21 November, 2024
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Il disastro sanitario ed economico del Sulcis Iglesiente non è nato dal nulla. Ha radici nei fatti politici del 1992. E’ utile fare un viaggio nella storia di quegli eventi sia per capire e, forse, per porre qualche riparo.
Lo stato di salute della sanità pubblica è oggi talmente grave e la sua gravità è talmente complessa che, a questo punto, è difficile anche il solo sospettare che veramente esista fisicamente qualcuno che abbia programmato tanto degrado. Dovrebbe essere un genio fornito di una maligna intelligenza superiore.
Ammesso che esista un soggetto del genere, a che scopo lo avrebbe fatto? C’è chi sostiene che il danno al servizio sanitario nazionale sia stato progettato da un’ignota organizzazione al fine di favorire la sanità privata. Sarebbe un’organizzazione di matti veramente sciocchi perché sostituirsi del tutto alla Sanità pubblica non conviene a nessuno. Per esempio: a chi converrebbe accollarsi i malanni di tutti i vecchi d’Italia, soli, inguaribili e con in tasca i pochi soldi per la sopravvivenza? A chi converrebbe l’onere di assistere tutti i malati di cancro, debilitati nel fisico, nella famiglia e, soprattutto, nel conto in banca? Chi glielo farebbe fare ad assumersi l’impegno di prendersi in cura i pazienti in Rianimazione in uno stato di coma più o meno profondo? Perché dovrebbero pagare le ingenti spese dei trapianti d’organo a pazienti senza speranza e non solvibili? E gli infarti del miocardio? E tutti i casi di diabete ai limiti della invalidità? E i tossicodipendenti? E le malattie rare? I morti sul lavoro? E gli psichiatrici? E gli incidenti stradali? Chi glielo farebbe fare ad assumersi il compito costosissimo di affrontare le epidemie tipo Covid-19 o le campagne vaccinali, o le spese dell’Inail e dei Pronto soccorso?
Gli imprenditori privati non sono matti. A sé riservano le cliniche dove si curano le malattie, tutto sommato, più semplici, facili, guaribili e, soprattutto, di pazienti solventi. Ciò che compete alla Sanità pubblica è diversissimo da ciò di cui si occupa la sanità privata.
E’ assolutamente vero che negli Stati Uniti d’America esistono le assicurazioni private costosissime che si limitano a poche malattie e per tempi di cura molto limitati; in genere non pagano le spese del pronto soccorso o fanno dimettere i malati dopo tre giorni da un intervento a cuore aperto, per risparmiare sulla degenza in ospedale. Bisogna sapere che in America esiste anche una Sanità pubblica, che si chiama “Medicare”, a beneficio di chi non può pagarsi l’assicurazione privata e che, oltre ad essere molto carente, costa allo Stato il doppio di quanto costa il Sistema sanitario italiano. A questo punto, oltre al sospetto che dietro ci sia l’interesse di qualcuno, potremmo anche considerare il sospetto che dietro il nostro disastro sanitario ci sia in realtà qualche grosso errore commesso da politici poco accorti. Può anche essere accaduto che la grande Riforma sanitaria varata col DPR 833 del 1978 si sia inceppata a causa di leggi successive fatte male; può anche darsi che quelle nuove leggi non siano state lette con attenzione e che i votanti abbiano votato senza vedere gli errori che hanno prodotto queste conseguenze.
Anche questo sospetto, paradossalmente, è sommamente ingiusto, perché è anche vero che i politici italiani furono i primi al mondo a riconoscere nella Costituzione del 1948, all’articolo 32, il diritto di tutti alla salute. Quell’articolo, nella sua semplicità e completezza, fu uno degli elaborati intellettuali più geniali che un Costituente potesse generare: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti». Fu una frase rivoluzionaria contenente due principi: l’inviolabilità assoluta del diritto alla salute e la certificazione che tale bene è di rilevanza collettiva. Così fu sancita la solidarietà nazionale. Altro che privatizzazione! Altro che svantaggio a danno dei molti che non possono permettersela! Tutte le leggi che vanno contro questo principio sono incostituzionali e, se qualcuno avesse votato nuove norme contrarie a questo principio per disattenzione, sarebbe gravemente colpevole.
Esaminiamo cosa è avvenuto nella storia delle Riforme sanitarie italiane. Nell’anno 1968 la legge Mariotti istituì gli “Enti ospedalieri” che sostituirono gli ospedali caritativi provenienti dalla tradizione ospedaliera medioevale. La stessa legge istituì il “Fondo ospedaliero nazionale” e attribuì la competenza di gestione degli ospedali alle Regioni. Quel Fondo e quella legge ospedaliera furono la base su cui si costruì la Grande Riforma sanitaria con la legge 833 del 1978, concepita dalla Commissione parlamentare di Tina Anselmi. Ella raccontò in quei giorni che quell’idea era nata da discussioni e progetti formulati da gruppi partigiani riuniti intorno ai fuochi dei bivacchi di montagna. La legge 833/78 rappresentò un’utopia che si concretizzava in un documento scritto. Il sogno prese forma nella premessa della legge nel cui testo sta scritta la frase: «…Il Sistema sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture (ospedali), dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento, e al recupero della salute fisica e della salute psichica di tutta la popolazione». In nessuna legge del mondo era mai stata scritta questa premessa.
