2 December, 2024
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Si è conclusa all’Eur “Roma Arte in Nuvola”, quarta edizione della più importante Fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea del Centrosud. Come ormai consolidato, ad ospitare l’evento sono stati gli spazi espositivi del Centro congressi la Nuvola. Organizzata e realizzata da Creare Organizzare Realizzare (Cor) con la direzione artistica di Adriana Polveroni, la Fiera ha avuto il sostegno della Regione Lazio e Roma Capitale, il Ministero della Cultura, la Direzione Generale degli Archivi di Stato, la Fondazione MAXXI, il Museo delle Civiltà e l’Istituto Centrale per la Grafica. Main sponsor Banca Ifis, che nell’occasione ha allestito uno spazio espositivo con dodici busti di sua proprietà ritrovati e restaurati, realizzati da Antonio Canova.

Nei circa 26mila mq di superficie del Centro congressi progettato da Massimiliano Fuksas e di proprietà di Eur Spa, fino a domenica 24 novembre sono state esposte le opere messe in mostra dalle 140 gallerie d’arte nazionali e internazionali selezionate. Si tratta di centinaia di quadri, sculture, installazioni, collage e molto altro, prodotte in diverse forme e realizzate tecniche e materiali diversi, come le cassette in legno per la frutta usate nell’installazione “Casa senza titolo, di Sislej Xhafa, 1999”, proveniente dalla collezione del MAXXI e che vedi subito salendo Piano Forum, dov’è gran parte dell’esposizione. Tra la lunga teoria di stand si passa accanto una grande parete arricchita da una raccolta di oltre duecento tra disegni, bozzetti, schizzi e acquarelli che riportano ad altri tempi e hanno come tema dominante la storia naturale. A realizzarli è stato il duo artistico Maristella Scala e Simeone Crispino, in arte i Vedovamazzei.
Si è parlato di nuove forme d’arte, realizzate talvolta con plastiche polimeriche, sabbie, polvere di quarzo, marmo, vetro e metalli, ceramica e terracotta, colori acrilici, smalti, ad olio ed acquerello.

Tra gli artisti che hanno presentato le loro opere, Nicola Filia, con il progetto “CARBONE” – Una mostra che ripercorre le origini della città di Carbonia e la racconta in chiave contemporanea, allestita da Paolo Mura.

«La storia di Carbonia – città fondata dal fascismo, nel 1938, per produrre carbone – è singolare innanzitutto sul piano sociale. Immaginate una moltitudine di decine di migliaia di persone che in poco tempo, nella seconda metà degli anni Trenta del secolo trascorso, converge in un lembo di terra di agricoltura e pastorizia: persone con storie, parlate, nomi e cognomi che ne indicavano i tanti luoghi di provenienza. Arrivarono con il carico di speranze, nostalgie e sofferenze che sempre accompagnano l’uomo che lascia per bisogno il luogo natio, la famiglia e le amicizie.

Molti sono andati incontro a un tragico destino perché impreparati a un lavoro pericoloso sempre, ma con rischi accentuati dagli obiettivi pressanti della produzione. Morirono sul lavoro diciotto minatori nel 1938; trentadue nell’anno seguente. Un censimento incompleto registra che, tra il 1938 e il 1963, nel complesso delle miniere carbonifere del Sulcis sono morti oltre trecento minatori.

La moltitudine di costruttori di città e miniere nel tempo si trasformerà in una peculiare Comunità della Sardegna, con identità marcata e forte senso di appartenenza. La metamorfosi si compie già nel primo dopoguerra, quando con la cessazione dell’economia autarchica e l’apertura dei mercati, l’industria mineraria carbonifera, che occupava circa 17mila minatori, entra in un declino inesorabile. La Città nuova, a pochi anni dalla fondazione, correva il serio rischio di divenire una città fantasma: la Comunità reagì e si radicò nel luogo quando corse il concreto rischio di esserne sradicata. Nella temperie resistenziale di quegli anni, si forgiò lo spirito identitario.

La trasformazione e il senso di appartenenza germinarono con le istituzioni democratiche, i partiti politici, il sindacato, la chiesa.

Nel 1946, Carbonia punì la complice e pavida monarchia con un voto massiccio per la Repubblica: un fatto eccezionale in Sardegna. La città si diede una rappresentanza democratica: fu eletto il primo Consiglio comunale. Per la classica nemesi della storia, divenne sindaco un cittadino perseguitato dal regime fascista, arrestato nel 1932 e condannato a 12 anni di reclusione dal Tribunale Speciale. Si chiamava Renato Mistroni, ferrarese, di professione operaio.»