e con il personale ospedaliero esposto a rischi continui, da non dimenticare il fallimento del triage ospedaliero anti Covid, mai funzionato in maniera corretta (se non per un breve periodo), il non rispetto dei protocolli di isolamento relativi ai pazienti positivi, costretti ad entrare in contatto con tutto il personale e gli altri pazienti negativi per via delle gravi lacune logistiche interne, e l’assenza di macchinari importanti come il sanificatore di ambienti e stanze, costretto ad essere condiviso con l’ospedale Sirai di Carbonia, anch’esso utilizzato per il trattamento dei casi di positività.»
«Ci saremmo aspettati ben altre azioni da parte del primo cittadino, le stesse che avrebbero avuto il sostegno di tutto il Consiglio, ma che invece hanno visto la sua figura assente da qualsiasi cenno di protesta o difesa di un diritto essenziale: quello della difesa della salute dei cittadini Iglesienti concludono Federico Garau, Francesca Tronci, Bruna Moi, Luigi Biggio, Simone Saiu, Valentina Pistis ed Alberto Cacciarru -. Una presa di posizione decisa, quella dei Consiglieri di minoranza, che ribadisce e chiarisce, ancora una volta, la cattiva gestione e difesa da parte del sindaco di Iglesias, dei servizi sanitari iglesienti.»

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«Per il Santa Barbara di Iglesias si prevedono importanti interventi strutturali che consentiranno di rispondere all’esigenza di rilanciare un presidio in cui sono stati individuati 12 posti letto in terapia intensiva e 8 di sub-intensiva. All’interno della struttura verranno svolti lavori edili, attività sugli impianti ed è prevista un’importante implementazione delle dotazioni di strumenti ed attrezzature. Un investimento complessivo di circa 3 milioni e 800mila euro. Tutto questo, garantendo il prosieguo di tutti gli altri servizi presenti e ove previsto coinvolgendo l’altro presidio ospedaliero cittadino CTO.»

Lo ha detto il consigliere regionale Michele Ennas (Lega) commentando l’approvazione, da parte del ministero della Salute, del Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera in emergenza Covid-19.

«Il Santa Barbaraha aggiunto Michele Ennasè il simbolo della politica fallimentare sulla sanità della sinistra a livello cittadino e a livello regionale. Durante la legislatura del presidente Francesco Pigliaru, PD come il governo cittadino, è passato da ospedale di riferimento del territorio ad ospedale periferico nella rete disegnata da Luigi Arru, completamente abbandonato in termini di manutenzioni nonostante ospiti ancora diversi servizi. Uno scippo, nel silenzio generale. Oggi diventa il simbolo della centralità del nostro territorio nel fronteggiare l’emergenza in atto, inserito assieme ai presidi principali della Sardegna tra quelli destinati a fronteggiare questa importante emergenza sanitaria cominciando a riacquisire un ruolo centrale nella sanità regionale. Ringrazio il presidente Christian Solinas e l’assessore Mario Niedduha concluso Michele Ennascon coerenza stiamo dimostrando di perseguire l’obiettivo di valorizzare la nostra sanità, guardando a tutti i territori.»

 

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«Spero che il ministro della Sanità Roberto Speranza disponga che i suoi ispettori ascoltino tutte la parti, non solo l’assessore regionale della Sanità ed i consiglieri regionali che, ascoltando la relazione dell’on. Gianfranco Ganau, presidente della Commissione d’inchiesta dell’AIAS, si son lasciati convincere che i 107 milioni in 5 anni di fatture pagate all’AIAS erano un’enormità. Quanto fa 107 milioni diviso 5? Meno di quanto ammontano le spese per anno di gestione delle 42 strutture AIAS
in tutta la Sardegna con 3.800 assistiti e 1.200 e più lavoratori e collaboratori occupati!!! Ma la matematica non deve essere materia facile dei nostri politici né dei responsabili sindacali di Cgil/Csl/ Uil e USB che in AIAS non sono firmatari di Contratto Nazionale e sono fortemente in minoranza come iscritti tra i lavoratori AIAS.»

Lo scrive in una nota, Giacomo Meloni, segretario nazionale della CSS, la Confederazione Sindacale Sarda.