Mentre gli ospedali, dal medioevo al ‘900, erano stati sempre amministrati da comitati caritativi religiosi o filantropici, nella nuova legge si volle che gli ospedali fossero amministrati da rappresentanti popolari democraticamente eletti. Fu una rivoluzione. I cittadini, dopo 1.500 anni dall’istituzione degli ospedali dai tempi di San Benedetto e San Basilio, divennero per la prima volta i proprietari e gestori diretti degli ospedali. La comunicazione fra cittadino e gestore divenne immediata perché il Sistema venne dato in mano ai sindaci e ai consiglieri comunali. Essi avevano il compito di eleggere l’”Assemblea generale” che era formata da consiglieri comunali e l’Assemblea eleggeva il presidente della Usl (Unità sanitaria locale). Furono gli anni più produttivi della storia sanitaria italiana.
Scomparvero le Casse mutue e comparve il Ssn (Sistema sanitario nazionale), finanziato dal sistema fiscale universale. Ne conseguì anche che ai grandi miglioramenti si associò il crescere della spesa pubblica dello Stato. Per contenerla il ministro Carlo Donat Cattin nel 1987 abolì l’Assemblea generale ma mantenne il presidente della Asl e il Comitato di gestione, eletto dai sindaci dei Comuni del territorio.
Secondo gli indicatori economici internazionali, l’Italia godeva di un generale benessere economico tanto che nell’anno 1991 venne dichiarata quarta potenza industriale del mondo e il PIL pro capite risultava superiore a quello dell’Inghilterra.
Appena un anno dopo, la Repubblica entrò nel suo “annus horribilis”: il 1992. La commissione governativa presieduta dall’economista Piero Barucci rivelò che l’economia era al collasso a causa di un imponente debito pubblico causato dalle Partecipazioni statali. Eni, Enel, Iri, Ina, Efim, stavano portando al tracollo lo Stato. L’indebitamento aveva messo in crisi il Governo espresso dal CAF (Craxi-Andreotti-Forlani). Caduto il Governo Andreotti II e dimessosi Francesco Cossiga, si andò a nuove elezioni sotto l’effetto dell’esplodere dello scandalo di Tangentopoli. A febbraio era iniziata l’indagine della procura di Milano diretta da Francesco Saverio Borrelli e condotta da Antonio di Pietro, in seguito alle rivelazioni di Mario Chiesa, il direttore del Pio Albergo Trivulzio. Oscar Luigi Scalfaro, sostenuto dalla corrente dei “moralizzatori”, venne eletto presidente della Repubblica e immediatamente indisse le nuove elezioni; queste avvennero ad aprile contemporaneamente all’esplosione della sfiducia popolare nei partiti storici, in un clima di forte instabilità politica. I partiti tradizionali crollarono ed emerse la Lega Nord che passò da 2 a 80 parlamentari. Il presidente Oscar Luigi Scalfaro si rifiutò di concedere incarichi di Governo a Bettino Craxi e nominò presidente del Consiglio il deputato Giuliano Amato. La Prima Repubblica era finita con un’ondata di arresti e di avvisi di garanzia. A maggio, ad opera della mafia, avvenne la strage di Capaci, seguita due mesi dopo da quella di via d’Amelio. Lo Stato era preso fra molti fuochi. Giuliano Amato si trovò ad affrontare una condizione di dissesto economico più grave dal dopoguerra ad allora. Si correva il rischio di non poter pagare gli stipendi pubblici. La Nazione si sarebbe fermata.
La Banca d’Italia fu costretta a vendere 48 miliardi di dollari per difendere il cambio e la lira fu svalutata del 30%. La lira uscì dallo Sme (Sistema monetario europeo); era il 16 settembre 1992, il “mercoledì nero”. Giuliano Amato per sostenere le casse dello Stato procedette al “prelievo forzoso” retroattivo del 6 per mille dai conti correnti degli italiani e, in base alle indicazioni del ministro del Tesoro Piero Barucci, dette avvio ad una grande operazione di privatizzazione delle Partecipazioni statali (banche, energia elettrica, trasporti pubblici, Alitalia, industrie manifatturiere, industrie dell’acciaio, comunicazioni, poste, idrocarburi, assicurazioni, agroalimentare, etc.). Lo Stato si spogliava di tutte le sue pregiate proprietà, nell’intento di allontanare la politica dalla gestione delle imprese statali. Su tutta la gestione pubblica, sotto l’effetto delle indagini di Tangentopoli, cadde il sospetto di possibile collusione con la corruzione e vennero varate leggi e norme fortemente restrittive nell’intento di arginare l‘idea che il malaffare fosse in agguato ovunque ci fosse la gestione del politico. In questo crollo finirono anche le miniere del Sulcis Iglesiente e le industrie di Portovesme espressione dell’Eni. Gli operai di Portovesme, per fermare i licenziamenti in massa di oltre 20mila operai promossero la famosa “Marcia per lo sviluppo”. Gli operai iniziarono a marciare il 19 ottobre e, al suono di tamburi di latta, saltarono il mare. Raggiunta Civitavecchia, percorsero a piedi le vie del Lazio fino a Roma, dove vennero accolti da Papa Woytila ma non da Giuliano Amato.
