25 April, 2025
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  Il 4 maggio 2020 inizierà un’altra Era.

  • Anno 476 d.C: fine dell’era classica romana. Inizia il Medio Evo.
  • Anno 1492: scoperta dell’America. Fine del Medio Evo. Inizia l’Era Moderna.
  • Anno 1789: Rivoluzione Francese. Inizia l’Era Contemporanea. La nostra Era.
  • Anno 2020: inizia l’Era Post-Pandemia.

Con l’inizio della Fase 2 la gente uscirà e lavorerà di nuovo ma con un compromesso: convivere col virus, sapendo che è indifesa e che alcuni verranno sacrificati.

La Fase 1, della clausura è stata una fuga. La Fase 2 sarà la “discesa in campo”. Ciò è giusto, necessario, ma pericoloso. Lo Stato interviene con decreti di salvaguardia come i seguenti.

Accordo del 10 aprile 2020 tra il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli ed il capo della Polizia Franco Gabrielli. Le ASL, con l’aiuto delle Questure potranno tracciare tutti i contatti telefonici dei pazienti Covid-19. Inoltre, per la futura Fase 2 esisterà una cooperazione tra Apple e Google che metteranno a disposizione le loro tecnologie.

Apple dispone di una “app” che mette in comunicazione tutti i cellulari col sistema “bluetooth”.

Google invece dispone di un suo sistema GPS con cui individua la posizione di tutti i cellulari nel globo terrestre, e ne traccia il movimento.

Chi accetterà di mettere le “app” nel suo telefonino, di fatto accetterà d’esser tracciato nei suoi spostamenti. In cambio, avrà il vantaggio di conoscere in tempo reale se si sta avvicinando a lui un Covid-positivo; inoltre avrà  il vantaggio di sapere se nei 14 giorni precedenti ha avuto, senza rendersene conto, contatti con Covid-positivi.

Chi avrà avuto contatti sospetti potrà farsi controllare col tampone nasofaringeo e, in caso di positività, isolarsi in tempo, dalla sua famiglia e dai compagni di lavoro, prima di diffondere il contagio.

Termoscanner obbligatori all’ingresso di uffici e negozi. La temperatura verrà misurata all’ingresso e poi all’uscita dal luogo di lavoro. Sono già in commercio cellulari che contengono come accessorio il termoscanner. In mancanza di questo si potranno usare termometri a raggi infrarossi.

I soggetti individuati col termoscanner verranno gestiti dall’Ufficio di Igiene pubblica con tre azioni.

1  accertamento diagnostico sull’origine della febbre;

2tampone nasofaringeo per la ricerca dello RNA virale;

3isolamento dei casi positivi fino alla negativizzazione del tampone e la comparsa di anticorpi.

I locali relativi al luogo di lavoro del soggetto verranno immediatamente sanificati con

  1. Ricambio dell’aria;
  2. Lavaggio accurato delle superfici con detersivi;
  3. Sanificazione con soluzioni di ipoclorito di sodio allo 0,5%. Le superfici più delicate verranno sanificate con soluzione alcoolica al 70%.

Nei locali destinati ad uffici pubblici e a negozi e uffici privati si attuerà il “distanziamento sociale” rarefacendo i clienti con vari metodi:

  1. Allungamento degli orari di apertura;
  2. Contingentamento dei clienti;
  3. Lavori “smart working” per gli impiegati;
  4. Ordini online e consegne a domicilio.

OSPEDALI

Per i Covid sintomatici verranno costruiti nuovi Ospedali. Saranno distinti dagli Ospedali Generali.

Reti Sanitarie nel territorio.

Avranno il compito più difficile: individuare i portatori asintomatici ed isolarli immediatamente.

I Test.

Il tampone, per la ricerca dello RNA virale nelle vie respiratorie dei soggetti, servirà ad isolare precocemente i contagiosi inconsapevoli. Servono per lo screening della popolazione.

Il test sierologico, per la ricerca degli anticorpi antivirus, servirà per individuare i soggetti che hanno maturato l’immunità contro il Coronavirus. Sono quelli che riprenderanno il lavoro, restando indenni e preservando indenne il prossimo.

L’aiuto dei Fisici teorici.

Il 31 gennaio 2020 il giornale “La Provincia del Sulcis Iglesiente” fu il primo in Italia a citare lo scienziato sulcitano prof. Nicola Perra che previde la Pandemia di Coronavirus  a partenza dalla Cina. Il suo lavoro indicò due cose importanti. Primo: la necessità di bloccare subito il traffico aereo e di avviare subito la preparazione di un vaccino. Secondo: l’impossibilità di definire la durata dell’epidemia.

Durante l’epidemia, nel Nord-Italia sono emersi gli studi di un altro fisico teorico, il prof. Paolo Giordano, che puntò subito il dito, nei suoi grafici, sull’importanza dei “portatori asintomatici” del virus, e sui soggetti “suscettibili” di infezione. Nella sua esposizione egli concluse che la parte di popolazione su cui concentrare l’attenzione sarebbero stati proprio i “suscettibili” e i “portatori”

Attualmente un altro fisico teorico, il prof. Federico Ricci Tersenghi, autore di un modello matematico per “leggere” l’epidemia di Coronavirus, ha affermato: «Non abbiamo un vero calo della curva dell’epidemia ma, una curva piatta che non tende a scendere». Egli fa notare che la Cina, con la chiusura (lockdown) del 24 gennaio, continuò ad avere infezioni, ed ottenne risultati favorevoli solo quando il Governo dispose di «isolare in zona protetta i pazienti con sintomi lievi e coloro che, pur non avendo tampone positivo, li avevano contattati. Solo allora il fattore di contagiosità Rzero è sceso a 0,3, determinando lo stop dell’epidemia».  Per tale ragione, egli suggerisce l’applicazione di regole di distanziamento molto rigorose prima di impostare la Fase 2. E’ necessaria una gestione molto più attenta in cui gli individui che hanno avuto contatti con un Covid-positivo vengano isolati non a casa ma in luoghi di vera quarantena.

L’isolamento dei Covid-19 deve avvenire in Ospedali  distinti da quelli Generali.

Le affermazioni di questi serissimi Ricercatori  fanno crescere la fiducia nel buon esito della Fase 2.

Purtroppo esistono anche notizie di stampa che polverizzano ogni barlume di fiducia. Il riferimento è ad una  notizia  di giornale in cui si parla di un Ospedale in cui, avendo predisposto locali di degenza per sospetti Covid-19, è stato realizzato il “distanziamento dei percorsi” tra Covid positivi e pazienti generali, incollando al pavimento uno scotch adesivo colorato che divide l’andito della corsia in due. In una metà passano quelli col virus, nell’altra metà quelli senza virus, nella presunzione che il virus si mantenga nel suo lato definito dal nastro adesivo.

Dato questo stato di cose, al pensiero che lo Stato possa controllare tutto e tutti, dobbiamo prepararci a delusioni e a sostenere lo Stato in questo immane braccio di ferro col Coronavirus.

***

Da questa lunga premessa, che è necessaria per definire la situazione oggi, si evince che i problemi sono due:

  1. Necessità di riprendere a LAVORARE;
  2. Necessità di lavorare in SICUREZZA.

***

  • La data di ripresa dell’attività produttiva della Nazione la deciderà il Governo.
  • A garantire la SICUREZZA dobbiamo provvedere tutti.
  • La sicurezza in Ospedale è competenza delle ASL.
  • La sicurezza nel territorio dipende dai nostri comportamenti.

Passando dalla Fase 1 alla Fase 2 sarà ancora più necessario che tutti indossino le mascherine chirurgiche ed i guanti. Con questi accessori ridurremo la carica virale nell’ambiente.

Sarà essenziale mantenere la “distanza sociale” nei luoghi di lavoro e nei mezzi di trasporto.

Sarà necessario che tutti si convincano d’essere potenzialmente infetti e diffusori di virus, e che è necessario avere rispetto della salute del prossimo.

Esistono chiare prescrizioni sia per i comportamenti  nei luoghi di lavoro sia per la sanificazione degli ambienti. Si trovano nella Circolare del ministero della Salute  n. 5443 del 22 febbraio 2020.

Oggi l’attenzione degli organi di controllo si concentra sulla responsabilità del lavoratore nel rispetto della norma e sulla responsabilità del datore di lavoro nella applicazione del Principio di precauzione”  per la salvaguardia della salute dei dipendenti e degli utenti.

Nella Fase 2 si assisterà ad un forte ampliamento dei doveri e responsabilità nei confronti del prossimo.

Sono già in corso indagini della Magistratura nelle RSA dove maggiormente vi sono state vittime. Le indagini si estenderanno capillarmente a tutte le attività umane: dal grande Ospedale e dalla grande Industria ai più piccoli negozi e uffici pubblici o privati. Le attenzioni si concentreranno sul rispetto delle precauzioni contro l’attacco di agenti infettivi.

Forse è vero, come dicono i sociologi, che diverremo tutti più sospettosi del prossimo e anche egoisti. Questa sarà una patologia secondaria derivata dalla Pandemia.

La Pandemia diventerà Endemia, cioè si trasformerà in focolai sparsi di contagio.

I “focolai di contagio (cluster)” potranno evolvere in due modi: il “contenimento” oppure una “nuova espansione epidemica”.

