25 November, 2024
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Il Consiglio regionale ha approvato la proposta di regolamento n. 4 (Cocco Pietro e più) “Modifiche al regolamento di attuazione della legge regionale 23 dicembre 2005, n. 23 (Sistema integrato dei servizi alla persona). Trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, approvato con decreto del Presidente della Regione n. 3 del 2008”.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con la proposta di modifica, sottoscritta da tutti i capigruppo, del regolamento di attuazione della legge regionale 23/2005 (Sistema integrato dei servizi alla persona). La proposta, a seguito dell’approvazione della legge regionale 32/2015 (Disposizioni in materia di sanità pubblica. Prime misure per la copertura delle perdite pregresse), prevede che “le funzioni, il patrimonio ed il personale delle Ipab che svolgevano prevalentemente servizi socio-sanitari siano trasferite alle Asl competenti per territorio, scorporandone l’attività sociale che, con relative funzioni e personale, sarà invece ricollocata presso i Comuni”.

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni, intervenendo sull’ordine dei lavori, ha protestato perché la terza commissione ha lavorato senza i consiglieri di minoranza e la seduta, a suo giudizio, non è valida anche perché si è svolta in un orario che si è sovrapposto a quello del Consiglio.

Il presidente Ganau ha ricordato che il lavoro della commissione (l’unica ad aver lavorato per poter avviare il percorso della finanziaria) si è limitato all’esame delle cosiddette “norme intruse” ed ha chiarito che si è trattato di un equivoco.

Il consigliere Alberto Randazzo di Forza Italia ha osservato che a suo avviso manca il numero legale.

Il presidente ha riposto che i lavori possono proseguire.

Aprendo la discussione sul provvedimento all’esame del Consiglio, il consigliere Luigi Lotto (Pd) ha ripercorso il contenuto delle questioni all’attenzione dell’Aula, cioè «la completa attuazione della legge dopo l’approvazione della legge 32/2015 e la considerazione della situazione di difficoltà in cui versano i lavoratori delle strutture; per risolvere questa complessa vicenda maggioranza ed opposizione hanno formulato due proposte sostanzialmente identiche e quindi è opportuno oggi arrivare ad una soluzione definitiva con la condivisione di tutti i capigruppo, perché altrimenti i tempi si allungherebbero a dopo la finanziaria».

Il consigliere Marco Tedde di Forza Italia ha confessato di aver temuto a lungo «per le sorti di questo regolamento ed anche ieri quando è mancato il numero legale; il consigliere Lotto ha ragione, bisogna evitare un inutile allungamento dei tempi e dare attuazione alla legge 32 votata dal Consiglio, che va a sanare una situazione incancrenita, con 200 lavoratori (oltre l’indotto) che attendono risposte ed hanno 6 mensilità arretrate». La fondazione San Giovanni Battista deve assolutamente essere salvata e non ci sono alternative, ha concluso Tedde, «ed il regolamento ha lo scopo di prevenire ed evitare ulteriori battute d’arresto».

Il consigliere Luigi Ruggeri (Pd) ha affermato, a differenza di Tedde, «che è utile riflettere sulle scelte che si fanno tenendo presente l’interesse dei lavoratori ma anche il pubblico interesse». La natura di questa Ipab, ha ricordato, «è sempre stata ibrida ed ora non può continuare a svolgere servizi perché la sua condizione patrimoniale non lo consente, è impraticabile sciogliere una Ipab trasferendo beni e personale su un comune unico e quindi non resta che ricollocare le sue attività nell’ambito della Asl del territorio; prediamo atto del fatto che regolamentiamo meglio questo contesto e chiediamo all’assessorato di gestire queste attività in modo che non si producano difficoltà simili a quelle del passato».

Il consigliere Salvatore Demontis, dopo aver ribadito la sua convinzione che «la pubblica amministrazione non deve essere un polmone occupazionale» ha assicurato che non è questo il caso, perché la legge obbliga a sottoporre tutte le Ipab ad un processo di trasformazione. Alcune soluzioni prospettate non erano sostenibili, ha continuato Demontis, «a cominciare dalla trasformazione in Asp perché sarebbe stato necessario istituire nuove specialità, incrementare il personale ed adeguare le strutture; non resta dunque che l’estinzione e le modifiche apportate al regolamento intervengono proprio su questo, trasferendo funzioni e personale alla Asl». Infine, ha concluso Demontis, «va ringraziato l’assessorato ha trovato una buona soluzione nel senso che si utilizzano fondi nazionali per la soppressione dell’Ibap per circa 3 milioni annui, andando a costituire una disponibilità complessiva di 16 milioni di euro».

L’assessore delle Sanità Luigi Arru, a nome della Giunta, ha ricordato la complessità della vicenda del San Giovanni Battista di Ploaghe, dove la stessa analisi del commissario ha evidenziato la presenza sia di criticità che prospettive all’interno dello sviluppo delle cosiddette “cure intermedie”. La riforma, ha sostenuto, «dovrebbe trovare nuovo impulso anche in questa modifica del regolamento, che consente la collocazione del personale presso la Asl e non presso il comune, in considerazione sia della natura delle prestazioni sono socio sanitari che della presenza di pazienti dell’ex ospedale psichiatrico». L’assessorato, ha aggiunto Arru, «ha fatto una valutazione attenta del piano industriale che dovrà inserirsi nelle attività della Asl e nell’ottica del nuovo modello gestionale previsto dalla riforma, con attenzione ai costi ed allo sviluppo delle cure intermedie, ancora in oggi accentrate in modo del tutto improprio sulla rete ospedaliera».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha chiesto il voto segreto sul passaggio ad articoli, che il Consiglio ha comunque approvato con 31 voti favorevoli e 10 contrari. Subito dopo l’Aula ha approvato anche i 3 articoli del provvedimento.

Prima del voto finale, intervenendo per dichiarazione di voto, il consigliere di Forza Italia Marco Tedde ha espresso parere favorevole, sottolineando la positiva conclusione «di un lavoro iniziato ad avvio legislatura mettendo in campo tutti gli strumenti necessari e dialogando costruttivamente con i colleghi della maggioranza; ora siamo arrivati all’obiettivo superando la situazione insostenibile di 200 dipendenti da 6 mesi senza stipendio».

Voto favorevole anche da parte dell’Udc che, con Peppino Pinna, ha ricordato che «finalmente si mette fine all’annoso problema del S. Giovanni Battista e soprattutto alla difficilissima situazione dei lavoratori e dei creditori».

Per il gruppo di Sdl Anna Maria Busia si è espressa invece in modo contrario. E’un pasticcio legislativo, ha detto, «aggravato dal fatto che non si capiscono cifre e dati finanziari di questa operazione sbagliata, né si conosce quanto del nuovo gettito fiscale andrà a finire al San Giovanni Battista e non ad altri lavoratori della Sardegna». Bisognava rispettare il percorso previsto per la trasformazione dell’Ipab in Asp, ha detto, «ed inserire il nuovo soggetto nel quadro della riprogrammazione dell’assistenza sanitaria, invece si è voluto procedere in maniera nefasta, contro tutte le disposizioni normative in materia, ribadisco il mio “no” ad una decisione scellerata che aumenta la spesa sanitaria, dopo aver aumentato le entrate attraverso le tasse».

Per il Pd Salvatore Demontis, favorevole, ha ribadito che «l’assessore ha individuato una soluzione corretta e sostenibile, il ricorso a finanziamenti nazionali per la soppressione dell’Ipab è l’unica strada percorribile, oltre che inattaccabile da ogni punto di vista».

Il consigliere di Forza Italia Antonello Peru, favorevole, ha messo l’accento sul fatto che «si chiude un percorso iniziato da tempo con lavoratori, sindacati e politica, un percorso che dimostra che quando c’è unità le soluzioni si trovano e a questa soluzione hanno creduto assessore, maggioranza ed opposizione, per salvare una struttura che fornisce 400 prestazioni giornaliere ad alta professionalità in un territorio sofferente». Chiediamo ancora all’assessore, ha concluso Peru, «un ulteriore sforzo per assicurare ai lavoratori che da sei mesi non percepiscono stipendio il pagamento delle spettanze maturate».

A nome del Pd la consigliera Rossella Pinna ha annunciato un voto favorevole sofferto ma ponderato «che chiude una vicenda complessa durata oltre 10 anni con un provvedimento cui hanno lavorato con determinazione Giunta e Consiglio». E’vero che la struttura, ha affermato, «si doveva mettere in sicurezza molto tempo fa ma non c’erano soluzioni percorribili, così come non ce ne sono state per quella di “Guspini per la vita”, chiusa nell’indifferenza generale nella precedente legislatura, determinando una sofferenza notevole per il territorio; ora voto a favore perché certe sciagure non si ripetano, ricordando però che ora mettere mano alla riapertura del centro riabilitazione di Guspini».

Il consigliere di Cps Antonio Gaia ha annunciato invece la sua astensione, pur ringraziando l’assessore per l’impegno profuso e condividendo i problemi dei dipendenti della struttura. Però, ha osservato, «i problemi vanno risolti secondo la legge e non contro, con questo provvedimento stiamo decretando il passaggio di aliquote consistenti di personale alla pubblica amministrazione senza concorso, creando fra l’altro un precedente gravissimo condivisibile sul piano politico ma sbagliato sul piano legislativo».

Il capogruppo di Sdl Roberto Desini ha annunciato il voto contrario del gruppo, «non sul merito del provvedimento perché riaffermiamo la solidarietà ai lavoratori del S. Giovanni Battista ed altri nella medesima situazione, ma per l’iter compiuto che secondo noi non è completo e corretto; non conosciamo i numeri di questa operazione di accorpamento e non sappiamo nulla del piano industriale e per questo avevamo chiesto altri approfondimenti». Ora ci chiediamo e chiediamo ai sardi, ha continuato Desini, «se dopo aumento della tasse queste risorse incideranno sui risparmi della spesa sanitaria e se è giusto trasferire i lavoratori, senza concorso, da un istituto privato alla pubblica amministrazione;voteremo contro perché vogliamo tutelare gli interessi generali della collettività e non provocare un precedente che provocherà altri problemi nel futuro».

Il consigliere del Pd Luigi Lotto, favorevole, ha ringraziato i colleghi della maggioranza e dell’opposizione per aver deciso di metterci la faccia e portare in porto questo provvedimento ed ha poi esteso il ringraziamento anche alla Giunta all’assessore ed agli uffici che hanno costruito il percorso. Stiamo chiudendo l’ultima Ipab della Sardegna, ha osservato, «dopo le altre che avevamo sistemato proprio con la legge regionale 23/2005 e siamo andati più volte a Ploaghe a dare solidarietà ai lavoratori dicendo che bisognava andare oltre; oggi dobbiamo fare una scelta consapevole, coerente con le norme dello Stato e della Regione».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni, contrario, ha parlato di un «papocchio realizzato, non per la condizione dei lavoratori ma perché non si tratta di una risposta seria, dato che quattro anni fa la struttura ha ricevuto ben 25 milioni ma nessuno ci ha detto come sono stati spesi, ed ora arriva anche il passaggio del personale alla Asl». Le fughe in avanti, ha protestato Dedoni, «non agevolano la soluzione dei problemi e ricordo ai consiglieri regionali che se non c’è voto contrario si paga anche il solido perchè l’astensione non basta; abbiamo fatto una cosa non chiara senza prospettive di sviluppo e crescita ed una operazione di politica clientelare, andando anche a danno di privati che non hanno mai vissuto alle spalle della Regione».

Il capogruppo del Misto, Fabrizio Anedda (Prc) ha fatto un parallelismo tra la situazione discussa ieri in Consiglio, vertenza Alcoa, e il caso del San Giovanni Battista di Ploaghe. L’esponente della maggioranza ha preannunciato voto favorevole sul provvedimento: «Per dare fiducia all’assessore della Sanità sull’efficacia del nuovo piano industriale della Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe».

Il capogruppo di Daniele Cocco (Sel) ha annunciato voto a favore ed ha ricordato al drammatica situazione degli operatori e delle loro famiglie, nonché l’assenza di certezze nel percepire le retribuzioni. «Davanti a questi lavoratori – ha concluso l’esponente della maggioranza – abbiamo assunto impegni che oggi onoriamo dando una soluzione definitiva a un problema decennale».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha ricordato che il regolamento in via di approvazione è frutto di una sintesi tra due proposte, una della maggioranza e una della opposizione, è dà soluzione ad una situazione non più sostenibile per i lavoratori del San Giovanni Battista. L’esponente della minoranza ha inoltre spiegato che i 25 milioni di euro stanziati dalla precedente Giunta, sono serviti per risanare il debito contributivo della fondazione e non potevano dunque risolvere i problemi di funzionamento e gestione della struttura di Ploaghe. «Votiamo a favore – ha concluso Pittalis – perché oggi gi si dà un assetto definitivo al San Giovanni Battista e lo facciamo convintamente perché ricociamo alla struttura importanza e ruolo strategico».

Posto in votazione il testo finale del regolamento è stato approvato con 34 sì 10 no e 3 astenuti.

Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

 

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Il Consiglio regionale ha approvato (presenti 46, votanti 46, sì 29, no 17) il disegno di legge 176/A di riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna. Il provvedimento era entrato in aula il 9 dicembre. Il suo iter è stato lungo e travagliato: le sedute in cui  è stato discusso il disegno di legge sono state 17, per un totale di 52 ore e 35 minuti. Il Consiglio si riunirà lunedì primo febbraio, alle 16.00, per la seduta statutaria.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del vice presidente Eugenio Lai, che ha comunicato l’assenza del presidente Gianfranco Ganau per impegni istituzionali. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha proseguito l’esame dell’ordine del giorno con l’art.76 del Dl n. 76 – Giunta regionale – Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna.

Aprendo la discussione generale, il consigliere Edoardo Tocco (Forza Italia) ha affermato che alla fine della riforma il sentimento prevalente è quello della delusione, «lo dico come cagliaritano, perché la città viene rappresentata senza orgoglio e prospettive, incapace di accogliere sardi e tendere la mano a chi è rimasto indietro; emerge invece, purtroppo, una Cagliari isolata e prepotente che rischia di fare il vuoto attorno a se». Con questa legge, ha aggiunto, «tramonta l’idea di una Cagliari che vuole essere capitale di una Sardegna diversa, forte, aperta, a favore di un disegno in cui non vince Cagliari ma perdono tutti i sardi e scompaiono le autonomie comunali». E’la certificazione del fallimento, ha concluso, «della maggioranza e del centro sinistra che non hanno saputo interpretare i sentimenti migliori della Sardegna».

Il consigliere Salvatore Demontis (Pd) ha parlato di un «ottimo disegno di legge che affronta un argomento oggettivamente complesso, cercando intanto di ridimensionare il ruolo eccessivo assegnato dalla legge Delrio alle città metropolitane (“o sei questo o non sei niente”), un modello a nostro avviso sbagliato in generale e per la Sardegna in particolare». Siamo contrari, ha sostenuto, «a concetti non urbani come quelli proposti dal centro destra, luoghi in cui le risorse, comprese quelle europee, sarebbero destinate ad ambiti non urbani e ad obiettivi differenti; crediamo invece che il modello ristretto sia corretto, ed ecco la prima grande differenza con la Delrio, per governare un sistema urbano complesso e non fare da volano all’economia sarda». Inoltre, non crediamo ad una Sardegna con trazione-città metropolitana, «per questo abbiano individuato altri strumenti per aree con caratteristiche diverse, e da qui discende il concetto di rete urbana come quella che già unisce Sassari ed altri Comuni nella programmazione strategica, a questo obiettivo dovranno tendere anche le altre reti urbane di nuova istituzione». In sintesi, ha concluso Demontis, «abbiamo utilizzato la nostra specialità per proporre un modello di Sardegna che potrà essere utilizzato in altre Regioni».

Il consigliere Mario Floris (Misto), dopo aver premesso di parlare «da innamorato della politica e dei partiti di massa che hanno fatto tanto bene alla storia dell’Italia e della Sardegna» ha sottolineato i grandi errori «di una riforma figlia di rapporti deteriorati fra cittadini ed istituzioni, sottomessa a personalismi e particolarismi, ennesimo esempio di un modo pasticciato di legiferare; ancora una volta si è cominciato dalla coda per appuntarsi una medaglia sul petto». Più volte, ha ricordato Floris, «ho invitato la maggioranza a riflettere per partire dalla riforma della Regione, dalla legge statutaria e dalla legge elettorale per poi arrivare alla riforma degli enti locali; oggi invece si compie un misfatto della politica che frantuma l’autonomia e rompe la solidarietà fra i territori». Oggi i partiti, ha detto ancora il consigliere, «sono venuti meno al loro ruolo ed oggi sono solo una brutta copia dell’originale, non c’è soluzione classe dirigente,si assiste ad un proliferare di liste civiche senza filtri, in un processo di decadenza che alla fine si ripercuote anche sulle leggi e sulle regole». Il presidente della Regione, la maggioranza e la Giunta, ha sostenuto Floris, «hanno voluto soffocare l’autonomia della Sardegna escludendo la minoranza da ogni contributo positivo; chi ha un minimo di conoscenza della storia della Sardegna sa che quanto accaduto non ha precedenti, che si va avanti senza analisi politiche e con la logica “o vi adeguate o vi mando a casa”, sono cose su cui non si può fare finta di niente».

Il vice capogruppo di Forza Italia Marco Tedde, ha dichiarato di accogliere «con un senso di liberazione l’arrivo al tratto finale della legge e, sotto questo profilo, le riflessione di Floris da condividere in toto, a testimonianza del fatto che le riforme fatte in solitudine non possono produrre niente di buono». Siamo di fronte ad una legge, secondo Tedde, «difficile anche da capire, una legge minestrone col ravanello della grande questione nuorese, infilata a forza nel testo violentando intere comunità, scandita dalla successione di versioni sovrapposte l’una all’altra in un clima di minacce pesantissime». Il perno del nuovo sistema, ha continuato Tedde, «è quello della città metropolitana di Cagliari passata col voto di sassaresi che si assumono responsabilità pesanti nel processo di svuotamento del centro e del nord della Sardegna; per il nord Sardegna, nello specifico, i numero espressi da tutti gli indicatori erano di gran lunga superiori, ed anche per questo salta agli occhi la desertificazione istituzionale di una parte importantissima dell’isola che sta perdendo corte d’appello, low cost, camera di commercio, autorità portuale ed altro». In conclusione, ad avviso di Tedde, «è venuta fuori una legge frutto della maldestra manipolazione e dall’evidente violazione della legge Delrio, che crea un’altra provincia al sud ed un reticolo di strumenti vuoti senza significato; sentiremo ancora parlare di questa legge perché i territori si ribelleranno».

Il consigliere Augusto Cherchi (Soberania-Indipendetzia) ha messo l’accento sul fatto che la legge «è una base solida in vista di una grande riforma per una pubblica amministrazione moderna, efficace ed efficiente, vicina ai bisogni dei cittadini, in una Sardegna moderna che ritrova unità attraverso il dialogo fra territori, solidale, con lo sguardo rivolto alla sua storia ma anche all’Europa; la riforma riorganizza il sistema degli Enti locali in una fase di transizione successiva al referendum sulle province, abolite ma ancora non cancellate definitivamente, assegnando un ruolo centrale agli ambiti strategici per porre al centro dello sviluppo la programmazione dal basso». Le riforma, ha osservato Cherchi, «favorisce il decentramento regionale con l’uguaglianza dei cittadini e pari opportunità per i territori, con i Comuni che saranno protagonisti secondo le loro vocazioni, in una Sardegna unita nelle differenze, dove crescono le relazioni fra le diverse aree, si favoriscono processi di aggregazione, superando contese anacronistiche che non fanno bene ai sardi». La crescita della nostra Regione, ha detto Cherchi, «deve essere uniforme e questo in definitiva è il ruolo della Regione e il rumore di fondo col tempo scomparirà; non ci affascina il ruolo di città metropolitana se intesa come un qualcosa che fa il vuoto intorno a se, al contrario ci siamo battuti per la tutela dei territori con apposite intese per ottenere misure perequative».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori) ha in qualche modo immaginato la profonda delusione «di quei cittadini di serie b che aspettavano una riforma di buon senso e sono stati stesi dal plotone di esecuzione del Consiglio regionale che, seguendo i dettami della Giunta, si è dimostrata insensibile soprattutto verso la terra più povera (il Nuorese) che invece viene sfregiata e rapinata della propria memoria storica mentre cercava di risollevarsi». La maggioranza, ha protestato Crisponi, «non ha voluto ascoltare e non ha sentito ragioni, tutti i territori sono stati umiliati con pugni in faccia, facendo carne di porco delle piccole comunità e dei cittadini dell’interno; siamo davanti ad uno dei momenti più bassi della legislatura perché si è costruito un nuovo muro di Berlino, un nuovo Campidano, una terra promessa, l’unica Silicon Valley per chi cerca un posto di lavoro, dove è stato spostato tutto e di tutto e se ne accorgeranno ben presto cittadini ed amministratori».

Il consigliere Gianfranco Congiu (Sdl) ha messo in guardia dall’approccio sbagliato ai processi normativi, perché le leggi devono essere innanzitutto utili. La legge, a suo giudizio, «ha un pregio, parte dall’esistente cercando di superare le province per ridisegnarle sulla traccia delle regioni storiche, ora sostituite da ambiti, consentendo alla Sardegna di guardare avanti, in un sistema in cui le città vogliono stare insieme perché vogliono migliorare i processi di governance per una Sardegna unita che combatte le diseguaglianze». Congiu ha poi rivendicato alla sua formazione politica alcuni punti qualificanti della legge, come il passaggio dedicato al superamento delle «disparità fra territori», alla «perequazione di ogni intervento», all’individuazione di «specifiche intese sostenute da risorse adeguate» che non «lasceranno lasciare indietro nessuno». Questa è la nostra idea di Sardegna solidale, ha detto ancora Congiu, «dove tutti sono sullo stesso piano, sono chiamati a responsabilità ed a fare il meglio, sarà una legge utile per quelli che vogliono stare insieme ed hanno capacità progettuale superando il rivendicazionismo querulo che non ha mai prodotto nulla».

E’ poi intervenuto il consigliere di Forza Italia Ignazio Locci che ha confermato le critiche avanzate durante la discussione dell’articolato. «La maggioranza si è nascosta dietro il paravento della grande riforma economica e sociale introdotta dalla legge “Delrio” e dal decreto sulla spending review. Avremmo invece dovuto rinunciare al modello nazionale e spingerci oltre – ha detto Locci – questa riforma rischia di creare confusione con la creazione di meccanismi di obbligatorietà che svuotano le potestà degli enti locali». Secondo Locci, la riforma mette a rischio il principio di autodeterminazione delle comunità locali: «Il connubio tra la maggioranza, il relatore e l’Anci fa venire in mente il meccanismo di fuga dei sindaci dai loro comuni e dalle responsabilità nei confronti dei cittadini. Il processo di aggregazione indotta non farà altro che alimentare le spinte campanilistiche».

Molto critico anche l’intervento del vicepresidente del Consiglio Antonello Peru. «Con questa riforma, la maggioranza  ha trasformato la Sardegna in un campo di battaglia dove i sardi combatteranno contro altri sardi – ha sottolineato Peru – una guerra tra poveri scatenata da un progetto accentratore che amplifica i conflitti sociali». L’esponente della minoranza ha bocciato senza appello l’impianto del provvedimento: «Non si possono fare riforme con una sola visione mercantilistica – ha aggiunto Peru – disegnare la Sardegna con criteri economicistici rischia di marginalizzare i territori. Si sono persi di vista i valori dell’autonomia e dell’identità. Dentro la legge non c’è un’anima e un’idea di Sardegna».

Il consigliere azzurro ha poi attaccato i colleghi sassaresi per aver avvallato la scelta di istituire la città metropolitana di Cagliari: «Trionfa il cagliaricentrismo – ha rimarcato Peru – nella città metropolitana si concentrano servizi e risorse. Cari colleghi del sassarese, ve ne assumerete la responsabilità: avete confinato Sassari ai margini della Sardegna e lo avete fatto in modo consapevole».

Gianni Lampis (Fd’I) ha ricordato l’iter della riforma degli Enti Locali: «Questo disegno di legge è stato approvato dalla Giunta il 15 gennaio del 2015 – ha detto Lampis – ad un anno di distanza non ci sono vincitori ma un unico sconfitto: il popolo sardo». Secondo Lampis, la legge è stata costruita senza un percorso partecipativo dei territori. «Si è preferito decidere in una stanza con matita e squadretta – ha sostenuto Lampis – una grande legge di riforma aveva bisogno di altro. Potevamo fare di più e di meglio, noi come opposizioni ci abbiamo provato presentando proposte migliorative».

