“In leggerezza con profondità”. La decima edizione del Festival BaB 2022 di Guspini ha ruotato prevalentemente intorno a questo cardine calviniano. Ma non solo. Infatti, i vari autori, scrittori, illustratori, poeti, musicisti, attori, artisti vari che sono stati chiamati a partecipare e tenere conferenze e laboratori per adulti e bambini, hanno esternato durante i loro eventi una grandissima sensibilità verso i temi dell’ambiente e i temi civili: sempre in leggerezza, con profondità (il Festival si è concluso ieri sera domenica 28 agosto, con l’ultimo spettacolo teatrale notturno tenuto da Matteo Razzini).
Lo spettacolo Alzati, Martin, con Roberto Piumini e Nadio Marenco, tratto dall’omonimo libro, racconta ai più giovani, attraverso illustrazioni e musica, la vita di Martin Luther King – leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani – e delle battaglie che ha portato avanti, fino alla sua morte. Francesca Romana Motzo si è invece ritagliata uno spazio delicatissimo, sia fisico che per la fascia di età coinvolta: ha lavorato con la musica e i paesaggi sonori nei frutteti all’aperto in paese, con i bimbi dagli 0 ai 3 anni. Una esperienza sensoriale e green che ha molto colpito e coinvolto intimamente bimbi e genitori che vi hanno partecipato.
C’è stato anche il momento dell’arte urbana, con la street art di Manu Invisible e Luogo Comune.
Bambini e ragazzi sono stati edotti sulle forme dell’arte urbana, su cosa significhi la street art, sul recupero di un vecchio autobus dismesso, su: come si fa arte oggi? Cos’è l’arte? In quali forme diverse si può esprimere la propria creatività? L’occhio umano può vedere tantissime cose diverse nell’osservare lo stesso oggetto? Sì. E questo ha provato a insegnarlo anche il fotografo e scrittore Massimiliano Tappari, nei suoi safari fotografici di formazione con i ragazzi, e nella sua bellissima mostra esposta a Guspini. Lo scrittore ha spiegato cosa sia la pareidolia, ovvero l’illusione subcosciente che tende a ricondurre ad altre forme, sempre note, oggetti e profili che assumono all’occhio un’altra realtà. E quindi a vedere in un banco di nuvole una transumanza, in un lampione un pistolero, in un fiore una donna velata, ecc…
Ha scavato l’inconscio umano, nel suo laboratorio fisico e di scrittura dedicato agli adulti, anche l’attore Matteo Razzini, con Ognuno è moltitudine. I partecipanti sono stati chiamati a misurarsi con i propri limiti personali, le proprie emozioni nel gestirsi davanti allo sguardo altrui, a dipingere, a scrivere una poesia improvvisata e molto altro.
Settenove, percorsi di libertà, l’incontro-laboratorio a cura di Monica Martinelli, si è incentrato sugli stereotipi di genere ancora presenti nella nostra cultura (agenzie di socializzazione, scuola, editoria, comunicazione), i riferimenti legislativi italiani e internazionali che chiedono un cambio di passo per il raggiungimento dell’obiettivo 5 dell’agenda 2030 dell’ONU (Uguaglianza di genere) e il racconto delle ultime novità, oltre ai titoli, gli autori e le autrici che hanno modellato l’identità del catalogo Settenove.
Incantevoli gli incontri per adulti e piccini curati da Bruno Tognolini. Poeta e filastrocchiere che ha bisogno di poche presentazioni. Con le sue rime-rimedi alla vita ha giocato, ma con serietà, sia con le parole della lingua italiana, sia con la sua metrica precisa, e con la rima ha saputo cantare filastrocche, e recitare versi di poesie, per lutti e morti, ma anche per matrimoni e compleanni. La gioia e il dolore, così com’è la vita. Perché una poesia non può curare il raffreddore, non fa tornare il nonno a casa, e non ci restituisce l’amico perduto, ma ci aiuta a comprendere meglio il nostro animo e i nostri sentimenti.
E come ha detto il professor Martino Negri, docente dell’Università Milano-Bicocca, e direttore scientifico del BaB: «La letteratura educa ad ascoltare e a guardare più attentamente, senza fretta e, dunque, più profondamente. Ma lo fa solo quando racconta storie «boscose» e non prediche, per dirla con Giuseppe Pontremoli, storie in cui ci si possa perdere, rapiti dallo charme del racconto e dal piacere che ne deriva, ma nelle quali, pure, è possibile riconoscersi, e ritrovarsi. Storie caratterizzate da densità simbolica, dunque, e che parlino della dimensione interiore, storie che facciano ridere e storie che facciano piangere, storie che facciano arrabbiare e storie che consolino: storie – soprattutto – che facciano pensare di avere a che fare col reale, ma che non pretendano di spiegarlo. Il diritto alla leggerezza, al godimento puro che solo una buona storia sa regalare, va così di pari passo col diritto al peso, alla profondità e alla serietà: a quella serietà – anche del gioco – che ha a che fare col rispetto dell’intelligenza e della sensibilità infantili, e col diritto alla bellezza che riguarda tutti e a cui una letteratura che voglia dirsi tale, a maggior ragione se rivolta all’infanzia, dovrebbe sempre ambire».