A fine anno, il vortice autodistruttivo coinvolse anche il Sistema sanitario nazionale quando il ministro della Sanità Francesco di Lorenzo il 31 dicembre varò il decreto che iniziò la “privatizzazione” del Sistema sanitario pubblico col DPR 502/1992. Le Unità sanitarie locali (Usl), rette dai sindaci, vennero trasformate in entità rette dai “Direttori generali con autonomia gestionale di diritto privato” nominati dalla Regione all’interno di un elenco di idonei. La “mission” del Sistema sanitario cambiò in modo radicale per due motivi. Primo, i sindaci, che rappresentavano la parte politica, vennero espulsi dalla gestione del sistema sanitario locale; secondo, l’obiettivo dei nuovi amministratori non fu più quello di soddisfare le richieste della popolazione locale ma venne sostituito dall’“equilibrio di bilancio”.
Questo dava ai direttori generali l’opportunità di poter modificare la risposta alle richieste provenienti dal territorio, ignorandone la soddisfazione globale e mettendo al centro il calcolo ragionieristico della salute che doveva ora attenersi a un nuovo criterio: i Livelli essenziali di assistenza (Lea). Oggi, a distanza di 32 anni, sappiamo che tutte le premesse alla legge, che promettevano Uguaglianza, Equità e Prossimità dell’assistenza sanitaria in tutto il territorio nazionale non sono state rispettate. Ciò avvenne a causa della mancanza del “controllore”, cioè la parte politica elettiva rappresentata dai sindaci. Al ministro Francesco di Lorenzo, seguirono le ministre Maria Pia Garavaglia e Rosy Bindi che perfezionarono l’“aziendalizzazione delle Asl”.
Nell’anno 2003 il Governo Berlusconi dettò regole per ridurre la spesa sanitaria dello 0,5% l’anno; ciò comportò il blocco del turn-over del personale andato in pensione e portò all’assottigliamento e disgregazione dei reparti ospedalieri. Col Governo Monti, il ministro Balduzzi emanò norme restrittive per i reparti ospedalieri che, ridotti in povertà di personale dalle norme precedenti, non potevano più funzionare. Ne conseguì la chiusura di ospedali.
Nel 2015 il DM 70 del Governo Renzi pose regole stringenti, basate anch’esse sul risparmio; ne conseguì un peggioramento ulteriore degli ospedali provinciali che portò alla desertificazione del sistema sanitario territoriale a vantaggio della centralizzazione della Sanità. In Sardegna la Sanità pubblica venne centralizzata a Cagliari e Sassari.
Nel 2017 la regione Sardegna, presidente Francesco Pigliaru e assessore della Sanità Luigi Arru, istituì la Ats (Azienda tutela salute). Con tale legge le 8 Asl sarde vennero ridotte a 1 soltanto, che assunse tutte le funzioni delle altre 7. Sopravvissero:
– l’Ats (a Cagliari e Sassari)
– il Brotzu di Cagliari
– il Policlinico Universitario di Cagliari
– il Policlinico Universitario di Sassari
Alle altre 7 Asl venne tolto il nome di “Azienda” e divennero “Aree sanitarie locali”. Erano diventate periferie sanitarie e persero l’autonomia programmatoria e amministrativa precedente. Ne conseguì l’esplosione delle “liste d’attesa” e l’insoddisfazione popolare. Alle elezioni del 2019 la popolazione sarda mandò a casa la Giunta Pigliaru e promosse una nuova maggioranza guidata dalla “Lega” di Matteo Salvini che, capeggiata da Christian Solinas, prometteva di restituire le vecchie ASL alle 8 province sarde. In effetti, la Giunta Solinas produsse rapidamente una sua riforma sanitaria regionale e l’assessore Mario Nieddu varò la legge regionale 24/2020 con cui istituì la Ares (Azienda regionale salute). In realtà però le vecchie Asl non vennero integralmente ricostituite; al posto delle “Aree territoriali sanitarie” vennero identificate le Asl 1-2-3-4-5-6-7-8 che, a parte il nome, non hanno nulla delle precedenti Asl; infatti, non hanno il diritto né di assumere personale, né di far acquisti e programmare. In sostanza non esistono; l’unica vera Azienda capace di programmare e gestire, centralizzando tutti i poteri gestionali, è la Ares di Cagliari e Sassari. Oggi lo stato di degrado direzionale e amministrativo nelle Province è ulteriormente peggiorato e l’insoddisfazione e infelicità dei cittadini sono esplose nelle elezioni regionali del 25 febbraio 2024 con la bocciatura del Governo regionale sardo.
Recentemente un politico esperto ha suggerito di cercare nella legge 833/78 gli strumenti per uscire dalla crisi sanitaria. Quale può essere lo strumento?
Lo strumento che si deve utilizzare nella pubblica amministrazione è sempre lo stesso: il rispetto delle regole democratiche. Queste regole prescrivono che la volontà popolare sia affidata ai propri rappresentanti eletti e, nel territorio, i rappresentati ufficiali dello Stato sono i sindaci. E’ certo che i sindaci non possono entrare nel merito di tutto, ma possono essere i “custodi” degli interessi della gente. Fra questi, oggi, l’interesse più sentito è la Sanità. Dare un nuovo ruolo ai sindaci nelle Asl è fortemente indicato.