Il consigliere di Fratelli d’Italia ha poi espresso forti perplessità per alcuni contenuti della legge: «Pensavamo che non si dovesse più parlare di province, invece oggi si crea una nuova provincia, quella del Sud Sardegna, che richiederà di elaborare nuovi regolamenti e di individuare un nuovo capoluogo. Avevamo la possibilità di pensare ad un’unica città metropolitana o a due città, una del Sud e una del Nord, sarebbe stato questo il modo per costruire una Sardegna in grado di camminare in modo armonico e solidale. Oggi invece si creano territori di serie A e B – ha concluso Lampis – noi ci dissociamo dalle vostre scelte ribadendo fino alla fine la nostra contrarietà al provvedimento».

Voto contrario ha annunciato anche Alberto Randazzo (Forza Italia). Secondo l’esponente azzurro, la legge non tiene conto delle disposizioni dell’articolo 133 della Costituzione. «Non c’è stata concertazione con le comunità locali – ha detto Randazzo – i 71 paesi della provincia di Cagliari sono stati convocati? Perché solo 16 entrano nella Città Metropolitana e gli altri restano fuori?». Randazzo ha citato il caso di Dolianova, comune che ha chiesto di entrare nella Città metropolitana e non ha avuto risposta formale. « 50 comuni hanno già preparato un ricorso – ha concluso Randazzo – mi auguro che la legge sia applicabile, smettiamo di parlare di compensazioni, così si illudono i cittadini».

Stefano Tunis (Forza Italia) ha ricordato il percorso legislativo che ha caratterizzato il Dl 176. «C’è stata un’istruttoria approfondita su diverse proposte della Giunta, un lavoro non sempre fatto attraverso i canali più ortodossi che ha portato ad accogliere dentro la norma le esigenze di varie categorie e dei territori – ha detto Tunis – la  Giunta ha scelto di non impugnare la legge Delrio, l’esecutivo non ha saputo comprendere che il giogo della grande riforma nazionale non era in grado di accogliere le esigenze della Sardegna. L’architettura istituzionale prescelta non fa emergere le potenzialità dei nostri territori».

Tunis ha poi sottolineato il pericolo di un ulteriore scollamento tra i cittadini e le istituzioni. «Si rischia di fomentare la fuga dalla politica – ha insistito l’esponente della minoranza – Pigliaru è il risultato di questo scollamento. In Sardegna non c’è più classe dirigente. Pigliaru è una supplente che certifica la decisione della Sardegna di non investire su se stessa e sulle proprie risorse. Con questa legge viene ulteriormente svuotata la figura dei sindaci».

Il consigliere di Forza Italia ha poi concluso il suo intervento lamentando la mancata apertura di un contenzioso nei confronti del Governo nazionale.«La ferita degli Enti locali rimane aperta – ha concluso Tunis – la prossima maggioranza si dovrà fare carico di modificare questa legge».

Giudizio diametralmente opposto quello del relatore di maggioranza Roberto Deriu (Pd) che, in apertura del suo intervento, ha ringraziato le opposizioni per aver consentito alla maggioranza “di mettere alla prova le proprie idee”. «Durante la discussione ci sono stati strafalcioni ma anche critiche di sistema alle quali abbiamo dato risposte di sistema – ha affermato Deriu – con Cossa abbiamo condiviso in Commissione l’esigenza di rispettare la Costituzione che impone una speciale ricognizione dello stato dell’autonomia della Sardegna».

Deriu ha poi elencato gli aspetti innovativi della legge: «Nella ricostruzione della realtà autonomistica siamo partiti dalla possibilità offerta dalla Costituzione di istituire una Città metropolitana e, considerate le carenze della Delrio, la abbiamo adeguata alla Sardegna – ha aggiunto il relatore della legge – sulla base di questo abbiamo ridisegnato le circoscrizioni provinciali basandoci sugli ambiti ottimali, poi ci siamo occupati dell’ambito comunale spingendo sulle Unioni. I comuni però non sono tutti uguali, ci saranno per questo reti urbane e reti metropolitane».

Deriu ha poi concluso il suo intervento annunciando il voto favorevole alla legge: «E’ un disegno limpido e chiaro che soltanto una dura opposizione poteva indurre a confondere con un pasticcio. C’è stato un grande lavoro sul personale, grande attenzione per la transizione in modo da evitare che, durante il trasloco, si perdano oggetti. E’ una grande legge ed è giusto che entri in vigore».

Alessandra Zedda (Fi) ha parlato di alcuni “buchi neri” che caratterizzerebbero la legge sugli Enti Locali ed ha rimarcato probabili profili di illegittimità in particolare per le parti che attengono la istituendo nuova provincia del Sud. «Con questa legge si è persa un’altra occasione – ha dichiarato l’esponete della minoranza – e non si è inciso sul tema dell’insularità mentre si è proceduto alla creazione di un ginepraio fatto di enti, incarichi e funzioni».  A giudizio di Alessandra Zedda con la riforma non ci saranno miglioramenti nei servizi e neppure in termini di crescita e sviluppo dei territori. La consigliere di Fi ha quindi ribadito il permanere delle “ingiustizie” tra le diverse realtà, anche in riferimento al personale impiegato nelle province soppresse («per fortuna sono state approvate un minimo di regole grazie anche alla sensibilità dell’assessore Erriu»). La consigliere ha quindi dichiarato che «questa non sarà una legge a costo a zero» ed ha riconosciuto come una novità «l’istituzione della città metropolitana di Cagliari».

Il presidente della commissione Autonomia, Francesco Agus (Sel), ha definito la legge “un ponte tibetano che congiunge il passato, rappresentato dalle province, e il futuro, che è rappresentato da ciò che sarà approvato dal referendum del prossimo ottobre”. «E’ un ponte tibetano di norme già scritte e norme da scrivere – ha spiegato l’esponente della maggioranza – in una situazione finanziaria che ci ha visto pagare tutto ed essere esclusi però da tutti i benefici che, invece, sono stati garantiti alle province italiane». Agus ha quindi affermato che “le unione dei comuni non sono mai partite, né sono chiare le loro funzioni, ma la nostra idea è che non sostituiscano i Comuni ma che svolgano funzioni che realmente portano vantaggi se esercitate in ambito più vasto”.

«Con questa norma applichiamo il referendum del 2012 – ha proseguito l’esponente di Sel – ed era un onere in capo alla precedente maggioranza».

Agus ha concluso argomentando la scelta dell’unica città metropolitana della Sardegna: «La città metropolitana di Cagliari non può essere un rubinetto a cui allacciarsi per ottenere le risorse ma è solo uno strumento per gestire meglio l’area vasta, mettiamo cioè un territorio in grado di risolvere problemi complessi e togliamo ogni alibi alla città metropolitana».

Il consigliere di Soberania e Indipendentzia, Paolo Zedda (Rossomori) ha definito la legge sugli Enti Locali «una riforma storica che non solo segnerà la Legislatura ma che porterà un progresso nell’ordinamento degli Enti Locali in Sardegna». «Dal nostro punto di vista di sovranisti – ha spiegato il consigliere della maggioranza – c’è il riconoscimento della forma e della peculiarità della nostra terra». Paolo Zedda non ha nascosto la soddisfazione “per aver dato seguito alla volontà referendaria” ma ha anche ricordato come nel 2012 i sardi si siano espressi anche per la riscrittura dello Statuto attraverso l’assemblea costituente («una battaglia su cui torneremo»). Il consigliere dei Rossomori ha quindi concluso con una dichiarazione di apprezzamento per la nuova legge sugli Enti locali.

Il consigliere del Psd’Az, Christian Solinas,  ha ripreso alcune parti dell’intervento del consigliere Deriu («ci rappresenta una legge armonica») ed ha affermato che la riforma in via di approvazione rappresenti meglio “un cerbero a tre teste” per raffiguare “la distruzione del passato, del presente e del futuro”. L’esponente della minoranza ha quindi rimarcato l’urgenza di una “riscrittura del rapporto tra presidente della Regione, Giunta e Consiglio per evitare di continuare con la paralizzazione del confronto politico che è invece utile per generare riforme migliori”.

«Questa riforma – ha dichiarato Solinas – sarà giudicata da cittadini e dagli amministratori ed alla politica spetterà il compito di affrontare i problemi inerenti la sua piena applicazione». Il consigliere del Psd’Az ha ribadito le perplessità sul costo della riforma: «Non sarà una riforma a costo zero perché avrà costi non sono di natura finanziaria ma anche costi politici, culturali e sociali».  Christian Solinas ha concluso evidenziato in tono critico “l’accorpamento di funzioni e lo spoglio dei comuni più piccoli di competenze e risorse” e le mancate risposte sul tema dello spopolamento: «Assecondiamo un processo storico di polarizzazione demografica e lasciamo al centro dell’isola solo la crisi e la disperazione».

Il capogruppo del Misto, Fabrizio Anedda (Prc), ha rivolto parole di apprezzamento, per il lavoro svolto, all’assessore e alla commissione Autonomia ed ha sottolineato la scarsa partecipazione, nelle fasi iniziali di discussione della riforma, da parte di molti consiglieri e di tanti amministratori. L’esponente della maggioranza ha concluso rimproverando alla minoranza lo scarso contributo offerto in sede di commissione per migliorare l’originaria proposta dell’esecutivo regionale.

Il capogruppo dei Popolari e socialisti, Pierfranco Zanchetta, ha dichiarato di non condividere il “catastrofismo mostrato dall’opposizione” e pur affermando di non “essere del tutto soddisfatto dal provvedimento” ha preannunciato voto a favore del provvedimento. «Avviamo un percorso – ha spiegato il consigliere della maggioranza – che rappresenta un’assunzione di responsabilità e personalmente riconosco le criticità della legge ma come tutte le riforme anche questa è in progress e può essere migliorata». Zanchetta ha concluso riaffermando che ciò che serve alla Sardegna “è il riconoscimento in sede europea dell’Isola come un unicum: siamo l’Isola più lontana da Brussels e anziché dividerci come sardi dobbiamo unirci”.

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni, ha  ricordato che proprio stamane  l’onorevole Pigliaru è a Roma a parlare di specialità e di autonomia. Mi aspetto quindi, ha detto, «la solita difesa d’ufficio sul piano esterno mentre sul piano interno, che tocca da vicino questa legge, non posso che rilevare che all’assessore hanno fatto fare una figuraccia facendogli ingoiare ben cinque proposte di legge l’una diversa dall’altra». La legge sull’edilizia, ha ricordato ancora Dedoni, «è ancora ferma dopo un anno e lo stesso accadrà per questa legge perchè le riforme non si possono fare a colpi di maggioranza, è importante invece che ci sia una discussione ampia perché sulle regole ci deve essere atteggiamento condiviso perché altrimenti a perderci sarà il popolo sardo». Se la legge fosse applicata, ha prefigurato il consigliere, «sarà il caos ed un disastro per la Sardegna con la moltiplicazione di organismi istituzionali ed un grave deficit di democrazia; il contrario rispetto alle intuizioni dei padri costituenti della Sardegna che avevano dato grande attenzione ai territori ed ai temi dello sviluppo, temi assenti da questa legge che non ha risorse anzi, mentre la crisi incombe si impoveriscono i territori».

Il capogruppo di Sel Daniele Cocco ha sottolineato la contraddizione di molti interventi dell’opposizione, che «ha mescolato surrettiziamente le società in house dei Comuni con le province, o il polo culturale di Nuoro con la spoliazione dell’autonomia; è tutto chiaro, abbiamo fatto è una legge coraggiosa magari non indolore perchè in effetti ci sono stati fra di noi diversi mal di pancia ma avevamo la responsabilità di fare una buona legge e questo compito lo abbiamo portato a termine». Auspichiamo piuttosto, ha proseguito, «percorsi davvero perequativi per fare in modo che i diversi territori della Sardegna da S.Teresa a Villacidro abbiano gli stessi diritti, che ancora purtroppo non hanno; nella fase applicativa, inoltre, porremo la massima attenzione per intervenire se e dove necessario, perchè vogliamo che la Sardegna che oggi vive una grande emergenza cambi rotta, a cominciare dalle zone interne».

Il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu ha osservato che «la legge ha tradito nello stesso tempo speranze e potenzialità; il primo testo era breve e snello, con pochi emendamenti, orientato alla semplificazione ma poi la Giunta Pigliaru ha messo la sua firma e alla fine del 2015 ci si è trovati a discutere di un pasticcio, 76 articoli ed oltre 2000 emendamenti, un record nella storia del Consiglio regionale». Ne è venuto fuori «un mostro con una pluralità di enti, una riforma che nasce con la necessità di essere riformata, perché pur di scontentare la minoranza si sono scontentati territori e cittadini, con l’unica preoccupazione per far quadrare i conti interni alla coalizione». Quanto alla città metropolitana, Rubiu ha rilevato che «sono state ignorate le istanze di categorie, e di amministratori locali, che chiedevano o una città metropolitana unica oppure una a nord ed una sud; questa sarebbe stata una vera riforma a misura di Sardegna ma l’appartenenza politica ha prevalso per giochi di partito raddoppiando perfino i consiglieri della città metropolitana, fatto unico in Italia».

Il capogruppo di Sdl Roberto Desini ha respinto in apertura l’interpretazione della legge-minestrone, penso invece che «è stata una delle leggi più discusse della storia dell’autonomia e per certi aspetti può essere un merito, perché l’assessore non si è mai sottratto al confronto in nessuna parte dell’Isola, ma anche un demerito perché quando i tempi diventano troppo lunghi non sempre si arriva al risultato migliore». Si tratta di una riforma, ha aggiunto, «che interessa molto ai cittadini come dimostrato dalla partecipazione degli amministratori locali e di larga parte della società sarda, complessivamente ha un indirizzo positivo anche se migliorabile ma è importante intervenire quando sarà sperimentata sul campo». Desini ha poi rivendicato al suo gruppo la proposta della perequazione fra territori «perché, al di la delle sigle, è stato stabilito un principio che vale per tutti, un principio di solidarietà sociale che governerà la nostra azione futura».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, dopo aver ricordato la ricorrenza del Giorno della Memoria, ha sottolineato che «si arriva alla riforma dopo una discussione molto lunga dentro e fuori il Consiglio regionale per disegnate un nuovo assetto istituzionale della nostra Regione, in coerenza con il programma elettorale presentato ai sardi, adempimento oltretutto necessario dopo il referendum per cui si sono spese molte parole a vuoto, spesso fuori luogo, ed anche per rispondere alle sfide che il futuro propone alla nostra Regione». Ci abbiamo messo tutto l’impegno per fare la migliore legge possibile, ha detto ancora Cocco, «e pensiamo di aver operato bene attivando un nuovo rapporto diretto fra Comuni e Regione e riconoscendo ruoli diversificati a diverse città ed aree dell’Isola, mentre l’opposizione a fronte di oltre 2600 emendamenti ha proposto solo la città metropolitana unica, una boiata che non esiste al mondo».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha osservato che «c’è molta confusione nel centro sinistra ed evidentemente Cocco deve sintonizzarsi col suo partito perchè quella della città metropolitana unica è proprio una idea di Soru; ma, a parte questo, il dato di fondo è che la coalizione sovranista e identitaria ci ha proposto un appiattimento colossale alla legge nazionale, altro che pensare come i sardi e fare le leggi per i sardi». Rivolto alla maggioranza, Pittalis l’ha accusata di una «operazione squallida che sarà criticata, giudicata e rispedita al mittente; il relatore Deriu ha riconosciuto il ruolo di opposizione ed il significato del conflitto positivo, ma questo non può far dimenticare il testo più volte riscritto e cancellato con il presidente dell’Anci Piersandro Scano che vi ha tolto dall’imbarazzo, forse non facendo l’interesse dei sindaci ma dando una stampella ad una maggioranza allo sbando mentre Pigliaru diceva: altrimenti andate a casa». Un clima, ha ricordato ancora Pittalis, «scandito anche da una serie di emendamenti non della Giunta ma della maggioranza, sconfessando platealmente la Giunta; perciò è chiaro che il confronto fra sordi lo ha voluto la maggioranza andata avanti con proposte sostitutive senza rendere parte al dibattito, consumando l’ennesima vergogna a danno dei sardi e dei territori ai quali si promette una perequazione senza risorse».

A nome della Giunta l’assessore degli Enti locali, Cristiano Erriu, ha sostenuto che la riforma «allinea la Sardegna al miglior riformismo regionale, tenendo presenti le indubbie criticità della legge Delrio ma anche della situazione di partenza che, non dimentichiamolo, era ed è quella di enti che non riescono a fronteggiare nemmeno l’ordinaria amministrazione». L’obiettivo strategico della legge, ha continuato Erriu, «non è tanto quello del risparmio ma di dare alla pubblica amministrazione efficacia, qualità, semplificazione ed accelerazione dell’azione amministrativa, tutti temi sui arriviamo molto tardi e rischiamo di pagarne i costi, essendo l’ultima Regione d’Italia che interviene sulla materia». Sono poi molto orgoglioso, ha detto ancora l’assessore, «di una riforma largamente discussa che ha coinvolto tutti in tutti i territori, come è e giusto, senza espropriare il Consiglio regionale, arrivando a scelte che sono state in qualche caso divergenti ma comunque si è arrivati ad una buona sintesi». In questa legge, ha concluso Erriu, «c’è una forte innovazione che migliora l’esistente, supera la frammentazione e l’incertezza normativa e rappresenta un solido punto di partenza, anche per il forte ruolo assegnato alla conferenza Regione enti locali e Consigli enti locali; nello stesso tempo si sono messi in sicurezza lavoratori con lo scopo di assicurare a tutti i sardi parità di servizi, con la consapevolezza che ci viene da una visione ottimista della realtà sarda».

Conclusi gli interventi dei capigruppo, il presidente Lai ha messo in votazione il testo dell’articolo 76 “Entrata in vigore”  che è stato approvato con 30 voti a favore e 16 contrari.

L’Aula è poi passata alla votazione finale della legge. Per dichiarazioni di voto è intervenuto il consigliere Salvatore Demontis (Pd) che ha difeso l’azione svolta all’interno della maggioranza a sostegno della rete metropolitana. « Non accetto che questa proposta venga svilita – ha detto Demontis – la Sardegna presenterà uno schema di decreto legislativo, se sarà accolto dal Governo il nostro diventerebbe un modello da seguire a livello nazionale: la rete metropolitana avrebbe la stesse funzioni della città metropolitana». Demontis ha poi chiarito che, anche in caso di mancato accoglimento delle proposte sarde da parte del Governo, la Regione garantirà risorse adeguate per assicurare la sostenibilità urbana».

Giudizio positivo anche da parte di Lorenzo Cozzolino (Pd), secondo il quale la legge “muterà profondamente il quadro normativo esistente”.

Cozzolino ha apprezzato il lavoro svolto dalla maggioranza che “non si è limitato a copiare la normativa nazionale ma ha proposto elementi innovativi”. Il consigliere del Partito Democratico ha infine difeso l’impianto della legge: «I comuni assumeranno una funzione vitale nell’assolvimento delle pubbliche funzioni, ci sarà una sinergia tra comuni, unioni e città metropolitana. Altro elemento innovativo – ha concluso Cozzolino – sono gli ambiti territoriali strategici. Se la riforma sarà attuata correttamente, consentirà di alzare la qualità dei servizi e ridurre gli sprechi».

Voto favorevole ha annunciato anche Rossella Pinna che ha definito la riforma «coraggiosa, credibile, concertata e condivisa dopo il nulla lasciato dai referendari che hanno ingannato i sardi senza avanzare proposte alternative».
Secondo Pinna la norma approvata è ambiziosa perché «guarda ai territori e tiene conto delle varie identità che sarebbe stato assurdo ricomprendere in un’unica città metropolitana come proponevano le opposizioni».

L’esponente della maggioranza ha poi concluso il suo intervento rivolgendo un ringraziamento all’assessore Erriu, al presidente della Commissione Autonomia Agus e al relatore di maggioranza Deriu: «Questa è una legge che guarda a una Sardegna unita, basata sulla cooperazione, rispettosa di tutti. Una norma che vuole combattere l’inefficienza e gli sprechi. Sarà una legge perfetta? Non lo sappiamo – ha concluso Pinna – di sicuro è la migliore legge possibile».

Piermario Manca (Partito dei Sardi) ha spiegato l’atteggiamento assunto dalla maggioranza durante il dibattito: «E’ vero che molti di noi sono stati silenti – ha detto Manca – ma lo hanno fatto per una ragione di tatticismo. Il dato di fatto è che questa autonomia non funziona, le zone interne si stanno depauperando. I consiglieri che provengono dai territori marginali hanno rinunciato a partecipare allo scontro tra Nord e Sud Sardegna. Non è vero che abbiamo premiato Cagliari, a questo si è posto rimedio con la perequazione, ma per la prima volta abbiamo rinunciato alla contrapposizione per chiedere pari diritti e solidarietà per le zone interne».

Ignazio Locci (Forza Italia) ha difeso il ruolo svolto dalle opposizioni. Rivolto al consigliere Demontis ha detto: «Non è noi che deve convincere sulla bontà della sua proposta ma i suoi conterranei. Dovreste ringraziare l’opposizione che ha fatto da pungolo. Abbiate rispetto per il ruolo della minoranza».  

Gigi Ruggeri (Pd) ha invece definito “molto soddisfacente” il provvedimento e lamentato il modo con cui si è svolto il dibattito: «La riforma è stata caricata di significati che non aveva, come se fosse un lasciapassare per il paradiso o per l’inferno. Il dibattito – ha sottolineato Ruggeri – è stato involgarito da un approccio localistico. Queste sono leggi che guardano alla realtà, fotografano i bisogni e cercano di dare risposte. Un bisogno è rappresentato dalla città metropolitana, un altro dall’Unione dei Comuni. Il contributo delle opposizioni non è stato all’altezza dell’intelligenza di molti dei suoi componenti. La norma che ci accingiamo ad approvare è un punto di partenza, probabilmente dovrà essere sottoposta a manutenzioni ma dice che noi abbiamo inaugurato la stagione del fare».

Voto favorevole ha annunciato anche Antonio Gaia (Upc). «L’impalcatura è buona, ogni legge è perfettibile – ha esordito Gaia – anch’io mi sarei auspicato una maggiore condivisione però così non è stato. I problemi non sono di Nuoro, di Olbia, di Sassari o Oristano ma di tutti i sardi, se non riusciamo a svestirci della casacca territoriale non capiamo quale è il nostro ruolo all’interno di questa Assise».

Il consigliere dell’Unione Popolare Cristiana ha poi espresso apprezzamento per le unione dei comuni: «Consentiranno di risparmiare e di razionalizzare la gestione dei servizi ma soprattutto rappresenteranno l’antidoto allo spopolamento – ha concluso Gaia – se le idee convincono e trascinano solo i fatti possono dare concretezza alle idee».

Piero Comandini (Pd) ha ricordato il dramma dello spopolamento che colpisce molti comuni dell’Isola: «La Sardegna dell’interno si sta svuotando, 150 comuni hanno perso il 30 % dei loro abitanti negli ultimi anni. Lasciando le cose come erano non avremmo dato risposte e avviato il cambiamento».

Secondo Comandini, sarà compito del Consiglio perfezionare la legge: «Starà a noi arricchirla nei prossimi mesi e nei prossimi anni. I sardi non sono divisi ma ci chiedono di decidere per loro».

Marco Tedde (Forza Italia) ha lodato “l’equilibrio e la pacatezza” dell’assessore Erriu ma espresso dubbi sul fatto che la riforma degli enti locali rispetti i dettami della legge Delrio.  Forti critiche invece nei confronti dei consiglieri del sassarese che in aula non hanno messo in pratica ciò che hanno detto nei loro territori.

Walter Piscedda (Pd) ha rivolto un ringraziamento a tutto il Consiglio per il lavoro svolto e mostrato apprezzamento per i contributi arrivati da fuori, a partire dall’Anci e dai singoli sindaci. «Abbiamo fatto un buon lavoro, lungo e meditato – ha concluso Piscedda – ho imparato molto dal dibattito, la politica è stata alta e positiva».