Una nuova Pandemia comporterebbe un disastro economico difficilmente sanabile.

E’ evidente la necessità di individuare subito i portatori di virus e contenerli in luoghi dedicati.

L’individuazione del “portatore” del virus si può fare esclusivamente con il “tampone” e la successiva ricerca del virus con tecnica PCR (Polymerase Chain Reaction).

***

Nella cittadina di Vò Euganeo, dove si sviluppò un grave focolaio, tutta la popolazione è stata sottoposta a screening con tampone nasofaringeo per la ricerca del virus. E’ stata redatta una mappa degli infetti e dei sani.  I soggetti positivi sono stati isolati fino a guarigione. In questo modo i casi si sono ridotti a zero.

Questa tecnica è relativamente costosa, ma la spesa è “nulla” rispetto all’imponente danno economico che si prospetta. Lo strumento per la PCR che legge il tampone impiega 20 minuti per dire se il virus c’è o non c’è.

Considerati i tempi per il prelievo e la compilazione del referto, possono occorrere 30 minuti di lavoro. Se il laboratorio lavora per 10 ore senza sosta può fare 20 esami. Questo nel caso che si esamini un campione per volta.

Il Governatore della Regione Veneto ha proposto di rilasciare un patentino a coloro che risultano indenni da virus e anticorpi antivirali nel sangue. Non è una novità. Già di faceva nella Repubblica Marinara di Venezia nel 1400 e si chiamava “bollettino di salute”. Il lavoratore, in questo stato di “protetto” dal virus, sarebbe l’ideale per la ripresa della vita sociale e della catena produttiva.

Invece, nella Fase 2, con la libertà di circolazione di “tutti”, portatori e sani, si creeranno situazioni imbarazzanti. Potrà accadere che il commesso abbia paura del cliente, sospetto portatore di virus, e che il cliente abbia paura del commesso per la stessa inconfessata ragione. Ovunque, vi sarà questo imbarazzo. Il sospetto lo avrà il Paziente che verrà visitato dal Medico, e il Medico che visiterà il Paziente. Lo avrà il Pubblico Ufficiale che convocherà il Cittadino, come lo avrà il cittadino che verrà convocato dal pubblico ufficiale; lo stesso varrà per gli Insegnanti e gli studenti, per i fedeli e i sacerdoti, per l’operaio e l’impresario, eccetera.

Questa situazione confliggerà con l’interesse di tutti.

E’ evidente che esiste  l’urgenza di attenuare il sospetto e gli atteggiamenti egoistici che ne deriveranno.

Per uscire da questa trappola mortale lo schema utilizzato a Vò Euganeo e in Sud Corea sembra ineludibile. 

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Veniamo al caso nostro.

In questo momento, nel Sulcis Iglesiente, il tampone è stato utilizzato in pazienti sintomatici.

Nonostante il risultato del tampone e dell’esame su siero possano dare falsi negativi, l’effetto sociale è impagabile.

A questo punto la domanda è: quanto costa?

Risposta: si trova nelle pubbliche delibere con cui l’Ospedale Brotzu si è dotato di tali presidi diagnostici.

Dalla delibera n. 447 del 21 marzo 2020 si evince quanto segue:

  • Sono stati acquistati dalla ditta ROCHE DIAGNOSTICS SPA circa 20.000 tamponi

Al costo di 500.000 euro + iva.

Pertanto, ogni tampone costa 25 euro + iva.

  • Inoltre è stato acquistata un’estensione da applicare all’apparecchio lettore del risultato del PCR, al prezzo di 18.000 euro circa.
  • Per quanto riguarda la ricerca di anticorpi anti-coronavirus sul siero del paziente , sono stati acquistati il 23 marzo 2020: n. 20.000 test VIVA DIAG COVID 19, al prezzo di 200.000 euro + iva. Pertanto, ogni test sierologico costa 10 euro in materiale di consumo.

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Da questo si desume che, con la spesa di circa 40 euro, si può sottoporre chiunque, sia alla ricerca del virus nel secreto nasale, sia alla ricerca degli anticorpi nel sangue.

Decisamente la spesa non sembra enorme se si pensa a quanti ticket da 40 euro tutti abbiamo speso per comuni esami di laboratorio. 

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Il limite più importante a procedere allo screening della popolazione del Sulcis Iglesiente non sembra essere la spesa, ma piuttosto il fatto che l’esame lo stia facendo solo il Brotzu per tutto il Sud Sardegna.

A breve inizierà anche il San Martino di Oristano.

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Premesso che è stato riferito dai giornali che i test acquistati a Cagliari serviranno per esaminare tutti i dipendenti del Sistema Sanitario Regionale, bisogna concludere che noi, abitanti del Territorio non lo saremo. Dovremo sollecitare una soluzione ai nostri Alti rappresentanti Politico-Amministrativi.

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Se esistesse una unità di intenti, si potrebbero incaricare i laboratori d’analisi convenzionati per dotarsi di strumenti per PCR, Tamponi e reagenti.

Tra l’altro, si può invocare l’utilizzo dei Fondi europei dedicati al contrasto all’epidemia.

Il Brotzu l’ha fatto: ha affrontato la spesa, senza intaccare il bilancio ordinario, in attesa dei contributi europei.

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Sicuramente, se ciò fosse possibile, ogni imprenditore sarebbe interessato a mettere in sicurezza i suoi dipendenti, eseguendo uno screening accurato di sani e portatori, così come ogni cliente sarebbe interessato a contrattare con una ditta esente da virus.

La stessa esigenza è sentitissima dagli studenti e dagli insegnanti che dovranno rientrare a scuola e convivere in spazi forzatamente ristretti.

Similmente, sarebbe un sollievo negli uffici pubblici sia per i dipendenti sia per i cittadini che vi affluiscono.

Gli studi professionali privati potrebbero certificare ai clienti il proprio stato di salute ed i clienti si presenterebbero negli studi senza provocare patemi d’animo.

Naturalmente, i più avvantaggiati sarebbero i “portatori sani” che verrebbero isolati, curati e poi reintegrati  in seno alle loro famiglie.

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Una volta raccolti i dati, e mappati i casi sospetti, tutti indistintamente accetteremmo la “app” di Apple e Google per la ripresa della serena convivenza.

La “app” scelta si chiama “Immuni”.

Mario Marroccu

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L’Ospedale di “Carbonia” ha un gemello. Si trova a PAIMIO in Finlandia. Fu progettato da ALVAR AALTO e dalla moglie AINO MARSIO, architetti finlandesi. Quel progetto nel 1928 vinse un concorso e divenne famoso tanto che oggi viene studiato in tutte le Università del mondo e citato nei testi di Storia della Architettura. Gli Americani si convertirono subito al progetto di ALVAR AALTO e presero a costruire ospedali simili. Quell’Ospedale venne portato a termine nel 1933.
Il primo Ospedale costruito in Italia con quei criteri futuristici fu: il “Sirai” di Carbonia. Venne edificato 4 anni dopo l’Ospedale di Paimio.
ALVAR AALTO è tutt’oggi considerato uno dei più grandi architetti del 1900, assieme a LE CORBUSIER.
ALVAR AALTO e AINO MARSIO, nati nel 1898, avevano vissuto gli orrori della Pandemia Influenzale chiamata “SPAGNOLA”. La Pandemia durò dal 1918 al 1920 e fece 50 milioni di morti. Immediatamente dopo, a causa di quella pestilenza e della fame patita per gli effetti economici della Grande Guerra il popolo, indebolito nel fisico e nelle difese immunitarie, divenne preda di una massiccia diffusione della tubercolosi. Anche questa si prese le sue vittime.
Negli anni della Spagnola tutte le Nazioni adottarono le procedure di “distanziamento sociale” che oggi stiamo sperimentando. La gente indossava mascherine chirurgiche simili a quelle di oggi e si manteneva in “isolamento domiciliare”.
Nei pochi Ospedali dell’epoca, già provati dallo sforzo di curare i soldati massacrati dalla Guerra, entrò un popolo di derelitti che, in gran parte, non ne uscì più. All’interno si sviluppavano focolai che decimavano Pazienti, Medici e Personale di assistenza. AALTO e la moglie, appena 7 anni dopo la Pandemia di Spagnola, progettarono l’Ospedale sotto l’ impressione di quella esperienza.
AALTO conosceva l’esigenza del “distanziamento sociale” per contenere il virus e progettò un Ospedale che avesse la fondamentale funzione di “barriera architettonica” ai contagi. Inoltre si prese la cura di creare un posto gradevole dove gli esseri “umani” trascorressero le lunghe giornate godendosi gli effetti benefici della luce solare, viricida e antibatterica. «Dove entra il sole non entra il dottore», si diceva allora. Nell’idea di Alvar la luce solare doveva essere usata come ulteriore ostacolo agli agenti infettivi.
L’Ospedale di AALTO , da cui fu copiato il “Sirai”, era un ospedale a sviluppo “verticale”. Già in questo di differenziava radicalmente dagli “Ospedali Maggiori” di tutta Europa che erano a sviluppo “orizzontale” su un unico piano. L’“Ospedale Maggiore” di Milano fu fatto costruire dal Cardinal Rampini nel 1480 circa; fu il primo Ospedale pubblico gestito dallo Stato. Da notare che anche l’Ospedale Maggiore era nato per contrastare le epidemie che allignavano facilmente negli “ospedali caritativi” privati; in essi ogni letto ospitava da 4 a 10 malati contemporaneamente. Il Cardinal Rampini volle, come “misura di distanziamento” i letti “singoli”. Fu una grande rivoluzione presto copiata da tutta Europa.