Mario Marroccu

Tra le patologie che hanno conosciuto un aumento preoccupante negli ultimi due anni, ci sono i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione (DAN). Sono quasi 4 milioni gli italiani che ne soffrono, il 70% di loro sono adolescenti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella fascia d’età tra i 12 e i 25 anni questo tipo di patologie rappresenta la seconda causa di morte, con circa 4 mila decessi l’anno nel nostro Paese.

È ormai certo che la possibilità di avere accesso in tempi brevi alle cure può fare la differenza tra la vita e la morte. In Italia, purtroppo, la risposta non corrisponde alla richiesta e molti centri per la cura di queste patologie chiudono. “Lo Specchio DAN”, realtà che si occupa da anni di questi disturbi – accogliendo pazienti da tutta Italia tramite il SSN – ha deciso di invertire la rotta ed inaugura una nuova struttura, per poter curare un maggior numero di persone.

Mercoledì 9 novembre, alle ore 11.00, a Domunovas, nel corso di una conferenza stampa, in via Cagliari 83, verrà presentata questa nuova realtà, alla presenza di rappresentanti istituzionali, medici, operatori e testimonianze di pazienti.

Saranno presenti:

  • Dott. Mario Nieddu Assessore alla Sanità della Regione Sardegna
  • Dott.ssa Isangela Mascia, Sindaco Domusnovas
  • Dott. Mauro Usai, Sindaco di Iglesias
  • Dott.ssa Francesca Locci, Assessore Servizi Sociali Domusnovas
  • Dott. Giovanni Salis, Direttore Struttura Complessa del Distretto di Cagliari Area Vasta – ASL n. 8 di Cagliari.
  • Francesca Fialdini, conduttrice televisiva
  • Giovanna Grillo, Presidente e Responsabile legale de Lo Specchio
  • Ingegnere Emanuele Fresa, Direttore aria Piemonte Istituto Auxologico Italiano IRCCS
  • Dott. Leonardo Mendolicchio medico psichiatra direttore scientifico de Lo Specchio. Responsabile U.O.C. Riabilitazione DAN, Direttore U.O. Auxologia dell’Istituto Auxologico Italiano di Piancavallo. Uno dei maggiori esperti di DAN in Italia.
  • Dott. Pablo Belfiori, Medico Chirurgo specialista in scienze dell’alimentazione – Direttore Sanitario Lo Specchio
  • Fabrizia Falco, psicologa coordinatrice de Lo Specchio
  • Aurora Caporossi, Founder Associazione Animenta
  • Maria Giovanna Masala, Presidente dell’Associazione Canne al Vento  Sassari
  • Testimonianze di pazienti

La sezione di Carbonia dell’Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra e Fondazione ha inviato una lettera-appello all’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, all’Area Socio Sanitaria del Sulcis Iglesiente ed al sindaco del comune di Carbonia, Pietro Morittu, contenente la richiesta di sottoscrizione di una convenzione con un medico dietologo-nutrizionista per l’assistenza alle persone anziane che ne hanno bisogno e non hanno le possibilità economiche di rivolgersi ai privati.