Giuseppe Meloni (Pd) ha confermato in aula le perplessità mostrata da subito nei confronti della legge di riforma annunciando, unico caso tra i consiglieri di maggioranza,  il suo voto contrario. «Sono stato critico dall’inizio – ha spiegato Meloni – ho tentato di dare un apporto in commissione e in Aula, ma è rimasta la mia contrarietà di fondo».

IL consigliere gallurese ha contestato le modifiche apportate dalla Commissione al disegno di legge varato dalla Giunta: «In origine erano previste le unioni dei comuni di area metropolitana che prevedevano un buon trattamento per chi stava nelle zone servite da porti e aeroporti. La norma è poi sparita, in commissione il Nord Sardegna è stato tagliato fuori. Assurdo inoltre che la Gallura torni sotto Sassari».

Luigi Lotto (Pd) ha invece lodato l’operato della Giunta: «Bisogna dare merito all’assessore Erriu per il confronto ampio avuto con la maggioranza e con i territori, i sindaci e l’Anci – ha detto Lotto – lo stesso confronto purtroppo non c’è stato in Consiglio tra maggioranza e opposizione, nemmeno dopo che la minoranza ha ottenuto il rinvio della legge in Commissione. A me questo dispiace».

Secondo l’esponente del Pd, il testo finale è diverso da quello iniziale: «Ciò  dimostra che la maggioranza non era al guinzaglio di nessuno. L’impianto della norma è buono, gli ambiti strategici territoriali sono la chiave di volta per la gestione equilibrata dei finanziamenti. Le città medie e le reti metropolitane sono le risposte ai singoli territori».

Luigi Crisponi (Riformatori) ha denunciato che nella legge permangono “iniquità, ingiustizie e il tradimento verso i territori”. «E’ una riforma che guarda al passato – ha spiegato l’esponente della minoranza – ed è una legge che fallisce e che troverà difficoltà nella sua applicazione». Il consigliere dei Riformatori ha quindi conluso preannunciando voto contrario al provvedimento.

Stefano Tunis (Fi) ha ribattuto alle dichiarazioni fatte dal consigliere del Pd, Luigi Lotto: «Una legge è per definizione generale e astratta mentre voi confermate di aver voluto spendere una parola per tutti i territori e così facendo avete scritto il necrologio delle autonomie locali piuttosto che una legge che soddisfi tutti». L’esponente della minoranza ha preannunciato voto contrario ed ha difeso la proposta di istituire la città metropolitana per tutto il territorio della Sardegna: avrebbe consentito la reale soppressione delle province e non avrebbe costretto i Comuni ad aderire all’unione dei comuni.

Il presidente della IV commissione, Antonio Solinas (Pd), ha preannunciato voto favorevole: «E’un’ottima legge e  ringrazio l’assessore, il relatore e la commissione per il lavoro svolto». «La legge è partita male – ha ammesso l’esponente della maggioranza – con un dibattito incentrato sulla contrapposizione tra Cagliari e Sassari, ma poi si è riconosciuto che la prima è riconosciuta da una norma nazionale e che sarà un’opportunità per tutta la Sardegna». «Non ringrazio la minoranza – ha concluso Antonio Solinas- perché poteva fare di più e doveva lasciar perdere la facile propaganda».

Mario Floris (Misto-Uds), ha sottolineato come nelle dichiarazioni di voto fatte dai consiglieri della maggioranza emergano preoccupazione ed anche “una certa scontentezza perché questa legge poteva essere fatta in maniera diversa”. L’esponente della minoranza ha concluso preannunciando voto contrario.

Alessandro Collu (Pd ma gruppo Soberania e Indipendentzia) ha preannunciato il voto a favore ed ha dichiarato, rivolgendosi al capogruppo di Fi, Pietro  Pittalis: «dai banchi della maggioranza siamo intervenuti poco ma abbiamo ascoltato tanto». Il consigliere del centrosinistra ha quindi ringraziato relatore, assessore e commissione “per la sintesi fatta, tale da consentire l’approvazione della migliore legge tra quelle possibili in materia di riordino degli Enti Locali”.

Alberto Randazzo (Fi) ha preannunciato voto contrario («mi sorprende che la maggioranza definisca questa legge migliorabile dopo che è stata votata solo da consiglieri della maggioranza») ed ha denunciato l’inapplicabilità dei collegi per l’elezione della Camera dei deputati alla Sardegna, dopo l’approvazione della legge sugli Enti locali.

Il presidente della Seconda commissione, Gavino Manca (Pd), ha preannunciato voto a favore ed ha definito “normali e legittime” le contrapposizioni su un tema “così difficile e delicato oggetto da anni del confronto politico e istituzionale”.  L’esponente del Pd ha ricordato la “positiva sintesi” fatta dalla maggioranza ed ha sottolineato come il provvedimento finale “migliori la proposta originaria dell’esecutivo”. Gavino Manca ha concluso chiedendo l’impegno della Giunta perché “dopo la concentrazione di poteri che si registra su Cagliari si proceda con un reale riequilibrio tra i diversi territori della Sardegna”.

Il capogruppo di Popolari e socialisti, Pierfranco Zanchetta, ha dichiarato voto favorevole ed ha citato un vecchio detto popolare in gallurese: “in caminu s’acconcia lu barriu”. «Sottolineo cioè – ha dichiarato il consigliere della maggioranza – che anche questa legge è perfettibile così come è chiaro serve una perequazione da parte della Regione per quei territori come la Gallura a cui tanto è stato negato».

Christian Solinas (Psd’Az) ha espresso “vicinanza al travaglio politico del collega Meloni (Pd) perché è per larga parte il nostro travaglio”. «Noi sardisti – ha aggiunto l’esponente della minoranza – proviamo dispiacere vedere che una riforma così importante è votata solo dalla maggioranza numerica, e nemmeno tutta, del parlamento dei sardiۜ». Christian Solinas ha ricordato le proposte di modifica avanzate ed ha così motivato il voto contrario al provvedimento: non ci sono le condizioni per mutare giudizio negativo espresso inizialmente.

Il capogruppo di Sovranita, democrazia e lavoro, Roberto Desini, ha polemizzato con il suo collega Marco Tedde (Fi) ed ha ribadito soddisfazione politica per l’approvazione dell’articolo 8 della legga laddove si riconosce a Sassari la rete metropolitana e che impegna la Regione nella perequazione. Il consigliere della maggioranza ha quindi preannunciato voto a favore ed ha ammesso: sono partito da una posizione personale differente, dichiarando che non avrei votato una legge dove si istituiva la sola città metropolitana di Cagliari ma dopo il via libera alla rete metropolitana di Sassari ho cambiato idea.

Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu (Udc), ha preannunciato voto contrario ed ha rivolto le congratulazione al collega Meloni (Pd): «Ha dimostrato di avere coraggio e di essere fuori dallo schema dei partiti». Rivolgendosi al consigliere Lotto (Pd) che aveva definito ridicola la proposta di istituire la città metropolitana per tutta l’Isola, Rubiu ha dichiarato: vada a spiegarlo alla vicepresidente del Pd, Serracchiani che ha fatto della sua regione un’unica città metropolitana.

Il capogruppo di Fi, Pietro Pittalis, ha preannunciato voto contrario ed ha affermato che “in questa legge c’è un pensiero debolissimo verso gli Enti Locali della Sardegna”. «Avete i numeri per approvare questo provvedimento – ha proseguito l’esponente della minoranza – ed assumetevi dunque tutte le responsabilità ma smettetela di fare l’opposizione nei vostri territori e la maggioranza in quest’Aula». Pittalis ha definito la riforma «un attentato vero al sistema dei Comuni, relegati a enti di quinto livello, rispetto ad una Regione che più centralista di così si muore».

Il presidente di turno dell’Assemblea, Eugenio Lai (Sel), non essendoci altri iscritti a parlare a posto in testo della legge che è approvato con 29 favorevoli e 17 contrari ed ha quindi dichiarato conclusi i lavori dell’Aula, annunciando la convocazione del Consiglio per lunedì 1 febbraio 2016, alle 16.00, in seduta statutaria.

Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

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Il Consiglio regionale ha approvato oltre 40 articoli del disegno di legge n. 176, che determina la nuova organizzazione degli enti locali.

Stamane la seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Il Consiglio ha approvato, attraverso il voto favorevole di emendamenti presentati dalla maggioranza con il parere favorevole della commissione e della Giunta, la soppressione dell’art. 31 (soppresso), l’art. 32 (“Funzioni della città metropolitana”) e l’art. 33 (soppresso)

L’Aula ha quindi iniziato l’esame dell’art. 33/bis. Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha parlato di un corpus di norme che, a parole, «ha l’obiettivo di per ammodernare il sistema degli enti locali con una sola città metropolitana, mentre poi si focalizza l’attenzione sulla municipalità di Pirri; in altre parole, nel momento in cui si cerca di ottimizzare e razionalizzare tutto finisce col dare spazio anche alle mini spinte campanilistiche, mettetevi la mano sulla coscienza, e chiedetevi se a questo punto non sia il caso di tornare alle circoscrizioni ed ai comitati di quartiere così tutti avranno un contentino».

Successivamente il Consiglio ha iniziato l’esame dell’emendamento n. 1980, sostitutivo totale dell’art. 33/bis.

Il consigliere Gianni Lampis (Misto-Fdi) ha detto che «continua la saga dei nuovi termini, si parla addirittura forum sociali di quartiere e nessuno batte ciglio, si dice prima un fermo no a tutte le sovrapposizioni e poi si moltiplicano organismi con alchimie che non cambiano nulla; anzi si peggiora il quadro istituzionale aumentando disservizi e disagi per cittadini».

Il consigliere Luca Pizzuto (Sel) ha affermato che «fuori dal palazzo si vorrebbe radere al suolo tutti gli strumenti di democrazia ritenuti uno spreco e un danno alle istituzioni, io invece sono a favore della democrazia e rivendico questo emendamento; non è accettabile considerare la rappresentanza un problema, se no si nomina un podestà che lavora da solo magari per 500 euro al mese». I forum sociali di quartiere, ha aggiunto, «sono una risposta alle comunità a costo zero e saranno coordinati dai Comuni, dobbiamo difendere gli spazi di democrazia».

Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) ha dichiarato di condividere alcune argomentazioni di condivido Pizzuto, ricordando anche la sua esperienza in circoscrizione «dove arrivavano molti cittadini ed era un fatto positivo proprio per chi non aveva santi in paradiso e credeva nelle istituzioni; però se esistono strumenti di democrazia utilizziamo quelli che ci sono ma non ne inventiamo altri, oltretutto privi di reali poteri».

Il consigliere Alberto Randazzo (Forza Italia) ha osservato che Pizzuto parla bene ma poi «avalla operazioni molto discutibili come quella di inserire nella pubblica amministrazione gente che non ha fatto un concorso; perciò gli appelli alla democrazia non contano nulla quando poi si fanno marchette con 1.000 persone infilate a forza nelle piante organiche, a dispetto delle decisioni del governo che prevede rigore nelle partecipate».

Il consigliere Ignazio Locci, anch’egli di Forza Italia, ha apprezzato l’intervento di Pizzuto sottolineando però la necessità di essere coerenti, perché con la legge «si sono costruiti meccanismi che escludono i cittadini dalla partecipazione perché tutto ruota attorno al potere dei Sindaci svuotando i consigli comunali; i forum sono quindi un pannicello caldo che scompare di fronte a quanto si è costruito con questa riforma».

Il consigliere Marco Tedde, sempre di Forza Italia, ha osservato che «è vero che la democrazia non è un problema però con la moltiplicazione dei pani e dei pesci la si rende molto più difficile alimentando confusione; la partecipazione obbligatoria non funziona perché perde spontaneità ed efficacia, in definitiva sì alle premesse di Pizzuto ma totale dissenso sulla applicazione pratica del principio».

Il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu ha riconosciuto a Pizzuto di aver stimolato il dibattito con argomenti condivisibili ma solo in linea di principio, «però sembra che sia stato assente in questo mese in cui si è accentrato tutto il potere sulla Giunta, sulla Regione e sulla città metropolitana di Cagliari, non si può confondere democrazia non è demagogia».

Il consigliere dei Riformatori Michele Cossa ha ammesso che Pizzuto parla con finalità nobili ma «gli istituti previsti dalla legge non hanno senza alcuna utilità, perché la partecipazione popolare è un bene ed ha effetti positivi però c’è molta differenza fra le azioni contro la povertà proposte dal gruppo di Sel e le decisioni con cui la Giunta cancella leggi e taglia risorse contro la povertà, Sel dovrebbe aprire gli occhi sulle questioni sostanziali altrimenti non è credibile».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente ha messo in votazione l’emendamento n. 1980 (“Decentramento e partecipazione”) sostitutivo totale dell’art. 33/bis, che il Consiglio ha approvato.

Il relatore della maggioranza, Roberto Deriu (Pd), ha chiesto un rinvio del Capo secondo del disegno di legge 176 insieme con una sospensione dei lavori di 15 minuti. Il presidente ha accordato la sospensione ed alla ripresa l’Aula ha approvato il rinvio al pomeriggio dell’esame degli articoli del Capo secondo, dal 34 al 40 bis.

Aperta la discussione sull’articolo 41 (Abolizione controllo eventuale) e degli emendamenti ad esso presentati, il relatore della maggioranza, Roberto Deriu (Pd), ha espresso parere contrario per tutte le proposte di modifiche tranne che per il 1990 (Deriu-Agus) che sostituisce interamente la precedente formulazione dell’articolo abrogando i commi 3 e 4 dell’articolo 31 delle legge regionale 22/2002 n. 7 (Finanziaria 2002).

La giunta ha espresso parere conforme a quello del relatore e l’Aula non ha approvato gli emendamenti soppressivi totali n. 857-1097-1740-2069 ed ha proceduto con successiva votazione all’approvazione dell’emendamento sostitutivo totale n. 1990 che ha quindi comportato la decadenza di tutti gli altri emendamenti presentati all’articolo 41.

Aperta la discussione sull’articolo 42 (Potere sostitutivo) e degli emendamenti ad esso presentati il relatore della maggioranza ha dichiarato parere contrario a tutte le proposte di modifica tranne che all’emendamento n. 1991 (Deriu-Agus) che riformula totalmente la procedura inerente il potere sostitutivo regionale nel caso di mancata adozione degli atti obbligatori previsti dalla presente legge.

L’assessore degli Enti Locali ha espresso il parere della Giunta: conforme a quello del relatore.

Il consigliere di Forza Italia, Ignazio Locci, ha dichiarato che «l’articolo sull’applicazione del potere sostitutivo appare come un’intrusione della Regione rispetto alla volontà delle comunità locali». «Non si comprende il senso dell’articolo ha concluso l’esponente della minoranza – che cosa significa applicare il potere sostitutivo per i mancati pagamenti?».

Posti in votazione gli emendamenti soppressivi totali n. 858-1098-1741 non sono stati approvati mentre l’Aula ha dato il via libera con 31 sì e 17 contrari all’emendamento sostitutivo totale n. 1991 che ha comportato la decadenza di tutte le altre proposte di modifiche presentate all’articolo 42.

Aperta la discussione sull’articolo 43 (composizione dei consigli comunali e delle giunte comunali) e degli emendamenti ad esso presentati, il relatore della maggioranza, Roberto Deriu (Pd) ha dichiarato parere favorevole per gli emendamenti n. 1992, 1993, 2241, contrario per tutti gli altri ad eccezione del n. 2521 per il quale si è rimesso alla decisione dell’Aula. La Giunta ha espresso parere conforme a quello del relatore che immediatamente dopo ha preso la parole per segnalare che gli emendamenti 2099 e 2962 trattano argomenti di pertinenza dell’articolo 71 ed in quella sede si sarebbero dovuti trattare.

Il presidente del Consiglio ha concordato con la valutazione del relatore della maggioranza ed ha annunciato lo spostamento dei due emendamenti dall’articolo 43 all’articolo 71.

Il consigliere del gruppo misto, Mario Floris (Uds), intervenendo sull’ordine dei lavori, ha definito “inusuale” il modo di procedere: «Andiamo avanti alla cieca e se la maggooranza ha necessità di approfondimenti e riflessione rinviamo al pomeriggio la trattazione degli articoli»

Il presidente del Consiglio ha confermato la regolarità delle procedure adottate per la trattazione e la votazione degli articoli e degli emendamenti.

Ignazio Locci (Fi), intervenendo sulla discussione, ha parlato di “visione unilaterale verso le posizioni del governo” ed ha criticato la scelta della maggioranza di procedere «al ribasso nell’individuare le rappresentanze nei consigli comunali mentre è disponibile agli arrotondamenti al rialzo per i componenti gli esecutivi». Locci ha concluso auspicando una riproposizione del testo originario dell’articolo 43 piuttosto che nella versione contenuta nell’emendamento sostitutivo totale 1992 (Deriu-Agus) ed ha invitato il Consiglio ad adoperarsi per «restituire ruolo alle assemblee locali».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az) ha sottolineato l’importanza delle questioni evidenziate dal consigliere Floris («con questo modo di procedere si perde di vista l’assetto complessivo che va a delinearsi») ed ha criticato la proposta della maggioranza di introdurre i presidenti del consiglio anche nei comuni sotto i 15mila abitanti. «Con questa legge – ha dichiarato l’esponente della minoranza – abbiamo introdotto 50 presidenti delle unioni, abbiamo consiglieri di città metropolitana più di Milano e si sta facendo passare sotto silenzio l’operazione di verticalizzazione e l’accentramento in atto». Christian Solinas ha sottolineato dunque la necessità di un maggiore coordinamento tra le diverse proposte di modifiche.

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori) ha ripreso le considerazioni formulate dal consigliere Christian Solinas ed ha ricordato le proteste che si sono levate contro la proposta del Pd nel parlamento per accorpare tutti comuni con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti. «Oggi sulla stampa – ha aggiungo l’esponente della maggioranza – leggiamo un sondaggio che ci dice che i cittadini sono favorevoli all’accorpamento dei Comuni al di sotto dei 5mila abitanti». «Con questa legge – ha concluso Cossa – si fa un danno alle istituzioni, alla loro credibilità e alla democrazia».

Ignazio Locci (Fi) ha dichiarato voto a favore alla soppressione dell’articolo 43 ed ha lamentato: «Non è concepibile proseguire con questo sistema, non c’è una visione logica né complessiva sulla riforma degli enti locali».

Voto favorevole è stato annunciato anche dal consigliere Gianni Lampis (Misto-Fdi): più ci avviciniamo alla fine dell’articolato più emergono le “marchette”.

Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu (Udc), ha dichiarato voto favorevole: questa legge è pasticciata e confusa e ritengo che continuare su questa strada sia un danno per la Sardegna. Rubiu ha quindi rivolto alla presidenza la richiesta per una sospensione dei lavori.

Il relatore della maggioranza, Roberto Deriu (Pd), intervenendo sull’ordine dei lavori, ha segnalato alla presidenza che al successivo articolo 44 sono stati presentati emendamenti aggiuntivi che non potrebbero essere riferiti a quell’articolo dopo l’eventuale approvazione dell’articolo 43 e che quindi andrebbero discussi con l’articolo 43.

Il presidente Ganau ha concordato con le osservazioni formulate dal relatore ed ha annunciato lo spostamento all’articolo 43 degli emendamenti aggiuntivi n. 2228 e n. 2229.

Posti in votazione gli emendamenti soppressivi totali n. 880-1099-1746 non sono stati approvati.

Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, ha dichiarato di accogliere la proposta del capogruppo Udc, Rubiu, per una sospensione dei lavori: c’è bisogno di mettere ordine sulle modifiche.

Il presidente del Consiglio ha dichiarato sospesi i lavori e ne ha annunciato la ripresa alle 13.

Alla ripresa il presidente Ganau ha ricordato che deve essere posto in votazione l’emendamento sostitutivo totale n. 1992 (Deriu-Agus) a cui sono stati presentanti gli emendamenti aggiuntivi n. 2522, n. 2521 e n. 2539.

Posto in votazione l’emendamento aggiuntivo soppressivo parziale 2539 (Cossa e più) non è stato approvato e il consigliere Roberto Deriu (Pd) è intervenuto per dichiarazione di voto sull’emendamento 2522 (Pizzuto e più). Deriu ha rivolto apprezzamento per l’iniziativa dei consiglieri di Sel che puntava ad aumentare il numero dei consiglieri comunali in tutti i Comuni dell’Isola («le ragioni sono fondate e sono culturalmente importanti»). Il consigliere del Pd ha però preannunciato voto contrario all’emendamento: «L’opinione pubblica non è pronta ed è per questo che voterò contro ma anche io voglio battermi per la democrazia e la rappresentanza e per sovvertire la logica del pensiero unico che tutto sta distruggendo».

Il consigliere di Forza Italia, Ignazio Locci, ha invitato il Consiglio ad una assunzione di responsabilità e a compire scelte coraggiose seppur non in linea con il “senso comune”.

Il consigliere di Sel, Luca Pizzuto; ha dichiarato: «Penso che la classe politica deve dire con coraggio che va contro il luogo comune che dice che noi non serviamo a niente e siamo un pericolo per questo paese». Pizzuto ha però comunicato, «seppur con grande amarezza» il ritiro dell’emendamento («i consigli comunali non sono uno spreco in Sardegna») ed ha dichiarato di rivendicare con “orgoglio” la battaglia.

Pizzuto ha quindi annunciato il ritiro anche dell’emendamento n. 2521 che interveniva sempre, seppur con numeri differenti, sull’ampliamento del numero dei consiglieri comunali nelle assemblee civiche della Sardegna.

Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, ha dichiarato di fare propri i due emendamenti ritirati da Pizzuto e l’Aula (29 no e 14 sì; 29 no e 17 sì) con due successive votazioni non li ha approvati.

Il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, ha quindi presentato un emendamento orale al comma 3 dell’emendamento sostituivo totale n.1992, proponendo di togliere le parole “nella prima seduta del Consiglio” e di aggiungere “senza oneri aggiuntivi”. In sostanza Daniele Cocco ha proposto la non obbligatoria elezione del presidente del Consiglio alla prima seduta nei comuni al di sotto dei 15mila abitanti ed ha proposto che tale incarico sia svolto senza alcun onere aggiuntivo.

L’Aula ha acconsentito alla presentazione della proposta orale che è stata poi approvata con 39 voti favorevoli e 4 contrari.

Posto in votazione l’emendamento sostitutivo totale n. 1992 (Deriu-Agus) che riformula l’articolo 43 e modifica la legge regionale 4|2012 n. 4, è stato approvato con 28 sì e 19 contrari. Il presidente ha quindi annunciato la decadenza di tutti gli emendamenti presentati all’articolo 43 tranne il n. 1993 e 2241.

L’Aula è quindi passata all’esame dell’emendamento aggiuntivo n. 1993 (Deriu-Agus) che propone di affidare agli organi assembleari degli enti locali la definizione degli indirizzi per la designazione e la nomina dei propri rappresentanti presso enti, aziende e istituzioni garantendo il principio della parità di genere.

Ignazio Locci (Forza Italia) ha espresso dubbi sull’individuazione degli enti non elettivi e sui criteri di nomina di persone e professionisti. «Non sono chiare le logiche di questa scelta – ha detto Locci – per far fronte all’esigenza delle nomine negli enti non elettivi si può ricorrere alle leggi ordinarie».

Voto contrario all’emendamento ha annunciato anche il consigliere dell’Udc Gianni Tatti. «Questa proposta – ha detto – non può essere discussa prima di aver esaminato il Capo II della legge dove si parla di nomine negli enti». L’emendamento n. 1993 è stato approvato dall’Aula con 32 voti favorevoli e 16 contrari.

Si è poi passati all’esame dell’emendamento aggiuntivo n. 2241 (Pizzuto e più).

Paolo Truzzu (Fd’I) ha annunciato il suo voto contrario: «Questo emendamento rappresenta la confusione in cui si sta scadendo – ha sottolineato l’esponente della minoranza – siamo al teatro dell’assurdo, questa legge doveva semplificare e dare risposte ai cittadini, oggi si dà invece riconoscimento giuridico ai forum di quartiere. In nome di che cosa? In nome della partecipazione alla democrazia che ci siamo dimenticati negli altri articoli. Il sindaco di Cagliari diventerà anche commissario della provincia di Cagliari governando, di fatto, oltre il capoluogo anche un vasto territorio che va da Carloforte ad Esterzili».

E’ quindi intervenuto Luca Pizzuto (Sel) che ha ritirato l’emendamento aggiuntivo n. 2241.