«Caso emblematico quello della Uil che ha un solo iscritto, la USB nessuno e la CGIL 7 iscritti e la CISL 50 – aggiunge Giacomo Meloni -. Però questi sindacati di minoranza in AIAS sono regolarmente convocati dall’assessore e dai politici, al contrario dei sindacati di maggioranza firmatari del contratto AIAS (UGL/FIALS/CONFINTESA/ISA/CSS/COMITATO SPONTANEO LAV. AIAS) e spingono perché la Regione/ATS revochi la convenzione all’AIAS, come avevano fatto proditoriamente dr. Fulvio Moirano e l’ex assessore Luigi Arru, che sospendendo la convenzione hanno causato anche il blocco del fido delle Banche. Ci ha pensato però il Tribunale di Sassari ad obbligare l’ATS a restituire la convenzione per il 2019/2020 e questo non è piaciuto a chi vuole il fallimento dell’AIAS, sperando nella promessa dei politici di fondare SA DOMOS che assorbirebbe tutti i 1.200 lavoratori ed i 3.800 assistiti attualmente nelle 40 strutture territoriali dell’AIAS. Promesse vane, visto che ATS con la chiusura dei punti nascita, nonostante gli accordi sindacali, NON ha ancora assunto i 34 operatori dichiarati in esubero!!!»
«Ma vogliamo dire la VERITÀ sui 12 stipendi non ancora pagati da AIAS? Tanto di rispetto per la sofferenza dei lavoratori che hanno il sacrosanto diritto di essere retribuiti e che vanno ringraziati per aver continuato ad assistere gli ammalati anche senza stipendio – sottolinea Giacomo Meloni -. Ma la VERITÀ è che i 4 stipendi di luglio/agosto/settembre e ottobre 2019 potrebbero essere pagati subito se ATS pagasse all’AIAS i soldi delle fatture bloccati dal mese di giugno e altre somme dovute ed ora sotto la sorveglianza del Tribunale Fallimentare di Cagliari. Restano i 7 stipendi da pagare maturati tra il 2016 e 2018. Si tratta di 2 stipendi e mezzo per anno tutti coperti da contributi INPS, ma sempre soldi mancanti dalle tasche dei lavoratori che hanno diritto ad essere pagati fino all’ultimo euro. Nondimeno non corrisponde a VERITÀ scrivere sulla stampa che questi lavoratori sono senza stipendio da 12 mesi!!! Sapete come se ne esce? Non facendo fallire l’AIAS che deve assicurare i posti di lavoro, pagare mensilmente gli stipendi correnti e gli stipendi arretrati con un piano di rientro serio e vigilato.»
«La Regione pensi agli altri 4.000 ammalati che attendono assistenza in Sardegna e sono in lista d’attesa e per loro costruisca tante e vere DOMOS senza distruggere ciò che esiste- conclude il segretario nazionale della Confederazione Sindacale Sarda -. E la stampa, per favore, chiami per nome i Sindacati senza fare confusioni.»

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«Il reparto di Chirurgia pediatrica del Cto di Iglesias, attivo da 37 anni, ha cessato la sua attività nel dicembre dello scorso anno. Rappresentava un’eccellenza nell’ambito della rete ospedaliera sarda ed oggi ha chiuso i battenti perché, secondo quanto dichiarato dall’ex assessore alla Sanità Luigi Arru, il bacino d’utenza della zona non sarebbe sufficientemente ampio da poter giustificare la presenza di un reparto di Chirurgia Pediatrica. Credo che un ragionamento di questo tipo, limitato ai numeri, debba essere rimodulato. È necessario guardare il problema da vicino e considerare molteplici fattori finora non considerati. L’attuale Giunta dovrebbe tenere in considerazione che stiamo parlando di un territorio, come quello del Sulcis Iglesiente, messo in ginocchio dalla crisi economica e che stiamo parlando di pazienti in tenera età. Bambini che non possono essere lasciati da soli in ospedale. Con la chiusura del Reparto di pediatria stiamo costringendo intere famiglie a costose trasferte nel capoluogo.»

Questo l’accorato intervento della consigliera del M5S Carla Cuccu che in questi giorni ha presentato due interpellanze sull’emergenza sanitaria del Sulcis Iglesiente: la prima sulla chiusura del reparto di chirurgia pediatrica del Cto di Iglesias, la seconda sulla carenza di personale nel centro dialisi dell’ospedale Sirai di Carbonia.