«L’Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra Sezione di Carbonia annovera tra i Soci ultra ottantenni, prevalentemente donne in tendenza con le stime di longevità delle donne in Sardegna e soci uomini che hanno superato i 95 anni si legge nella lettera-appello -. Considerato che molti anziani prendono più di dieci farmaci al giorno, che vivono in solitudine e per questo motivo perdono l’appetito e che, di conseguenza, avrebbero bisogno dell’assistenza di un dietologo o di un nutrizionista, al fine di assumere le medicine e di metabolizzarle con una giusta alimentazione, abbiamo ritenuto opportuno procedere ad una raccolta di firme, che ha superato quota 500, per sollecitare l’attivazione di una stipula di accordo tra la ATS e gli specialisti o tra il Comune ed i professionisti che operano nel territorio, al fine di acquisire prestazioni specialistiche riferite a specialità professionali quali: dietologi o nutrizionisti, inoltre la popolazione della città di Carbonia è prevalentemente anziana e quasi la totalità assume farmaci per diverse patologie.»

«In virtù ed in ottemperanza agli articoli 41 e 43 della Costituzione che garantiscono la piena collaborazione tra i distinti soggetti pubblico e privato, si sollecita un adeguato livello di prestazione, per garantire un aiuto a chi è in difficoltàconclude la sezione A.N.M.I.G. di Carbonia -. Riponiamo fiducia in un positivo accoglimento della nostra richiesta in sostegno dei soggetti più fragili di questa società.»

Il Pronto Soccorso dell’ospedale Cto di Iglesias riaprirà il 22 agosto, con un’articolazione oraria dal lunedì al venerdì h24 fino alle 14.00 del venerdì.
Lo ha comunicato alcuni minuti fa la direzione della Asl Sulcis.
«Un risultato che, seppur parziale, restituisce al territorio un servizio fondamentale come è quello del primo soccorso. Un obiettivo raggiunto con uno sforzo straordinario organizzativo e strategico e che per essere efficace e duraturo dovrà essere consolidato con il reperimento di figure professionali dedicate in maniera esclusiva. La cronica carenza di medici dell’emergenza a livello regionale e nazionale è nota ed è stata la causa che ha determinato la chiusura delle scorse settimane.»
«Abbiamo lavorato per cercare di garantire quanto prima la riapertura del Punto di primo intervento e ora siamo riusciti a trovare una soluzione grazie all’ausilio di medici in affitto, turni in prestazione aggiuntiva e il ricorso a figure equipollenti da altri reparti. Questo non significa che abbiamo risolto l’emergenzaha sottolineato il Direttore generale dell’Asl Sulcis, Giuliana Campus -: la carenza di personale rimane, ed è su questo punto che stiamo lavorando per risolvere la situazione nel medio e lungo termine. Per garantire l’operatività degli ospedali del Sulcis c’è il massimo impegno da parte di tutti. Ringrazio l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, per il supporto ed il continuo confronto per l’individuazione delle soluzioni migliori da mettere in campo. C’è ancora molto lavoro da fare e la strada non è sicuramente in discesa, ma c’è la ferma volontà di restituire a Iglesias un presidio pienamente operativo.»

Doccia gelata ieri pomeriggio, nel corso della riunione convocata dall’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, a Cagliari, con i dirigenti della Sanità regionale, quelli della Asl Sulcis ed i 23 sindaci dei Comuni della Asl Sulcis. L’impegno per la riapertura del Pronto Soccorso dell’ospedale CTO di Iglesias per sabato 13 agosto con l’apporto dei cosiddetti medici in affitto e di cinque medici del reparto di Chirurgia dell’ospedale Sirai di Carbonia non verrà mantenuto e la riapertura slitta al 5 settembre. La decisione scaturisce dai problemi incontrati nel reperimento dei medici, e dalla novità emersa nel frattempo con le dimissioni di altri due medici. Cresce la disaffezione dei medici verso la Sanità di questo territorio e la situazione si complica sempre più.