Il presidente Ganau ha messo in discussione l’articolo 44 “Organo di revisione economico-finanziario”. Dopo aver sentito il parere sugli emendamenti del relatore di maggioranza e della Giunta, il presidente ha dato la parola al consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) che ha suggerito di prevedere per tutti gli enti locali un unico revisore dei conti. «Questa decisione consentirebbe di raggiungere gli obiettivi di risparmio – ha rimarcato Locci – oggi la legge non impone un unico revisore ai comuni superiori a 15mila abitanti. La norma in discussione prevede addirittura un collegio di tre revisori contabili per le unioni dei comuni, aumentando, di fatto, il numero dei revisori. Se si vuole tagliare la spesa pubblica si preveda un revisore unico per tutti gli enti».

Christian Solinas (Psd’Az) ha rivolto un appello al presidente della Commissione Autonomia, Francesco Agus, e al relatore di maggioranza Roberto Deriu: «Fermatevi e riflettete – ha detto Solinas – la vostra furia riformatrice sta generando il caos. Si sta creando un’inutile duplicazione di elenchi. Che senso ha istituire un altro elenco dei revisori dei conti? Così si complica la vita agli enti locali e si appesantiscono le procedure amministrative».

Giudizio condiviso da Paolo Truzzu (Fd’I): «Abbiamo l’occasione per semplificare e rendere la vita più facile alle amministrazioni locali – ha affermato Truzzu – lo si faccia evitando di creare ulteriori guazzabugli».

L’assemblea è quindi passata alla votazione degli emendamenti soppressivi totali n. 899, 1110, e 1760 che sono stati respinti con voti 29 contrari e 17 favorevoli.

Il presidente Ganau ha poi posto in votazione l’emendamento aggiuntivo n. 2506 che ha ottenuto il via libera con 27 sì e 15 no. La norma autorizza l’affidamento di un ulteriore incarico al revisore dei conti che abbia già svolto due mandati consecutivi presso il medesimo ente locale a condizione che sia decorso un triennio dalla scadenza dell’ultimo incarico.

Disco verde infine, sull’emendamento sostitutivo totale n. 1994 (30 sì e 15 no) che disciplina modalità e criteri per la nomina dei revisori dei conti nei comuni e nelle unioni dei comuni.

Al termine della votazione che ha fatto decadere tutti gli altri emendamenti all’articolo 44, il presidente Ganau ha dichiarato chiusa la seduta e aggiornato i lavori alle 16.00.

Alla ripresa dei lavori, il Consiglio ha approvato l’art. 45 (“Pubblicazione delle deliberazioni”) nella versione contenuta nell’emendamento sostitutivo totale n.1995 presentato dalla maggioranza col parere favorevole della commissione e della Giunta.

Voto favorevole anche per l’art. 46 come modificato dall’emendamento sostitutivo totale n. 1996 (“Condizioni per l’istituzione di nuovi Comuni”) presentato dalla maggioranza col parere favore della commissione della Giunta. Il testo rimanda, per limite demografico, al Dlgs 267/2000 (Testo unico degli enti locali).

L’art. 47 (“Fusioni di Comuni”) è stato soppresso dopo l’approvazione dell’emendamento n. 934, anch’esso presentato dalla maggioranza col parere favorevole della commissione e della Giunta.

L’art. 48 è stato approvato con 22 voti a favore e 16 contrari nella versione licenziata dalla commissione. A scrutinio segreto (20 voti a favore e 25 contrari) è stato respinto l’emendamento aggiuntivo n. 2234 (Pizzuto e più) che riguardava il “passaggio in ruolo del personale della lista speciale di cui alla legge regionale n. 3/2008”.

Nel breve dibattito sviluppatosi sulla proposta il primo firmatario dell’emendamento, Luca Pizzuto (Sel), ha dichiarato di volerlo sottoporre al voto dell’Aula, nonostante l’invito al ritiro formulato dal relatore, data la sua importanza legata al destino di molti lavoratori.

Il capogruppo di Sel Daniele Cocco ha criticato l’accoglimento, da parte del presidente, della richiesta di voto segreto perché a suo avviso il consigliere Pizzuto aveva espresso la sua intenzione di voto.

Il presidente Ganau ha sostenuto la fondatezza della sua interpretazione dei regolamento, ritenendo che il consigliere Pizzuto non abbia espresso la sua intenzione di voto ma solo la volontà di sottoporre la sua proposta all’attenzione del Consiglio.

Successivamente l’Assemblea ha iniziato l’esame dell’art. 49 in relazione al quale il relatore Roberto Deriu ha presentato l’emendamento sostitutivo totale n. 1998 con parere favorevole della commissione. L’assessore degli Enti locali cristiano Erriu ha chiesto, ed ottenuto, una breve sospensione della seduta per un approfondimento.

Alla ripresa dei lavori, il relatore Roberto Deriu ha annunciato il ritiro dell’emendamento sostitutivo totale n. 1998, determinando il ritorno al testo dell’art. 49 (“Consorzi”) licenziato dalla commissione. Il testo prevede lo scioglimento dei consorzi costituiti per l’esercizio associato di funzioni sovra comunali; le unioni di Comuni subentreranno in tutti i rapporti attivi e passivi degli stessi, compresi beni mobili ed immobili e personale. Il testo viene integrato dal contenuto dell’emendamento aggiuntivo n. 2222 (Collu e più), anch’esso approvato dall’Aula, che prevede la prosecuzione dell’attività dei consorzi, “limitatamente alla gestione dei servizi comunali”.

L’Aula è quindi passata all’esame dell’articolo 49 bis “Modifiche all’articolo 3 della legge regionale n. 1 del 2005 (Consiglio delle autonomie locali)”. Dopo aver acquisito i pareri del relatore di maggioranza e della Giunta, il presidente Ganau ha dato la parola al consigliere Gianni Tatti (Udc) che ha espresso forti perplessità sul contenuto dell’articolo 49: «La norma non fa che confermare quanto detto finora – ha rimarcato Tatti – i piccoli comuni della Sardegna non conteranno nulla nel sistema degli enti locali».

Subito dopo l’intervento del consigliere Tatti, il presidente Ganau ha sospeso la seduta.

Alla ripresa dei lavori, è intervenuto il relatore Deriu che ha proposto un emendamento orale che sostituisce il primo comma dell’articolo 3 della L.R. n. 1 del 2005 e riguarda le modalità di elezione e la composizione del Consiglio delle autonomie locali. In attesa della distribuzione del testo scritto, il presidente Ganau ha messo in votazione gli emendamenti soppressivi totali n. 952 e 1106 che sono stati respinti. Disco rosso anche per l’emendamento sostitutivo totale (Oppi e più) bocciato con 30 voti contrari e 18 a favore.

Il presidente Ganau ha quindi messo in discussione l’emendamento orale presentato dal relatore della legge che non è stato accolto dall’Aula.

L’Aula è poi passata all’esame dell’emendamento sostitutivo totale n. 1999 (Deriu-Agus) che è stato approvato con 29 sì e 19 no. L’articolo 49 bis, riscritto dall’emendamento sostitutivo, stabilisce che i componenti del Consiglio delle autonomie locali, in carica alla data di entrata in vigore della legge attualmente in discussione, continueranno a restare in carica fino allo svolgimento del secondo turno delle elezioni amministrative indette per il 2016.

L’Aula ha anche approvato l’emendamento soppressivo totale dell’articolo 49 ter e ha invece sostituito il 49 quater (provvidenze a favore delle vittime degli attentati). Approvato l’emendamento sostitutivo totale 2002  all’articolo 49 quinques, sulle funzioni e i limiti della polizia locale.

Il presidente ha poi messo in discussione l’articolo 50 e i suoi emendamenti. Respinti i soppressivi totali e parziali. Approvati gli emendamenti 2545 e 2249 (convenzioni tra la Regione e l’Anci). Approvato, a seguire, anche il testo dell’articolo 50. Sì anche all’emendamento 2003, sugli accordi precedenti tra Upi e Regione, che transiteranno all’Anci Sardegna.

Il presidente del Consiglio è tornato sulla votazione degli emendamenti all’articolo 34 sulle Province, emendamenti che erano stati sospesi in precedenza.

L’on. Alessandra Zedda (Forza Italia)  ha preso la parola: «Qui rischiamo di fare una brutta figura in tutta Italia e non dite che non ve lo avevamo detto. Pensate davvero che questa legge sia applicabile?». Per l’on. Ignazio Locci (Forza Italia) «non è corretto che si costruisca in questo momento un sistema di funzioni in capo al sindaco della città di Cagliari. Con questa norma state dando al sindaco di Cagliari il compito di commissariare la Provincia».

Per l’on. Cossa (Riformatori sardi) «in questi anni tutto è stato fatto dai commissari delle province, tranne che predisporre le funzioni delle province ai soggetti che ne diventeranno destinatari, nonostante i richiami ripetuti che abbiamo fatto. Ma non stiamo facendo un passo avanti nemmeno stavolta per ottenere in futuro questo risultato. Per noi le Province sono tutte sullo stesso piano e non si deve dare nemmeno l’impressione che stiano ricreando le nuove province o i potentati di un tempo».

 Sull’ordine dei lavori, l’on. Roberto Deriu (Pd) ha riconosciuto «meritevoli di una valutazione e di una soluzione da condividere» e ha chiesto al presidente una breve sospensione dei lavori.

I lavori sono stati sospesi. Alla ripresa il consigliere Gianni Tatti (Udc) ha contestato l’impianto della norma. «Non si capisce cosa stiamo andando a deliberare, queste norme sono contradditorie».

L’on. Roberto Deriu (Pd) ha proposto all’Aula un emendamento orale al comma 8 dell’emendamento 2547, «con la previsione di un amministratore straordinario nominato dalla Giunta regionale che riceva le funzioni della disciolta provincia di Cagliari fino al 31 dicembre 2016». Contraria l’opposizione con un intervento dell’on. Alessandra Zedda  ma l’Aula ha approvato l’emendamento 2547 (nomina degli amministratori straordinari della Provincia di Sassari, Nuoro, Oristano e Sud Sardegna) con il correttivo dell’on. Deriu.

Approvato anche l’emendamento 1981 (disciplina transitoria delle Province).

L’assemblea è poi passata all’esame dell’articolo 35 (Aggregazione ad altra provincia) e agli emendamenti presentati all’articolo. Nel dibattito generale sono intervenuti: Michele Cossa (Riformatori) che ha detto che questo articolo è surreale. Perché – ha chiesto – ci imbarchiamo in un processo del genere se stiamo per mettere fine alle province? Riflettiamo. Paolo Truzzu (Misto) ha espresso grossi dubbi. Prima di fare un passo contrario alla volontà delle comunità locali – ha detto – dobbiamo sapere se le comunità locali sono state sentite in merito. Roberto Deriu ha risposto dicendo che le popolazioni sono state sentite e che hanno espresso parere favorevole ad aderire alla provincia sud Sardegna. L’emendamento 702 è stato bocciato. Sull’emendamento 2534 (su cui c’era un invito al ritiro) è intervenuto il consigliere Meloni che ha dichiarato di non ritirarlo perché sarebbe un piccolo riconoscimento ai territori penalizzati da questa legge. L’emendamento è stato bocciato. Approvato, invece, l’emendamento 2548 che sopprime il comma 3 dell’articolo 35 (sì 29, no 14, 1 astenuto). Via libera anche all’emendamento 1982 sostitutivo totale dell’articolo 35 (circoscrizioni provinciali). Questo emendamento ridisegna il nuovo assetto provinciale prevedendo la Provincia Sud Sardegna, corrispondente a quella della provincia di Cagliari, esclusi i comuni appartenenti alla città metropolitana di Cagliari ed elencando i comuni che faranno parte della provincia di Oristano, del Sud Sardegna e prevedendo che sono aggregati alla provincia comprendente il comune di Olbia, i comuni di Budoni e San Teodoro. L’articolo 36 (organi della provincia) è stato soppresso dall’approvazione dell’emendamento 714. Sull’articolo 37 (Presidente), dopo la bocciatura dell’emendamento 715, sono stati approvati gli emendamenti 2504 (emendamento all’emendamento 1984) che aggiunge al comma secondo il numero “60” e il 1984, sostitutivo totale dell’articolo 37. Con l’approvazione dell’emendamento 1984 sono decaduti gli altri emendamenti all’articolo. Sull’articolo 38 (Consiglio provinciale) sono stati bocciati gli emendamenti 742, 2520, 2549 mentre sono stati approvati gli emendamenti 1985, che sostituisce integralmente l’articolo 38, il 2549 che modifica il comma 5 dell’emendamento 1985 prevedendo che, in sede di prima applicazione le elezioni dei presidenti delle province e dei consigli provinciali siano indette dal presidente della regione non oltre il 15 novembre 2016 per una data compresa tra il decimo e il trentesimo giorno dalla indizione. Approvato anche il 2505 che aggiunge al comma 3 dell’emendamento 1985, prima del numero 70, il numero 69. Alessandra Zedda (Forza Italia) ha dichiarato di ritirare tutti gli emendamenti della minoranza presentati all’articolo 39. L’aula ha poi approvato l’emendamento 1986, sostitutivo totale dell’articolo 39 sul voto ponderato.

Il vicepresidente Antonello Peru ha interrotto la seduta. Il Consiglio è convocato martedì alle ore 11.00. All’esame dell’Aula l’articolo 40.

Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

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Questo pomeriggio il Consiglio regionale ha approvato l’istituzione della città metropolitana di Cagliari. L’Assemblea ha approvato, col parere favorevole della commissione e della Giunta, gli emendamenti 2516 (“trasferimenti a favore delle unioni dei Comuni che comprendono una o più isole minori”) e 2526 (“quote aggiuntive di finanziamento per i Comuni del sub ambito isolano”) che modificano in parte l’emendamento sostitutivo totale dell’art. 18 n. 1965 (“Finanziamenti per l’esercizio associato di funzioni”).

Il consigliere Gianni Lampis, intervenendo sull’ordine dei lavori, ha ricordato che questa mattina la seduta era stata sospesa, su proposta del relatore, per definire i contenuti di un emendamento di sintesi fra due proposte, una di maggioranza ed una di opposizione, riguardanti l’area di crisi del Medio Campidano. Adesso c’è, ha protestato, «ma viene dichiarato inammissibile, non ci spieghiamo i motivi di questa procedura singolare».

Il presidente ha ricordato che stamattina il contenuto non era stato definito e di conseguenza non era possibile alcuna valutazione dell’emendamento.

Subito dopo, il Consiglio ha approvato per alzata di mano l’emendamento n. 1965 sostitutivo totale dell’art.18, determinando la decadenza di tutti gli emendamenti collegati.

L’Aula ha quindi ripreso l’esame dell’art. 15.

L’assessore degli Enti locali Cristiano Erriu, riprendendo un argomento segnalato stamane dal consigliere di Forza Italia Giuseppe Fasolino, ha proposto a nome della Giunta un emendamento orale all’art.18 riguardante il Comune di Golfo Aranci. La proposta, ha precisato Erriu, «consiste in una deroga all’obbligo di contiguità fra Comuni sottoposta a verifica da parte dell’assessorato con le amministrazioni interessate; in questo modo si eliminano anche i problemi di accesso al fondo unico»

Il consigliere dei Riformatori sardi Michele Cossa ha apprezzato la disponibilità dell’assessore, osservando però che la definizione è ancora troppo complessa: «se quello di Golfo Aranci è l’unico caso in Sardegna, meglio chiamare le cose con il loro nome».

Il relatore Roberto Deriu ha espresso parere favorevole.

Il presidente ha quindi messo in votazione l’emendamento orale, che il Consiglio ha approvato con 29 voti favorevoli e 4 contrari.

L’Aula ha poi ripreso l’esame dell’art.15 e, in particolare, dell’emendamento di sintesi. Subito dopo, il presidente ha disposto una breve sospensione della seduta.

Alla ripresa dei lavori il relatore ha espresso il parere sugli emendamenti presentati fornendo su tutti una valutazione negativa, fatta eccezione per il sostitutivo totale n. 1962 (“Organizzazione e funzionamento delle unioni dei Comuni”), l’emendamento di sintesi n.2540 (“individuazione dei dirigenti anche fra quelli di ruolo delle comunità montane”), il n. 2530 (“individuazione dei dirigenti anche nelle città medie”) e 2531 (“termine del 30 giugno 2016 per l’entrata in vigore delle centrali uniche di committenza”).

Il consigliere dei Riformatori sardi Michele Cossa ha osservato, formulando un emendamento orale, che pur trattandosi di una norma molto tecnica, «c’è una contraddizione fra il quinto ed il sesto comma sui dirigenti nelle unioni dei Comuni e nelle reti urbane e metropolitane; in particolare, al quinto si dice che possono provenire dalle province ed iscritti all’albo dei segretari comunali, mentre nel sesto si dice oppure iscritti all’albo, meglio mantenere la congiunzione».

Il relatore Roberto Deriu ha espresso parere negativo; sottoposta al voto dell’Aula, la proposta è stata respinta.

Il consigliere Mario Floris (Misto) ha affermato che «con tutta la minoranza abbiamo tirato i remi in barca perché la maggioranza ritiene di avere sempre ragione, prendendo atto che quella in discussione non è una grande riforma come dimostra la sequenza degli emendamenti». Il governo, ha ricordato, «sta elaborando un Testo unico in materia di società partecipate che porrà molto il problema dei dipendenti, di queste società e, per quanto ci riguarda, avrà un impatto molto forte sui dipendenti delle vecchie province; il testo in esame non si concilia con quanto stiamo facendo e sono allibito per questo modo di procedere».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha messo in luce che «alcuni emendamenti raccolgono le segnalazioni emerse dal dibattito, in particolare su funzionamento e l’organizzazione delle unioni». Assistiamo, ha continuato, «ad un rallentamento del percorso di riordino territoriale ed avevamo previsto che la proroga al 30 gennaio dell’entrata in vigore delle centrali uniche di committenza ci avrebbe trovati impreparati; il problema anche se si sposta la scadenza più avanti, di fatto ammettendo che la rete di riordino non sarà in condizioni di efficienza per effetto della tante modifiche introdotte, a cominciare da quelle temporali, e il risultato sarà di aumentare ancora la confusione».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni, dopo aver premesso di non voler discutere dell’opportunità dell’emendamento orale del collega Cossa, ha richiamato il Consiglio ad una maggiore attenzione, «perché in definitiva si sta cercando di fare una riforma che duri nel tempo per migliorare il lavoro degli Enti locali ed è necessario sotto questo profilo prestare attenzione al precariato nel momento in cui si modificano gli assetti istituzionali». Io penso, ha aggiunto, «che si sia andati oltre nell’individuazione dei dirigenti alimentando conflitti e interessi personali, mentre qualunque ente deve poter individuare la propria pianta organica in autonomia in base alle proprie funzioni».

Il vice capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda, ha definito l’articolo e gli  emendamenti espressione della «solita schizofrenia della maggioranza senza alcuna volontà di fare una vera riforma, ignorando oltretutto la legge 25/2014 che non ha avuto attuazione in materia di personale». Sarà tecnicamente difficile, secondo la Zedda, «definire anche un abbozzo di pianta organica delle unioni dei Comuni che prima non c’erano ed implementare i processi di mobilità». Quanto alla qualità delle scelte compiute, il vice capogruppo di Forza Italia ha ricordato la profonda differenza fra i compiti dei segretari comunali e quelli dei dirigenti, che peraltro operano solo nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti mentre nelle unioni si individua un tetto di 10.000 abitanti, i conti non tornano, se non quelli di una grande confusione».

Subito dopo il Consiglio ha cominciato l’esame dell’emendamento di sintesi n. 2540 che assorbe gli emendamenti n. 2529 e n. 2449

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha proposto una modifica orale al testo, con lo scopo di eliminare la forzatura della presenza di un dirigente nei Comuni più piccoli, suggerendo di introdurre un passaggio che preveda la presenza di un dirigente apicale solo nelle unioni dei Comuni con popolazione superiore ai 15000 abitanti.

Il vice capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda ha espresso parere favorevole.

Il presidente ha poi disposto una breve sospensione della seduta.

Alla ripresa dei lavori il consigliere Mario Floris (Misto) si è espresso in modo contrario alla proposta.

Il Consiglio ha quindi approvato l’emendamento n. 2540 con 29 voti favorevoli e 17 contrari e, a seguire, sono stati approvati anche gli emendamenti nn. 2530 e 2531.

Al termine di quest’ultimo scrutinio, l’Assemblea ha respinto una serie di emendamenti dell’opposizione ed approvato, con 30 voti favorevoli e 20 contrari, l’emendamento n.1962, sostitutivo totale dell’art.15 (“Organizzazione e funzionamento delle unioni dei Comuni”).

Dopo la votazione il Consiglio ha iniziato l’esame dell’art 16.

L’Aula è poi passata all’esame dell’art 16 “Funzioni fondamentali dei comuni esercitate dall’unione”.

Dopo aver sentito il parere del relatore di maggioranza e della Giunta, il presidente Ganau ha messo in votazione gli emendamenti soppressivi 339, 1069 e 1549 che  sono stati respinti. Disco rosso anche per il soppressivo parziale n. 2453.

L’Aula ha invece approvato l’emendamento sostitutivo totale n. 1963 (Deriu Agus).

L’articolo 16, così riscritto, dichiara il sostegno della Regione ai piccoli comuni e al rafforzamento delle unioni per la gestione associata delle funzioni. Le unioni presenteranno un piano triennale con l’indicazione delle funzioni da svolgere in forma associata. Le modalità di presentazione del Piano saranno stabilite dalla Conferenza permanente Regione-Enti Locali. In caso di mancato rispetto dell’obbligo di gestione associata, dopo aver assegnato agli enti inadempienti 20 giorni di tempo per provvedere, la Regione potrà esercitare i poteri sostitutivi previsti dalla legge.

Si è quindi passati all’esame dell’articolo 19 “Finanziamento per spese di investimento in forma associata” che è stato cassato dopo l’approvazione degli emendamenti soppressivi totali n.406, 1072, 1569 e 1966.

Il presidente Ganau ha poi messo in discussione l’art. 20 “Parametro di svantaggio socio-economico dell’unione di comuni”. Sul contenuto della norma è intervenuto il consigliere dell’Udc Gianni Tatti che ha criticato i parametri di disagio in base ai quali ripartire le risorse fra le unioni dei comuni. «Non si può parlare di densità abitativa, incidenza della superficie agricola etc – ha detto Tatti –  sono cose che dovrebbero far rivoltare il Consiglio regionale rappresentato anche da consiglieri che vengono dal centro Sardegna. Questi parametri penalizzano quei territori». L’articolo è stato soppresso a seguito dell’approvazione degli emendamenti soppressivi totali nn. 428, 1073, 1578, 1967.

Si è poi messo in discussione l’art. 22 “Incentivi alle pluriattività e tutela delle vocazioni del territorio”. Anche in questo caso l’Assemblea ha deciso per la soppressione della norma con l’approvazione degli emendamenti  n.455, 1074, 1597 e 1968, votati a scrutinio palese su richiesta del consigliere del Psd’Az Christian Solinas.

Stessa sorte per l’art.23 “Servizi di prossimità”, abrogato in seguito al via libera agli emendamenti soppressivi totali 463, 1075, 1601, 1969.

Si è quindi aperta la discussione sull’art. 24 “Istituzione della città metropolitana di Cagliari”. Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha definito questo articolo “uno dei punti cardine della legge”. Tedde ha contestato la scelta del capoluogo. «Se doveva esserci una sola città metropolitana questa doveva essere nel Nord Sardegna – ha sostenuto il consigliere di minoranza – in quel territorio ci sono due aeroporti, tre porti, gli unici distretti industriali della Sardegna (sughero e granito). 3 parchi naturali. Cagliari ha già preso decine di milioni di euro. Pirri, per il dissesto idrogeologico, ha avuto 29 milioni di euro. Questo è un articolo offensivo per il centro e il nord Sardegna».

I lavori dell’Aula sono stati sospesi per alcuni minuti a causa di un malore improvviso che ha colpito il relatore di maggioranza Roberto Deriu, subito soccorso dal presidente Ganau e dagli altri consiglieri. Alla ripresa dei lavori il consigliere Deriu ha ripreso il suo posto tra i banchi della maggioranza.

Il capogruppo dell’Udc Gigi Rubiu ha espresso vicinanza a Deriu e, visibilmente scosso dall’accaduto, deciso di rinunciare al suo intervento. Stessa decisione è stata assunta da Alessandra Zedda (Forza Italia).