«La programmazione futura – sottolinea Carla Cuccu – deve tenere in considerazione le carenze della rete viaria sarda e del sistema dei trasporti. Il Reparto di Chirurgia Pediatrica è un servizio pubblico essenziale per la comunità, per questo chiedo all’assessore della Sanità Mario Nieddu se non ritenga necessario e urgente intervenire per ripristinare le attività di questo reparto dedicato ai più piccoli.»

Carla Cuccu, segretaria della commissione Sanità, ha presentato un’interpellanza che punta a risolvere la grave carenza di personale nei centri Dialisi.

«E’ necessario intervenire per garantire un’adeguata dotazione ai centri dialisi della Sardegna – conclude Carla Cuccu – ed assicurare la prosecuzione del progetto sperimentale di emodialisi notturna intermittente in atto presso la struttura.»

 

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Il Consiglio regionale ha approvato il disegno di legge per interventi a favore dei lavoratori ex Sardinia Green Island. Keller, Vesuvius, Ottana Polimeri, Ottana Energia e S&B Olmedo. La seduta è stata aperta dal presidente Michele Pais. Dopo le formalità di rito il presidente ha comunicato la costituzione della Giunta per il Regolamento. Completata inoltre la composizione della Giunta per le elezioni, che sarà presieduta dal vice presidente del Consiglio Giovanni Antonio Satta, e della commissione per la Biblioteca, che sarà guidata dall’altro vice presidente dell’Assemblea Piero Comandini.

Prendendo la parola sull’ordine dei lavori, il consigliere Ignazio Manca ha brevemente ricordato la figura dell’avvocato sassarese Dino Milia recentemente scomparso, ex consigliere regionale e parlamentare, oltre che presidente della Dinamo Basket di Sassari. Il presidente Michele Pais ha poi annunciato per la prossima settimana una commemorazione formale del Consiglio, alla presenza della famiglia dell’avv. Dino Milia.

Sempre sull’ordine dei lavori, il consigliere Piero Comandini (Pd) ha ribadito la sua richiesta della presenza in Aula del presidente della Regione Christian Solinas per riferire sulla vertenza del porto canale, sulla quale è in programma proprio domani un importante incontro a Roma.

Ancora sull’ordine dei lavori il consigliere dei Progressisti Francesco Agus si è associato alla richiesta, sollecitando inoltre la nomina del vice presidente della Regione prevista dallo Statuto. Il consigliere ha lamentato inoltre che, in occasione delle recenti designazioni disposte dal presidente, non tutti i capigruppo sono stati avvisati con la necessaria tempestività.

In riferimento alla presenza in Aula del presidente della Regione il presidente Michele Pais ha chiarito che il governatore, trattenuto da improrogabili impegni istituzionali, ha delegato la trattazione dell’argomento all’assessore del Lavoro Alessandra Zedda.

Successivamente il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con il disegno di legge 17/A – Giunta regionale che, modificando una parte della Legge Finanziaria 2019, prevede interventi a favore dei lavoratori ex Sardinian Green Island, Keller, Vesuvius, Ottana Polimeri, Ottana Energia ed Sardabauxiti di Olmedo.

Illustrando il provvedimento il presidente della commissione Alfonso Marras (Riformatori) ha affermato che, fra le finalità condivise, ci sono quella di indennizzare i lavoratori destinatari di procedure di licenziamento favorendone la rioccupazione, garantire quanti non hanno trovato opportunità di reimpiego al termine del periodo di blocco aziendale ed infine, come nel caso di Ottana Energia, proteggere i lavoratori con ammortizzatori sociali in scadenza.

Per la Giunta l’assessore del Lavoro Alessandra Zedda ha ricordato che, con la normativa vigente, ci sarebbe stato un blocco delle risorse disponibili ed un periodo di azione troppo limitato, per cui si sono introdotti elementi correttivi che consentiranno in alcuni casi di proteggere quote di lavoratori fino al 2020, rideterminando inoltre la stessa definizione giuridica dello stato di disoccupazione. Nella seconda parte della legge, ha aggiunto, c’è la novità di misure adeguata per gli ex Ila ed ex Alcoa che non avevano alcuna forma di sostegno, a testimonianza del fatto che crediamo in una politica non di assistenza ma di mantenimento di un legame con mondo del lavoro in attesa di progetto di rilancio. Il provvedimento interessa complessivamente 630 unità.