L’altra caratteristica architettonica rivoluzionaria stava nell’orientamento dell’Ospedale rispetto all’arco solare. Le camere di degenza vennero, da AALTO, tutte orientata verso Sud Sud-Est in modo da ricevere luce solare diretta per la gran parte del giorno. Le camere, esposte al sole, erano fornite di ampie fenestrature ad ante scorrevoli. Le ampie fenestrature e gli alti soffitti, assicuravano un rapido ricambio dell’aria, senza produrre correnti. Questo è tutt’oggi un metodo efficace per allontanare rapidamente i microrganismi sospesi nell’aria ed abbassarne drasticamente la carica.
I reparti del nuovo Ospedale erano sistemati tutti su piani diversi. Si poteva accedere alle corsie di degenza solo dopo aver attraversato una zona filtro. Nella zona filtro e nelle camere erano disposti lavandini per il lavaggio delle mani.
Per evitare che il rumore dello scorrere dell’acqua disturbasse gli altri malati, AALTO progettò lavandini con il piano di fondo inclinato, insonorizzando il getto.
Il riscaldamento era “a pavimento”.
Il personale Medico ed Infermieristico alloggiava in corpi separati ed accedeva all’Ospedale in divisa da lavoro.
I parenti in visita dovevano fermarsi prima della zona filtro e non potevano accedere alle corsie di degenza per non portarvi batteri e virus.
I servizi e le sale operatorie erano sul versante Nord dell’edificio. Il versante soleggiato era riservato alle ampie fenestrature delle camere di degenza.
Questi pochi elementi descrittivi sintetizzano l’intelligente uso delle barriere architettoniche per contrastare la  circolazione degli agenti d’infezione all’interno dell’Ospedale.
Ogni piano era perfettamente isolato da quello sottostante e soprastante. Non vi era contiguità dei reparti, ma un efficace “distanziamento” ottenuto con intermezzi strutturali.
Chi conobbe l’Ospedale Sirai negli anni ’60-’70, ricorderà che i pazienti accedevano al ricovero dopo essere stati accettati dal Pronto Soccorso, che era disposto al piano terra. In quella sede avvenivano tre operazioni.
PRIMO: la visita.
SECONDO: la compilazione dei moduli di accettazione,
TERZO: la presa in carico del paziente. Che avveniva così:

-1- il paziente veniva completamente privato dei suoi indumenti e, se il caso lo richiedeva, immerso in vasca e lavato.  Gli indumenti venivano sistemati in un sacchetto e contrassegnati; quindi venivano introdotti in una “bocca di lupo” della parete, e fatti cadere direttamente nel reparto lavanderia, situato nei sotterranei. Gli indumenti, una volta lavati e sanificati, venivano confezionati e riconsegnati al paziente in camera. Idem per le calzature.

-2- Venivano controllati i capelli e, se vi era il sospetto di una malattia del capillizio e cuoio capelluto a carattere infestante o contagioso, si procedeva alla rasatura.

-3- Il paziente, così sapientemente sanificato, veniva rivestito con abbigliamento da camera sterile, adagiato su una barella, e condotto in reparto.

Negli anni ’90, quando era presidente della Giunta regionale Antonello Cabras, assessore della Sanità Giorgio Oppi, commissario straordinario della USL Tullio Pistis e presidente del Consiglio di amministrazione Antonello Vargiu, venne costruito un corpo separato destinato al Reparto Infettivi, per contrastare la temuta epidemia di AIDS. Questo corpo, posto a debita distanza dall’edificio centrale, non venne mai utilizzato perché l’epidemia fu scongiurata dall’avvento dei nuovi farmaci anti-retrovirali. Venne utilizzato per sistemarvi il Centro Diabetologico; il centro Trasfusionale e la Sterilizzazione. Quell’edificio, unico nel suo genere in Sardegna, per caratteristiche strutturali e dotazioni, era stato progettato da un team di Ingegneri e Architetti venuti da Roma, e costruito da un’impresa specializzata. Tanto grande era l’interesse del Governo per il contrasto all’epidemia.

Attualmente il complesso ospedaliero del Sirai è costituito dal corpo centrale ed altri corpi separati.
Questi sono: Il Centro DIALISI, la PSICHIATRIA, la RADIOLOGIA, la ex PEDIATRIA, l’ex INFETTIVI. Il corpo centrale ha subìto modifiche aggiuntive al Piano Terra: la RIANIMAZIONE posta a Est; il Nuovo PRONTO SOCCORSO a Sud-Est; il nuovo INGRESSO a Ovest.
Fino agli anni ’90 il corpo centrale ospitava:
– Pronto Soccorso e Traumatologia al piano terra;
– Chirurgia Generale al primo piano;
– Medicina Generale al secondo piano,
– Ostetricia e Ginecologia al terzo piano.
L’elemento architettonico ideato da ALVAR AALTO ha sempre conservata il “DISTANZIAMENTO” fisico-strutturale fra i reparti. Questa distanza fisica di garanzia è mantenuta ancora oggi, nonostante la comparsa di nuovi Reparti, che sono:
– La CARDIOLOGIA al V piano;
– La STROKE UNITY al III piano;
– ONCOLOGIA al IV piano;
– UROLOGIA al II piano.
Questi reparti non contengono “Infettivi”.

Con questa dotazione difensiva della Sanità Ospedaliera Sulcitana dovremo, con grande attenzione, e senza commettere imprudenze, affrontare la FASE 2 dell’epidemia da Coronavirus.
L’idea di Ospedale di Alvar Aalto ci protegge ancora. Speriamo che nessuno la modifichi.

Mario Marroccu

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E’ tutto cambiato ma ancora non si vede.

La nostra rappresentazione mentale del mondo ce lo mostra ancora uguale a prima: i ritrovi della gente (i bar, i ristoranti, le chiese, i partiti politici, le scuole, i luoghi di lavoro, le strade, le piazze, la spiaggia, le stazioni sciistiche, il treno, la metropolitana, l’aereo, la nave, i cinema e teatri, il Parlamento, il colonnato e la piazza del Bernini davanti al Vaticano) sono, nella nostra immaginazione, temporaneamente sospesi e , nella nostra illusione, destinati a “ripopolarsi” come prima; appena questa “grande esercitazione di distanziamento sociale” sarà finita.

Cos’è la Fase 2? E’ il ritorno a come si viveva prima? Molti credono questo. Soprattutto, lo hanno creduto quei 75 turisti americani che oggi sono atterrati a Fiumicino, attirati dall’Italia dove si dice che l’epidemia stia “svanendo”. Il messaggio che sta passando è proprio questo. I più stanno immaginando che il Coronavirus abbia fatto le valigie per tornarsene là da dove è venuto. Ma non è così. E’ esattamente il contrario. Il 23 febbraio 2020 avemmo a Codogno il primo malato da virus. Oggi, dopo 40 giorni, secondo il professor Massimo Galli, virologo dell’Ospedale Sacco di Milano, ne abbiamo 1 milione. Secondo l’Imperial College di Londra ne abbiamo 10 volte di più. La verità è che il Coronavirus si è installato in tutta Italia e ci resterà. L’altra verità è che :

1°- la sua virulenza mortifera è sempre la stessa;

2°- non abbiamo farmaci che lo fermino;

3°- non abbiamo il vaccino;

4°- non sappiamo se gli anticorpi siano capaci di contrastare il virus. Nel caso dell’AIDS per esempio, gli anticorpi si formano ma non funzionano.

Non sappiamo quanto tempo resterà a vivere con noi. La Peste del 1347 si ripresentò, in Italia, altre 4 volte nello stesso secolo. Poi si ripresentò 4-5 volte per tutti i secoli successivi. Infine, nel 1700 scomparve spontaneamente. Molte malattie infettive arrivano ad ondate. La più comune è l’”Influenza”, che si manifesta tutti gli anni con virus lievemente mutati, e poi scompare spontaneamente con la Primavera.

C’è chi spera che il Coronavirus scompaia spontaneamente col caldo della buona stagione. In realtà questo virus non è sensibile al variare delle stagioni. L’unico vantaggio che potrà darci il caldo sta nel fatto che le “goccioline” si asciugano in fretta, e il secco crea un problema al virus.

Pertanto, dobbiamo essere consapevoli che il virus resterà tra noi, indipendentemente dalla stagione, e continuerà a fare le sue vittime.

Tutto sommato la qualità della vita nella Fase 1 non è stata deteriorata in modo grave. Non abbiamo avuto problemi nella fornitura dei beni di consumo ed abbiamo fatto una strana vacanza chiusi in casa. Questo è stato possibile perché la Nazione aveva accumulato una buona riserva. Ma questa è destinata ad esaurirsi rapidamente se non torniamo al lavoro. 

Questi 40 giorni di inattività ci hanno resi consapevoli di alcune cose.

  • Abbiamo un avversario pericoloso che convive con noi;
  • Non possiamo continuare a nasconderci dal virus;
  • Dobbiamo riprendere a lavorare e produrre ricchezza per contribuire alle casse dello Stato.