Si è quindi passati alla votazione degli emendamenti soppressivi totali n. 472, 1077, 1604 che sono stati respinti. Bocciati, in rapida successione, anche gli emendamenti (2464, 2465, 2497, 2467, 2498, 2499, 2468) all’emendamento 1970.

L’emendamento sostitutivo totale 1970 ha invece ottenuto il via libera determinando la decadenza di tutti gli altri emendamenti. L’articolo 24, riscritto dall’approvazione del sostitutivo totale, istituisce la Città Metropolitana di Cagliari di cui faranno parte, oltre al capoluogo, i comuni di Assemini, Capoterra, Elmas, Monserrato, Quartu Sant’Elena, Quartucciu, Selargius, Sestu, Decimomannu, Maracalagonis, Pula, Sarroch, Settimo S. Pietro, Sinnai, Villa San Pietro e Uta.

Si è poi passati alla votazione dell’articolo 25 “Distacco dalla città metropolitana” che è stato soppresso in seguito all’approvazione degli emendamenti soppressivi totali n.481, 1078, 1608, 1971, 2030, 2073.

Il presidente Ganau ha poi aperto la discussione sull’art. 26 “Successione della città metropolitana alla Provincia”. Il relatore Roberto Deriu (Pd) ha dato il parere sugli emendamenti e chiesto un chiarimento ad Alessandra Zedda (Forza Italia), firmataria dell’emendamento n.2536 all’emendamento 1972.

La consigliera azzurra ha spiegato che la proposta mira a dare pari dignità a tutti i dipendenti delle province soppresse. «Non capisco  – ha detto – perché debbano essere precluse determinate procedure ad alcuni dipendenti e consentite solo a quelli della provincia di Cagliari». Ottenuti i chiarimenti, il relatore, sentita la Giunta, ha dato parere favorevole all’emendamento n. 2563 che è stato approvato. Bocciati invece i soppressivi totali n.489, 1079 e 1611. Disco rosso anche per gli emendamenti (nn. 2469 e 2470) all’emendamento 1972.

Approvato l’emendamento n. 2509 (Comandini e più) all’emendamento n. 1972 che chiedeva di prevedere anche un elenco del personale impiegato presso le società in house tra i documenti che il commissario della Provincia di Cagliari dovrà trasferire all’assessorato competente in vista del subentro della città metropolitana alla provincia di Cagliari.

Il presidente ha poi messo in discussione l’emendamento sostitutivo totale n. 1972 che è stato approvato. La norma stabilisce che, entro dieci giorni dall’approvazione della legge, la città metropolitana subentra alla provincia di Cagliari e succede ad essa in tutti i rapporti attivi e passivi e nell’esercizio delle funzioni ad essa attribuite. Il Commissario della provincia avrà l’obbligo di trasmettere all’assessorato competente, entro 35 giorni: 1) l’elenco dei beni mobili e immobili; 2) il rendiconto della gestione dell’ultimo esercizio finanziario; 3) la situazione di bilancio aggiornata; 4) l’elenco dei procedimenti in corso; 5) l’elenco del personale, suddiviso per categoria, a tempo indeterminato, determinato e con altre tipologie di contratto; 6) l’elenco del personale delle società in house.

Aperta la discussione sull’articolo 27 (statuto delle città metropolitana) e sugli emendamenti presentati il relatore di maggioranza, Roberto Deriu (Pd) ha dichiarato parere contrario per tutti gli emendamenti tranne che per il 1973 (Deriu-Agus) che sostituisce totalmente la precedente formulazione del testo e stabilisce dunque le norme fondamentali dell’ente, le attribuzioni agli organi, le loro competenze e l’articolazione, nonché disciplina e regola rapporti tra i comuni e la città metropolitana e forme congiunte di organizzazione e sistemi di raccordo con le unioni di comuni contermini.

La Giunta ha dichiarato parere conforme con quello del relatore e il presidente dell’assemblea ha posto in votazione gli emendamenti soppressivi totali n. 508=1080=1615 che non sono stati approvati così come l’emendamento 2471 che si proponeva di emendare l’emendamento 1973. Quest’ultimo è stato quindi approvato e il presidente Ganau ha dunque dichiarato decaduti tutti gli altri emendamenti presentati all’articolo 27 del Dl 176.

Aperta la discussione sull’articolo 28 (organi della città metropolitana) e sugli emendamenti ad esso presentati, il relatore Deriu (Pd) ha dichiarato parere favorevole per gli emendamenti soppressivi totali n.525=1081=1619=1974 che sono stati approvati (con parere favorevole anche della Giunta) e che hanno comportato la decadenza di tutti gli altri emendamenti presentati.

Aperta la discussione sull’articolo 29 (sindaco metropolitano) e sugli emendamenti ad esso presentati, il relatore di maggioranza ha dichiarato parere contrario per tutti gli emendamenti tranne che per il sostitutivo totale n. 1975 (Deriu-Agus) che riformula per interno, rispetto alla precedente versione, compiti e funzioni del sindaco della città metropolitana.

La Giunta ha dichiarato parere conforme a quello del relatore e  l’Aula non ha approvato gli emendamenti soppressivi totali n. 529=1082=1620 ed anche l’emendamento n. 2472 che emendava il n. 1975. Quest’ultimo posto in votazione è stato approvati ed il presidente ha quindi dichiarato decaduti tutti gli altri emendamenti presentanti all’articolo 29.

Aperta la discussione sull’articolo 30 (Consiglio metropolitano) e sugli emendamenti ad esso presentati, il relatore di maggioranza, Roberto Deriu (Pd) ha dichiarato parere contrario per tutte le proposte di modifiche tranne che per l’emendamento n. 1976 (Deriu-Agus) che riformula il testo che disciplina compiti e funzioni del consiglio metropolitano. Il relatore ha quindi richiesto chiarimenti ai presentatori dell’emendamento n. 2532 che emenda il comma 2 dell’articolo 30 come proposto dal n. 1976.

Il consigliere Stefano Tunis (Fi) ha spiegato che la modifica ha l’obiettivo di “costruire in capo alla città metropolitana una forma di governo agganciato alla rappresentanza. Siamo convinti che la città metropolitana deve trovare le maggiori capacità di coinvolgimento delle popolazioni”.

Il relatore Deriu ha formulato parere contrario e la Giunta parere conforme a quello del relatore.

Il presidente ha quindi posto in votazione gli emendamenti soppressivi totali n. 545=1083=1626 che non sono stati approvati mentre l’emendamento n. 2532 (Tunis e più) che emenda l’emendamento sostitutivo totale n. 1976 è stato approvato a scrutinio segreto con 25 a favore e 23 contrari e così sostituisce il comma 2 “Il consiglio metropolitano è composto dal sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri pari a quelli eletti nel Comune di Cagliari”. Nella formulazione dell’emendamento 1976 il consiglio metropolitano era invece composto da sindaco e da quattordici consiglieri.

Posto in votazione l’emendamento 1976, emendato dal 2532, è stato approvato e tutti gli altri emendamenti sono stati dichiarati decaduti.

Il presidente Gianfranco Ganau ha dichiarato conclusi i lavori ed ha riconvocato il Consiglio per domani, giovedì 21 gennaio, alle 10.00.

Palazzo del Consiglio regionale 2014 2 copia

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Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

Prosegue, in Consiglio regionale, l’esame del D.L 176/A sul riordino degli Enti locali. 

Stamane la seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha proseguito l’esame dell’ordine del giorno, con l’art. 9 (“Ordinamento dell’unione”) del Dl n.276/A-Giunta regionale-“Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna”.

Il presidente ha quindi dato la parola al relatore Roberto Deriu (Pd) per comunicare all’Aula il parere sugli emendamenti. Deriu ha espresso parere contrario su tutti, fatta eccezione per il n.1956 che definisce sia la governance che le funzioni delle unioni dei Comuni. A nome della Giunta, l’assessore degli Enti locali Cristiano Erriu ha espresso parere conforme.

Aprendo la discussione generale Daniela Forma, del Pd, ha auspicato «un passo in avanti rispetto allo schema esistente, che finora ha comportato un ruolo preminente ed esclusivo dei Sindaci; occorre un allargamento a tutti gli eletti perché la rappresentanza non può essere delegata solo a questi ultimi ma deve essere aperta alle donne ed agli uomini che hanno scelto di mettersi al servizio della comunità». Questo eviterebbe inoltre, ha concluso, «sia un sovraccarico di ruoli e funzioni per i Sindaci che un oggettivo sbarramento per l’accesso alla politica, che nei fatti sarebbe appannaggio solo di pensionati e disoccupati».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az), dopo aver condiviso alcune osservazioni della Forma ha inquadrato il problema relativo al «sostanziale trasferimento di competenze dalle vecchie province ai Comuni od alle unioni di Comuni e su questo punto è necessaria una riflessione comune sul come saranno gestite tali funzioni, nella migliore delle ipotesi a parità di risorse». L’esperienza, ha ricordato, «ci dice che non è vero che costino meno, anzi la Corte dei conti ha registrato un aumento dei costi e questa indicazione deve spingere il Consiglio ad approfondire l’argomento». Solinas si è poi soffermato su un passaggio contenuto nel comma 7 del testo, che a suo avviso «ha una formulazione sibillina, nel senso che parla genericamente della successione nei rapporti giuridico-amministrativi fra province e Comuni, mentre è un punto molto complesso che va chiarito». Il consigliere sardista ha annunciato infine il ritiro dei suoi emendamenti.

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha sostenuto che la tesi della consigliera Forma va al cuore del problema, «perché questa sembra la stagione (anche per una tendenza nazionale) dei Sindaci tuttofare che appaiono come una sorta di partito, mentre sarebbe corretto redistribuire qualche funzione perché questo può aiutare a tenere in equilibrio il sistema ed assicuragli un livello adeguato di efficienza». Anche, per evitare, ha aggiunto, «che il comune cittadino non trovi mai il Sindaco laddove dovrebbe essere, cioè presso la sua comunità; non stiamo togliendo nulla ma distribuendo in modo diverso il carico di lavoro che arriverà in capo agli Enti locali».

Il consigliere Roberto Deriu (Pd) in apertura ha chiarito che «il comma 7 citato da Solinas, va inteso nel senso che la successione di cui si parla riguarda principalmente le funzioni delle province ed inoltre, in caso di disaccordo, è previsto un potere sostitutivo della Regione». Sul tema della redistribuzione dei ruolo all’interno delle unioni di Comuni, Deriu ha riconosciuto che «il tema non è affatto marginale ma importantissimo, si tratta di una discussione che si è svolta in molte sedi tenendo presente la necessità di un passaggio equilibrato fra un sistema eletto direttamente ed uno che poggia su elezioni di secondo grado; per questo è previsto sia pure parziale per i consiglieri che non corrisponde del tutto alla proposta molto più espansiva della Forma». Al termine del confronto, ha concluso Deriu, «la tesi prevalente è stata quella di concentrare sui Sindaci ruoli di responsabilità e garanzia; il tema va comunque sviluppato ancora, magari in altre occasioni».

Il consigliere Gianni Lampis (Misto-Fdi) ha messo in evidenza che «l’articolo fa emergere un dato di fatto, non si muove foglia che il Sindaco non voglia, come hanno ricordato interventi precedenti; è un errore perché ruoli e responsabilità vanno attribuiti anche a quanti hanno raccolto consenso, in modo da far crescere una nuova classe dirigente e a consolidare il rapporto fra istituzioni e cittadini». I Sindaci, secondo Lampis, «avranno più lavoro senza personale e senza risorse, cosa che si tradurrà in una peggiore qualità dei servizi ed in una risposta negativa alla domanda fortemente espressa dai cittadini».

Il vice capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda si è espressa in modo contrario all’impostazione dell’articolo soprattutto per ciò che riguarda la parte finanziaria, ricordando che «l’impegno politico va riconosciuto ma attenzione alle doppie indennità; inoltre, immaginare una semplice successione nelle funzioni non basta a garantire servizi efficienti, anche perché la storia dice che la Regione non ha mai risolto un solo conflitto fra province». Piuttosto, ha auspicato in conclusione, «occorre prestare più attenzione ai problemi del personale e per questi motivi c’è da intervenire sul testo in modo molto radicale».

Il Consiglio, dopo aver respinto una serie di emendamenti dell’opposizione, ha quindi iniziato l’esame dell’emendamento n.1956 (sostitutivo totale dell’art. 9), con parere favorevole della commissione e della Giunta, che disciplina l’organizzazione e le funzioni delle unioni dei Comuni.

Per dichiarazione di voto, il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha parlato di un «emendamento tagliola fatto anche in modo puerile perché non ha ragion d’essere, dato che sarebbe stato sufficiente menzionare l’art.6 del Testo unico sugli Enti locali in materia di procedure e contenuto degli statuti delle unioni». Siamo di fronte ad un espediente legittimo sul piano regolamentare, ha continuato, «ma in realtà un abuso del diritto perché mette il bavaglio all’opposizione così come è stata messa la sordina a molte parti della società sarda interessate a questa riforma; un fatto negativo indice di timore, lo stesso che attraversa con motivazioni diverse molti consiglieri di maggioranza».

Il consigliere Giuseppe Fasolino, anch’egli di Forza Italia, ha affermato che «i Comuni non sono solo i Sindaci ma anche moltissimi consiglieri che si dedicano alla cosa pubblica, così li stiamo svuotando da ogni ruolo civile snaturando anche la storia della Sardegna; non so cosa potrete raccontare ai Sindaci quando capiranno e si lamenteranno di non poter fare più niente con lo stesso fondo unico all’interno del quale, nello schema previsto, non sarà impossibile fare ripartizioni in modo corretto».

Il consigliere Ignazio Locci, sempre di Forza Italia, ha definito la norma in esame «comunque coerente con la proposta nazionale del Pd di accorpare e quindi sopprimere molti Comuni a cominciare dai più piccoli, privandoli fra l’altro delle loro competenze sugli appalti; tutto questo sarà la pietra tombale su molti Comuni della Sardegna e questo processo di demolizione comincerà proprio con questa legge».

Il consigliere Edoardo Tocco, Forza Italia, ha auspicato che la maggioranza ascolti «il grido di dolore che arriva dai Comuni, superando gli ordini di scuderia e recuperando il buon senso», prefigurando che «si arriverà al paradosso di un Sindaco che indosserà la fascia tricolore, simbolo dello Stato, ma non potrà rappresentare concretamente nulla, è una umiliazione della nostra autonomia».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente ha messo in votazione l’emendamento n. 1956 sostitutivo totale dell’art. 9, che il Consiglio ha approvato con 30 favorevoli e 18 contrari, determinando la decadenza di tutti gli altri emendamenti.

Aperta la discussione sull’articolo 10 (regolamenti) e sugli emendamenti presentati, il relatore, Roberto Deriu (Pd), ha dichiarato parere favorevole agli emendamenti soppressivi totali 273, uguale al 1063, uguale al 1522, uguale al 1957 e contrario per tutti gli altri.

L’assessore degli Enti Locali, Cristiano Erriu, ha dichiarato parere conforme a quello del relatore della maggioranza.

Posto il votazione l’emendamento 273 (Christian Solinas, Psd’Az)  è stato approvato con 42 sì e 4 no ed il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha dichiarato soppresso l’articolo 10 e decaduti tutti gli altri emendamenti presentati.

Aperta la discussione sull’articolo 11 (Organi dell’unione) e sugli emendamenti, il relatore Deriu ha dichiarato parere favorevole per l’emendamento soppressivo totale n. 277, uguale al 1064, uguale al 1524, uguale 1958 e contrario per tutti gli altri emendamenti. La Giunta ha dichiarato parere conforme con quello espresso dal relatore della maggioranza e l’Aula con 44 voti favorevoli e 2 contrari ha approvato l’emendamento 277 (Christian Solinas, Psd’Az) che ha soppresso l’articolo 11.

Posto in discussione l’articolo 12 (Assemblea dei sindaci) e gli emendamenti il relatore di maggioranza, Roberto Deriu (Pd), ha dichiarato parere contrario per l’emendamento 281, uguale al 1065, uguale al 1527 ed ha invitato al ritiro la presentatrice degli emendamenti n. 35 e 36. Parere contrario anche al 1528, favorevole invece per il 1959 (Deriu-Agus) che sostituisce così sostituisce l’articolo 12: “L’assemblea dei sindaci è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo dell’unione. L’assemblea è formata dai sindaci dei comuni associati o da un loro delegato tra coloro che sono consiglieri comunali”.

Il relatore ha espresso parere contrario all’emendamento all’emendamento 1959, n. 2440, 2437 e 2492. Invito al ritiro per il 2479 , 2107 e 2260.

Parere contrario per i soppressivi parziali dal n. 282 al numero 292. Invito al ritiro per gli emendamenti n. 1928 e 1929 e contrario per l’emendamento 2017. La Giunta ha dichiarato parere conforme a quello del relatore e l’Aula non ha approvato (18 sì e 31 no) l’emendamento 281=1065=1527 e successivamente non ha approvato (18 sì e 29 no) il 1528 sul quale era intervenuto il consigliere del gruppo misto, Gianni Lampis (FdI) per auspicarne l’approvazione al fine di “garantire ruolo e funzioni ai consiglieri comunali”. Successivamente l’Aula non ha approvato (30 contrari e 18 a favore) il 1883, l’emendamento 2440 che emendava il 1959 (17 sì e 31 no), il 2437 (20 sì e 29 no) e il 2492 (19 sì e 30 no). Via libera, invece, con 31 favorevoli e 19 contrati all’emendamento sostitutivo totale n. 1959.

Aperta la discussione sull’articolo 13 (Giunta) e sugli emendamenti, il relatore di maggioranza ha dichiarato parere contrario per tutte le proposte di modifica tranne che per l’emendamento 1960 (Deriu-Agus) che sostituisce per intero la precedente formulazione dell’articolo 13 rimandando allo statuto dell’unione “il numero dei componenti della Giunta in modo da assicurare adeguata rappresentanza dei comuni e adeguata rappresentanza di genere”.

Deriu ha invitato al ritiro la presentatrice dell’emendamento 2480 e la Giunta ha espresso parere conforme.

Posto in votazione l’Aula non ha approvato (17 sì e 30 no) l’emendamento 293=1523=1066; gli emendamenti all’emendamento 1960, n. 2441-2442; 2443; e 2493. La consigliera Forma (Pd) ha annunciato il ritiro dell’emendamento 2480 e il Consiglio ha approvato l’emendamento sostitutivo totale 1960. Dichiarati decaduti tutti gli altri emendamenti, il presidenti ha aperto la discussione sull’articolo 14 (presidente) e sugli emendamenti ad esso presentati.

Il relatore Deriu (Pd) ha espresso parere  contrario per tutti gli emendamenti tranne che per l’emendamento 1961 (Deriu-Agus) che sostituisce la precedente versione dell’articolo 14 rimandando allo statuto la durata in carica del presidente dell’unione dei comuni. Invito al ritiro (successivamente accolto) è stato rivolto alla consigliera Forma (Pd) per gli emendamenti 2481 e 2482. La Giunta ha dichiarato parere conforme a quello del relatore e l’Aula non ha approvato, con distinte votazioni, gli emendamenti 300=1067=1537; 2441=2445. Approvato con 28 sì e 19 no, l’emendamento sostitutivo tale n. 1961 che ha fatto così decadere tutti gli altri emendamenti presentati.

Ha assunto la presidenza il vicepresidente Antonello Peru.

La discussione degli articoli 15 (Organizzazione e funzionamento) e 16 (funzioni fondamentali dei comuni esercitate dall’unione), su richiesta rispettivamente dei consiglieri Alessandra Zedda (Fi) e Attilio Dedoni (Riformatori) è stata rinviata al pomeriggio per consentire alcuni approfondimenti tecnico-politici.

L’Aula è quindi passata all’esame dell’art. 17 “Funzione delegate dell’Unione”. Dopo aver chiesto il parere sugli emendamenti al relatore di maggioranza e alla Giunta, il presidente Peru ha dato la parola al consigliere Christian Solinas (Psd’Az) che ha chiesto chiarimenti sulle dichiarazioni del relatore: «E’ stato dato parere favorevole solo sull’emendamento n. 1964 – ha detto Solinas – ci sono però alcuni emendamenti identici che non hanno ottenuto il via libera».

Il relatore di maggioranza Roberto Deriu ha spiegato che si è trattato di una svista e confermato il parere favorevole agli emendamenti con lo stesso contenuto del n.1964.

Il presidente Peru ha quindi messo in votazione l’emendamento soppressivo totale dell’art 17 che è stato approvato con 48 favorevoli e 5 contrari.

Ha assunto la presidenza il presidente Ganau che ha messo in discussione l’art. 18 “Finanziamenti per l’esercizio associato di funzioni”.

Il consigliere Fasolino (Forza Italia) ha invitato i sindaci presenti tra i banchi della maggioranza ad intervenire nella discussione: «Siamo arrivati al dunque – ha detto l’esponente azzurro – parliamo della spartizione del Fondo Unico tra comuni e Unione. Su questo deciderà la Giunta, sarebbe invece opportuno che decidesse il Consiglio, in questo modo avremmo l’opportunità di valutare le esigenze dei comuni». Fasolino ha poi contestato il comma 5 dell’art. 18 che prevede una decurtazione del 30% delle somme del Fondo Unico ai comuni che non si associano.

Concetti ribaditi da Marco Tedde (Forza Italia): «Il rischio è che la Giunta, in modo partigiano, vada a favorire la Città Metropolitana o una particolare Unione di comuni. Il tema non può essere lasciato al libero arbitrio dell’esecutivo – ha affermato Tedde – deve essere il Consiglio a decidere».

Sul contenuto del comma 5, il consigliere di minoranza ha suggerito di prevedere la decurtazione del 30% del Fondo Unico come sanzione massima, e non minima, per i comuni che decidessero di non associarsi».

Il presidente Ganau ha quindi messo in votazione gli emendamenti soppressivi totali n. 377=1071=1560 che sono stati respinti con 32 voti contrari e 20 a favore. Respinti anche gli emendamenti sostitutivi parziali n. 255, 258, 2489 e 2496.

E’ quindi intervenuto il relatore di maggioranza Roberto Deriu che ha chiesto una breve sospensione dell’Aula per esaminare meglio il contenuto di alcuni emendamenti. La richiesta è stata accolta e la seduta sospesa.

Alla ripresa dei lavori il presidente Ganau ha dichiarato chiusa la seduta per consentire a Giunta e Commissione Autonomia di verificare il contenuto degli articoli 15 e 16 e dei relativi emendamenti che saranno discussi nel pomeriggio.

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L’aumento delle tasse deliberato dalla Giunta Pigliaru e votato dal Consiglio regionale, approda al tavolo del Governo. Forza Italia, infatti, si rivolge al Governo nazionale per scongiurare l’aumento delle addizionali Irpef e Irap votate lo scorso 23 dicembre dal Consiglio regionale. Un’istanza per la promozione della questione di legittimità costituzionale è stata presentata all’Ufficio del Consiglio dei ministri preposto alla verifica delle leggi regionali e delle province autonome. L’iniziativa, promossa dal consigliere Marco Tedde, è sostenuta da tutto il gruppo consiliare.

Forza Italia sollecita l’impugnazione della legge n. 34 approvata dal Consiglio alla vigilia di Natale con la quale sono state aumentate la aliquote Irpef per la copertura del buco della sanità. Secondo i firmatari dell’istanza, la legge viola l’articolo 10 dello Statuto regionale che consente di modificare l’imposizione fiscale solo “al fine di favorire lo sviluppo economico dell’Isola” e non per dare copertura al disavanzo del sistema sanitario. La norma contestata violerebbe, inoltre, il decreto legislativo n. 446 del 1997 che vieta un aumento delle tasse superiore allo 0,5%. «La Giunta – ha affermato Tedde – ha invece stabilito aumenti superiori richiamando un altro decreto, il n. 68 del 2011, che però si applica solo alle regioni a statuto ordinario».

«E’ una battaglia di principio – ha aggiunto il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis – non si può continuare a mettere le mani in tasca a cittadini e imprese. Ci auguriamo che la Giunta riveda queste misure nella legge finanziaria.»

Dubbi sull’efficacia della norma sono stati espressi anche dall’ex assessore regionale al Bilancio della Giunta Cappellacci Alessandra Zedda: «Le nuove addizionali Irpef potranno essere riscosse solo a partire dal 2017 – ha rimarcato Alessandra Zedda – nel 2016 non arriveranno dunque risorse fresche per la copertura del deficit della Sanità. Quest’anno, invece, sarà difficile per le imprese che dovranno versare l’Irap senza le riduzioni previste dalla Giunta per il prossimo triennio e cancellate con la legge approvata il 23 dicembre scorso».