Per dichiarazione di voto, il consigliere Piero Comandini del Pd ha ringraziato sia l’assessore Alessandra Zedda che la Giunta per primi provvedimenti, legati al lavoro fatto nella precedente legislatura, sia in materia di urbanistica con la proroga del cosiddetto Piano casa che ora con una legge sul lavoro. Alla legge sono state apportate significative modifiche tecniche per proteggere alcune aliquote di lavoratori, ha sottolineato Piero Comandini, ma questo è avvenuto all’interno di un impianto comunque molto solido e di un indirizzo generale finalizzato alla ricerca di possibili acquirenti, un punto sul quale chiediamo alla Giunta un impegno preciso.

Successivamente il Consiglio ha approvato con 53 voti il passaggio della legge agli articoli.

Intervenendo sull’art 1 per dichiarazione di voto, il consigliere dei Progressisti Massimo Zedda ha messo l’accento sul fatto che si tratta di interventi di qualità decisi dalla precedente amministrazione. Sul piano procedurale, ha però osservato, non va taciuto che il provvedimento è arrivato in commissione Bilancio senza copertura finanziaria, fatto segnalato dagli uffici che ne hanno chiesto anzi la riscrittura. Il problema è stato poi risolto dall’assessore Alessandra Zedda, ha detto ancora il consigliere, che ha fatto le opportune correzioni aumentando anche la dotazione finanziaria: tuttavia è una prassi sbagliata, se di prassi si tratta, contraria alla Costituzione.

Il presidente della commissione Bilancio Paolo Truzzu, chiarendo di volersi rivolgere “a chi non vuol capire”, ha parlato di un episodio accaduto tante altre al volte risolto correttamente dalla commissione con un parere condizionato. Oggi, ha concluso, la legge ha piena copertura e, questo è vero, segna una continuità con il lavoro portato avanti dal centro sinistra nella precedente legislatura.

Successivamente il Consiglio ha approvato all’unanimità tutti i 4 articoli della legge.

Prima del voto finale, il consigliere del Pd ha presentato con altri un ordine del giorno nel quale si impegna la Giunta a favorire e sostenere le azioni di rilancio delle aziende in crisi, valorizzando conoscenze esperienze e professionalità maturate dai lavoratori.

Il capogruppo del Psd’Az Franco Mula ha chiesto una breve sospensione dei lavori per verificare la possibilità di arrivare ad un ordine del giorno unitario.

Alla ripresa dei lavori, esprimendo il parere della Giunta, l’assessore dell’Industria Anita Pili ha dichiarato che, sulle vertenze all’attenzione del Consiglio, è in corso il lavoro congiunto di diversi assessorati per rilanciare le attività in crisi. L’assessore ha poi fornito alcune informazioni di dettaglio, sia sulla Keller, per la quale è stato chiesto la riapertura del tavolo tecnico presso il ministero in modo da poter valutare le due proposte pervenute, che su Ottana e Porto Torres per il rispetto degli accordi di programma, e Portovesme dove il discorso è ancora aperto perché i Sindaci dei Comuni interessati hanno lamentato di non essere stati adeguatamente coinvolti nei programmi di rilancio. L’esponente dell’Esecutivo si è dichiarata infine a favore dell’ordine del giorno.

Per l’assessore del Lavoro Alessandra Zedda l’azione qualificante che si sta portando avanti riguarda il potenziamento delle politiche attive del lavoro, con le quali si sta cercando di attrarre nuovi investitori ed accelerare i tempi del recupero di molte aziende in crisi, anche con altre misure di supporto che saranno attivate a breve.

Per dichiarazione di voto, il consigliere dell’Udc Giorgio Oppi ha auspicato che l’ordine del giorno sia sottoscritto da tutto il Consiglio, puntualizzando che nel caso di Portovesme le comunità hanno ragione a sentirsi escluse perché sono stati messi da parte quanti hanno veramente lottato per far ripartire Alcoa.

La seduta è stata nuovamente sospesa.

