Lo “Spazio donna” allestito all’Expo all’interno del Padiglione Italia, ha ospitato un dibattito sulla iodoprofilassi. L’iniziativa – inserita nelle attività informative coordinate dal ministero della Salute – è nata per sensibilizzare su un argomento delicato come quello delle disfunzioni alimentari. Il professor Stefano Mariotti (docente dell’ateneo di Cagliari, endocrinologo e presidente nazionale dell’Ait, Associazione italiana tiroide), ha illustrato la situazione a livello globale e nazionale sul contrasto alla carenza di iodio, una delle principali cause di varie disfunzioni, soprattutto a livello tiroideo. Il primo Stato al mondo ad attuare la iodoprofilassi obbligatoria è stato la Svizzera, nel 1920. I benefici della iodoprofilassi sono molteplici, tra cui un aumento dell’intelligenza media a livello infantile, oltre a una riduzione delle alterazioni tiroidee.
«Lo iodio è essenziale per il corretto funzionamento della tiroide e la sua carenza causa gozzo e anche gravi disordini neuro-cognitivi. Si assume con gli alimenti. Una dieta equilibrata – spiega l’ordinario dell’ateneo cagliaritano – con due porzioni di pesce a settimana, latte tutti i giorni, e un po’ di formaggio, garantisce solo il 50 % del fabbisogno giornaliero di iodio (90 μg nei bambini fino a 6 anni, 120 μg in età scolare (7-12 anni) 150 μg negli adulti). Durante la gravidanza e l’allattamento il fabbisogno aumenta a 250-300 μg al giorno per un corretta funzione tiroidea materna e fetale, indispensabili per lo sviluppo del sistema nervoso centrale del feto’ necessario che l’assunzione quotidiana di iodio con l’alimentazione venga integrata». E ancora. «L’utilizzo di sale iodato consente di coprire il fabbisogno giornaliero fornendo 30 μg di iodio per grammo di sale. In Italia – sottolinea il professor Mariotti – una legge emanata nel 2005 prevede una serie di misure finalizzate a promuovere il consumo di sale iodato su tutto il territorio nazionale, che tuttavia continua a non essere utilizzato da una rilevante percentuale della popolazione, anche a causa di alcuni timori e preconcetti, quali quello che il sale iodato possa far male alla salute». Il sale iodato è un alimento e non un farmaco e non ha effetti collaterali: l’Oms raccomanda un consumo giornaliero di sale sui 3-5 g per il rischio di malattie cardiovascolari. Mantenendo il consumo del sale entro questi limiti, il sale iodato aggiunto agli alimenti consente di raggiungere una quantità giornaliera di iodio pari a 90-150 μg, che è sufficiente a garantire un adeguato apporto iodico nella larga maggioranza della popolazione. Nelle donne in gravidanza o in allattamento è difficile raggiungere il fabbisogno con il solo utilizzo del sale iodato, per cui l’Organizzazione mondiale della sanità consiglia l’assunzione di specifiche integrazioni sia prima che durante la gestazione.
«Nella dieta alimentare possono esserci degli accorgimenti per far sì che si introduca la quantità giusta di iodio, alimento essenziale. Basta utilizzare, al posto del sale normale, il sale iodato. Nella quantità giusta, senza esagerare. Non perché sia iodato, ma perché non bisogna abusare di sale. E opportuno introdurre nella nostra alimentazione un paio di pasti alla settimana a base di pesce» è il consiglio di Stefano Mariotti, direttore del dipartimento di Scienze mediche “Mario Aresu”. Lo specialista spiega: «In certi momenti della vita come la gravidanza e l’allattamento, sarà opportuno prendere degli ulteriori integratori, perché i fabbisogni aumentano. Però, l’utilizzo del sale iodato in una corretta alimentazione rappresenta l’aspetto principale. I cibi? Per la iodoprofilassi sono utili pesce e crostacei. In minor misura, il latte con i derivati».