Per il vicepresidente del Consiglio regionale Antonello Peru «l’aumento di Irpef e Irap rischia di creare un circolo vizioso: andrà ad incidere sui consumi e causerà un minore gettito di Iva – ha sottolineato Peru – è una delle operazioni peggiori che si potevano fare in un momento di crisi come questo».

«La verità è che la Giunta non vuole ripianare nessun deficit – ha detto il consigliere Ignazio Locci – la previsione di spesa per il 2016 è di 3.350 milioni di euro. Le misure deliberate servono solo a continuare a foraggiare la sanità senza razionalizzare la spesa.»

Duro, infine, il giudizio di Giuseppe Fasolino: «La Giunta ha perso la rotta – ha detto – la minaccia di dimissioni del presidente Pigliaru costringe i consiglieri di maggioranza a votare i provvedimenti proposti dall’esecutivo».

Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

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Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

Il Consiglio regionale ha approvato ieri l’art. 8 “Unione dei Comuni di area metropolitana” del D.L 176/A sul riordino degli Enti locali.

Aprendo la discussione generale sull’art.7 il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha osservato che la legge «richiama il testo dell’art. 32 del Testo unico nazionale degli enti locali, anche se i Comuni hanno iniziato relativamente da poco ad utilizzare lo strumento delle unioni». Criticabile, ha aggiunto, «il meccanismo di obbligatorietà che per noi è solo il preambolo che serve a cancellare i piccoli comuni, tendenza confermata del resto da una proposta di legge nazionale del Pd che prevede l’accorpamento dei comuni fino a 5.000 abitanti». «Noi pensiamo – ha concluso – che questa proposta sia coercitiva, frutto di una visione miope che indebolisce l’autonomia delle amministrazioni a danno delle funzioni dei consigli comunali, delle opposizioni con il loro ruolo di controllo, e della stessa democrazia sostanziale».

Il vice capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda, condividendo le argomentazioni di Locci, ha criticato il metodo legislativo seguito «perché per l’ennesima volta si stravolge in corso d’opera il testo della Giunta». «Inoltre – ha proseguito – è irrealistico pensare che la norma porti semplificazione ed efficienza nel sistema delle autonomie, soprattutto per quanto riguarda una mole ingente di beni pubblici e la sorte dei dipendenti di questi enti di cui non ci si occupa; singolare poi, sotto questo profilo, il silenzio dell’Anci di fronte ad una legge che tratta i Comuni come le ultime ruote del carro, siamo di fronte ad un processo di accentramento senza precedenti che è il contrario di quanto serve alla Sardegna».

Il consigliere Edoardo Tocco (Forza Italia) si è soffermato sul fatto che «nell’esperienza attuale le gestioni associate non hanno portato alcun tipo di vantaggio ai cittadini, a cominciare dal servizio dei rifiuti solidi urbani da cui sono tagliate fuori le piccole aziende sarde a vantaggio di quelle del nord e della Sicilia, e dei i servizi alla persona che saranno totalmente snaturati a favore delle centrali della cooperazione». «In sostanza – ha concluso – non c’è nessuna grande riforma ma solo un forte indebolimento della democrazia e dei diritti dei cittadini».

Il consigliere Giuseppe Fasolino, anch’egli di Forza Italia, ha prefigurato dopo l’approvazione della legge «una serie di contraccolpi negativi sulla comunità sarda, espressione di un nuovo centralismo regionale che privilegia oltre ogni misura la città di Cagliari a danno di tutti gli altri territori a cominciare dall’intero nord Sardegna». La riforma, a suo avviso, «poteva essere uno strumento utile per dare finalmente risposte all’Isola ma questo obiettivo è stato clamorosamente mancato, a favore di un quadro istituzionale fortemente sbilanciato che, fra l’altro, farà scomparire i piccoli comuni; in poche parole una riforma senza coraggio».

Il consigliere Gianni Tatti (Udc Sardegna) ha messo in evidenza che l’articolo in discussione «è di fondamentale importanza per far capire quali risposte vuole dare la Regione alle popolazioni della Sardegna centrale ed in particolare dell’oristanese ed è amaro constatare che il dibattito avvenga in assenza dei Sindaci e dell’Anci che dovrebbe rappresentarli». «Io – ha ricordato – faccio il sindaco in una unione di comuni che ha 20.000 abitanti, quindi è assurdo dimezzare il requisito a 10.000 prevedendo poi eccezioni mirate per qualche amico senza alcun criterio oggettivo». Tatti ha poi espresso il suo radicale dissenso nei confronti della proposta di legge nazionale del Pd, «una vergogna contro cui soprattutto la Sardegna deve ribellarsi, altrimenti meglio rimettere il mandato nelle mani degli elettori, cosa che io lo farò dalla mia carica di sindaco di Ruinas».

Il consigliere Marcello Orrù (Psd’Az) ha osservato «l’evidente contraddizione di una legge che, da un lato, si propone di valorizzare il ruolo dei Comuni e dall’altro li mortifica, privandoli degli strumenti necessari per governare le comunità; resta invece il vuoto attorno a Cagliari ed un vuoto ancora più grande nei territori dopo l’abolizione delle province». La riforma, ha aggiunto, «immagina una Sardegna che non c’è mai stata e mai ci sarà perché ignora le tante specificità che storicamente la compongono e, quanto alle unioni dei Comuni, sono uno strumento inefficace che oltretutto si abbatterà sui due terzi dei comuni dell’Isola».

Dopo Marcello Orrù è intervenuto Gianluigi Rubiu (UDC Sardegna) che ha detto che questa riforma “a tutti costi” è una riforma contro la volontà dei sindaci, calata dall’alto per accentrare il potere verso la Giunta e verso Cagliari escludendo i piccoli comuni e il nord Sardegna dai finanziamenti. Inoltre, secondo Rubiu, dal capo secondo dell’articolo 7 iniziano le contraddizioni: i comuni hanno l’obbligo di associarsi. Questa imposizione snatura il ruolo delle istituzioni comunali che non possono scegliere.

Per Attilio Dedoni (Riformatori sardi) questo articolo, che sembra tranquillo, nasconde molte cose che non vanno bene. La coercizione è negativa. I comuni devono poter scegliere come e dove organizzarsi. Sono stati bocciati gli emendamenti: 159 (uguale al 1080 e al 1485), 2397, 2398, 2399, 2400, 2401, 2402, 2403, 2404, 2405, 2406, 2407, 2490, 2409, 2523, 2524, 2525, 2410, 2411. Sull’emendamento 2490 è intervenuto Marco Tedde che, dopo aver espresso il voto a favore, ha detto che questo emendamento tende ad  evitare che ci sia  solo una città metropolitana. Tedde ha sottolineato il silenzio assordante della maggioranza e dei sindaci del Nord Sardegna. Per l’esponente di Forza Italia questa legge aumenterà la desertificazione del nord e del centro dell’isola.  Anche Marcello Orrù (Psd’az) voterà a favore di questo emendamento che cerca di arginare i danni che crea questa legge. Questa riforma è sbagliata e rischia di essere penalizzante per Sassari e dintorni. La Sardegna del futuro – ha detto – è immaginata erroneamente solo su Cagliari. Questa arroganza di imporre una legge blindata non si può accettare. 

E’ stato approvato l’emendamento 2408 (Gavino Manca e più), sostitutivo del comma 7 dell’articolo 7, su cui c’era il parere favorevole della commissione. Questo emendamento stabilisce che la Giunta regionale, entro 90 giorni dall’approvazione della legge individui i comuni sperimentatori  delle zone “a burocrazia zero” e con apposita delibera ne definisca le modalità di attuazione. L’emendamento è stato approvato con 34 sì e 13 no.

Approvato anche l’emendamento 2508 (Tatti e più), su cui la commissione si è rimessa all’aula. Questo emendamento aggiunge il comma 8 bis all’emendamento 1953. Questo comma prevede che la Regione promuova ogni azione necessaria per favorire percorsi di sostegno, quali servizi di accompagnamento, incentivi e/o fiscalità di vantaggio alla creazione d’impresa e al lavoro autonomo, per contrastare il fenomeno dello spopolamento e della disoccupazione nel territorio individuato d’intesa con lo Stato quale Area prototipo per la sperimentazione  della Strategia Nazionale Aree interne. Ignazio Tatti (Udc Sardegna)  ha chiesto all’aula di votare a favore di quest’emendamento che può dare respiro alle zone più depresse dell’isola. 

Via libera poi all’ emendamento 2517 (Deriu e più)  che aggiunge il comma 4 bis all’emendamento 1953. Questo comma 4 bis prevede che i comuni facenti parte di una unione di comuni, il cui territorio coincide integralmente con quello di uno o più isole, costituiscono sub ambiti territoriali ai sensi e con le modalità stabilite dal comma 4.

E’ poi stato approvato l’emendamento 1953, sostitutivo totale dell’articolo 7. Secondo la nuova formulazione dell’emendamento 1953 le unioni dei comuni sono enti locali con autonomia normativa, organizzativa, finanziaria e hanno potestà statutaria e regolamentare. Esercitano le funzioni ad esse attribuite dalla legge  e dai comuni che ne fanno parte. Il secondo comma prevede che tutti i comuni della Sardegna abbiano l’obbligo di associarsi in unione di comuni, salvo i comuni facenti parte della Città metropolitana di Cagliari e le città medie. Al comma 3 si stabilisce che le unioni di comuni sono costituite da quattro o più comuni contermini, con popolazione complessiva non inferiore a 10.000 abitanti, fatte salve le unioni di comuni con popolazione inferiore già costituite alla data dell’entrata in vigore della legge, da una rete urbana, da una rete metropolitana.

Il quarto comma prevede che al fine di una migliore organizzazione dell’esercizio associato delle funzioni e dei servizi e in relazione al particolare contesto territoriale, lo statuto dell’unione può prevedere la gestione delle funzioni e dei servizi per sub ambiti territoriali. Lo statuto determina le modalità organizzative, l’articolazione territoriale e il numero di comuni facenti parte dell’unione che costituiscono sub-ambito territoriale, il quale può essere organizzato, anche attraverso convenzione, esclusivamente tra i comuni facenti parte dell’unione di comuni. La convenzione stabilisce il comune capofila e regola i rapporti tra i comuni ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

Il comma 5 stabilisce che entro 90 giorni dall’approvazione del piano territoriale, i comuni non appartenenti a unioni di comuni costituiscano unioni di comuni ovvero aderiscano ad una unione di comuni già esistente. Secondo l’emendamento poi le comunità montane sono equiparate alle unioni di comuni e adeguano il loro statuto e i regolamenti alle disposizioni della legge entro 90 giorni dall’entrata in vigore. Esse esercitano le funzioni di tutela, promozione e valorizzazione della montagna e gestiscono gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla normativa dell’Unione europea e dalla legge statale e regionale.

L’Aula è passata poi all’esame dell’art. 8 “Unione dei Comuni di area metropolitana”. Sentito il parere del relatore di maggioranza e della Giunta sugli emendamenti, il presidente Ganau ha dato la parola al consigliere di Forza Italia Stefano Tunis.

L’esponente della maggioranza ha espresso forti perplessità sui contenuti della norma. «E’ l’articolo dei sepolcri imbiancati – ha esordito Tunis – nella sua genesi confluiscono tutti i difetti e le modalità operative che Giunta e maggioranza stanno mettendo in campo da inizio legislatura».

Secondo Tunis l’articolo in discussione è la risposta alle rivendicazioni dei territori del Nord Sardegna: «Anche in questo caso, però, il problema non viene risolto – ha rimarcato il consigliere azzurro – siete la maggioranza del differire, del “comincerò domani”. Avrei preferito un’altra strada: l’estensione dei confini della Città Metropolitana a tutta la Sardegna. In questo modo avremmo risolto un’infinità di problemi, a partire dalla cancellazione delle province, voi invece preferite nascondere la polvere sotto il tappeto».  

Michele Cossa (Riformatori) ha puntato l’attenzione sulle modalità di partecipazione dei comuni alla Rete Metropolitana. «Della Rete faranno parte i territori che appartengono alla pianificazione strategica intercomunale. Entro 20 giorni i comuni potranno esercitare l’iniziativa per il distacco. E’ un criterio coattivo – ha attaccato Cossa – il centrosinistra che si erge a difensore dell’autonomia comunale impone ai comuni di far parte della Rete Metropolitana».

Giudizio condiviso da Ignazio Locci (Forza Italia) secondo il quale l’articolo 8 rappresenta il tentativo di compensare il mancato conferimento del titolo di Città Metropolitana a Sassari. «La previsione di una Rete Metropolitana formata da due città contermini di almeno 150mila abitanti mette insieme Sassari e Alghero – ha detto Locci – allo stesso tempo obbliga i comuni che fanno parte della pianificazione strategica a entrare nella Rete. Le amministrazioni non avranno scelta e saranno obbligate a stare sotto il cappello di Sassari».

Gianni Lampis (Fd’I) ha definito la legge in discussione «un minestrone indigesto per i sardi». Secondo il rappresentante del centrodestra, l’articolo 8 conferma la volontà della maggioranza di aggirare il problema senza risolverlo. «E’ la legge dei continui rinvii – ha sottolineato Lampis – anche in questo caso si rimanda a un successivo decreto il coordinamento della disciplina statale e regionale in materia di reti metropolitane. E’ una norma destinata al fallimento: tenta di accontentare tutti ma non soddisfa nessuno. Alla  Rete Metropolitana non potrà accedere Olbia pur avendo nel suo territorio un porto e un aeroporto».

Al termine dell’intervento del consigliere Lampis, il vicepresidente del Consiglio Eugenio Lai ha assunto la presidenza dell’Assemblea e ha messo in votazione gli emendamenti soppressivi totali 189, 1061 e 1496. Non essendo presente il numero legale, il presidente Lai ha sospeso la seduta per 30 minuti.

Alla ripresa dei lavori l’Aula ha respinto tutti e tre gli emendamenti soppressivi dell’art.8.

Si è quindi passati all’esame dell’emendamento n. 2417 all’emendamento n.1945 che è stato però ritirato dal presentatore Salvatore Demontis (Pd).

Il Consiglio ha quindi respinto, in rapida successione, gli emendamenti 2418, 2419 e 2420 e 2421 all’emendamento sostitutivo totale n.1954 (Demontis- Deriu-Agus).

Il consigliere Giuseppe Fasolino (Forza Italia) ha sottolineato la necessità di «restituire dignità ad un territorio come la Gallura almeno con lo status di rete metropolitana, anche se non apre la porta a fondi nazionali ed europei». Adesso, ha lamentato, «non c’è nemmeno questo perché per volontà di uno o due comuni la Gallura non potrà avere la rete metropolitana a causa del tetto di abitanti fissato a 150.000; è una vera e propria discriminazione anche se è stato l’unico territorio della Sardegna che in questi anni è cresciuto con dati sotto gli occhi di tutti, la maggioranza ha mostrato di voler male ad un territorio della Sardegna ma questo però significa voler male a tutta la Sardegna».

Il consigliere Marco Tedde, anch’egli di Forza Italia, ha definito la riforma «una grande delusione per tutti e questo emendamento, in particolare, è una grande sconfitta per un territorio che assolutamente non la merita; è il corrispettivo che viene fatto annusare ai consiglieri di maggioranza del Nord Sardegna pur sapendo che non ha alcun contenuto, è il frutto della grande offensiva del presidente Pigliaru e dell’assessore Erriu contro quanti sostenevano una Sardegna differente, con due pilastri e due aree metropolitane, una Sardegna orientata a far crescere tutti con equilibrio».

Il consigliere Peppino Pinna (Udc Sardegna) ha criticato con forza «l’ostinazione nel sostenere l’idea di una sola città metropolitana maltrattando tutti i sardi che non risiedono a Cagliari, eppure il nord ha titoli uguali se non superiori a quelli del capoluogo». Particolarmente grave, ha concluso, «il silenzio dei sindaci della città interessate».

Il vice capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda si è riferita al significato di una parte del testo che accomuna definizioni molto diverse, le unioni dei comuni e le aree strategiche con riferimento alla «stipula di accordi con comuni contermini nel quadro di una pianificazione strategica comune».

Il consigliere del Psd’Az Marcello Orrù, contrario, si è espresso in modo molto critico sull’emendamento «inserito in una legge totalmente sbagliata, uno schiaffone in pieno volto per tutto il Nord Sardegna, per giunta col contributo di sassaresi come Pigliaru e diversi consiglieri di maggioranza; resta il fatto che il centralismo regionale deve essere riequilibrato ma non certo con surrogati privi di senso come l’invenzione della rete metropolitana».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori sardi), contrario, ha espresso un dubbio analogo a quello della consigliera Zedda perché nel testo si dice chiaramente che «le reti metropolitane svolgono funzioni fondamentali e inoltre si occupano della gestione in forma associata dei servizi pubblici, si tratta di una definizione che va corretta altrimenti non si capisce di cosa stiamo parlando».

Il consigliere Salvatore Demontis (Pd) ha fornito una interpretazione diversa del testo, nel senso che «si intende che la rete metropolitana può stringere accordi con comuni contermini e non ai fini di una pianificazione strategica comune».

Successivamente è stato messo in votazione l’emendamento n. 1954, che il Consiglio ha approvato per alzata di mano. Il testo disciplina l’istituto della “rete metropolitana” individuandone funzioni ed organi di governo. I Comuni, entro 20 giorni dall’entrata in vigore della legge, potranno deliberare di non aderire con maggioranza qualificata dei due terzi. Entro 30, inoltre, la Giunta proporrà alla commissione paritetica per l’attuazione dello Statuto uno schema di decreto legislativo per coordinare la normativa statale con quella regionale.

Subito dopo l’Aula ha respinto per alzata di mano gli emendamenti dell’opposizione n.2430, 2431, 2432. Approvato invece, sempre per alzata di mano, l’emendamento n. 1955, con parere favorevole della commissione e della Giunta. Prevede che il Sindaco della città media con il maggior numero di abitanti assuma la carica di presidente della rete urbana mentre, per gli altri organi di governo, si applica la disciplina delle unioni dei Comuni.

Al termine dello scrutinio, il presidente ha disposto una breve sospensione della seduta per convocare la conferenza dei capigruppo e definire le modalità di prosecuzione dei lavori, con riferimento agli interventi degli assessori dei Trasporti e della Sanità sul grave incidente accaduto stamane a Cagliari in un tratto della rete della metropolitana di superficie.

Alla ripresa dei lavori, il presidente Ganau ha dato la parola ai rappresentanti dell’Esecutivo. 

L’assessore regionale ai trasporti Massimo Deiana, dopo aver rivolto un pensiero ai feriti e alle loro famiglie, ha illustrato le modalità dell’incidente. Per ora – ha detto – è azzardato avanzare ipotesi precise sulle cause dello scontro anche se possiamo affermare che, al  momento dell’incidente, i segnali di controllo dei treni erano regolarmente in funzione. L’assessore ha aggiunto che non sono stati riscontrati danni alla linea ferroviaria. Da domani – ha assicurato l’esponente della Giunta – riprenderà regolarmente il traffico. Intanto, le indagini continuano. Sono in corso gli accertamenti dell’ARST, del ministero dei  trasporti e della procura repubblica. Le indagini saranno agevolate dalla modernità dei mezzi coinvolti nel sinistro che sono dotati dei più moderni sistemi di sicurezza. Sono stati già acquisiti le scatole nere e i filmati delle telecamere che sono dislocate sia sui treni che nelle fermate.

La macchina dei soccorsi ha funzionato. L’assessore della sanità Luigi Arru ha parlato di soccorsi immediati che hanno permesso agli 84 feriti, di cui 3 con il codice rosso, di avere tutte le cure necessarie. Sul luogo dell’incidente sono intervenute 13 autoambulanze che hanno trasportato  62 feriti nei quattro ospedali cagliaritani. Gli altri feriti hanno raggiunto i nosocomi con mezzi propri. 22 feriti sono stati portati al Brotzu, 14  al San Giovanni di Dio, 22 santissima trinità, il resto al Marino.  

Dopo le dichiarazioni degli assessori Deiana e Arru la seduta è stata interrotta.

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Con la partenza quasi certa dei tedeschi, la base militare di Decimomannu si avvia verso la chiusura, di fronte alla totale indifferenza del Governatore Francesco Pigliaru e del centrosinistra al governo della Regione. La logica antimilitarista e populista del presidente rischia di ripercuotersi sull’economia isolana, visto l’elevato numero di quanti lavorano in quelle aree e l’indotto che queste generano. Ma non solo: di questo passo si favorisce anche la dismissione del Poligono di Capo Teulada e della base di Capo Frasca, con conseguenze gravissime. E chi guida una Regione come la Sardegna, ha il dovere di analizzare i fatti nella loro interezza, senza farsi trascinare dall’ondata retorica e demagogica che propugna il No all’Esercito a prescindere e che in Sardegna sembra avere preso piede, non considerando cosa significhi rinunciare alle forze armate. Per questo è doveroso che il Presidente della Regione analizzi le circostanze, partendo da due presupposti: l’importanza dell’Esercito in termini di difesa, considerato un valore irrinunciabile della nostra bandiera, e la rilevanza delle forze armate in considerazione dell’economia che esse garantiscono all’Isola.

Quanto al primo aspetto, la Sardegna, e quindi l’Italia, non può permettersi di rinunciare all’addestramento dei militari, sia per il particolare momento storico, sia perché la nostra nazione appartiene al Patto Atlantico. E il Poligono di Capo Teulada è una vera e propria palestra che come tale va considerata. E noi dobbiamo puntare alla sicurezza dei militari impegnati nelle missioni di pace, garantendo un esercito addestrato nel migliore dei modi e in grado di fronteggiare le nuove emergenze.

In merito al secondo aspetto, sono innegabili le ricadute economiche di cui beneficiano le comunità locali (e non solo) che ospitano le basi militari. E se ancora si ha qualche dubbio, forse sarebbe il caso di ricordare cosa ha dovuto sopportare la popolazione de La Maddalena con il benservito che il presidente Renato Soru ha consegnato alle forze Usa a suo tempo.

Di sicuro, ciò che si ignora maggiormente (e forse persino con intenzione) – ovvero quello che potrebbe soddisfare i presupposti di cui sopra in un’ottica moderna, di rispetto dell’ambiente e delle popolazioni – è il progetto SIAT (Sistema Integrato per l’Addestramento Terrestre). Un progetto in cui rientra il Poligono di Capo Teulada che prevede ingenti investimenti economici capaci di generare a loro volta importanti ricadute nell’intera isola, e non soltanto nelle comunità locali. I vantaggi sarebbero enormi: si ridurrebbe sensibilmente l’utilizzo del munizionamento reale e, nel medio e lungo termine, si conseguirebbero importanti economie di scala, soprattutto in riferimento alla riduzione della quantità di munizionamento di vario calibro sparato. L’implementazione del progetto SIAT presenta inoltre intrinseci e innumerevoli vantaggi e opportunità di sviluppo per le possibili forme di cooperazione/collaborazione con gli Enti di ricerca (Sardegna ricerche e CRS4) e gli Istituti universitari di Cagliari e di Sassari che fanno della ricerca tecnologica il loro core business. E ancora: si assisterà allo sviluppo aerospaziale di Perdasdefogu. Senza dimenticare che se dovesse partire il SIAT, ne beneficerebbe anche la Brigata Sassari, con un incremento di mille uomini nell’isola. La Sardegna potrebbe fare un grosso passo in avanti, dunque, senza compromettere la propria Sovranità, la propria Terra e la libertà di chi vi abita.

Il Governatore deve guardare in faccia la realtà, non facendosi trascinare dall’ondata antimilitarista. Abbia invece il coraggio di alzare la testa imponendo al Governo maggiori garanzie, in termini di rapporto con le comunità locali. Noi non vogliamo assolutamente rinunciare all’Esercito, fondamentale per la sicurezza della nazione. Infine, non possiamo permettere che qualche altra Regione ci scippi l’opportunità di sviluppo data dai progetti di miglioramento tecnologico.

