22 November, 2024
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Il nuraghe Is Paras di Isili.

Gli archeologi sardi hanno sbeffeggiato, senza averne approfondito il merito e le inferenze, i serissimi studi di archeoastronomia nuragica, firmati dall’autodidatta M.P. Zedda, e da Michael Hoskin, Clive Ruggles, Juan Antonio Belmonte, Arnold Lebeuf, Giulio Magli, ritenuti i massimi esperti mondiali di questa disciplina. Studi che ormai da quasi trent’anni campeggiano sulle più importanti riviste scientifiche internazionali.

Contesto agli archeologi sardi di non aver ancora approfondito l’inequivocabile pensiero astronomico dei nuraghi, alcuni dei quali sono, con tutta evidenza, non solo astronomicamente orientati ma addirittura astronomicamente concepiti, come da pubblicazione sul monumentale trattato Handbook of Archaeoastronomy and Ethnoastronomy edito dalla Springer di New York (la più importante casa editrice scientifica del mondo), la bibbia dell’archeoastronomia internazionale.
Il prof. Alberto Moravetti ha prima deriso, poi eluso, con argomenti inconsistenti, l’evidente geometria lunare del pozzo di Santa Cristina, anch’essa oggetto di pubblicazione internazionale sull’Handbook.
Il dott. Mauro Perra ha sarcasticamente affermato, in suo libro, di preferire “la gastronomia all’astronomia”, facendo dello sfottò su studi internazionali serissimi.
La dottoressa Maria Ausilia Fadda ha posto un tappo sul foro apicale del nuraghe Is Paras di Isili, nell’intendimento di eluderne la geometria solare e ha posto un tappo  simbolico sui serissimi studi di archeoastronomia che riguardano tale magnifico monumento.

Ritengo che non si possano comprendere i nuraghi senza l’apporto decisivo dell’archeoastronomia, come non si comprende il medio evo europeo senza il cristianesimo e il mondo arabo senza l’Islam.
Chiedo agli archeologi sardi cosa aspettino ancora a prendere atto e a valutare la seguente letteratura scientifica internazionale e le sue inferenze, con un danno culturale a mio avviso immenso.
Ing. Paolo Littarru
Autore del libro “Il contadino che indicava la luna. Storia di un cambio di paradigma nell’archeologia sarda”