Alla ripresa dei lavori, l’ordine del giorno Piero Comandini e più è stato integrato con un riferimento più specifico alla salvaguardia delle esperienze professionali maurati dai lavoratori delle aziende in crisi.

Il consigliere Piero Comandini, come primo firmatario, ha detto di accogliere le integrazioni proposte.

L’ordine del giorno è stato quindi approvato all’unanimità con 54 voti e, subito dopo, il Consiglio ha espresso il voto finale sulla legge, con 52 voti.

Il parlamento sardo è poi passato all’esame della proposta di istituzione di una Commissione d’inchiesta sullo stato di insolvenza dell’Aias, ai sensi dell’articolo 125 del Regolamento del Consiglio regionale. L’on. Eugenio Lai (Leu) ha illustrato a nome di tutta l’opposizione la proposta e ha detto: «I diritti dei lavoratori sono negati in questo momento per quanto riguarda gli stipendi mensili ed è ancora più importante andare a verificare la situazione a seguito del tavolo attivato in Prefettura e delle dichiarazioni dell’assessore Mario Nieddu in commissione Sanità. Vogliamo certezza sui crediti che Aias ha verso la Regione e vogliamo sapere se è vero che l’Aias ha presentato soltanto il bilancio 2017. Vogliamo poi chiarezza sui servizi offerti e sulla situazione dei lavoratori, diretti e indotti. Non è dignitoso nemmeno che la nostra classe politica si trovi in questa condizione: dimostriamo che noi stiamo tra la gente e la difendiamo».

Per l’on. Annalisa Mele (Lega), di parere opposto, «è stupefacente che si chieda di istituire una commissione di inchiesta. Dove eravate in questi anni? E cosa facevate? Perché dovremmo verificare noi quel che dovevate verificare voi? E’ davvero incredibile».

L’on. Giorgio Oppi (Udc) è intervenuto: «Più volte in questi anni abbiamo chiesto all’assessore Luigi Arru di fare chiarezza e farci conoscere l’esatta situazione e questo non è mai accaduto. Non dobbiamo dimenticare che in più di una circostanza l’Aias ha sostituito il servizio sanitario pubblico ed è per questo che non si può svolgere un’indagine su un soggetto privato come l’Aias. Noi possiamo invece indagare in questa commissione sui rapporti tra Aias e l’assessorato alla Sanità».

Ha preso poi la parola, rafforzando il concetto appena espresso, l’on. Valerio De Giorgi (Fortza Paris), secondo cui «non è possibile attuare parti della richiesta e in particolare non è possibile verificare atti privati perché il Consiglio non ne ha il potere. Chiedo pertanto un parere sulla legittimità della istituzione di questa commissione d’inchiesta».

Per Leu ha preso la parola l’on. Daniele Cocco, che ha affermato la necessità di «andare a fondo e chiarire tutto. Dobbiamo intervenire per chiarire qual è la prospettiva di vita e quali sono i diritti dei lavoratori Aias. A nulla serve recriminare verso il passato e guardarsi sempre indietro: dobbiamo chiudere in maniera positiva questa vertenza e la commissione di inchiesta dovremmo chiuderla tutti, non per istituire un tribunale ma per conoscere i dati. Se in passato non sono arrivate le risposte questo non significa che non possano arrivare ora».

Il presidente Michele Pais ha messo in votazione la richiesta di sospensione avanzata dall’on. Valerio De Giorgi della proposta di istituzione della commissione di inchiesta.

Prima di procedere al voto, su richiesta di alcuni consiglieri la seduta è stata sospesa per alcuni minuti.

Alla ripresa dei lavori il presidente Michele Pais, ha concesso la parola al consigliere Valerio De Giorgi (Misto) che ha ritirato la richiesta di sospensiva con l’introduzione della specifica che l’istituenda commissione d’inchiesta potesse richiedere documentazione e quant’altro necessario, soltanto in riferimento ai fondi pubblici introitati dall’Aias.

Il capogruppo dei Riformatori sardi, Michele Cossa, ha avanzato quindi la richiesta di interruzione dei lavori dell’Aula che dopo una breve discussione, alla quale hanno preso parte i consiglieri Agus, Piu, Lai, Corrias e Mula, è stata approvata  a maggioranza.