Ignazio Locci

Stefano Tunis

Pietro Pittalis

Alessandra Zedda

Alberto Randazzo

Ugo Cappellacci

Oscar Cherchi

Paolo Truzzu

Marco Tedde

Antonello Peru

Gianni Lampis

Edoardo Tocco

Peppino Pinna

Gianni Tatti

Gianluigi Rubiu

Esercitazioni militari copia

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Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

In Consiglio regionale prosegue il dibattito sul D.L. n. 176 “Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna”.

Alla ripresa dei lavori, ieri pomeriggio, il presidente Ganau ha messo in discussione l’emendamento 2359 all’emendamento 1948 e ha dato la parola all’on. Michele Cossa (Riformatori sardi) e Marco Tedde (Forza Italia), entrambi fortemente critici sulla formulazione delle norme relative all’istituzione dell’area metropolitana di Cagliari.

L’on. Ignazio Locci (Forza Italia) ha detto: “In questo modo state surrettiziamente ripristinando le vecchie province. Sarebbe stata necessaria una norma transitoria, che non avete invece realizzato”. Anche l’on. Alessandra Zedda (Forza Italia) ha annunciato il voto a favore.

L’emendamento 2359 è stato respinto.

Sull’emendamento 2360, relativo alle cosiddette “città medie”, l’on. Marco Tedde (Forza Italia) ha detto: “Non state facendo scelte strategiche ma scelte tattiche per accontentare qualcuno. Trentamila abitanti potrebbero essere un numero corretto o meno, dipende da come lo si intende”.

Anche l’on. Zedda (Forza Italia) ha preso la parola. “Quante città medie avete intenzione di realizzare in Sardegna? Ce lo fate sapere?”.

Sulle stesse posizioni l’on. Ignazio Locci (Forza Italia) e Gianluigi Rubiu (Udc), che hanno parlato espressamente di “allontanamento dal processo di semplificazione annunciato da Pigliaru in campagna elettorale. Che cosa ce ne facciamo di un altro ente, che nulla c’entra con i problemi reali della gente’ mi fa specie che in questo consiglio ci siano sindaci che pure avvallano riforme così inutili”.  

Il sardista Angelo Carta ha aggiunto le sue perplessità: “Questa legge dà una certezza, ovvero la nascita della città metropolitana di Cagliari. Il resto sono una serie di illusioni, perché la città media la state inventando voi e niente vieta che ci sia il paese grande e la città piccola. E’ più coerente che questi poteri siano conferiti con un decreto legge dal Governo. Per questo voto a favore dell’emendamento”.

Favorevole anche il consigliere Attilio Dedoni (Riformatori), che ha parlato del dimensionamento delle città, così come l’on. Stefano Tunis ha detto: “Questa maggioranza ha un problema di dimensioni perché parla solo di questo, con riferimento alle città sarde. L’ossessione del presidente Francesco Pigliaru è che ogni azione sia misurabile e sventura vuole che l’azione della Giunta sia misurabile solo con i numeri relativi. A voi non interessa il come organizzare gli enti locali ma interessa decidere chi è meno grande della città metropolitana”.

Secondo l’on. Luigi Crisponi (Riformatori) “non saranno le città medie a risolvere i problemi dei cittadini. Tutto il resto della Sardegna diverso da Cagliari è paccottiglia da aggiungere all’area metropolitana, secondo voi”. Per l’on. Edoardo Tocco “sarebbe stato molto utile sentire il parere di qualcuno di voi e invece nulla, solo silenzio”.

Per il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, “l’articolo 2 è un pasticcio peggiore dell’articolo 1 perché per voi tutto ciò che non è Cagliari, ovvero il 90 per cento dei paesi della Sardegna, non ha dignità. Dove siete sovranisti e indipendentisti, che fate? Siete al servizio di altri che governano a Roma e scimmiottate quel che fanno in altre regioni italiane”.

L’on. Mario Floris (Uds – Misto) si è rivolto all’assessore agli Enti locali e ha detto: “Non vorrei che aver riportato in commissione la legge sia servizi a mascherare i limiti di una legge che stiamo vedendo”.

L’emendamento 2360 è stato respinto.

Il presidente Ganau ha aperto la discussione sull’emendamento 2361, soppressivo come i precedenti e relativo alla “rete urbana”. L’on. Tedde (FI) ha detto: “Siamo davanti a una tecnica normativa barocca, cosa vuol dire rete metropolitana? Non è una definizione politica, né sociale né urbanistica. Non esiste la rete metropolitana se non quella della metropolitana, nel senso dei trasporti. Non si può legiferare così”.

L’on. Luigi Crisponi (Riformatori) ha annunciato il voto a favore e così anche l’on. Ignazio Locci, che ha detto: “Avete parlato di rete urbana e città medie perché volete rispondere così alla città di Olbia e alla Gallura. Nulla di più. Noi abbiamo pensato che non è così  che si risponde alle esigenze sacrosante dell’area che più di tutte sta crescendo”.

Per l’on. Angelo Carta (Psd’az) “la rete urbana non è stata inventata solo per Olbia ma anche per Nuoro, che con Dorgali o con un comune confinante supera i trentamila abitanti. Ma quali sono i poteri di una rete urbana rispetto a quelli dell’Unione dei Comuni? Non si sa. Questa è demagogia pura”.

Secondo l’on. Gianni Lampis (Misto) “siamo davanti all’ennesima truffa, perché state scontentando tutte le zone interne della Sardegna”. Dello stesso parere l’on Rubiu (Udc), che ha detto. “I paesi sono il tessuto sociale della Sardegna e a loro dovremmo pensare scrivendo la riforma degli enti locali. Il vero obiettivo di questo provvedimento è invece la spartizione del potere”.

L’on. Tunis (Forza Italia) ha chiesto al presidente del Consiglio come debba essere intesa “Macomer” e ha presentato un emendamento orale sul punto. Anche l’on. Dedoni si è domandato il significato di “rete urbana. Non lo capisco e non comprendo cosa rappresenti. Manco voi lo sapete, però”.

Non è possibile fare leggi a richiesta di qualcuno, le leggi si fanno perché servono e non perché le chiede un sindaco appartenente a un partito”, ha detto l’on. Gianni Tatti, annunciando il voto a favore.

Per il capogruppo di Forza Italia, on. Pietro Pittalis, “l’unica spiegazione possibile alla rete urbana è l’interpretazione che ne dà Wikipedia rispetto alle reti telefoniche e di telecomunicazioni. E’ evidente che siete competenti in materia e volete far baciare alcuni centri della Sardegna da questa legge. E’ intollerabile confinare Nuoro dentro una scatola vuota come la rete urbana”.

L’emendamento 2361 è stato votato e respinto.

Il presidente ha quindi messo in discussione l’emendamento n. 2306, ed il primo firmatario, il consigliere del gruppo Misto, Paolo Truzzu (Fdi), è intervenuto per sostenere la soppressione della parola “contermine” alla lettera d) comma 1) dell’emendamento sostitutivo totale dell’articolo 2, presentato dal presidente della Prima commissione Francesco Agus e dal relatore della maggioranza, Roberto Deriu. Voto a favore è stato annunciato dal consigliere di Fi, Marco Tedde, («si usa la rete per accalappiare le volontà politiche e mi dispiace che non siano presenti in Aula i colleghi del Centro democratico che forse non sono stati accalappiati»).

Posto in votazione l’emendamento 2306 non è stato approvato (18 sì e 27 no) e quindi il presidente Ganau ha annunciato la votazione dell’emendamento 2309 (Truzzu e più). Marco Tedde (Fi) ha dichiarato voto favorevole per la soppressione della lettera e) comma 1): «E’un tentativo di presa in giro per il Nord Sardegna e la rete metropolitana è un atto di bullismo politico perché è un invenzione priva di contenuti». « Stiamo rappresentando una parodia dell’attività legislativa – ha concluso l’esponente della minoranza – e non è accettabile questo comportamento nei confronti dei cittadini del Nord Sardegna che meritavano di vedere riconosciuta la loro città metropolitana».

Paolo Truzzu (Misto-FdI) ha affermato che la legge del centrosinistra “scatena il campanilismo fine a se stesso e nella lettera e) c’è il tentativo di offrire un ciambella di salvataggio ai consiglieri di maggioranza del Nord Sardegna”. A favore anche il capogruppo del Psd’Az, Angelo Carta: «Giusto eliminare la parola “contermini” per non pregiudicare la collaborazione tra Nuoro e la Gallura».

Ignazio Locci (Fi) ha dichiarato voto favorevole all’emendamento: «Non si può pensare che i cittadini del sassarese abbiano l’anello al naso e la maggioranza ha rifiutato il confronto politico sulla possibilità di inserire la seconda città metropolitana nel testo di legge».

Luigi Crisponi (Riformatori), ha dichiarato voto a favore “all’emendamento che interviene sul bestiario delle definizioni contenute da questa legge”. Il capogruppo Attilio Dedoni (Riformatori) ha dichiarato voto a favore ed ha introdotto il tema dei collegamenti con banda larga che – a suo giudizio – sarebbero riservati solo per i grandi agglomerati urbani.

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha dichiarato voto favorevole ed ha affermato che le definizioni di rete urbana e rete metropolitana “sono state gonfiate nella comunicazione perché sono in realtà contenitori assolutamente vuoti”.

«La rete urbana – ha concluso l’esponente della minoranza – cerca di dare il contentino a qualche Comune, ben sapendo che niente cambia e nulla si ottiene rispetto al risultato di città metropolitana ottenuto da Cagliari. Tutto il resto è, infatti, solo schiuma propagandistica»

Il consigliere del gruppo Misto, Mario Floris (Uds), ha evidenziato “la resa totale da parte di quelle forze politiche che sembravano orientate a difendere gli interessi della Sardegna”. «Ma sui Comuni – ha tuonato l’ex presidente della regione – non vincerete». Floris ha concluso il suo intervento evidenziando come Sassari non ottenga il riconoscimento di città metropolitana mentre conta il presidente della Giunta, il presidente del Consiglio e una miriade di assessori: «E’ evidente che c’è qualcosa che non funziona. Riflettete!».

Posto in votazione l’emendamento 2309 non è stato approvato con 18 favorevoli e 30 contrari.

Annunciata la discussione dell’emendamento 2310, il primo firmatario Paolo Truzzu (Misto- FdI) è intervenuto per dichiarare il voto a favore; seguito dal consigliere Ignazio Locci (Fi) e da Marcello Orrù (Psd’Az) che ha insistito sulle penalizzazioni per il territorio del sassarese a fronte del perdurare di una visione politica cagliaricentrica. Attilio Dedoni (Riformatori) ha dichiarato voto a favore: «Questa legge aggrava le disparità tra i diversi territori e anche tra i disoccupati della Regione». Il capogruppo di Fi, Pietro Pittalis ha dichiarato voto a favore ed ha invitato la maggioranza a fermarsi e a ritirare il disegno di legge («squalifica la politica e non rende alcun servizio alla nostra Isola»). «Noi ci opporremo con tutte le nostre forze a questo provvedimento – ha concluso Pittalis – che è discriminatorio e fa aumentare la conflittualità tra i diversi territori della Sardegna».

Marco Tedde (Fi) a favore della soppressione della lettera e): «E’ uno dei passaggi più offensivi verso il Nord Sardegna, uno sberleffo nei confronti di una parte dell’Isola».

Il capogruppo Udc, Gianluigi Rubiu, ha dichiarato voto favorevole ed ha espresso forti critiche alle istituende reti metropolitane: «Creano un ulteriore ingorgo amministrativo, mi chiedo cosa dovrà fare un’impresa o un privato per ottenere un’autorizzazione».

Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa ha dichiarato voto a favore: «Tra le tanti invenzioni di cui non sentiva il bisogno c’è certamente la rete metropolitana».

Posto in votazione l’emendamento n. 2310 non è stato approvato con 32 contrari e 19 a favore.

Subito dopo il Consiglio ha iniziato la discussione dell’emendamento n. 2311 all’emendamento n. 1948.

Il consigliere Gianni Lampis (Misto-Fdi) ha affermato che il senso della sua proposta è quello di «evitare l’approvazione di una nuova legge truffa, soprattutto nella parte in cui si parla di soppressione delle province, mentre anzi viene istituita la nuova provincia del sud Sardegna di cui faranno parte i comuni non compresi nell’area metropolitana». Con questa decisione, ha continuato, «sarà dura spiegare ai cittadini della Marmilla che dovranno andare a Carbonia per utilizzare servizi essenziali e gli stessi disagi toccheranno a cittadini di altre zone sfortunate dell’Isola, che resteranno tali».

Ha assunto la presidenza dell’Assemblea il vice presidente Eugenio Lai.

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha criticato con forza le norme transitorie della legge che «riportano in vita quelle province che saranno soppresse definitivamente dopo l’approvazione della riforma costituzionale; c’è poi una asimmetria dei tempi che porterà solo in Sardegna alla sopravvivenza di questi enti». Piuttosto, ha concluso, la vera emergenza della Sardegna, riguarda la verifica dell’efficienza della pubblica amministrazione sarda e, come dicono tutte le indagini, nel 2015 c’è stato un forte peggioramento rispetto all’anno precedente».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha detto che «non c’era alcun bisogno di riesumare le province dopo il referendum del 2012, è una brutta pagina della politica sarda di cui il centro sinistra ha la responsabilità, con in più la faccia tosta di dire ai sardi perfino quali saranno le province soppresse stralciando la posizione di quelle cosiddette storiche».

Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) ha ricordato che, astrattamente, «gli ambiti territoriali strategici potevano essere un elemento positivo della legge, solo che poi vengono collegati alla soppressione delle province alla quali in pratica si sovrappongono del tutto, chiamando le province con un altro nome; per cui è giusta l’abrogazione».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha definito l’emendamento «giusto», per cercare di riportare un minimo di chiarezza in un testo «pieno di confusione e di espedienti tattici di basso profilo che, inoltre, dilata a dismisura il tessuto istituzionale (istituendo perfino una nuova provincia) che invece doveva essere snellito e semplificato».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha sottolineato la scarsa chiarezza della legge al punto che, provocatoriamente, «sarebbe stato forse meglio ripristinare le vecchie province piuttosto che introdurre una articolazione pasticciata che oltretutto non decentra alcuna funzione, o anche fare di tutta la Sardegna una intera area metropolitana».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori sardi) ha lamentato «l’ennesima incongruità di una legge che crea una gerarchia fra i comuni ed ora anche fra gli organismi di aggregazioni, istituendo anche una specie di doppione delle province». Ma dove è finita, ha chiesto, «la razionalizzazione del sistema che era la vera necessità della Sardegna? Casomai gli ambiti territoriali strategici andavano dimensionati sulla base dei confini dei nuovi enti e non dei vecchi».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha rilevato la mancanza di una idea di fondo e di una prospettiva concreta della riforma proposta dalla maggioranza, che «non dice niente sul punto centrale che interessa davvero ai cittadini, cioè chi fa cosa, eppure la Sardegna ha avuto anni di tempo per progettare una riforma vera che, magari con pochi articoli, metta al centro il cittadino rispettando le vocazioni dei diversi territori».

Messo in votazione, l’emendamento è stato respinto con 19 contrari e 30 contrari.

Subito dopo è iniziato l’esame dell’emendamento n. 2362.

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha criticato la violazione del principio di sussidiarietà, «mentre sarebbe stato utile ispirarsi ai modelli istituzionali più avanzati, in modo flessibile, istituendo nuovi organismi laddove c’è la necessità di gestire problemi comuni nell’interesse dei cittadini sardi». Questo è il grande obiettivo mancato della riforma, ha protestato Dedoni, «che divide le comunità e spinge ai margini della Regione le zone della Sardegna in cui si registra il maggiore ritardo di sviluppo».

Il consigliere Angelo Carta (Psd’Az) ha osservato che «l’emendamento ha lo scopo di impedire alla maggioranza di dire tutto ed il suo contrario, con riferimento all’art.44 dello Statuto che sancisce il decentramento delle funzioni dalla Regione agli enti locali; per questo è giusto abrogare il passaggio della riforma relativo agli ambiti territoriali strategici che invece consentono alla Regione di andare in controtendenza con un nuovo processo accentratore».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia), favorevole, ha chiarito che «si vuole incidere su una delle maggiori storture della legge che divide i cittadini sardi e che molto probabilmente sarà impugnata per l’istituzione di una nuova provincia che la legge Delrio vieta espressamente».

Il consigliere Ignazio Locci, anch’egli di Forza Italia, ha dichiarato che «occorre richiamare la maggioranza alle sue responsabilità perché non solo questa legge è il tentativo fallito di organizzare in modo diverso la rete istituzionale regionale ma, come si vedrà più avanti, contiene interventi settoriali destinati a risolvere situazioni delicate sparse qua e là per la Sardegna».

Il consigliere Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, ha citato una recente dichiarazione del capogruppo del Pd Pietro Cocco a difesa dell’assessore dei Trasporti Massimo Deiana oggetto di un attacco del segretario del Pd Renato Soru. E’ l’ennesima mozione di sfiducia interna, ha detto polemicamente, «ma sarebbe ora di finirla perché tanto, se Deiana dovesse abbandonare la Giunta, continuerebbe a fare il consulente della Regione come ha fatto per vent’anni».

Messo in votazione l’emendamento è stato respinto con 18 voti favorevoli e 28 contrari.

Sull’emendamento 2314 (Truzzu e più) che prevede la soppressione all’art 2 comma 1 lettera g delle parole “sino alla definitiva soppressione delle stesse” sono intervenuti: Attilio Dedoni (Riformatori) che ha detto, riprendendo il tema sollevato dal capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, che questa legge aggrava anche il sistema dei trasporti. Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha affermato che i trasporti sono argomento di estrema attualità. Questo tema ben si coniuga con la discussione in corso che riguarda la riorganizzazione territoriale. L’emendamento è stato bocciato (presenti 50, sì 18, no 32) .

Sull’emendamento 2486 (Tedde e più), che modifica l’articolo 2, comma 1 lettera B) e che prevede di intendere per città metropolitana di Cagliari i comuni compresi nelle province di Cagliari, Oristano, Carbonia Iglesias e Medio Campidano, è intervenuto Marco Tedde (Forza Italia) che voterà a favore dell’emendamento prima di tutto per il rispetto della gerarchia delle fonti. Il disegno di legge non rispetta la legge nazionale. E’ d’accordo anche Ignazio Locci (Forza Italia). Paolo Truzzu (Misto) ha espresso parere favorevole e ha definito l’emendamento “una ciambella di salvataggio” che viene offerta alla maggioranza per superare il concetto di città metropolitana di Cagliari. Gianni Lampis (Misto) ha ricordato che in commissione la minoranza aveva proposto un dialogo ma non lo ha mai trovato . L’idea originale era quella di un’area metropolitana unica regionale, ma si poteva discutere anche sull’ipotesi di due città metropolitane. Invece, l’opposizione si è scontrata contro un muro. L’emendamento è stato bocciato (presenti 50, sì 19, no 31).

Sull’emendamento 2304 (Lampis e più) che prevede di sostituire la parola quarantamila a trentamila scritta alla lettera C del comma 1 dell’art 2 è intervenuto Paolo Truzzu (Misto) che ha fatto una riflessione sul numero degli abitanti che deve avere la “città media”. L’emendamento è stato bocciato (presenti 48, sì 17, no 30, 1 astenuto).

Sull’emendamento 2305 (Lampis e più), che prevede di sostituire la parola venticinquemila alla parola trentamila scritta nel comma 1 dell’articolo 2 lettera C,  è intervenuto Ignazio Locci che si è soffermato anche lui sul numero che devono avere le città medie. Marco Tedde (Forza Italia) ha sottolineato che le città medie costituiscono un concetto tormentato per la maggioranza che si sforza di accontentare tutti. Questo Dl è un pasticcio normativo e se approvato sarà una delle leggi peggiori di questo Consiglio. L’emendamento è stato bocciato (presenti 48, sì 18, no 30).

Si è poi passati all’esame degli emendamenti (nn. 2476 e 2501) all’emendamento 1948. Il presidente Lai ha annunciato il ritiro degli emendamenti che sono stati fatti propri dal capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis.

Ha quindi preso la parola il consigliere dei Riformatori Luigi Crisponi che ha sottolineato come l’emendamento 2476 bocci la previsione di una città media con 30mila abitanti e propone invece una quota pari a diecimila. “E’ un modo di dare dignità agli esclusi – ha detto Crisponi – per questo voteremo a favore».

Il presidente Ganau, tornato al banco della presidenza, ha quindi dato la parola al capogruppo del Psd’Az Angelo Carta: «Non capisco perché questi emendamenti siano stati ritirati – si è chiesto il consigliere sardista – si sta superando il ridicolo. State facendo diventare una barzelletta un argomento serio».

Marco Tedde (Forza Italia) ha sottolineato come gli emendamenti fossero finalizzati a dare il titolo di città medie anche a centri minori come Macomer. «Ci dispiace che oggi siano assenti i consiglieri che hanno presentato gli emendamenti – ha detto Tedde – prima si avanzano proposte di correzioni, corredate da dichiarazioni a mezzo stampa, e poi non ci si presenta in aula. Anche questo emendamento rientra in una legge priva di contenuti che vuole dare un contentino a tutti».

L’emendamento n. 2476 che è stato respinto dall’Aula con 44 voti contrari e 5 a favore.

Il presidente Ganau ha quindi dichiarato chiusa la seduta e aggiornato i lavori del Consiglio a giovedì mattina alle 10.00.

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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Prosegue in Consiglio regionale il dibattito sul disegno di legge di riforma delle autonomie locali.

Stamane il relatore Roberto Deriu (Pd) ha espresso parere contrario sulla maggioranza degli emendamenti, fatta eccezione per il n.1948 (primi firmatari lo stesso Deriu ed il presidente della commissione Autonomia Francesco Agus) che modifica il testo introducendo nel nuovo tessuto istituzionale le definizioni di “ambiti territoriali ottimali”, la “città metropolitana di Cagliari”, le “città medie”, le “reti urbane”, le “reti metropolitane”, gli “ambiti territoriali strategici” e le “zone omogenee”. Parere favorevole anche agli emendamenti, n. 2507, 2313 e 2485 che modificano in parte alcuni passaggi dello stesso emendamento principale.

Successivamente il presidente ha aperto la discussione generale sull’art 2.

Il consigliere dell’Udc Sardegna Peppino Pinna ha parlato di una Babilonia in cui fra l’altro «non si capisce perché si continui a parlare solo della città metropolitana di Cagliari senza distribuzione equa dei benefici». Pinna ha quindi rivolto un appello ai consiglieri regionali non di Cagliari «a riflettere sul loro ruolo e a chiedersi se stanno facendo il bene della Sardegna; provo molta amarezza per l’ulteriore marginalizzazione di molti territori dell’isola e per questo rilancio la nostra proposta di far diventare tutta la Regione area metropolitana, sarebbe l’unico strumento per annullare ogni discriminazione». I modelli possibili sono tanti, ha concluso, «ed abbiamo scelto il peggiore; soprattutto la sinistra ha tradito la sua storia».

Il consigliere sardista Marcello Orrù ha ribadito che insisterà su Sassari città metropolitana auspicando un ampio consenso, «perché Sassari è la seconda città della Sardegna ed è stata oggettivamente discriminata pur essendo il secondo capoluogo dell’Isola; qualcuno dice che attorno a Sassari nascerà una rete metropolitana ma è un surrogato che non convince soprattutto perché non consente l’accesso a finanziamenti straordinari ed in particolare europei». Perciò, a suo avviso, «istituire una seconda città metropolitana non ruberebbe risorse ad altri territori ma assicurerebbe uno sviluppo armonico a tutta la Sardegna; questa è la vera opportunità da cogliere evitando un disastro che travolgerebbe tutta la Regione e in particolare Sassari che non merita di essere affossata».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha manifestato l’impressione che «l’art.2 sia in realtà un’arma di distrazione dei consiglieri regionali e degli amministratori locali, con la sua mole eccessiva di contenuti dai quali non si intravede una logica chiara; emerge invece che è stata tradita la speranza di tanti per una legge che si poteva fare insieme dopo la decisione unanime di far ritornare il testo in commissione». Si è preferito, ha lamentato Locci, «regolare questioni interne alla maggioranza moltiplicando il concetto di città medie o manipolando a piacere il numero di abitanti necessario per ottenere questo status, ma soprattutto è stato clamorosamente mancato anche il grande obiettivo più volte annunciato della semplificazione». Noi, ha ribadito il consigliere, «abbiamo preso il confronto sul serio chiedendo di discutere della seconda città metropolitana, anche perché sarebbe stata una risposta sera al problema di superamento delle province, che invece si stanno riesumando cambiando alcuni termini e stravolgendo per l’ennesima volta il testo».