Bibliografia 

Belmonte Juan Antonio and Zedda Mauro Peppino 2007, “From Domus de Janas to Hawanat: on the orientations of rock carved tombs in the Western Mediterranean” in proceedings of the SEAC 2005 Lights and Shadows in Cultural Astronomy, Isili, editors Zedda M.P. and Belmonte J.A.
González García A. César Belmonte Juan Antonio and Zedda Mauro Peppino “On the Orientation of Prehistoric Sardinian Monuments: A Comparative Statistical Approach Journal for the History of Astronomy” November 2014 vol. 45 no. 4 467-481
González,César; Costa, Lourdes; Zedda Mauro Peppino; Belmonte, Juan A. The orientation of the Punic Tombs of Ibiza and Sardinia, Lights and shadows in cultural astronomy: proceedings of the SEAC 2005: Isili, Sardinia, 28 June to 3 July, edited by Mauro Peppino Zedda and Juan Antonio Belmonte. Published by Associazione Archeofila Sarda, Isili, Italy, 2007, p.47
Hoskin Michael and Zedda Mauro, 1997, “Orientations of Sardinian Dolmens“ in Archaeoastronomy, no. 22 suppl. to Journal for the history of astronomy, Cambridge.
Hoskin Michael, 2001, Tombs, Temples and Their Orientations, A New Perspective on Mediterranean Prehistory, Ocarina Books, Bognor Regis.
Magli Giulio, 2007, “I Segreti delle antiche città megalitiche”, Roma.
Magli. G., Realini E., Sampietro D., Zedda M.P, “The Megalithic complex of monte Baranta in Sardinia: a pilgrimage center of early Bronze Age?”, in Complutum, vol 22(1): 107-116, 2011, Madrid
Pásztor Emilia, 2009, “An archaeologist’s comments on the prehistoric European astronomy, in Complutum”, vol 20(2): 79-94, 2009, Madrid.
Pili P., Realini E., Sampietro D., Zedda M.P., Franzoni E., Magli G., 2007 “Topografical and Astronomical analysis on the Neolithic “altar” of Monte d’Accoddi in Sardinia”, in Mediterranean Archaeology and Archaeometry, (vol 9.2), Rhodos, Greece.
Ruggles Clive, 2005, Ancient Astronomy, Santa Barbara, California.
Ruggles Clive, Nature and Analysis of Material Evidence Relevant to Archaeoastronomy in C.L.N. Ruggles (ed.), Handbook of Archaeoastronomy and Ethnoastronomy, Springer Science+Business Media New York 2015.
Zedda Mauro, Hoskin Michael, Gralewski Renata and Manca Giacobbe, 1996, “Orientations of 230 Sardinian Tombe di Giganti”, in Archaeoastronomy, no. 21, suppl. to Journal for the History of Astronomy, Cambridge.
Zedda Mauro, 1997, “I trilobi orientati con le stazioni del Sole”, in Sardegna Antica n. 11, Nuoro.
Zedda Mauro and Pili Paolo 2000, “Archaeoastronomy study on the disposition of Sardinian nuraghes in the Brabaciera Valley”, in atti del Oxford VI and SEAC 99 Astronomy and Cultural diversity, Santa Cruz de Tenerife.
Zedda Mauro 2000, “L’orientamento del nuraghe Su Nuraxi di Barumini”, in Sardegna Antica n 18, Nuoro.
Zedda Mauro and Belmonte Juan Antonio, 2004, “On the Orientation of Sardinian Nuraghes: some Clues to their Interpretation” in the Journal for the History of Astronomy, Vol. 35 part 1, February 2004, Cambridge.
Zedda Mauro Peppino, 2004, “I Nuraghi tra Archeologia e Astronomia”, Cagliari.
Zedda Mauro Peppino and Belmonte Juan Antonio, 2007, Editors of proceedings of the SEAC 2005 Lights and Shadows in Cultural Astronomy, Isili.
Zedda Mauro Peppino 2007, “When astronomical meaning goes beyond orientation and becomes architectural design” in proceedings of the SEAC 2005 Lights and Shadows in Cultural Astronomy, Isili, Zedda M.P. and Belmonte J.A.
Zedda Mauro Peppino, 2009, “Archeologia del Paesaggio Nuragico”, Cagliari.
Zedda Mauro Peppino Sardinian Nuraghes in C.L.N. Ruggles (ed.), Handbook of Archaeoastronomy and Ethnoastronomy, Springer Science+Business Media New York 2015.

 

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Chi ha vinto la “guerra dei menhir”? Forse nessuno tra i contendenti. Ma di sicuro, al momento a perdere sembra essere stato il fondamento del metodo scientifico. Almeno secondo quanto è emerso dalla relazione presentata da Aristeo e SAT durante terza edizione di “Divulgare la scienza”, che si è svolta nei giorni scorsi a Sassari nella Sala convegni della Fondazione di Sardegna.

La bomba mediatica esplosa nelle scorse settimane tra Sergio Frau e Maria Ausilia Fadda, accusata dal giornalista di aver riposizionato nel 1994 (in fila indiana) in maniera arbitraria i menhir sul sito di Biru ’e Concas, a Sorgono, è stata vagliata ai raggi x dall’archeologa Simonetta Castia di Aristeo e da Michele Forteleoni della Società Astronomica Turritana, attraverso un lavoro accurato svolto in sinergia.

È in realtà noto da tempo alle comunità di studiosi e appassionati che l’attuale posizionamento dei megaliti sia artefatto, come riportato anche in recenti pubblicazioni. Il problema è stato forse aggravato dal mancato chiarimento riguardo agli allineamenti, soprattutto dopo la massiccia pubblicizzazione del sito da parte dei media nazionali, in termini sensazionalistici.

Riguardo a Sergio Frau, promotore dell’”operazione Obelix” di NurNeon (che parrebbe patrocinata e sostenuta economicamente dalla Regione Sardegna, prima in graduatoria nel bando Culture Lab), ha senz’altro infastidito il disprezzo verso il mondo dell’archeologia sarda, fatto sì di accademici e addetti ai lavori, ma anche, indubbiamente, di tantissimi giovani laureati specializzati in un settore che richiede conoscenze specifiche, metodo e la padronanza della materia; un intero mondo che viene sistematicamente snobbato e sminuito quando si tratta di promuovere, senza contraddittorio, le proprie tesi, non suffragate da dati e prove scientifiche, se non generici richiami a foto d’epoca o a rilevamenti non georeferenziati, e comunque in possesso di pochi fortunati. Come e più ai tempi della affascinante teoria di Atlantide colpisce l’esigenza di circondarsi, in modo pure efficace, di esperti nazionali chiamati a legittimare ricostruzioni su materie loro oscure, come l’archeologia sarda, per il malcelato tentativo di ostentare l’incapacità dei sardi nell’analizzare e comunicare il proprio passato.

