Mentre i fratturati giacciono in Pronto soccorso, governanti e opposizioni discutono sul “sesso degli angeli”
Meno male che esiste la Corte costituzionale! Ieri, 6 dicembre 2024, la Corte del Palazzo della Consulta, in piazza del Quirinale a Roma, ha depositato un’altra sentenza storica: «…in caso di necessità, per il ripiano del deficit della spesa pubblica, si deve procedere a ridurre le – spese indistinte – prima di eseguire tagli sui fondi per la Sanità…».
Con questa sentenza la Corte Costituzionale fissa i paletti di legittimità a chi riduce i finanziamenti alla Sanità portandola al fallimento. Ora i nostri cari con frattura di femore, o con tumore da operare, che vengono respinti dagli ospedali pubblici (e anche privati), possono fondatamente sperare. Sì! Solo sperare. Per ora non hanno ancora prospettiva d’essete “presi in cura” e operati tempestivamente. I famigliari, preoccupati e frustrati per la loro impotenza, adesso hanno il sostegno ufficiale della massima Corte che sorveglia la corretta applicazione dell’articolo 132 della Costituzione. Per adesso le Traumatologie degli ospedali provinciali continuano ad essere depotenziate e impossibilitate a fare il loro lavoro. Restano in funzione gli ospedali regionali, DEA di II livello, di Cagliari e Sassari, che però, essendo diventati il “collo di bottiglia” degli ospedali di tutta la Sardegna, non riescono ad erogare i servizi specialistici attesi.
Intanto, chiariamo: cosa sono i DEA di II livello? Sono gli ospedali incaricati per affrontare le patologie rare e complesse quali: Neurochirurgia, Cardiochirurgia, Chirurgia toracica, Chirurgia vascolare, Trapianti d’organo, Radioterapia dei tumori,
Chemioterapia. Questi ospedali sono “regionali”, cioè “di tutta la regione”, e ne abbiamo 2: uno a Sassari e uno a Cagliari.
Gli ospedali che in graduatoria vengono subito dopo sono i DEA di I livello ed hanno le competenze che abbiamo sempre conosciuto: la Traumatologia, la Chirurgia d’urgenza, quella vascolare e cardiologica d’urgenza, quella addominale, quella urologica, l’Ostetricia e Ginecologia, l’Anestesia e Rianimazione, la Pediatria, la Medicina generale, l’Oncologia, la Neurologia, la Psichiatria, l’Oculistica, l’Otorinolaringoiatria, il Pronto soccorso, etc.. I DEA di I livello dovrebbero essere adeguati per fornire tutte le specialità mediche e chirurgiche, tranne la Neurochirurgia e la Cardiochirurgia.
Di questi ospedali (DEA di I livello) ce ne sono uno per ognuna delle 8 Province. Quindi, la dotazione sarda in ospedali è costituita da 8 ospedali DEA di I livello, provinciali, e 2 ospedali DEA di II livello, regionali.
A causa dei programmi per la riduzione della spesa pubblica generale, i Governi dal 1992 ad oggi, hanno progressivamente ridotto la spesa anche per la Sanità, con tagli lineari. Il risultato è davanti a tutti: funzionano solo gli ospedali DEA di II livello di Cagliari e Sassari. L’accentramento li ha sovraccaricati di lavoro fino a mandarli in scompenso gravissimo. Gli altri ospedali, intanto, messi da parte, sono fermi, senza personale e senza mezzi adeguati.
Cosa hanno fatto i politici succedutesi negli ultimi 30 anni? Non hanno avuto nessuna concreta iniziativa. Hanno obbedito alla burocrazia contabile, dello Stato e delle Regioni, che faceva il proprio asettico lavoro di contabilità. Per assicurarsi che non ci fosse il controllo politico dei territori, si procedette alla eliminazione dei Sindaci dall’amministrazione delle ASL. Apparentemente il responsabile di tale stato di cose è una entità neutrale, senz’anima politica: l’obbligo dell’equilibrio di bilancio.
Però, come è noto, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Finalmente a febbraio 2024 è avvenuto un fatto rivelatore: il Governo centrale ha approvato un testo di legge, prodotto dai burocrati di Stato, e ha messo un piede in fallo. E’ stato deliberato che le Regioni in deficit di bilancio dovessero ridurre la propria spesa sanitaria. Si specificava che nel caso in cui delle regioni non ottemperassero a tale disposizione restrittiva, per esse sarebbe stata chiusa l’erogazione della quota spettante del Fondo Sanitario Nazionale. Ciò provocò la rivolta della Regione Campania, la quale si rivolse alla Corte costituzionale lamentando che tale “ritorsione” avrebbe determinato la paralisi dell’assistenza sanitaria, soprattutto, a danno dei ceti poveri.
Ieri è cambiato tutto. La Corte costituzionale ha emesso la sua sentenza, valida sia per la Campania sia per tutte le Regioni d’Italia. Si tratta della sentenza n. 195 del 6 dicembre 2024. In essa si sostiene che nessuno può privare i cittadini del “Diritto fondamentale alle cure”, dando vittoria alla Regione Campania e torto allo Stato e al suo apparato contabile.
Così quest’anno, per la seconda volta, la Consulta costituzionale ha bacchettato i governanti con le sue sentenze. La prima è stata la sentenza riguardante l’“Autonomia differenziata” di Roberto Calderoli. La seconda è quella di oggi. Questa sentenza finirà nella Storia e avrà conseguenze.
Mentre da 30 anni, sia i governanti sia le opposizioni si sono dilettate a discutere sul “sesso degli angeli”, finalmente oggi qualcuno obbliga tutti a tornare con i piedi per terra. Gli effetti non si vedranno subito, ma verranno.
E’ avvenuto un fatto nuovo anche in Sardegna. Due giorni fa, il 5 dicembre 2024, i partiti di maggioranza si sono incontrati ad Oristano per trovare un parere condiviso sulla diagnosi della malattia che affligge la Sanità sarda, e per approntare un progetto di risanamento. L’analisi è stata fatta. Il progetto deve ancora nascere.
C’è da sperare che i nostri politici tutti leggano il punto “4.1” della sentenza della Consulta di cui abbiamo trattato e adeguino il progetto in gestazione.
Per ora c’è da sperare che:
1 – vengano riattivati gli 8 ospedali provinciali sardi, DEA di I livello, e si proceda alle assunzioni.
2 – Si introduca, tra gli organi della dirigenza ASL la figura del sindaco (rappresentante della Conferenza provinciale dei sindaci), con funzioni di controllo politico sulla realizzazione del programma sanitario concordato.
3 – si restituisca autonomia amministrativa alle ASL provinciali, sotto il governo della Giunta regionale.
Le tante promesse deluse di questi 30 anni hanno fatto sognare a molti una riforma della legge elettorale, inserendovi un curioso metodo americano: le elezioni di medio termine.
Con quelle elezioni, che avvengono dopo 2 anni da quelle generali, gli elettori americani possono rimandare a casa i parlamentari che si sono rivelati inattendibili.
Se lo facessimo anche in Italia, probabilmente, metteremmo più fretta ai parlamentari che non si curano di mantenere le promesse
Allora sì! I nostri fratturati che ristagnano nei Pronto soccorso avrebbero da divertirsi.