2 November, 2024
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E’ iniziato ieri il ciclo di audizioni sui contenuti della proposta di legge predisposta dalla commissione “Attività Produttive” del Consiglio regionale, tesa ad affiancare l’azione della Giunta nel piano di eradicazione della peste suina e porre le basi per il rilancio della suinicoltura, attività con profonde radici nella tradizione sarda e da sempre settore trainante dell’economia isolana.

Il parlamentino guidato da Luigi Lotto, dopo aver approfondito in mattinata alcuni aspetti tecnici con l’assessore alla Sanità Luigi Arru e la responsabile del Servizio sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare della Regione Daniela Mulas, ha sentito nel pomeriggio i rappresentanti di Coldiretti, Cia, Confagricoltura e Copagri. Tutti hanno espresso un giudizio positivo sulle finalità della legge e sui contenuti della proposta che pone le basi per un rilancio duraturo della suinicoltura in Sardegna.

«E’ una legge che può finalmente rappresentare una svolta nel settore – ha detto il direttore regionale di Copagri Pietro Tandeddu – la peste suina, presente in Sardegna dal 1978, ha determinato il crollo delle produzioni. La speranza è che il morbo venga superato al più presto. Questa legge è un importante contributo che segna un percorso da seguire per creare economia». Pietro Tandeddu è poi entrato nel dettaglio dell’articolato offrendo alcuni spunti per l’integrazione del testo. In  particolare, il rappresentante di Copagri ha suggerito di escludere categoricamente dagli allevamenti di tipo familiare (4 capi al massimo) i suini riproduttori e di puntare su piccoli progetti integrati di filiera e sulla valorizzazione dei suini di razza sarda con la creazione di marchi Dop o Igp.

Suggerimenti condivisi da Giovanni Murru, presidente di Coldiretti Oristano, che, a nome della sua associazione, ha chiesto alla Commissione di prestare particolare attenzione ai giovani agricoltori che decidono di puntare sulla suinicoltura: «Penso a una rete di giovani imprenditori supportata dalle agenzie agricole e dall’Università che rappresenti un esempio a livello internazionale – ha detto Giovanni Murru – la suinicoltura è un settore con enormi potenzialità, l’innovazione e una conduzione moderna degli allevamenti sono strumenti decisivi per conquistare i mercati».

Martino Scanu (Cia), dopo aver espresso apprezzamento sui contenuti della proposta di legge, ha ribadito la necessità di proseguire nel percorso di eradicazione della legge individuato dall’Unità di progetto della Regione: «L’allevamento brado di suini deve essere bandito per sempre – ha detto Martino Scanu – da questo punto di vista la previsione di piani di gestione delle terre pubbliche rappresenta un importante passo in avanti».

Luca Sanna, presidente di Confagricoltura, infine, ha parlato di legge “ben costruita e completa” oltre che coerente con le altre attività poste in essere dalla Regione per combattere la peste suina. «Si pongono le basi per il rilancio del settore – ha sottolineato Luca Sanna – per far questo occorrerà ottenere in tempi rapidi un marchio di qualità per alcuni prodotti e puntare sui distretti produttivi seguendo l’esempio della Spagna».

«E’ una legge che ci sta particolarmente a cuore – ha assicurato il presidente della Commissione Luigi Lotto – perché crediamo che la suinicoltura possa rappresentare una grande occasione di sviluppo per la Sardegna. Il nostro obiettivo, parallelamente all’azione dell’Unità di progetto per l’eradicazione della Psa, è quello di creare le condizioni per rilanciare l’allevamento dei maiali e incentivare la tutela della razza sarda. La Regione non è contro gli allevatori, servono però regole chiare per consentire ai nostri prodotti di tornare sul mercato. Ultimamente si è fatto un passo in avanti grazie all’accordo con il ministero della Salute per la vendita di alcuni prodotti stagionati ma potremmo dirci completamente soddisfatti solo quando gli allevatori sardi potranno commercializzare tutta la loro produzione fuori dall’Isola.»

Le audizioni proseguiranno domani mattina con l’assessore dell’Agricoltura Pierluigi Caria, i direttori delle agenzie agricole Agris, Laore e Argea e con il responsabile dell’Unità di progetto contro la Peste suina Alessandro De Martini.