Il mancato rispetto degli impegni scaturiti dalla imponente manifestazione della scorsa settimana è stato commentato molto duramente dal sindaco di Iglesias Mauro Usai («Traditi, presi in giro, umiliati. Un intero territorio ostaggio di incapacità e indifferenza. Dopo ore spese in riunioni, una mobilitazione che ha portato l’intero Sulcis Iglesiente sotto il Consiglio Regionale, oggi ci viene comunicato che gli impegni presi sono carta straccia. Il pronto soccorso del CTO rimane chiuso e come se non bastasse da stamattina è chiusa pure la terapia intensiva. Quando dicevo che volevano chiudere l’ospedale mi davano del pazzo. Ricorderemo a tempo debito nomi e cognomi di chi sta tentando di chiudere l’unico ospedale rimasto ad Iglesias. Mi dispiace tanto. Ma non mi arrendo») ma la situazione di estrema precarietà del sistema sanitario pubblico nel territorio preoccupa tutti i sindaci e l’intera comunità.

«Migliaia di cittadini di Carbonia non possono più accedere all’assistenza sanitaria di base perché il loro medico di famiglia è andato in pensione senza essere sostituito. Si accelerino le trattative in corso tra organizzazioni sindacali dei medici, assessorato regionale della Sanità e azienda sanitaria, per arrivare alla risoluzione di un problema che sta mettendo a serio rischio la salute pubblica.»

Il consigliere regionale del Partito Sardo d’Azione Fabio Usai ha presentato un’interrogazione all’assessore regionale della Sanità.

«A partire dal 1 agosto 2022spiega Fabio Usai -, nel comune di Carbonia sono andati in pensione, senza essere sostituiti, almeno tre medici di medicina generale, lasciando scoperti dall’assistenza sanitaria di base oltre 4.000 cittadini. Altri medici nei prossimi mesi (tra cui uno con certezza nel mese di settembre) seguiranno lo stesso percorso, aggravando così lo stato dell’assistenza sanitaria di base nella città mineraria. Da settimane, sull’esempio dello schema già approvato e realizzato dalla regione Emilia Romagna, aggiunge l’esponente politico, si discute tra organizzazioni sindacali dei medici, assessorato della Sanità e azienda sanitaria, della possibilità di elevare il massimale nel numero dei pazienti assistiti – da 1.500 a 1.800 – per i medici esistenti, in maniera tale da assistere tutti coloro si trovino scoperti in questo momento. Ma ancora, prosegue il consigliere regionale, non si è addivenuti ad un accordo definitivo che permetta di superare questa grave criticità, offrendo la possibilità ai cittadini, in particolare a quelli affetti da patologie per le quali il MMG rappresenta una figura di riferimento costante e fondamentale, di essere nuovamente assistiti.»
«Perciòconclude Fabio Usai -, sollecito l’assessore regionale della Sanità affinché intervenga con tutti i mezzi a sua disposizione, anche di carattere straordinario vista l’emergenzialità della situazione, affinché si addivenga rapidamente ad un accordo con le organizzazioni sindacali per l’innalzamento dei massimali nel numero dei pazienti e si ripristinino così i livelli minimi di assistenza sanitaria di base nel comune di Carbonia.»

«Il Pronto soccorso del Cto di Iglesias riaprirà il 13 agosto con l’impiego dei “medici in affitto”, ma se i numeri dei medici lo consentiranno l’apertura potrà essere anticipata.»

Lo ha assicurato la direttrice generale della Asl Sulcis, Giuliana Campus, al termine del lungo incontro, promosso dal presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, dalla Commissione Salute, presieduta da Antonio Mundula (FdI) e dai capigruppo, con i 23 sindaci del Sulcis Iglesiente e i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil.

La dottoressa Giuliana Campus ha anche richiesto l’invio di un ordine di servizio a cinque medici del reparto di Chirurgia, affinché dall’8 agosto si mettano a disposizione della direttrice del Pronto soccorso della Asl 7, Viviana Lantini.

Al termine della riunione è stato assunto l’impegno di organizzare per martedì un altro incontro con i sindaci, l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, i vertici della Asl Sulcis e dell’Assessorato, per definire le modalità della riapertura del Pronto soccorso di Iglesias. Questo risultato è arrivato dopo ore di discussioni, grazie alla mediazione del presidente del Consiglio, del presidente della Commissione e dei consiglieri regionali, in particolare Michele Ennas (Lega), Piero Comandini (Pd), Francesco Agus (Progressisti) e Carla Cuccu (Misto – Idea Sardegna).