Dobbiamo essere consapevoli che la Fase 2 è necessaria.

Cos’è la Fase 2?

E’ un compromesso.

Torneremo a lavorare rischiando di contrarre l’infezione da Coronavirus, perché sarà inevitabile ridurre la “distanza sociale” che adesso ci sta proteggendo.

Sarà necessario realizzare  una nuova forma di ”distanza sociale” con altri mezzi.

Non potremo garantire sempre la “distanza fisica” tra le persone ma dovremo aumentare le schermature” fra una persona e l’altra.

Quali sono le schermature? Sono i mezzi che impediscono al virus di passare dal contagiato senza sintomi (che è il vettore inconsapevole) a chi ne è ancora indenne.

Visto che il virus esce dalle vie respiratorie del portatore per passare alle vie respiratorie del soggetto sano, dobbiamo concentrare la nostra attenzione sul come fare.

– Ripetiamo il meccanismo di contagio: il virus viene “sparato” nell’aria dal fiato espirato; quindi esce dalla bocca e dal naso dell’inconsapevole “vettore”, e viene proiettato verso tutto ciò che gli sta davanti. Davanti c’è, prima di tutto, l’aria dell’ambiente, e qui viene nebulizzato.

Poi ci sono gli oggetti e, su questi, lo spray di goccioline va a depositarsi.

Infine, davanti al soggetto “vettore” ci sono le altre persone.

Le goccioline “infette” vanno verso il naso, la bocca e gli occhi. Vengono inspirate dal naso e dalla bocca e penetrano nell’apparato respiratorio. Quelle che vanno verso gli occhi si mescolano alle lacrime; queste entrano nei condotti lacrimali e finiscono dentro il naso; da qui il virus va all’apparato respiratorio.

Altre goccioline vanno sul volto e sui capelli. Il soggetto si tocca i capelli, il viso, e poi la bocca, il naso e gli occhi. L’ingresso del virus è così assicurato.

Le mani toccano gli oggetti inquinati dallo spray e poi, per antica abitudine,  toccano il viso e la bocca.

Se non si ferma questo semplice meccanismo siamo destinati all’infezione da Coronavirus.

Quali sono le azioni basilari per ridurre la carica virale nell’ambiente?

– Primo: tutti devono indossare la mascherina chirurgica. Ricordiamo che la mascherina chirurgica non protegge dal virus. La sua vera funzione consiste nell’impedire che dalla nostra bocca e dal nostro naso, vengano proiettate nell’ambiente le goccioline di saliva sospette.

Se tutti indossassero la mascherina chirurgica, nessuno riuscirebbe a proiettare le goccioline infette verso di noi, e la carica virale nell’aria e negli oggetti sarebbe molto bassa.

Quindi le mascherine chirurgiche sono assolutamente “altruiste”. Se tutti fossimo rispettosi del prossimo, indossandole, tutti potremmo scampare al pericolo di infezione. Non dobbiamo vergognarci a pretendere che chi ci sta davanti indossi la mascherina chirurgica. Dobbiamo metterci al sicuro.

– Secondo: tutti devono indossare i guanti usa e getta. Sono fondamentali per impedire che i virus delle goccioline finite sugli oggetti vengano in contatto con la cute delle mani. I guanti indossati devono essere lavati frequentemente con sapone oppure con soluzione alcoolica.

In tutti i casi è necessario non toccarsi mai il volto. Il riflesso di toccamento del volto (bocca, naso, occhi, collo e capelli) avviene un migliaio di volte al dì, e non ce ne rendiamo conto. Chi porta la maschera chirurgica e i guanti alle mani si tocca di meno, e comunque difficilmente si autoinquina.

– Terzo: portare gli occhiali. Servono a impedire che lo spray di goccioline raggiunga i nostri occhi.

***

Per lavori particolari il numero e la qualità dei presidi sale di grado.

Per esempio i medici rianimatori che intubano i pazienti Covid per collegarli al respiratore automatico (ventilatore) devono essere dotati di :

a) tuta completa di materiale sintetico impermeabile usa e getta;

b) cuffia per il capo;

c) gambali e sovrascarpe usa e getta;

d) Maschera per bocca e naso del tipo FFP3 che filtra l’aria inspirata con efficienza del 98%.

e) Visiera trasparente.

Il personale che sta a distanza dalla bocca e dal naso del paziente utilizza maschere FFP2 che hanno il 93% di potere filtrante.

In situazioni ancora più pericolose si useranno caschi con visiera.

Il personale sanitario che opera a notevole distanza dal paziente deve indossare le maschere chirurgiche.

I pazienti poco sintomatici devono indossare le maschere chirurgiche per ridurre lo spray con virus che inevitabilmente diffondono nell’ambiente.

Tutti devono lavarsi le mani (e anche  il viso)  frequentemente.

Nota bene: le maschere FFP3, munite di valvola per l’espirazione di fiato non filtrato, sono raccomandate solo per il medico intubatore. Da queste maschere fuoriesce il fiato dell’operatore; tale fiato finisce in un ambiente inquinato e non modifica lo stato di sicurezza del paziente che  sta di fronte.

In tutti gli altri casi le maschere devono essere senza valvola. Coloro che usano le maschere con valvole in altri ambienti commettono una imprudenza. Mettere a rischio il prossimo che è costretto a  respirare  il fiato non filtrato di chi ha la valvola di espirazione.

Negli ambienti comuni è imperativo che tutti indossino le mascherine chirurgiche.

***

Nella Fase 2 si deve aderire alla prescrizione della “distanza sociale” , e il “divieto di assembramento”:

Queste semplici regole non potranno essere trasgredite per tutta la Fase 2, Il motivo è rappresentato dal fatto che in questa fase si riprenderanno le attività produttive e i lavori intellettuali in un mondo in cui i soggetti portatori del virus potranno essere ovunque, e dovremo convivere col pericolo. La Fase 2 è basata sul “compromesso” che si potrà uscire di casa e

lavorare nella consapevolezza del rischio di contagio e nella sua accettazione.

Di fatto si accetta il rischio che un numero non prevedibile di vite verrà sacrificato. Questo rischio è inevitabile e deve essere inevitabilmente accettato.

Tuttavia l’accettazione del rischio va di pari passo con l’accettazione che tutti dovremo rispettare severamente le regole di distanza sociale  e un nuovo tipo di abbigliamento che serva da schermo dai virus dello sconosciuto soggetto contagiatore, sempre incombente.

***

Dopo questa premessa si comprende che la Fase 2 sarà molto più impegnativa della Fase 1 in via di conclusione.

La Fase 1 è stata caratterizzata da una chiusura totale e temporanea. La Fase 2 sarà caratterizzata da una apertura  quasi totale, con esposizione accettata al contagio, ed il mantenimento di un altro modo di attuare la “distanza sociale”. Questo sarà basato sull’uso degli schermi corporei appena descritti.

Non conosciamo la durata della Fase 2. Potrà essere “temporanea”, oppure “persistente”, o anche “perenne”. Dipenderà da quanto tempo ci vorrà per la disponibilità universale del vaccino. Se il vaccino comparisse domani, tutto questo che stiamo elencando non avverrà.

***

Se il vaccino tarderà ad arrivare, la Fase 2 cambierà totalmente il modo di convivere nel mondo.

I luoghi di assembramento sociale come: teatri, cinema, bar, ristoranti, piazze, mercati, negozi, uffici pubblici, cambieranno radicalmente. La massa umana sparirà. Immaginiamo le chiese che non potranno consentire l’affollamento dei fedeli. Potranno entrare in pochi, abbigliati di maschere, visiere, tute, guanti e subiranno il controllo di sistemi di verifica sanitaria. Similmente avverrà per i Supermercati i quali forse opteranno per la consegna della spesa a domicilio e dovranno avvalersi di vettori provvisti di presidi di protezione individuale. Forse i cinema verranno surclassati per sempre dalla televisione e gli attori di teatro, per arrivare al pubblico, dovranno esibirsi davanti a telecamere. 

Molte attività pubbliche avverranno in teleconferenza come: processi nei tribunali, discussioni nei consigli comunali, regionali, o addirittura nelle Camere.

I lavori più difficili da adattare a questa nuova condizione saranno quelli che non possono prescindere dal contatto umano come:

  • Organi di polizia,
  • Militari,
  • Medici di base e ospedalieri;
  • Medici dentisti;
  • Fisioterapisti;
  • Scuole e Asili infantili.
  • Personale di assistenza agli anziani e badanti.

Le scuole saranno forse il capitolo più difficile da governare in sicurezza. A settembre rientreranno a scuola 8 milioni di alunni e studenti,  1 milione di insegnanti più 1 milione di personale amministrativo.

Parte delle lezioni si faranno in videoconferenza ma esisteranno ancora le lezioni frontali. In tal caso sia l’insegnante che gli studenti dovranno adottare un abbigliamento per mantenere al “distanza sociale”: maschere, guanti, occhiali e, forse, tute. Tutto questo rappresenterà un costo aggiuntivo notevole.

Vi è il problema degli asili infantili. I bambini non potranno essere dotati di mascherine e guanti, inoltre dovranno giocare a stretto contatto fra di loro.

E’ vero che i bambini sembrano essere più protetti dal virus, ma è anche vero che basta che uno solo sia contagioso e tutta la comunità verrà contagiata. Poi i bambini rientrando a casa «a trovare la mammina» le regaleranno il virus. Grande problema da risolvere.