Il presidente Michele Pais ha quindi comunicato il rinvio a domani della convocazione dell’ufficio di presidenza in programma alle 16.00; confermato la convocazione delle commissioni Sesta e Seconda in seduta congiunta alle 15.00 per svolgere alcune audizioni, ed ha dichiarato sospesi i lavori del Consiglio fino alle 16.00.

 


“La soddisfazione delle mamme a cui ho comunicato che nel processo decisionale sarebbero state coinvolte attraverso le associazioni ed i comitati del territorio, restituisce un quadro diverso da quello descritto dal consigliere Carola”. Così l’assessore regionale della Sanità Mario Nieddu risponde alle dichiarazioni del consigliere comunale di La Maddalena sul punto nascita dell’isola, comparse sui quotidiani locali in seguito alla visita all’Ospedale Paolo Merlo. “La valutazione – aggiunge l’assessore Mario Nieddu -è il primo passo per qualsiasi decisione ed è la ragione per cui ho voluto visitare di persona l’ospedale. Sono felice che il sopralluogo sia stata anche occasione per un confronto onesto con le mamme. Il messaggio è chiaro: sui punti nascita abbiamo delle norme nazionali da rispettare, ma questo non solo non ci impedisce di approfondire, portare avanti istanze ed elaborare soluzioni che tengano conto delle peculiarità del territorio, ma è anche la ragione per cui stiamo approntando gli Stati generali della Salute, in cui i territori avranno un ruolo attivo in questo senso”. Presente alla visita a La Maddalena anche il consigliere regionale Dario Giagoni. “L’attenzione e la volontà di stabilire un dialogo con il territorio – ha sottolineato Dario Giagoni – rappresenta già, di per sé, un segno di netta discontinuità con una politica che ha fatto l’esatto opposto per cinque anni, portando confusione e impoverimento del nostro sistema sanitario. Identificare l’assessore Nieddu con l’assessore Luigi Arru, anche solo nelle intenzioni, è quantomeno fuori luogo. Parlare di sicurezza quando c’è di mezzo la salute dei cittadini, è indice del fatto che i problemi si stanno affrontando con serietà e coscienza. Da questo punto di vista, da parte di chi sul territorio riveste un ruolo politico, anche se di minoranza, ci aspettiamo un atteggiamento costruttivo.”

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Il direttore generale dell’Aou di Sassari lascia la direzione dell’azienda di viale San Pietro per assumere un incarico analogo in Toscana, all’Azienda sanitaria Sud-Est.

Il manager con una lettera aperta coglie l’occasione per salutare tutto il personale dell’Aou.

Carissimi tutti,

come è noto, il 21 marzo lascio l’incarico di direttore generale di questa Azienda ospedaliera per assumere analogo incarico presso l’Azienda sanitaria Toscana Sud-Est.

Un incarico di prestigio, come lo è stato quello ricoperto qui a Sassari dall’ottobre 2016, e per questo una scelta non facile su cui hanno contribuito anche motivazioni personali.

Gli anni trascorsi a Sassari sono stati impegnativi, caratterizzati dalla definizione dell’assetto aziendale reso problematico dalle caratteristiche storiche dell’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari e dalla incorporazione dell’ospedale Santissima Annunziata.

Ci sono stati dei momenti difficili. Mi riferisco, a esempio, alle criticità nei processi di fornitura di beni e di servizi – assicurate come è noto negli anni da proroghe di fatto -, alle carenze soprattutto di personale amministrativo, alle problematiche conseguenti alle condizioni logistiche e strutturali degli immobili ospedalieri.

Durante questi anni, ho dovuto prendere delle decisioni complesse, ma che sono riuscito ad affrontare adottando uno stile direzionale aperto e di ascolto, grazie all’appoggio e al sostegno dei professionisti tutti di questa Azienda ospedaliera che, in ragione del diverso ruolo ma con lo stesso impegno e sacrificio, hanno reso possibile con grande dedizione la cura dei pazienti che alla nostra Azienda ospedaliera si sono rivolti.