«Quando ho saputo della manifestazione, non ho avuto alcun dubbio sulla necessità di audire i sindaci», ha detto Michele Pais che ha auspicato una rapida soluzione della grave situazione in cui si trovano oltre al Sulcis, anche altri territori della Sardegna per la carenza dei medici.

Il presidente della Commissione Salute, Antonio Mundula, ha ricordato che l’assessore Mario Nieddu ha formulato esplicite richieste al ministero della Salute per poter affrontare con misure straordinarie il grave stato di emergenza sanitaria in cui versa tutta la Sardegna.

La consigliera regionale Carla Cuccu ha affermato, in una nota diffusa questa sera, che la riapertura dell’ospedale Cto di Iglesias è frutto della mobilitazione del territorio.

 

 

I sindaci del Sulcis Iglesiente sono in campo per contrastare la drammatica situazione sanitaria del territorio.
«In qualità di rappresentanti della popolazione del territoriosi legge in una nota diffusa questa sera -, ci troviamo ancora una volta costretti a dover prendere posizione sulla drammatica situazione sanitaria in atto.
Non passa giorno senza che i nostri concittadini lamentino con noi gravi disservizi nelle strutture sanitarie alle quali si rivolgono. Appare superfluo anche solo stilare una lista delle criticità che coinvolgono i Presidi Ospedalieri Sirai e CTO nonché le Case della Salute poiché ci vorrebbe un elenco smisurato.»
«Noi siamo abituati a trovare soluzioni per i problemi che riguardano la nostra attività di Sindaci, mentre ci troviamo in forte disagio anche solo a provare a giustificare cosa non abbia e cosa non stia funzionando nel sistema sanitario regionaleaggiungono i sindaci del Sulcis Iglesiente -. Pur essendo designati dalla legge come responsabili della materia sanitaria nei nostri comuni e dunque titolati in prima persona a pretendere che i servizi erogati siano efficienti e puntuali, il settore “Sanità” è interamente ascrivibile alla responsabilità e al lavoro dell’assessore di competenza della Regione Sardegna (per quanto attiene alla programmazione) e della Direzione Sanitaria Territoriale (per gli aspetti gestionali).»
«Ebbene, facendoci portatori dello stato d’animo esacerbato dei nostri concittadini, chiediamo al dottor Mario Nieddu ed alla dottoressa Giuliana Campus di scendere in piazza a spiegare ai malati e a coloro che necessitano di prestazioni sanitarie quotidiane, il perché non si riesca a trovare almeno UNA soluzione ai molteplici problemi che affliggono la Sanità del nostro territorio. Non è più tempo di scaricare la responsabilità su chi ha amministrato in passato! È invece il caso di adoperarsi, ma con palpabile costrutto, a risolvere l’attuale situazione di NEGATA SANITA’ – concludono i sindaci del Sulcis Iglesiente -. Siamo quindi vicini – non solo fisicamente – ai Sindacati, alle associazioni e ai semplici cittadini che in questi giorni stanno manifestando tutto il loro disappunto per un’emergenza sanitaria che rischia di mettere a repentaglio la salute di tutti noi.»