Vi è inoltre il grande problema dei mezzi di trasporto pubblico come: treni, aerei, navi. In quei contesti è difficile evitare il “contatto sociale”. Forse si dovrà trovare la soluzione nella adozione di un abbigliamento con copertura totale (tute, copricapo, maschere, guanti, calzari), e comunque sarà vietato l’affollamento. Fatto che non sarà evitabile nelle metropolitane delle grandi città.

L’affollamento sarà il nuovo nemico pubblico numero 1. Forse in tutte le attività pubbliche si attuerà il contingentamento degli utenti. Fatto che abbiamo visto essere molto efficace nei supermercati. Prenderanno vigore i piccoli negozi di quartiere che oltre ad essere gestiti da persone conosciute potranno evitare gli spostamenti con mezzi pubblici o automobile.

La vita privata cambierà. Si pensi ai giovani che non potranno frequentare i locali d’incontro e frequentare la persona partner ideale se non con  l’interposizione  di maschere, guanti e occhiali. Ma anche questo verrà reso digeribile dalla moda.

Tutti diventeremo sospettosi nei confronti dell’altro, e tutti diventeremo sospetti per il prossimo. Il motivo sta nel fatto che l’elemento più pericoloso della Fase 2 saranno i portatori inconsapevoli di virus, cioè i portatori sani e soggetti con la malattia in incubazione e ancora senza sintomi.

Paradossalmente i luoghi meno sospetti saranno gli ospedali dove i Covid positivi saranno noti e ben sorvegliati e dove chi guarisce diventa immune mentre chi muore finisce di essere una fonte di contagio.

Durante la Fase 2 compariranno le “patenti di immunità” che verranno rilasciate ai pazienti guariti diventati immuni, e con tampone negativo.

Gli “immuni” riavvieranno la macchina produttiva della Nazione e daranno vita al nuovo mondo.

Ecco perché la Fase 2 sarà la più impegnativa e perché sarà questa a cambiare il mondo che abbiamo conosciuto.

Appena arriverà il vaccino ciò che ho descritto finirà, tuttavia molti costumi cambieranno per sempre.

Mario Marroccu

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Il Centro emergenze Covid-19 a Carbonia e non più a Iglesias. E’ questo il nuovo scenario che si sta aprendo in queste ore per dare soluzione all’emergenza nel territorio del Sulcis Iglesiente. E’ del 21 marzo scorso la notizia che il comune di Iglesias ha chiesto che l’ospedale Santa Barbara sia adibito a struttura di emergenza per il Coronavirus, per tre motivazioni precise:
1 – Tutela operatori sanitari
2 – Evitare promiscuità tra reparti
3 – Rischio di compromettere le funzioni del CTO di Iglesias e del Sirai di Carbonia, a causa della continua mobilità di operatori tra i due ospedali.

Oggi, a distanza di poco più di due settimane, si apprende che il Centro emergenze Covid-19 si vorrebbe crearlo dentro i reparti di degenza dell’ospedale Sirai di Carbonia. E’ quantomeno imprudente solo pensare una soluzione di questo genere, perché un reparto siffatto dovrebbe avere percorsi separati dagli altri (ascensori, scale vitto, farmacia, bombole d’ossigeno, salme, medici ed infermieri, prodotti di risulta come camici e mascherine inquinati, etc.). E’ quello che è successo prima a Codogno e poi a Sassari e sappiamo che da lì ha iniziato ad infuriare il virus in Italia e nel Nord Sardegna.
Va assolutamente evitato l’“assembramento” con aggregazione di reparti in uno spazio ristretto, come impone il “Decreto Conte”.
I Sindaci, le più alte autorità sanitarie, dovrebbero darne notizia alla Protezione Civile guidata da Angelo Borrelli, perché fermi sul nascere un progetto tanto rischioso.

Mi pare necessario che i sindaci di tutto il territorio pretendano che i Covid ospedalizzati vengano sistemati in un padiglione separato, lontano dai ricoveri ordinari. E ricordo ancora una volta, che all’ospedale Sirai di Carbonia, c’è una megastruttura per infettivi, con tanto di camere a pressione negativa, realizzata negli anni ’90, negli anni di maggior diffusione dell’epidemia di AIDS. Si tratta dell’edificio in cui è ospitato l’attuale Servizio di Diabetologia, situato dietro l’ex Pediatria e, giustamente, situato a distanza di sicurezza da tutti gli altri reparti. La struttura è inoltre dotata di un impianto di sterilizzazione tecnicamente preparato per infettivi.

Mario Marroccu

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A tutti i livelli si riconosce che l’aver degradato il sistema sanitario per motivi contabili sia alla base dell’impreparazione alla pandemia Covid-19. Ebbene si persiste. Da indiscrezioni che circolano in ambienti sanitari, che è auspicabile trovino adeguata e circostanziata smentita, pare che si stia per procedere ad un’ulteriore destrutturazione dell’Ospedale Sirai di Carbonia. Sarebbero state date disposizioni per accorpare reparti ed ottenere, nello stesso contesto, camere destinate a Covid positivi. Il risultato di un simile intervento, sarebbe l’inevitabile messa fuori uso di reparti già sacrificati e portati ai minimi termini e la fabbricazione preordinata di un focolaio Covid tra i pazienti ordinari.

Probabilmente, molti non sanno che nel presidio ospedaliero Sirai di Carbonia, esiste già una megastruttura per infettivi, con tanto di camere a pressione negativa, realizzata negli anni ’90, negli anni di maggior diffusione dell’epidemia di AIDS. Si tratta dell’edificio in cui è ospitato l’attuale Servizio di Diabetologia, situato dietro l’ex Pediatria e, giustamente, situato a distanza di sicurezza da tutti gli altri reparti. La struttura è inoltre dotata di un impianto di sterilizzazione tecnicamente preparato per infettivi.

Adesso, chi glielo dice a chi è impegnato a trovare soluzioni per fronteggiare gli effetti provocati dal Covid-19?

Mario Marroccu

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Il nostro stile di vita è già cambiato. In futuro si modificherà ancora e in modo stabile. Non sappiamo quanto durerà l’epidemia. Ad un certo punto la curva statistica raggiungerà un “plateau”, poi inizierà la discesa. Pian piano, si passerà da Epidemia ad Endemia, con focolai sparsi.
Quando arriverà il vaccino, e se sarà efficace nel tempo, si tornerà ad uno stile di vita simile, ma diverso da quello precedente. Ma quando arriverà il vaccino? Se tutto va bene fra 18, 24 mesi.
Questa è una visione ottimistica. Nel caso della Malaria il vaccino non è stato ancora trovato, nonostante lo si cerchi dalla fine del 1800. Il fatto che la Malaria sia endemica, in luoghi isolati dal Mondo Occidentale, la rende tollerabile e non se ne parla. Così pure non si parla più del virus Ebola, della Chikungunia, della Dengue, della Zika, della febbre del Nilo Occidentale e altre malattie contagiose.
L’epidemia da Coronavirus invece si è installata nella parte più ricca del Mondo, la nostra, e per ora è in rapida espansione. Il Mondo Occidentale adeguerà il suo stile di vita alla esigenza di
evitare il contagio.
Nel termine stesso “CONTAGIO” vi è descritto il meccanismo della diffusione del virus. Contagio deriva del latino “CUM TANGERE, “TOCCARE INSIEME”. Da cui deriva la parola “contatto”. Il “contatto interumano” è la via di trasmissione del virus. La sospensione del contatto tra persone è l’unico metodo efficace per arrestarne la diffusione. Il contatto può essere “fisico”. Questo avviene toccando con le mani le secrezioni provenienti dalle vie respiratorie di un soggetto infetto; poi con le mani tocchiamo il nostro volto, e nel volto ci sono  la bocca, il naso, gli occhi. Da queste tre vie il virus entra nel nostro sistema respiratorio. E’ praticamente inevitabile controllare l’istinto di toccarsi il viso, visto che in media lo tocchiamo 1000-1500 volte al dì. Da questa tendenza all’autopalpazione inconscia deriva l’ordine tassativo di lavarsi le mani con grande frequenza.
Esiste un altro tipo di contatto interumano: il contatto “verbale”. Esso è necessario per la comunicazione da vicino. L’essere umano è, tra le specie animali, quella più garrula, anche più di certi uccelli. Ha sviluppato la capacità di comunicare utilizzando la modulazione della voce.
La modulazione dei suoni è il meccanismo propulsivo che usa il virus per diffondersi. Esso avviene attraverso l’attivazione dell’apparato vocale che è costituito da: le corde vocali, il velopendulo, il palato, la lingua, le labbra e i denti. La produzione vocale avviene esercitando una compressione dell’alito espirato dalla trachea, che viene emesso facendo vibrare le corde vocali, atteggiando la
lingua e le labbra in modo da emettere suoni variabili. Questo comporta l’espulsione, con l’alito, di microgoccioline potenzialmente ricche di batteri e virus. Quando questi sono patogeni si trasmettono, all’indirizzo dell’ascoltatore che sta davanti a noi. Egli riceve il messaggio verbale accompagnato da migliaia di invisibili microgoccioline potenzialmente infette. Chi è davanti a colui che parla respira e, nella fase inspiratoria, aspira con l’aria quanto gli viene proiettato.