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«Garantire maggiore  rimuneratività agli agricoltori e allo stesso tempo tutelare i percorsi di filiera». Sono questi gli obiettivi indicati dal presidente della Commissione “Attività produttive” del Consiglio regionale Luigi Lotto al termine dell’audizione dei rappresentanti delle associazioni agricole sull’assegnazione del bando per la certificazione del Grano Cappelli. La decisione del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) di assegnare alla Società Italiana Sementi la certificazione del prodotto preoccupa i soci del Consorzio sardo “Grano Cappelli”. La multinazionale semenziera bolognese avrà infatti diritto di esclusiva sulla varietà di frumento, il rischio è che salti per aria il percorso virtuoso che negli ultimi anni ha permesso di chiudere una filiera tutta sarda (ditta semenziera, agricoltori, mugnai e panificatori).

«E’ una preoccupazione legittima – ha detto il vicepresidente regionale di Coldiretti Efisio Perra – sulla vicenda però occorre sgombrare il campo da alcune imprecisioni. Sis è di proprietà degli agricoltori, il suo obiettivo è garantire redditività a chi coltiva il grano. Per questo chiede che il prodotto da ammasso venga pagato almeno 60 euro al quintale mentre per quello biologico il prezzo dovrebbe raggiungere gli 80 euro (attualmente il prezzo per l’ammasso oscilla tra i 45 e i 55 euro al quintale, quello biologico arriva a 60/70 euro). Sulla valorizzazione del prodotto e il giusto riconoscimento per il lavoro dei contadini non possiamo non essere d’accordo. Tutto questo deve essere fatto trovando una soluzione per la tutela della filiera.»

Efisio Perra ha poi smentito un conflitto di interessi di Coldiretti nella vicenda vista la presenza del suo vicepresidente nazionale nel Cda di Sis: «Coldiretti Sardegna riconosce il lavoro trentennale fatto dal Consorzio sardo per la tutela del grano Cappelli – ha detto Efisio Perra – le condizioni di mercato oggi sono cambiate. Occorre trovare una soluzione che metta d’accordo tutti gli interessi in campo. Per questo abbiamo favorito un incontro tra la Sis e il Consorzio “Grano Cappelli” nel quale, però, non si è riusciti a trovare un accordo. Noi continuiamo a lavorare perché non venga disperso il patrimonio di conoscenze ed esperienze che si è sviluppato in Sardegna».

Di diverso avviso il direttore di Copagri Pietro Tandeddu che, a nome di Agrinsieme (organismo che comprende anche Cia e Confagricoltura), ha invocato chiarezza sulle procedure di assegnazione del bando per la certificazione del seme a Sis. «Si è trattato di una procedura impropria – ha affermato Tandeddu – Crea più che su un bando con tutti i crismi ha puntato su una semplice manifestazione di interesse. Non erano infatti richiesti requisiti particolari né si assegnava priorità ai soggetti con esperienza pluriennale nel settore come accade in tutti i bandi pubblici. Proprio per questo motivo è stata presentata una richiesta di accesso agli atti e annunciato un ricorso. Sulla vicenda ci sono poi iniziative parlamentari a vari livelli». Una questione non di poco conto secondo Tandeddu: «Nella manifestazione di interesse Crea ha comunicato un sensibile aumento delle royalties da pagare per lo sfruttamento dei diritti di brevetto. Eppure, occorre ricordarlo, è un ente pubblico vigilato dal Ministero dell’agricoltura. E’ il soggetto titolare delle certificazioni del grano e il garante della genetica, ma non può speculare sul prodotto come qualsiasi ente privato. A tutto questo si aggiunge una scarsa trasparenza nel bando. Nel sito di Crea non c’è infatti traccia della valutazione dei requisiti né dell’esito delle gare». Per Pietro Tandeddu il rischio è un arretramento della filiera sarda: «Chiediamo alla Commissione di intervenire con un atto formale (risoluzione o mozione) per difendere una realtà nata in Sardegna e che vorremmo rimanesse nell’Isola». Il direttore di Copagri, infine, si è detto favorevole a una soluzione pacifica della vicenda: «E’ vero che Sis, su sollecitazione di Coldiretti Sardegna, ha incontrato i rappresentanti del Consorzio “Grano Capelli” – ha affermato Tandeddu – in quella sede sono state avanzate alcune proposte che per essere adeguatamente valutate hanno però bisogno di essere formalizzate per iscritto».  