Ormai non ci sono parole per definire l’ennesimo provvedimento della Dirigenza della ASL Sulcis che sta determinando la morte certa dell’operatività del PO del CTO di Iglesias.
Avevamo preannunciato qualche settimana fa che nel pieno dei mesi estivi ci sarebbe stato un ulteriore
aggravamento della tragica situazione sanitaria del territorio. Siamo stati dei facili profeti perché da qualche mese abbiamo constatato che la ASL Sulcis non è capace di trovare soluzioni organizzative per arginare lo sfascio dei servizi sanitari ma si limita a emettere solamente comunicazioni burocratiche di chiusure di reparti.
Le responsabilità di tutto ciò sono ben chiare e riguardano l’Assessore Regionale alla Sanità e la Dirigenza della ASL Sulcis come dimostrano i fatti, ultimo in ordine di tempo, la mancata assegnazione delle risorse al Sulcis Iglesiente per la riduzione dei tempi delle visite. E’ semplicemente vergognoso che neanche quando ci sono a disposizione i finanziamenti si è attenti, capaci e pronti a richiederli.
Ci domandiamo, che mandato hanno avuto i dirigenti della ASL Sulcis che sono stati nominati dall’Assessore Regionale della Sanità? Forse era quello di migliorare l’assistenza sanitaria del Sulcis Iglesiente oppure di indebolirla fino alla autodistruzione. In ogni caso se quei Dirigenti non hanno dimostrato capacità gestionali lei, Assessore Nieddu, ha il dovere di rimuoverli al più presto. Gli incontri, le visite e i sopralluoghi non servono a niente se non si cambia il paradigma.
Caro Assessore non cerchi ora di scaricare le sue responsabilità sul Governo con la richiesta di dichiarazione di emergenza sanitaria perché lo sa benissimo che in Sardegna c’è un grave problema di riequilibrio territoriale dove la ASL Sulcis è la più sofferente ed è la più penalizzata della Regione. Lei ha la responsabilità e i poteri per adottare immediati provvedimenti a prescindere dal riconoscimento di emergenza sanitaria.
Emergenza sanitaria significa interventi urgenti e non a babbo morto e lei avrebbe già dovuto fare qualcosa come per esempio destinare maggiori investimenti alla ASL Sulcis.
Non si può aspettare che il personale sanitario vada in pensione senza prevedere un piano di sostituzione
altrimenti entro l’anno prossimo la chiusura di gran parte dei reparti dei Presidi Ospedalieri del CTO e del Sirai sarà inevitabile.
La Consulta Anziani di Iglesias condivide la protesta che le Organizzazioni Sindacali CGIL-CISL-UIL hanno messo in campo, sostenuta dal sindaco Mauro Usai, aderisce al sit in di fronte al PS del CTO e invita tutti gli anziani, le loro famiglie e tutti cittadini a partecipare numerosi domani 28 luglio alla manifestazione che si terrà a Carbonia presso la Direzione della ASL.
Però per vincere questa battaglia è necessario che tutti i Sindaci del territorio, siano in prima linea e sempre presenti nelle manifestazioni a partire da quella di domani per creare un fronte comune con le OO.SS, le Associazioni e i cittadini.
E’ inoltre indispensabile e urgente definire unitariamente una programma articolato di mobilitazione e di iniziative di protesta con il coinvolgimento anche del mondo artistico e culturale per mantenere sempre viva la lotta nel territorio fino a quando non saranno risolte le criticità della sanità del Sulcis Iglesiente.
L’appuntamento è per domani 28 luglio, alle 9.00, davanti all’ingresso del Pronto Soccorso del CTO

Antonio Achenza
Presidente della Consulta Anziani di Iglesias

«L’assessore della Sanità, Mario Nieddu, sollevi quanto prima dall’incarico i vertici della Asl Sulcis». Lo chiede con forza la consigliera regionale di Idea Sardegna, Carla Cuccu.

«Non solo non si è provveduto a riaprire il Pronto Soccorso del C.T.O., come fortemente sollecitato dai sindaci, dai sindacati, dai cittadini, ma in queste ore la direttrice generale, Giuliana Campus, ha comunicato la sospensione dell’attività di Chirurgia, la riduzione della Medicina di laboratorio, fino al trasferimento di infermieri dal C.T.O. all’ospedale di San Gavino aggiunge -. Un disastro per la sanità dell’Iglesiente, non è pensabile che i vertici aziendali, evidentemente inadeguati, rimangano al loro posto.»

L’esponente di Idea Sardegna, componente e segretaria della Commissione Salute del Consiglio regionale, anche in queste ore ha scritto al Prefetto di Cagliari invitandolo – vista la drammaticità della situazione – a dichiarare lo stato di emergenza sanitaria per il territorio.

«Mandino subito i medici militari, come accaduto in altre realtà in momenti di emergenzapropone Carla Cuccu -. Le soluzioni si possono e si devono trovare. Non si può continuare a far finta di niente, come fa la dottoressa Campus, molto attiva a rilasciare lunghe interviste televisive nelle quali si autoincensa, mentre la sanità di Iglesias è al collasso e, grazie alle infauste decisioni dell’Azienda, si sta trascinando quella di Carbonia. È solo grazie al senso di responsabilità e alla professionalità degli operatori che ancora non si è arrivati a fatti tragici. Ma fino a quando l’assessore Nieddu continuerà ad assistere alla distruzione della sanità iglesiente senza intervenire? La Giunta regionale non provi minimamente a portare avanti un disegno di cui si parla ormai da anni, che vedrebbe la chiusura dell’ospedale di Iglesias per aprirne uno nuovo a Villamassargia. Né alcuno pensi di approfittarsi per momento di estrema fragilità dell’onorevole Giorgio Oppi, da sempre difensore e baluardo della sanità del territorio. Noi non staremo con le mani in manoconclude Carla Cuccu -, non ci fermeremo finché non sarà restituita dignità ai cittadini del Sulcis Iglesiente.»