Lo scopo della mascherina chirurgica posta sul volto è quello di frenare il getto di microgoccioline di chi parla. Non impedisce al virus l’uscita ma attenua notevolmente la forza del getto di gocce verso l’ascoltatore. Se poi l’ascoltatore indosserà a sua volta la mascherina chirurgica, avrà indosso una barriera capace di attenuare ulteriormente lo spray di goccioline di saliva e aerosol dell’alito che gli verrà proiettato da chi parla. La maschera chirurgica ha lo scopo di attenuare la forza di proiezione del virus dalla bocca all’ambiente, e di ridurre fortemente la carica virale destinata all’ascoltatore. Nel caso in cui la mascherina dell’ascoltatore avesse lo strato esterno di tela verniciato di resina idrorepellente, le goccioline verrebbero ancor più respinte e attenuate. Naso e bocca sarebbero in tal caso ancor più riparate.
Gli occhi devono essere protetti a loro volta con una barriera trasparente, atta a sbarrare al virus, la strada delle congiuntive.
Le mani devono essere protette con guanti idrorepellenti.
La protezione del volto e delle mani deve essere adottata da tutti indistintamente. Il motivo sta nel fatto che tutti siamo potenzialmente portatori sani del virus, e pertanto contagiosi. Questi provvedimenti vanno presi nel rispetto del prossimo che deve essere tenuto indenne dalla nostra sospetta contagiosità.
Visto che la Pandemia non potrà cessare del tutto finché non si troverà il vaccino, è evidente che fino a quel momento il nostro stile di vita si adeguerà alla nuova esigenza della distanza sociale.
Il saluto con stretta di mano e gli abbracci e baci sono già sospesi. Cambieremo il modo di salutarci da vicino . Forse basterà un cenno del capo, o un semplice sorriso, o un parola di augurio.
La stretta di mano entrò nell’uso anticamente come segno di pace o per suggellare un contratto.
Tale usanza si radicò in Occidente durante la Guerra dei 100 Anni tra Inghilterra e Francia (1336- 1452). La mano tesa senza armi offriva allo sconosciuto la prova di non aggressività e la pace. Durante quella guerra, i viandanti procedevano sul lato sinistro della strada e controllavano il viandante dell’altro lato che veniva incontro, pronti a sfoderare l’arma per proteggersi da un attacco. Dopo 600 anni il costume di viaggiare a sinistra persiste ancora oggi in Inghilterra mentre è scomparso nell’Europa continentale. La guida a sinistra in Inghilterra è una eredità della Guerra dei 100 Anni.
Nei regni e ducati dell’Italia e dell’Europa Medioevale, al tempo delle epidemie, ero d’uso certificare il proprio stato di buona salute quando si entrava in un’altra città o si superava un confine. Il documento si chiamava “bollettino di sanità”. Anche le navi che attraccavano nei porti dovevano avere le “Fedi di Sanità”. In mancanza di queste non potevano avvicinarsi e se non si allontanavano venivano cannoneggiate. I confini e gli ingressi alle città erano presidiati dai “magistrati di sanità”, che erano gli equivalenti degli attuali “ufficiali sanitari”. Il dovere di lavarsi le mani e fare abluzioni 6 volte al dì, raccomandato dal Corano, è un comandamento religioso nato da esigenze sanitarie. Attraverso la penisola Arabica e la Persia passavano la “via della seta” e la “via delle spezie”. Queste vie mettevano in comunicazione la Cina e l’India con l’Occidente. Quando esplodevano epidemie asiatiche, i virus e i batteri attraversavano queste vie di commercio e prima di raggiungere l’Europa attraversavano il territorio islamico lasciando la loro traccia mortifera. Per reazione l’Islam produsse regole igieniche rigorosissime, rafforzate dall’imperativo religioso.
Secondo gli storici della Medicina Medioevale per questo motivo la “peste nera” che spopolò l’Europa nella epidemia del 1347-1348, non si diffuse tra i musulmani.
Anche l’usanza di celare il volto in teli avvolgenti di lino e cotone in quei Paesi aveva lo scopo sia di proteggersi dal sole e dalle polveri, che quello igienico di filtrare l’aria respirata. I costumi femminili  dell’Islam hanno una forte motivazione igienica – preventiva nei confronti delle malattie respiratorie da contagio.
Il divieto di mangiare carne di maiale, secondo gli storici della medicina, era in origine una prescrizione di tipo sanitario per contrastare la diffusione della “Cisticercosi”, che era (ed è ancora in certe aree della Sardegna) una piaga sanitaria gravissima provocata dal consumo di carne di maiale nei Paesi mediorientali.

PROBABILI CAMBIAMENTI DEI COSTUMI DOPO IL CORONAVIRUS
Da quanto detto si capisce che l’unico strumento di difesa dal virus è il “DISTANZIAMENTO TRA LE PERSONE”.
– Lo stare a casa ci distanzia dalle altre famiglie.
– La mascherina che copre naso e bocca crea un diaframma tra noi e l’altro.
– I guanti sono un impedimento al contatto diretto con gli oggetti toccati dagli altri.
– Gli occhiali distanziano le nostre congiuntive dallo spray di aerosol del fiato espirato dagli altri.
– il lavaggio reiterato delle mani allontana da esse le goccioline espirate dagli altri.
Vi è dell’altro:
– Anche tutto il capo è interessato dalla ricaduta di goccioline sospette.
– Così pure gli abiti e anche le scarpe.
PERTANTO
Il distanziamento dagli altri, in casi particolari, deve essere perfezionato con la copertura del capo e del corpo con una tuta integrale, gambali e sovrascarpe. Il volto, compresa la fronte e il collo saranno ancora meglio protetti indossando uno schermo totale in plexiglas trasparente.
Le mani saranno perennemente vestite con guanti usa e getta o sterilizzabili.
Il futuro della ripresa dei contatti umani verrà regolato da un ordine perentorio:
“GRADUALITA’”.
Significa che ci vorrà molto tempo per entrare nella “normalità” e che questa sarà di nuovo tipo. Pertanto per un lungo periodo il nostro modo di vivere subirà modificazioni. Alcune di queste resteranno per sempre.
Visto che sarà necessario riprendere il lavoro per creare ricchezza e contribuire alle casse dello Stato, dovremo accettare dei compromessi tra il rischio del contagio e la necessità di ridare vita all’economia produttiva.
Passeremo dall’“abolizione” del contatto col prossimo al “contatto controllato”. Il rischio sarà elevato e tutti ne saremo consapevoli. Tale consapevolezza aumenterà la nostra attenzione allo stato di salute dell’“altro” e saremo molto sospettosi. La mascherina chirurgica verrà indossata da tutti. Diventerà un capo d’abbigliamento. La moda ne produrrà di tutte le fogge: quelle per ragazzi e quelle per adulti; quelle più seriose e quelle più vezzosette; quelle esibizioniste e quelle più dimesse; quelle impreziosite da artisti e quelle poverelle. Forse assumerà diverse forme come: sciarpe impermeabilizzate; mantelle chiuse sotto la linea degli occhi, o passamontagna coprenti anche il capo.
L’unico luogo in cui saremo liberi dalla schermatura del viso sarà l’ambito familiare. Sarà l’unico luogo in cui avremo certezza dello stato di salute degli altri, sia per la conoscenza più intima dei nostri  congiunti, sia perché ci preoccuperemo di preservarli dai contagi.
La Famiglia diventerà una fortezza dell’isolamento dal virus. Si rafforzeranno i legami familiari e si ricostituiranno quei rituali millenari di convivenza ristretta nel proprio ambito privato. Si rivedrà la Famiglia riunita nella sua casa, sia per esigenze quotidiane come il desinare e programmare il futuro immediato, sia nelle riunioni delle cerchie parentali per nascite e morti. Un caso particolare saranno i matrimoni, condizione in cui due ambiti familiari diversi si fonderanno nel progetto di una progenie comune a cui verrà trasmessa la certezza di sostegno per la salvaguardia della salute.
La convivenza si baserà sulla fiducia che tutti i componenti si adopereranno per non portare mai il virus all’interno della comunità familiare.
Quando si augurerà il “Buongiorno” o si dirà “salve” si eserciterà il preciso controllo sulla salute dell’altro interrogandolo esplicitamente: «Come stai?».
Il lavoro verrà fortemente condizionato dall’incombenza del contagio.
L’artigiano abituato a lavorare in solitudine non modificherà il suo stile di vita.
Il lavoro intellettuale avverrà fondamentalmente sotto forma di “lavoro agile online”.
Il lavoro più complesso che comporta l’impiego di ruoli differenziati e interdipendenti imporrà la dotazione dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale).
Nelle scuole le lezioni saranno online, ma per certe materie la lezione sarà frontale. In tal caso saranno necessari i DPI. L’Insegnante sarà munito di maschera chirurgica come gli allievi.
Il lavoro clinico del Medico sul paziente imporrà l’uso di tute complete impermeabili al virus, copricapo, occhiali, maschere filtranti FFP2 e FFP3, visiere totali, guanti e
sovrascarpe. Nei casi più pericolosi il Medico indosserà schermature da astronauta.
Sterilizzerà o distruggerà i DPI. Il ritorno alla pratica religiosa, con l’esclusione di assembramenti, sarà incrementato dalla speranza e dalla necessità di conforto. Lo stesso vale per il ritorno all’arte come ricerca del “bello” condiviso a distanza.
La politica locale, nazionale e internazionale subirà cambiamenti; è difficile capire quali, ma certamente sarà espressione della ricerca di sicurezza e salute.
La “globalizzazione” dei prodotti commerciali resterà ma subirà cambiamenti. Si è visto lo stato di penuria di certi prodotti (vedi mascherine e alta tecnologia) dovuti alla passata politica industriale della delocalizzazione in altri paesi, e il rischio di chiusura delle frontiere e del traffico aereo e navale per ragioni sanitarie.
Il traffico navale e aereo delle merci sarà mantenuto, tuttavia il traffico delle persone subirà controlli serrati. Nelle frontiere fisiche fra stati, in quelle portuali e aeroportuali compariranno, rafforzate, delle figure di verifica sanitaria equivalenti ai “magistrati di Salute” del Basso Medio Evo.