Il consigliere Michele Cossa, dei Riformatori sardi, ha condiviso alcune dichiarazioni del collega Locci, soprattutto per quanto riguarda la semplificazione che era il nocciolo della battaglia referendaria, dimenticando che le duplicazioni producono e moltiplicano l’inefficienza della pubblica amministrazione». Il testo, al contrario, « introduce una inedita gerarchia fra comuni, città medie ed altri contenitori come le aggregazioni di comuni, le reti metropolitane ed urbane e gli ambiti territoriali strategici (senza peraltro definirne le funzioni) che dividono i territori ed aumentano le differenze fra comunità, frutto di un lavoro che magari ha consentito a qualcuno di strappare qualche risultato fregandosene però del bene comune della Sardegna». Nel merito, secondo Cossa, «la confusione regna sovrana su politiche turistiche, ambientali, viabilità e presenza delle grande distruzione commerciale; tutto questo ignorando che si sta andando verso la definitiva cancellazione delle province dalla Costituzione».

Ha quindi preso la parola il consigliere di Forza Italia Marco Tedde  che ha ribadito il giudizio negativo sul provvedimento. «Si tratta di un minestrone indigesto. L’articolo 2 contiene ingredienti fasulli e surrettizi che servono soltanto a giustificare il fine vero della legge: prevedere una sola città metropolitana con delle compensazioni prive di significato e di sostanza date agli altri territori per tacitarli. Di fatto – ha affermato Tedde – si disegna una Sardegna a trazione cagliaritana».

Secondo il consigliere forzista la differenza tra Cagliari e le città metropolitane d’Europa è diversa da quella tra Cagliari e Sassari. «Non si può svendere la Sardegna a un’idea che vede il capoluogo come città deus ex machina – ha concluso il consigliere azzurro – l’Europa ha disegnato uno sviluppo differente che prevedeva per la Sardegna due aree metropolitane».

Alessandra Zedda (Forza Italia) ha sottolineato la difficoltà a ragionare su un provvedimento non ancora definito. «I malumori della maggioranza hanno creato confusione ha detto Zedda – non si va verso la , per seguire una riforma nazionale state creando il caos».

L’esponente della minoranza ha poi accusato il centrosinistra di aver scelto un metodo che serve solo a salvaguardare gli equilibri interni anziché avviare un confronto serio con l’opposizione: «Pur di non scontentare nessuno avete presentato emendamenti impresentabili. C’è ancora il tempo per rivedere questa riforma, c’è la disponibilità della minoranza a discutere e ad individuare gli strumenti per arrivare ad una buona riforma. Altrimenti ciò che resterà ai sardi sarà un grande pasticcio».

Mario Floris (Uds) ha invitato i consiglieri di maggioranza a spogliarsi dalle vesti di appartenenza e guardare alla Sardegna. «La riforma costituzionale in atto limiterà fortemente la nostra autonomia – ha rimarcato Floris – noi non riusciamo a difendere gli interessi dei sardi». L’ex presidente della Regione ha ricordato il calendario proposto dall’attuale maggioranza a inizio legislatura: «La priorità erano le riforme – ha affermato Floris – si parlava di nuovo Statuto, legge statutaria, nuovo modello di Regione, organizzazione  degli enti e delle agenzie regionali. Su questi aspetti la risoluzione approvata dal Consiglio un anno e mezzo fa aveva trovato una sintesi. Oggi invece registriamo un totale scollamento tra presidente, Giunta e parlamentari sardi. La Regione è succube del potere centralista. La riforma costituzionale sottrae alla Regione le potestà in materia di enti locali. Nessuna voce ha difeso le prerogative dello Statuto».

Forti perplessità sono state espresse anche da Antonello Peru (Forza Italia) che ha bocciato senza appello il provvedimento in discussione: «E’ una legge che non fa bene alla Sardegna – ha detto l’esponente della minoranza – non si va verso la semplificazione ma si aumentano gli organi di governo e i conseguenti costi. Di fatto, si divide la Sardegna in due».

Rivolgendosi ai consiglieri di maggioranza, Peru ha detto di aver intravisto nei loro visi un evidente imbarazzo: «E’ comprensibile, a tutti è capitato di fare gioco di squadra su provvedimenti sui quali non si era d’accordo ma quando si tratta di norme che segnano il futuro della Sardegna, in particolare del Nord Sardegna, è necessario fare una riflessione forte – ha affermato il consigliere di Forza Italia – non c’è Pigliaru o Renzi che tenga di fronte agli interessi del territorio. Auspico uno scatto d’orgoglio dei consiglieri del sassarese, sapete benissimo che città medie e reti metropolitane non servono a nulla, Sassari deve diventare città metropolitana».

Secondo Paolo Truzzu (Fd’I), l’art 2 rappresenta un’occasione persa: «C’era la convinzione che questa fosse una legge fondamentale per il futuro dell’Isola, l’impressione è che si stia sfociando in un campanilismo fine a se stesso».

Truzzu ha sottolineato la necessità di pensare a un provvedimento complessivo per l’Isola e invitato la maggioranza a riportare la discussione sul testo originario dell’articolo 2 lasciando da parte gli emendamenti sostitutivi. «C’è troppa confusione – ha concluso l’esponente di Fratelli d’Italia – siete partiti con le grandi riforme economiche e sociali e poi avete introdotto termini e considerazioni che non hanno nulla a che vedere con la riforma Del Rio. Il caos regna anche in  materia di tasse, sanità e trasporti. Uscite da questa confusione per il bene della Sardegna».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha contestato i contenuti dell’art.2: «Si introducono nuove fattispecie con definizioni di nuovi enti – ha rimarcato Dedoni – in passato queste operazioni erano legate a grandi progetti di sviluppo come il Piano di Rinascita, questo oggi non avviene. State distruggendo la Sardegna, non state facendo il bene del popolo sardo. Farete meglio ad ascoltare ciò che dice il segretario del Pd in materia di trasporti. Dimostrate giorno per giorno la vostra pochezza. Le istituzioni non sono vostre, il popolo che vota vi caccerà».

Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu (Udc) ha parlato di occasione persa dalla politica “per decidere sull’organizzazione territoriale della Sardegna”. «Mentre la maggioranza – ha attaccato Rubiu – non ha perso l’occasione per fare un’altra pessima figura davanti al popolo sardo». Il capogruppo della minoranza ha quindi criticato aspramente il testo di legge: è complicato con una miriadi di modifiche che dimostrano che il centrosinistra è fuori dal tempo e scollegato dalla realtà.

Rubiu ha quindi definito “arrogante” la decisione di istituire una sola città metropolitana (Cagliari): «Noi diciamo che servono 2due città metropolitane, una al Sud e l’altra al Nord, ed in subordine siamo pronti a sostenere l’istituzione di un’unica città metropolitana comprendente l’intera Sardegna.  Gianluigi Rubiu ha quindi domandato quale futuro abbiano i commissari delle province e perché non si può procedere con le elezioni di secondo grado.

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha definito il dibattito “surreale”, in riferimento alla scarsa risonanza che l’informazione continua a dare alle posizioni delle forze della minoranza ed ai ritardi denunciati in ordine ai ritardi della Giunta sia per quanto attiene la legge finanziaria e la conseguente autorizzazione all’esercizio provvisorio..

«Noi continueremo a fare la nostra battaglia in Aula – ha dichiarato Pittalis – e la porteremo anche nelle piazze dell’Isola e per questo invitiamo i consiglieri del centrosinistra a smetterla di fare la maggioranza a cagliari e l’opposizione nei territori dove sono stati eletti».

Il capogruppo di Fi ha quindi ricordato gli appelli rivolti da alcuni “padri nobili” della politica sarda (Beppe Pisanu, Pietro Soddu, Arturo Parisi, Angelo Rojch) perché si evitasse una riforma come quella che si va delineando. «Ma voi volete fare una riforma con la benda negli occhi e tappandovi il naso – ha incalzato Pittalis – senza tener conto che è una riforma che crea disequilibri e non già armonia nella nostra terra». L’esponente della minoranza ha dunque domandato in tono polemico dove siano finiti i sindaci di Sassari, Olbia, Alghero e di tutti quei territori che denunciavano lo scempio della riforma: «C’è un evidente deficit democratico che si ripercuoterà sui cittadini, sulle amministrazioni sui territori».

Il presidente del Consiglio ha quindi annunciato la votazione sugli emendamenti soppressivi totali n. 96 (uguale al 1057, uguale al 1455).

Il consigliere Ignazio Locci (Fi), ha dichiarato voto favorevole («perché questa è la negazione del dialogo e la maggioranza evita qualunque forma di confronto con le opposizioni»). Anche il consigliere Marco Tedde (Fi) ha annunciato voto favorevole («gli emendamenti soppressivi rappresentano  elementi di giustizia nei confronti di questo minestrone: un pasticciaccio brutto che farebbe sorridere se non facesse piangere i territori  e i cittadini sardi».) «La città metropolitana di Cagliari – ha accusato l’esponente della minoranza – è il cuore del provvedimento e tale decisioni avrà conseguenze non solo politiche».

Il consigliere del Psd’Az, Christian Solinas, presentatore dell’emendamento soppressivo n. 96, ha evidenziato che fino a poco tempo fa “la parole d’ordine era semplificazione mentre  l’articolo 2 del Dl 176 è un monumento di segno inverso”. «Il livello intermedio che era rappresentato dalla Province – ha proseguito l’esponente della minoranza – è sostituito da una miriade di organizzazioni e l’articolo 2 è il trionfo del nominalismo: diamo cioè un nome a cose che non esistono nella realtà». Christian Solinas ha citato l’esempio delle “città medie”: «Esiste a livello europeo ma non rappresenta la realtà e le esigenze dei sardi».

Il consigliere del gruppo Misto, Gianni Lampis (Fdi) ha dichiarato voto favorevole alla soppressione dell’articolo 2. «La definizione di città medie (limite minimo di 10mila abitanti) ricorda quella delle pecore medie, quelle pecore che, la tradizione popolare individua in quelle che si distaccano dal gregge, perdono il senso dell’orientamento e non riescono a tornare all’ovile». «Rifiutiamo – ha concluso Lampis – l’escamotage caro alla maggioranza di fare tutti “fessi e contenti” e siamo contrari alla spartizione di piccoli “galloni” che servono a marcare il territorio e ad alcuni consiglieri di piantare una bandierina, contribuendo però in maniera nefasta alla sorti della nostra Isola».

Il capogruppo Gianluigi Rubiu (Udc) ha dichiarato voto favorevole all’emendamento  che sopprime l’articolo 2: l’articolo è il cuore della legge perché rappresenta  l’elenco infinito della confusione e delle cose irrealizzabili. «Con questa legge – ha concluso Rubiu – spianate la strada alla nostra vittoria alle prossime e elezioni ed al nostro ritorno al governo dell’isola».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori) ha dichiarato voto a favore: con l’articolo 2 si introduce, infatti, un sistema confuso che è il contrario di ciò che si auspicava. «Una città metropolitana che passa da una visione ristretta ad una città metropolitana più ampia accentua, inoltre, contrapposizioni, divisioni e sospetti», ha proseguito il consigliere della minoranza «ma il problema grosso sono le province che voi dividete in soppresse e non soppresse mentre si deve abolirle tutte».

Il consigliere Stefano Tunis (Fi) ha dichiarato voto favorevole all’abolizione dell’articolo 2: «Peggio dell’articolo 2 c’è solo il testo del sostitutivo totale proposto dalla maggioranza». «La Giunta ha rinunciato  all’esercizio delle proprie prerogative  ha dichiarato l’esponente della minoranza – e le definizioni contenute nell’articolo 2 evidenziano che l’azione della maggioranza sta nelle parole piuttosto che nei fatti: comincio domani è, infatti, il vostro slogan».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni, ricordando l’essenzialità del corretto esercizio della democrazia, «di cui molti si riempiono la bocca evidenziando la difficoltà di praticarla attraverso una vera partecipazione» ha criticato radicalmente la legge che «con l’art.2 traccia un quadro polverizzato e indistinto che fra l’altro nasconde la volontà di riproporre le province sotto altre forme».

Il consigliere sardista Angelo Carta ha osservato che «era giusto abolire il testo originario dell’articolo ma non con l’emendamento della maggioranza che è ancora peggiore, perché aggrava la situazione di molti territori, come il Nuorese e le zone interne, che stavano già morendo». Un Nuorese, ha insistito, «dove nei fatti si sta addirittura contraddicendo il documento sottoscritto il 17 dicembre scorso frutto del lavoro di ben 16 tavoli tematici coordinati dalla presidenza della Giunta».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, rivolgendosi ai sardi che ascoltano il dibattito in Consiglio attraverso il web, ha ricordato che «ieri con l’art.1 si è parlato di comuni e città metropolitana mentre oggi si sta allargando il campo verso orizzonti sconosciuti attraverso la moltiplicazione di enti di vario genere e natura, dimenticando fra l’altro i lavoratori delle province soppresse per i quali non è stata spesa nemmeno una parola».

Non essendoci altri scritti a parlare, il presidente ha messo in votazione l’emendamento che il Consiglio ha respinto con 30 voti contrari e 21 favorevoli.

Successivamente il Consiglio ha cominciato ad esaminare l’emendamento n.1948 (Deriu-Agus) che introduce la definizione di una serie di nuovi ambiti istituzionali.

Sull’ordine dei lavori il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha evidenziato un errore tecnico nel testo (viene ripetuta per due volte la lettera “i”) che, a suo avviso, impedirebbe l’esame della proposta.

Il presidente ha ribadito la caratteristica sostitutiva totale dell’emendamento, chiarendo che non c’è nessun emendamento legato alla lettera “i” del testo e comunicando, comunque, che in attesa di una verifica più puntuale il dibattito può proseguire.

L’Assemblea ha poi iniziato la discussione dell’emendamento n. 2355.

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha ribadito l’inutilità di una legge, «per tanti motivi fra i quali quello che privilegia la città metropolitana di Cagliari, scelta che cozza con la realtà e con i dati noti a tutti: aeroporti, porti, distretti industriali, parchi nazionali, traffico passeggeri (92% localizzato nel nord Sardegna), capacità ricettiva e molto altro».

Alessandra Zedda, anch’essa di Forza Italia, ha lamentato che «tutte le proposte della minoranza sono state ignorate, soprattutto in materia di semplificazione e di visione unitaria del territorio regionale, come sottolineato dal consigliere Tedde». Abrogare l’art. 2 è quindi, ha concluso, «opportuno e necessario».

Il consigliere Mario Floris (Misto) ha sottolineato che in discussione c’è un argomento importantissimo «che non può essere banalizzato dal fumo negli occhi contenuto nell’articolo, perché il testo taglia fuori dallo sviluppo intere zone della Sardegna». Per questo, ha proseguito, «non si può essere contrari ad una Sardegna come unica area metropolitana che assicurerebbe la crescita equilibrata di tutti i territori, anche perché non si capisce cosa guadagnino gli enti locali da una riforma che sulla carta dovrebbe essere destinata proprio a loro».

Il consigliere Marcello Orrù (Psd’Az) ha ribadito la sua convinzione rispetto alla proposta di una seconda città metropolitana a Sassari e non è un tema di poco conto, ha affermato, «perché attorno a queste aree in Europa si sviluppa il 60% dei processi di sviluppo e quelle aree producono il 35 % del pil europeo; la discriminazione di Sassari è dunque inaccettabile e punitiva per tutto il nord Sardegna; la Regione si sta assumendo una responsabilità pensatissima di cui pagherà le conseguenze».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha detto che «ormai è molto chiaro che nel dibattito si è persa la politica che avrebbe potuto avere un grande ruolo, perché anziché cambiare questa legge al termine di un confronto sulle cose concrete si è scelto invece di agire con una logica partigiana ed unilaterale senza nemmeno provare ad ascoltare opinioni diverse; fra l’altro è una resa al centralismo statale da cui i sardi hanno tutto da perdere».

Il consigliere Gianni Tatti (Udc Sardegna) ha apprezzato le dichiarazioni del presidente Ganau sul ruolo del Consiglio, rilevando però che nessuno della maggioranza le ha rilanciate. Nel merito ha criticato il testo «che divide la Sardegna ed alimenta le differenze di sviluppo fra territori, dando ragione in qualche modo a chi ritiene che la tutta politica non serva a niente».

Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) la proposta della maggioranza «è un esercizio di stile inutile che, al di là dei termini, complica gli stessi problemi che si propone di risolvere e soprattutto non aiuta i cittadini sardi a vivere meglio».

Il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu ha criticato un articolo che, a suo giudizio, «nasconde una profonda lottizzazione del potere; l’idea di una sola città metropolitana è del tutto sbilanciata e non assicura servizi migliori ai sardi, questo è il vero tema e non certo quello di moltiplicare poltrone e posizioni di potere, questa in definitiva è la risposta che diamo alle migliaia di disoccupati e cassintegrati che aspettano un segnale dalle istituzioni».

Il consigliere Stefano Tunis (Forza Italia) ha messo in luce che quello della Sardegna come unica area metropolitana «è un tema che la commissione ha affrontato per disinnescare alcuni effetti negativi della legge Delrio, che la Giunta invece ha deciso di accettare supinamente producendo un mostro giuridico; dobbiamo capire in altre parole che l’unica città metropolitana produce alcuni benefici ma provoca fortissimi squilibri».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni che ricordato che «la fretta nel voler approvare una legge purchessia è incomprensibile dopo che la scadenza è stata prorogata dal Governo nazionale, esistono perciò molte buone ragioni per chiedersi cosa racconteranno i cittadini del lavoro fatto dal Consiglio regionale e che giudizio daranno della Giunta Pigliaru».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az) ha condiviso le dichiarazioni del presidente Ganau che tutelano il Consiglio ma, proprio per questo, «occorre che l’Assemblea non rinuncia al suo ruolo dimostrandosi capace di proporre una visione delle diverse leggi con l’obiettivo di fare un buon servizio alla comunità regionale; sotto questo profilo l’idea di una Sardegna unica area metropolitana è una buona idea che prefigura l’isola come una unica grande città unita».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha riconfermato la sua contrarietà ad una proposta come quella della maggioranza che divide la comunità regionale ed aggrava la situazione già difficilissima delle amministrazioni locali e dei lavoratori delle ex province.

Messo in votazione, l’emendamento n. 2355 è stato respinto con 31 voti contrari e 21 favorevoli.

L’Aula è poi passata all’esame dell’emendamento (n 2356) all’emendamento n. 1948.

Ignazio Locci (Forza Italia) ha annunciato il suo voto favorevole e invitato il centrosinistra a fare uno sforzo per migliorare la norma tentando di trovare in extremis una sintesi politica.

Michele Cossa (Riformatori) ha spiegato che l’emendamento n.2356 cerca di introdurre un elemento di semplificazione. «Per province soppresse si devono intendere non solo quelle di nuova istituzione (soppresse attraverso il referendum)  ma anche quelle storiche – ha detto Cossa – solo così si può restituire dignità ai territori che hanno fatto una battaglia contro le vecchie province».

Luigi Crisponi (Riformatori) ha ricordato il risultato dei referendum che hanno cancellato le province sarde.  «Si tenta di far riemergere un vecchio assetto istituzionale ormai dimenticato – ha sottolineato il consigliere di minoranza – ricordo che nel 2012 oltre il 60% degli elettori sassaresi si sono recati alle urne per dire sì all’abolizione delle province. Ci opponiamo a questo tentativo di ostacolare la volontà popolare».

Secondo Gianni Lampis (Fd’I) non si vogliono sopprimere le province. «La sopprimenda provincia del Medio Campidano ha pubblicato un nuovo bando per la gestione della tesoreria dell’Ente fino al 2021 – ha rimarcato Lampis – la previsione della “Provincia Sud Sardegna” rappresenta l’istituzione di è un nuovo ente intermedio. Si torna, di fatto, alla situazione preesistente al 2005. Bisogna avere il coraggio di abolire tutte le provincie. Noi abbiamo detto che la soluzione è l’istituzione di un’unica città metropolitana che ricomprenda tutto il territorio regionale».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha definito l’emendamento sostitutivo totale n. 1948 “un’offesa a chi sa scrivere”. Per questo, ha annunciato il voto favorevole alla proposta di sopprimerlo e sottolineato la necessità di far chiarezza.

Per Marco Tedde (Forza Italia) l’emendamento n.2356 tenta di far giustizia cancellando una norma barocca. «L’emendamento sostitutivo n.1948 non menziona i paesi contrariamente a quanto fa l’articolo 1(emendato). Non si può ignorare un termine che la maggioranza ha introdotto nella legge. L’articolo 2 va soppresso completamente perché contiene troppi bizantinismi».

Angelo Carta, capogruppo del Psd’Az, ha suggerito di cambiare il titolo dell’art 2. «Anziché di definizioni occorrerebbe parlare di recinti – ha detto Carta –  questa norma ricorda il far west: ci sono miniere d’oro, villaggi, riserve indiane, territori di caccia. Si individuano recinti, viene fuori che i sardi sono divisi: chi è forte continua ad esserlo, chi è debole è destinato a perire».

Il presidente Ganau ha quindi messo in discussione l’emendamento n.2356 che è stato respinto con 27 voti contrari e 22 a favore.

Si è quindi passati all’esame dell’emendamento (n. 2357) all’emendamento n. 1948.

Marco Tedde (Forza Italia) ha annunciato il suo voto a favore: «Non ci stiamo a dividere la Sardegna. Se non c’è uno sviluppo armonico soffrirà anche il Sud – ha sostenuto l’esponente azzurro – una Città Metropolitana non riuscirà a sopperire alle carenze dell’Isola».

Ignazio Locci (Forza Italia) ha accusato la maggioranza di un cambio di rotta improvviso sulla riforma degli enti locali. «Si doveva ragionare su Unioni dei Comuni, Province e Città Metropolitana – ha detto Locci – in seguito vi siete presentati con altre soluzioni che impediscono un dialogo. La sensazione è che non vogliate disturbare il Grande Manovratore».

Per il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu, «la Sardegna non ha bisogno di due velocità. Per evitare la marginalizzazione delle zone interne occorre istituire o due grandi aree metropolitane o un’unica Città Metropolitana».

Di “supponenza di maggioranza” ha parlato invece il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni: «Non è pensabile – ha rimarcato – che non si riesca a trovare una condivisione su un tema come questo. Le istituzioni rappresentano un bene comune».

Angelo Carta (Psd’Az) ha annunciato il suo voto favorevole all’emendamento spiegando che  non sarà possibile parlare di ambito ottimale «perché i protagonisti (i Comuni) non potranno esercitare fino in fondo le loro funzioni».

Giudizio condiviso dal collega di partito Christian Solinas che ha rinnovato l’invito alla maggioranza a riflettere sulla proposta di istituire un’unica Città Metropolitana: «Non è vero che non si può fare – ha detto il consigliere sardista – la Città metropolitana di Torino ne è l’esempio. Una dimensione di quel tipo consentirebbe di risolvere i conflitti territoriali. Il tema della ripartizione delle competenze resterà».

Il presidente Ganau ha quindi messo in votazione l’emendamento n.2357 che è stato respinto con 31 no e 21 sì.

Sull’emendamento 2358 è intervenuto l’on. Ignazio Locci (Forza Italia), che ha detto: “Sarebbe stato più corretto non prevedere questo meccanismo che obbliga i Comuni alle gestioni associate delle loro funzioni fondamentali. Questa imposizione non consentirà ai piccoli comuni di lavorare bene”.

Sempre dall’opposizione, l’on. Tedde ha annunciato il voto favorevole “su una delle parti più bizantine di questo testo di legge, con voli sintattici e dialettici di non scarsa rilevanza”.

Per l’on. Michele Cossa (Riformatori) “il rinvio di un anno dei termini per le gestioni associate rappresenta un punto importante, come ha appena affermato il collega Locci. Si perdono invece nel testo che discutiamo tutti i riferimenti storici mentre rischiamo che proliferino le unioni di Comuni”.

E’ intervenuto anche il primo firmatario, l’on. Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, che ha detto: “Queste norme sono un capolavoro, richiamano in legge persino le caratteristiche sociali. Che vuol dire rispetto a un Comune “la caratteristica sociale?” Avete elaborato delle aggettivazioni  così generiche che non state definendo nulla. Ci volete dire che cosa state approvando? Grazie”.

L’emendamento 2358 è stato poi respinto.