Tanti sono gli obiettivi che abbiamo raggiunto insieme e che ci hanno visto protagonisti: dall’approvazione del primo atto aziendale di questa Aou, che ha definito le modalità di integrazione della componente ospedaliera e di quella universitaria, alla creazione dei dipartimenti tra cui l’innovativo dipartimento delle Professioni sanitarie che valorizza il ruolo del personale infermieristico, ostetrico, tecnico e di supporto nell’organizzazione ospedaliera, dalla certificazione dei fondi contrattuali – mai avvenuta dall’atto di costituzione dell’Azienda – alla definizione del processo di liquidazione ai diversi operatori economici di fatture non pagate che ha determinato ad oggi la corresponsione in due anni di circa 71 milioni di euro per forniture rese all’Aou quindi alla stabilizzazione del personale precario, qualcuno anche da 15 anni.

E ancora, dall’avvio dei lavori del nuovo ospedale con l’abbattimento del Palazzo Rosso per la realizzazione della palazzina del dipartimento Tutela salute donna e bambino alla ristrutturazione del pronto soccorso, dalla ristrutturazione di alcuni reparti di degenza alla riqualificazione delle sale operatorie dell’ospedale Santissima Annunziata, quindi dal nuovo DH oncologico alla definizione di percorsi assistenziali, tra cui ricordo quello per il tumore al seno, per i disturbi nel sonno in età pediatrica e per il melanoma.

Un grazie va a tutti voi: direttori di strutture, personale della dirigenza medica, sanitaria, amministrativa e tecnica, del comparto ed alle Organizzazioni Sindacali con i quali abbiamo portato avanti un lavoro improntato alla trasparenza e al continuo confronto, sempre sul piano della correttezza tra le parti.

Un grazie particolare va al dottor Nicola Orrù e al dottor Lorenzo Pescini che, con me, hanno creduto nelle potenzialità di questa Azienda ospedaliero universitaria e al personale della segreteria della direzione che in questi due anni e mezzo si sono succedute.

Un grazie al presidente della Regione Francesco Pigliaru, all’assessore regionale della Sanità Luigi Arru e al magnifico rettore dell’Ateneo turritano Massimo Carpinelli, con i quali abbiamo condiviso il progetto dell’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari come nodo hub di riferimento del Nord Sardegna.

Un grazie ai consiglieri regionali quindi al Sindaco di Sassari e all’amministrazione comunale, all’Arcivescovo di Sassari e al Prefetto che mi hanno supportato nei tanti momenti istituzionali difficili.

Raccolgo in Toscana un testimone importante, per portare avanti una sfida di grande responsabilità nel guidare la più grande azienda sanitaria della Toscana, la seconda in Italia, per estensione territoriale, circa 11.560 km² con una popolazione di circa 800.000 abitanti.

Si chiude quindi per me un’esperienza importante in Sardegna dove mi sono sentito – io di origine isolana – cittadino di questa Isola e, ancora di più, di Sassari anche per l’affetto e la simpatia che ho ricevuto dalle persone, donne e uomini, pazienti, familiari, cittadini che ho conosciuto in questi quasi tre anni di incarico.

Ritengo che l’Azienda ospedaliera universitaria che lascio cominci ad avere un soddisfacente grado di maturità e un proprio assetto organizzativo che – mi auguro – possa migliorarsi sempre più.

Per ognuno di Voi il mio personale augurio affinché possiate continuare a lavorare nel rispetto dei principi morali che ci siamo dati nell’atto aziendale e per rendere migliore l’esperienza del Paziente in Ospedale.

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La Giunta regionale ha approvato le Direttive alle strutture regionali per la vigilanza con cui viene integrato il Piano triennale per la prevenzione della corruzione e della trasparenza. Recependo le indicazioni interpretative contenute nella Deliberazione dell’ANAC n. 1134 dell’8 novembre 2017 e le modificazioni richieste dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 97/2016, la Regione ottempera in tal modo agli obblighi in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza da parte degli enti pubblici, delle società e degli enti di diritto privato dalla stessa controllati, finanziati o vigilati.

La Giunta, su proposta dell’assessore Luigi Arru, ha assegnato agli ambiti PLUS, per il 2019, una prima quota del Fondo regionale dei servizi integrati alla persona, per la gestione associata dei servizi e il funzionamento degli uffici, per un totale di 14 milioni 888mila euro. Si tratta dell’80% dello stanziamento complessivo, che ammonta a 18 milioni 610mila euro. Il provvedimento è stato esteso al sub-ambito del Terralbese del PLUS Ales-Terralba, al quale vanno 160mila euro per la gestione associata dei servizi alla persona.