I viaggi turistici in crociera subiranno una attenuazione seppure temporanea in attesa del vaccino.
L’uso di moneta digitale subirà un incremento visto che garantisce il distanziamento sociale. Anche i metalli di valore, le pietre preziose e le monete metalliche verranno scambiati ed accettati con facilità vista la possibilità di sterilizzazione. Nel Medio Evo i commercianti usavano, a fine giornata, immergere monete e pietre preziose in aceto per bonificarle.
Vedremo modifiche sostanziali nel Cinema e nella Letteratura. L’Epidemia, in tutte le sue implicazioni nel mondo dei sentimenti e degli interessi sociali diventerà il tema dominante.
Cambierà anche il sistema fiscale perché gli Stati dovranno reintegrare le perdite e finanziare il welfare per una sana convivenza civile. Ci sarà una laurea che avrà grande successo: Bioingegneria. I Bioingegneri saranno, oltre agli Epidemiologi, i controllori necessari dei DPI di ogni commercio umano. Con essi collaboreranno le parafarmacie che si convertiranno a distribuire, come novelli centri di abbigliamento, presidi sanitari totali.
Il burka sarà tollerato e la moda, nella sua rappresentazione del “bello”, lo renderà utile e gradevole.
Forse cambierà il modo di mangiare; aumenterà il consumo di pasti nel proprio domicilio.
Nei ristoranti verranno applicate norme igieniche ferree. I camerieri porteranno copricapo, maschere, e guanti usa e getta. Non vedremo più i cuochi maneggiare gli alimenti a mani nude, né cuoche che impastano la farina con mani guarnite di anelli e bracciali.
I guanti e le mascherine domineranno la scena. Impareremo a riconoscerci con pochi elementi di identificazione: gli occhi, la montatura degli occhiali, la mascherina e la voce.
Talvolta dovremo dichiarare il nostro nome.
Il lavoro della cura delle campagne, degli orti e dei piccoli allevamenti riprenderà vigore.
Riprenderanno vigore anche i piccoli negozietti di strada o di quartiere, dove il garante della salubrità del venduto sarà il gestore, che dovrà essere persona nota per affidabilità. La fonte di alimenti sarà rappresentato da prodotti locali garantiti. Ricompariranno i piccoli mattatoi comunali, la cui chiusura determinò la fine del piccolo allevamento familiare.
La cura dell’ambiente sarà un’esigenza più sentita. Prenderanno piede le “aree marine protette” ed i mari si ripopoleranno. Allora la pesca ridiventerà la regina del nostro territorio.

Mario Marroccu

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Ieri abbiamo dato notizia dell’iniziativa del team di lavoro Salidu-Pinna-Marroccu per la produzione di mascherine utili a fronteggiare l’emergenza Coronavirus e a contenere il pericolo di contagio, in una fase molto difficile e particolarmente delicata proprio per la carenza dei dispositivi di difesa.

Il team di lavoro Salidu-Pinna-Marroccu fornisce oggi i dati sulle nuove mascherine chirurgiche che ha realizzato e provato.

Materiali:

• 2 strati (misure 20×21 cm) di cotone a trama fitta

• 1 strato di cotone cinzato idrorepellente delle stesse misure dei primi, che verrà posizionato come strato “esterno” della mascherina.

Piegare la mascherina seguendo il lato da 21 cm per ottenere una dimensione finita nel lato corto di 10 cm, questa è una misura standard adattabile a tutti i visi.

Le fettuccine nel lato con dimensioni maggiori misurano 1 metro, quindi si otterranno 40 cm di legacci a lato.

Mascherina chirurgica in triplo strato di cotone a trama fitta, fornita di 4 lacci, sterilizzabile e riusabile.

Nota bene: le mascherine in TNT, oltre ad essere introvabili, non sono sterilizzabili, e vanno smaltite, inoltre se ne dovrebbero usare da 4 a 6 al giorno. Queste mascherine, in quanto sterilizzabili a fine giornata (varecchina diluita al 10%, 1 bicchiere in 1 litro d’acqua) sono riutilizzabili il giorno dopo. Supposto che se nebutilizzino due al giorno, con due mascherine in cotone si è autosufficienti per due mesi.

Alleghiamo le fotografie del modello definitivo ed il filmato del processo di confezionamento.

Da un’idea di Mario Marroccu, Giorgio Salidu, Luisella Pinna. Realizzata da Luigi Marroccu, montaggio di Loretta Piras.

«Non abbiamo stoffa cerata né fettuccine per poterne fabbricare altre – spiega il medico chirurgo Mario Marroccu -. Ci stiamo adoperando per stabilire un contatto con una ditta di Como e con il laboratorio che può resinare la tela di cotone. Il laboratorio dovrebbe essere lo stesso che sta trattando con resina il cotone destinato alle mascherine approvate dalla Regione Piemonte e dalla Lombardia. Ne riparleremo presto.»
«Nel frattempo – raccomanda Mario Marroccu -: ponete grande attenzione ai contatti umani, anche i più fidati. Tenete lontani coloro che negano l’esistenza dell’epidemia e, non proteggendosi, sono pericolosi per il prossimo. State distanti da coloro che indossano maschere con valvole perché la valvola fa uscire il fiato non filtrato e potenzialmente pericoloso.»

«Il nostro è un impegno sociale, privo di interesse commerciale – ribadisce e conclude Mario Marroccu -. Noi suggeriremo il metodo. Chi crede lo può applicare autarchicamente.»

 

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Ieri abbiamo dato notizia dell’iniziativa del team di lavoro Salidu-Pinna-Marroccu per la produzione di mascherine utili a fronteggiare l’emergenza Coronavirus e a contenere il pericolo di contagio, in una fase molto difficile e particolarmente delicata proprio per la carenza dei dispositivi di difesa.

Il team di lavoro Salidu-Pinna-Marroccu fornisce oggi i dati sulle nuove mascherine chirurgiche che ha realizzato e provato.

1 – La tela dello strato esterno deve essere “CERATA”. E’ chiamata anche “tela cinzata”. E’ resa impermeabile dalle goccioline invisibili di saliva proiettata da chi parla, ride, starnutisce o tossisce, dal trattamento del cotone con “resina” (1 strato esterno).
2 – I due strati interni della mascherina devono essere di cotone semplice.
3 – Le abbiamo provate su di noi per due giorni e ci siamo adattati facilmente a respirare con le mascherine senza soffrire fastidi particolari.
4 – Le abbiamo sterilizzate con varechina diluita.
Alleghiamo le fotografie del modello definitivo.
«Non abbiamo stoffa cerata né fettuccine per poterne fabbricare altre – spiega il medico chirurgo Mario Marroccu -. Ci stiamo adoperando per stabilire un contatto con una ditta di Como e con il laboratorio che può resinare la tela di cotone. Il laboratorio dovrebbe essere lo stesso che sta trattando con resina il cotone destinato alle mascherine approvate dalla Regione Piemonte e dalla Lombardia. Ne riparleremo presto.»
«Nel frattempo – raccomanda Mario Marroccu -: ponete grande attenzione ai contatti umani, anche i più fidati. Tenete lontani coloro che negano l’esistenza dell’epidemia e, non proteggendosi, sono pericolosi per il prossimo. State distanti da coloro che indossano maschere con valvole perché la valvola fa uscire il fiato non filtrato e potenzialmente pericoloso.»

«Il nostro è un impegno sociale, privo di interesse commerciale – ribadisce e conclude Mario Marroccu -. Noi suggeriremo il metodo. Chi crede lo può applicare autarchicamente.»

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In questi giorni di grande apprensione, anche nell’Isola, per la diffusione del Covid-19, ad accrescere i timori di contagio tra le persone, c’è la carenza delle mascherine, strumento necessario ed indispensabile per evitare la nebulizzazione di miliardi di goccioline di saliva. Le mascherine mancano in tutto il territorio nazionale, è scattata la ricerca sui mercati internazionali e, finalmente, pare si stiano stimolando le aziende ad una superproduzione in tempi rapidi, per andare incontro alle esigenti, in crescita esponenziale.

Nell’attesa di reperirle sul mercato, c’è chi le mascherine le sta producendo in proprio, anche nel Sulcis, su iniziativa del team di lavoro Salidu-Pinna-Marroccu.