E se è vero che il fondamento della scienza è quello di riconoscere i propri errori per consentire alla conoscenza di progredire, la forte replica degli addetti ai lavori rischia di gettare ombre sul valore dell’archeoastronomia, disciplina ormai ampiamente riconosciuta nel panorama nazionale. Al netto delle stravaganze sensazionalistiche – è stato detto – da aborrire sempre e comunque, sia nell’ambito dell’archeologia (quando si parla di giganti in modo improprio, ad esempio) che delle sue discipline ausiliarie. Nella speranza che sulla scia di questa polemica non si creino altrettanto superficiali e poco opportune contrapposizioni tra mondi molto più affini di quanto alcuni continuino a pensare, dicono gli organizzatori.

Di un nuovo modello di cittadinanza scientifica ha parlato Alberto Cora, dell’Inaf di Torino, per il quale l’astronomia rappresenta un esempio storico notevole, a partire dalla nascita dei planetari. Da posizioni unidirezionali in cui lo scienziato era protagonista, si è passati a un coinvolgimento attivo del pubblico, con dei risvolti positivi anche per il cambiamento della società.

La visione del cielo ha restituito la consapevolezza dell’esistenza di pianeti simili alla Terra. Come ha spiegato Emilio Molinari, dell’Osservatorio astronomico di Cagliari Inaf, per individuare l’esistenza di questi corpi celesti sono utilizzati due metodi indiretti: la velocità radiale, dalla quale si ottiene la massa e il metodo del transito, che ci restituisce il volume. Occorre cocciutaggine e pazienza, ma negli ultimi anni sono stati scoperti 3073 pianeti.

Il pensiero dell’autore classico Lucrezio, incredibile anticipatore delle teorie atomiche è stato approfondito da Gian Nicola Cabizza (AIF), che ne ha mostrato l’influenza sulla cultura di Roma e sul pensiero di Tommaso Moro, Giordano Bruno e Shakespeare, e perfino sui risvolti artistici di Botticelli e Raffaello, nonostante il suo “De rerum natura” appena riscoperto, fosse stato subito messo al bando, avversato dalla chiesa in quanto seguace di Epicuro.

Con l’archivista Stefano Alberto Tedde si è andati oltre il “digital divide”, illustrando l’accesso alle tecnologie dell’informazione nell’esperienza di un gruppo di detenuti per il recupero dell’Archivio dell’ex colonia di Tramariglio. Un’esperienza positiva che ha permesso ai partecipanti di comprendere il vero valore dei documenti considerati fino ad allora poco più che scartoffie.

Simonetta Castia e Stefania Bagella hanno proposto, come ipotesi di lavoro, la creazione di un “Itinerario dei luoghi di Enrico Costa”, una sorta di museo diffuso per la città di Sassari, che sia preludio a un’esposizione museale vera e propria. In un perfetto abbinamento tra testi e immagini storiche, sono stati tratteggiati gli ipotetici luoghi della vita, della poetica e degli altri poliedrici aspetti culturali, alla riscoperta di Sassari, attraverso lo sguardo di questo straordinario intellettuale.

La divulgazione scientifica non poteva trascurare la tv. A parlarne è stata Simona Scioni, autrice delle trasmissioni “Focus di storia sarda” e “Dialoghi della memoria” sull’emittente regionale Sardegna Uno.

In un quadro di saturazione in cui l’iperconnessione ci spinge a interessarci solo di ciò che ci piace, tra le sfide principali elencate dalla giornalista vi sono l’utilizzo di un linguaggio in grado di sedurre, e in seconda istanza il recupero dell’intelligenza emotiva per suscitare curiosità.

Pier Andrea Serra dell’Università degli studi di Sassari ha introdotto alla visione di un nanomondo più piccolo dei batteri, fatto di nano-biosensori e nanotecnologie che sono già realtà. Dalle nanoparticelle che acchiappano il colesterolo ai nanorobot copiati dai virus, non si tratta più di fantascienza. Ma ci sono dei limiti. Non si può miniaturizzare all’infinito, almeno con la tecnologia attuale che utilizza raggi luminosi. Il limite estremo della miniaturizzazione sta nella lunghezza massima degli elettroni, oltre la quale le particelle diventano onde.