Approvati gli obiettivi del 2019 per i direttori generali delle Aziende del Servizio sanitario regionale (AOU di Cagliari, AOU di Sassari, AO Brotzu, ATS e AREUS), articolati in tre aree: erogazione dei livelli essenziali di assistenza e della qualità; sostenibilità economico-finanziaria; sistema informativo sanitario.

Con una terza delibera la Giunta ha deciso di integrare, per l’anno 2019, il programma di interventi rivolti ad alcune categorie di pazienti affetti da particolari patologie rare. A tal proposito saranno disponibili per quest’anno 150mila euro, che saranno gestiti dall’ATS attraverso le aree socio-sanitarie locali.

Approvato, su proposta dell’assessora del Lavoro, Virginia Mura, il Piano Annuale per il 2019. L’atto di programmazione degli interventi in favore delle comunità di stranieri residenti in Sardegna ha ricevuto il via libera della Giunta, dopo esser stato presentato ed approvato all’unanimità, lo scorso 10 gennaio, dalla Consulta regionale per l’immigrazione, costituita dai rappresentanti delle comunità degli immigrati presenti nel territorio regionale, dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e da esperti del settore. Gli interventi  previsti nel piano sono in larga parte finanziati da risorse dedicate dell’Unione Europea e dal fondo FAMI del ministero dell’Interno. L’obiettivo generale delle misure consiste nel favorire la collaborazione tra le famiglie sarde e quelle straniere, soprattutto attraverso i Comuni. Si tratta di azioni ideate “dal basso”, con il coinvolgimento delle comunità e istituzioni locali, a partire dalle scuole, e da altri presidi culturali e sociali dei territori.

Su proposta dell’assessore della Difesa dell’ambiente Donatella Spano, è stato deliberato di non sottoporre all’ulteriore procedura di valutazione di impatto ambientale, condizionato a prescrizioni, l’intervento per il completamento della nuova Sassari – Alghero 1° lotto (Nulla osta alla immediate esecutività delle delibere dell’amministratore unico dell’agenzia Forestas e del direttore di Arpas per l’autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio 2019, rispettivamente fino al prossimo 30 aprile e per un periodo di quattro mesi).

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La Giunta regionale ha approvato gli indirizzi per il rafforzamento della rete per le cure palliative in Sardegna e ha dato all’assessorato della Sanità l’incarico di istituire un coordinamento regionale della Rete delle cure palliative, composto dai coordinatori delle reti locali e da esperti del settore individuati anche all’interno dei nodi accreditati della Rete, che sostituisce il coordinamento regionale per le cure palliative istituito nel 2013. Entro e non oltre dodici mesi dovrà essere presentata una dettagliata relazione sullo stato di attuazione della Rete, con eventuali proposte di miglioramento del modello scelto oggi.

«La legge n. 38/2010 – spiega l’assessore regionale della Sanità Luigi Arru – tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore. Tali cure sono date dall’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali rivolti sia alla persona malata che al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi purtroppo negativa, non risponde più a trattamenti specifici. Dobbiamo assicurare al malato il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l’equità di accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza. Importante, sotto questo profilo, è stata la riorganizzazione del sistema delle cure domiciliari attuata lo scorso anni: mi riferisco in particolare alla definizione dei livelli e dei profili assistenziali in cui possono essere classificate le prestazioni erogabili in questo ambito, lo standard di assistenza da raggiungere ed il piano tariffario collegato a ciascuno dei profili individuati. Il modello di rete regionale da noi adottato con la delibera di oggi prevede l’istituzione e l’attivazione di due livelli di coordinamento: uno regionale, con le specifiche funzioni di supporto al governo regionale e di monitoraggio dello stato di funzionamento della rete, e un livello aziendale che, nell’ambito degli assetti organizzativi dell’Azienda per la tutela della salute (ATS), prevede l’articolazione in tre reti locali di cure palliative, con il pieno coinvolgimento delle aziende sanitarie ospedaliere (AO e AOU).»

Luoghi privilegiati di cura saranno il domicilio dell’assistito e l’Hospice come struttura residenziale, secondo le necessità del cittadino affetto da patologia cronica invalidante e progressiva e con limitata aspettativa di vita.