«Il nostro è un impegno sociale, privo di interesse commerciale – spiega Mario Marroccu, medico chirurgo -. Noi suggeriremo il metodo. Chi crede lo può applicare autarchicamente. Il gruppo di studio che, in mancanza di mascherine chirurgiche nella rete di distribuzione, ha proposto l’autofabbricazione di mascherine, desidera condividere queste osservazioni:
1 – similmente a noi si è attivata un’impresa piemontese nella produzione di mascherine in tela di cotone. Si tratta della ditta Miroglio di Alba. In più essi associano un elemento nuovo: l’idrorepellenza del cotone, ottenuta con l’aggiunta di una resina al tessuto.
2 – Le mascherine di cotone sono state approvate dalle regione Piemonte, che ne ha ordinato subito 600.000 per i propri bisogni.
3 – la regione Lombardia ha ordinato simili mascherine ad una ditta di abbigliamento lombarda.
4 – visto che il nostro fabbisogno dovrà essere soddisfatto da noi stessi, ci stiamo attivando per riformulare la struttura della nostra mascherina per introdurvi l’elemento impermeabilizzante. Domani e dopo ne testeremo l’impermeabilità, la resistenza alla varechina (viricida) e la compatibilità con una respirazione libera.»

Il professor Nicola Perra è un giovane scienziato Ordinario della cattedra di Fisica nella facoltà di Economia della Università di Greenwick, in Inghilterra. Maturato al Liceo scientifico di Sant’Antioco, si è laureato a Cagliari in Fisica Teorica, e si è specializzato al MIT di Boston negli Stati Uniti, dove fu Lettore Senior. Perché un professore di Fisica insegna in una Facoltà di Economia in America e poi in Inghilterra? Perché le formule della Fisica di diffusione spaziale dell’energia, sia essa elettromagnetica o gravitazionale, avviene in forma di onde, simili a quelle che si generano nell’acqua di uno stagno quando vi si getta un sasso. Le stesse formule di “Fisica di diffusione delle onde” sono applicabili allo studio del modo in cui si propagano molti fenomeni riguardanti l’Uomo, come: le malattie contagiose, l’economia, le idee politiche, la pubblicità, la comunicazione, etc.

Già un anno fa, il professor Perra mi fece avere un suo libro scientifico intitolato: «CHARTING THE NEXT PANDEMIC. DIFFUSIONE DELLE MALATTIE INFETTIVE: DAI DATI AI MODELLI», pubblicato negli Stati Uniti. Tale pubblicazione, altamente specialistica, contiene la cartografia delle possibili future epidemie e pandemie. Tutti abbiamo notato come le maggiori Borse Europee, subito dopo le prime notizie sul contagio da animale ad uomo di un Coronavirus in Cina, hanno registrato un calo immediato del valore dei titoli azionari dei beni di lusso. Si teme che un’eventuale epidemia possa determinare il crollo della richiesta di beni di lusso da parte del consumatore cinese. Qualora i timori del mondo finanziario si estendessero ulteriormente, potremmo assistere ad un tracollo delle maggiori Borse mondiali, delle banche e, infine, degli Stati. I pericoli percepiti dal mondo finanziario possono indurre dinamiche di riduzione del valore dei prodotti industriali e, a valanga, il fallimento delle imprese ed il conseguente impoverimento della popolazione. Ecco perché le facoltà economiche del Regno Unito e degli Stati Uniti finanziano un gruppo di Fisici, Biologi ed Economisti per redigere studi di previsione delle diffusione geografica delle malattie contagiose che potrebbero influenzare negativamente l’Economia mondiale. Lo scopo è quello di opporre, in tempo, provvedimenti atti a contrastare il degrado economico. Il libro del professor Nicola Perra non è un testo profetico. È uno strumento che consente di formulare modelli matematico-fisici, basati su algoritmi che disegnano il decorso di future pandemie. Analizza il carattere degli agenti infettivi e fa un salto di qualità nello studio delle dinamiche di diffusione, tenuto conto delle variate condizioni di mobilità della popolazione mondiale. Quando parliamo di pandemie, ci riferiamo a quelle più note del passato. È utile ricordare che i virus ed i batteri sono specie-specifici. Ovverossia, se si sono adattati geneticamente a vivere dentro le cellule di esseri di una data specie, come ad esempio i mammiferi, gli uccelli, i sauri o gli antropomorfi e l’uomo, vivono sempre come ospiti nella stessa specie e non passano ad altre forme di vita, cioè “non fanno il salto di specie”. Quindi un virus degli uccelli non contagia la specie umana o altri mammiferi. Tuttavia, nella storia, a causa di mutazioni genetiche, il “salto di specie” è avvenuto più volte. Per esempio il Plasmodio della malaria, millenni fa, era specie – specifico per certe scimmie africane; poi, per una improvvisa mutazione, si è adattò all’uomo, e la malaria si diffuse su tutto il pianeta attraverso i percorsi delle migrazioni umane. Il virus della HIV, similmente, era specie-specifico esclusivamente per le scimmie africane, poi ha fatto il salto di specie passando all’uomo. Similmente è successo per il virus Ebola. Un virus degli uccelli che annualmente passa con facilità dalla specie aviaria a quella umana è quello dell’influenza, la cui evoluzione, in genere, è abbastanza benigna. Ma non è stata sempre così benigna; nel caso dell’influenza Spagnola del 1918 la mortalità fu altissima. Nel 2002 un Coronavirus degli uccelli fece il salto di specie all’uomo ed avemmo l’epidemia di SARS. Avvenne in Cina nella provincia di Guangdong (Canton). Nel 2012 fu la volta di un altro Coronavirus che fece il salto di specie passando dallo Zibeto, un animale selvatico della penisola Araba, all’uomo. L’epidemia fu chiamata MERS, e fu più mortifera della SARS (40% di mortalità fra gli infetti, come nel caso della Spagnola). Da pochi giorni si è saputo che un altro Coronavirus, questa volta proveniente dai serpenti e dai pipistrelli, ha subito una mutazione genetica ed ha acquisito la capacità di infettare l’uomo compiendo il salto di specie. Si tratta del virus che sta provocando sintomi simili all’influenza, con casi mortali, nella città di Vuhan, in Cina. Già due anni fa, il libro di Nicola Perra ha previsto questa nuova epidemia di Coronavirus in Cina. Non è un libro profetico, è invece un compendio di calcoli matematici con cui è possibile elaborare mappe e grafici che rendono possibile prevedere l’andamento e la diffusibilità di future pandemie. Le elaborazioni tengono conto di nuove variabili introdotte dal modo di spostarsi dell’uomo sulla superficie del pianeta terra. In un capitolo egli scrive: «E’ interessante ed estremamente rilevante nella comprensione della diffusione delle malattie infettive, osservare le differenze di tipologia tra il lungo raggio ed il corto raggio della mobilità della rete (aerea).» Egli continua poi distinguendo il diverso modo di diffusione del contagio che può essere generato dai viaggiatori d’aereo “pendolari” (come potremmo essere noi quando percorriamo brevi tratte come Cagliari-Roma), ed i viaggiatori delle lunghe tratte intercontinentali. Nella seconda parte del libro, esistono molte carte del planisfero terrestre in cui viene prevista la diffusione mondiale delle future possibili epidemie secondo le città di origine del focolaio. Rappresenta, su carta delle rotte aeree, la diffusione mondiale di epidemie insorte in città come: Barcellona, Melbourne, New York, Joahnnesburg, Hanoi, Buenos Aires, Lagos, Kisangai (Congo), Arna (Uganda), Jeddah e, infine, la diffusione internazionale di un Coronavirus da Guanzhou (Canton) in Cina. Per questa città, già due anni fa, disegnò la mappa delle rotte aeree che il Coronavirus avrebbe preso (oggi) per diffondersi da lì al mondo intero. Ricordiamo che Guanzhou è la città da cui, nel 2002, prese inizio l’epidemia di SARS. Non è molto distante da Vuhan. Nelle mappe e nei grafici allegati, descrisse esattamente in quanto tempo la malattia avrebbe raggiunto l’Australia, l’Indonesia, gli Stati Uniti (già oggi lo stiamo sentendo dai telegiornali) e, infine, l’Europa. Ma non si limitò a questo. Previde gli strumenti che si sarebbero dovuti adottare subito per limitare l’estensione dell’epidemia e cioè: l’interruzione delle rotte aeree e la diffusione dei vaccini. Previde in quale percentuale si sarebbe limitato il danno in base alla tempestività dei provvedimenti. Un testo, come questo del professor Perra, che ho rapidamente sintetizzato, non è destinato al pubblico, ma agli operatori politici ed economici degli Stati. Gli operatori finanziari, che hanno fatto cadere in Borsa il valore dei titoli dei beni di lusso alcuni giorni fa, basano le loro operazioni su strumenti scientifici come questa pubblicazione. Alla luce di essa il mondo economico produce i suoi anticorpi contro le crisi finanziarie e produttive che potrebbero conseguire a danno delle aziende. I benefici di queste previsioni, dovrebbero ricadere a cascata su tutti noi. A nostra insaputa, esistono guardiani sanitari ed economici del pianeta, anche contro il Coronavirus della città Vuhan. Dobbiamo prendere atto che mentre gli scienziati americani e inglesi (nati e formati a casa nostra) monitorizzano il mondo, da noi, nel nostro piccolo angolo di Sardegna, le cose sanitarie ed economiche non vanno proprio così.

Mario Marroccu