Considerazione condivisa dal direttore regionale di Coldiretti Luca Saba: «Noi abbiamo avanzato una proposta per un progetto di commercializzazione del grano – ha detto Saba – Sis era d’accordo a consentire alla ditta semenziera sarda Selet di trattare con i propri produttori a condizioni che si pagassero almeno 60 euro a quintale, Selet proponeva di meno, su questo punto è saltata la trattativa. In ogni caso la produzione non si fermerà, la multinazionale bolognese ha già chiuso due accordi in Sardegna con altri due soggetti per la coltivazione di 400 ettari. C’è inoltre l’impegno da parte di Sis a ritirare tutto il grano prodotto a 60 euro a quintale. Mi auguro che si trovi un’intesa con il Consorzio, solleciteremo la formalizzazione da parte di Sis di una proposta scritta».

Preoccupazione per il mantenimento di una filiera sarda ha espresso il presidente regionale della Cia Martino Scanu: «Le produzioni si sono sviluppate in un determinato territorio – ha detto Scanu – i nostri associati esprimono forti perplessità sulla eventuale presenza nella filiera dei Consorzi agrari. C’è il rischio che gli agricoltori non chiudano i contratti e continuino a coltivare il grano Cappelli senza certificazione».

Una soluzione positiva hanno auspicato alcuni componenti della Commissione.

Secondo Fabrizio Anedda del Gruppo Misto «l’obbligo per gli agricoltori di rivendere il prodotto a Sis lede il principio della libertà d’impresa. Chi compra il seme certificato deve avere la possibilità di rivendere il grano da macina a chi gli pare. Ai soci del Consorzio sardo deve essere consentito di vendere il grano ai trasformatori sardi. Solo così si garantisce la qualità del prodotto».

Per Piero Comandini (Pd) deve essere fatto ogni sforzo per favorire il dialogo: «Sis presenti una proposta scritta – ha detto – nostro interesse è che venga tutelata la filiera sarda. Serve un accordo che leghi la produzione al territorio».

Per chiarire la posizione di Sis e ascoltare le sue proposte sul progetto di valorizzazione del Grano Cappelli, il presidente Luigi Lotto ha annunciato la convocazione in Commissione dei rappresentanti della Società italiana sementi. «Nostro interesse è impedire che il percorso avviato dalla filiera sarda si blocchi – ha detto Lotto – l’obiettivo è garantire le migliore remunerazione agli agricoltori e, allo stesso tempo, creare percorsi virtuosi di filiera».

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Vanno avanti in Commissione Bilancio le audizioni sulla Manovra Finanziaria 2017. La seduta odierna è stata interamente dedicata all’agricoltura con particolare riferimento alla crisi del settore lattiero-caseario e alle misure da mettere in campo per provare ad arginarla. L’organismo consiliare, guidato da Franco Sabatini, ha sentito in audizione i rappresentanti di Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri, i rappresentanti dei pastori e il vicepresidente della Regione Raffaele Paci in sostituzione del presidente Pigliaru che ha assunto l’interim dell’Agricoltura dopo le dimissioni dell’assessore Elisabetta Falchi.

L’esponente dell’esecutivo ha illustrato alla Commissione le proposte della Giunta per il superamento della crisi determinata dal crollo del prezzo del latte ovino. Quattro le linee direttrici del documento messo a punto dall’assessorato, alcune di natura congiunturale, altre a lungo termine. «E’ necessario individuare soluzioni con ricadute positive per tutta la filiera – ha detto Paci – la Regione non può stabilire il prezzo del latte ma può invece fare molto per migliorare la filiera produttiva».

Per affrontare le emergenze Paci ha proposto tre diverse misure: 1) un fondo di 4 milioni di euro per la “rottamazione” dei capi ovini di età superiore ai 4 anni in modo da abbassare la quantità del latte prodotto;  2) l’inserimento del pecorino romano nell’elenco dei formaggi da acquistare con i fondi del bando Agea e da destinare agli indigenti; 3) un contributo per ridurre i costi di trasporto per le aziende che operano in zone di montagna.

Due invece gli interventi strutturali: un fondo da 8 milioni di euro per la diversificazione del prodotto e uno (da quantificare) per la destagionalizzazione delle produzioni.

Il vicepresidente della Giunta ha poi illustrato alla Commissione gli strumenti messi in campo per facilitare l’accesso al credito delle aziende agropastorali. «Ci sono misure già operative come l’accordo firmato da Regione e Abi che consente ai pastori di ottenere l’anticipazione del 100% dei contributi relativi a misure del Psr come l’indennità di compensazione e il benessere animale – ha affermato Paci – abbiamo inoltre già messo a disposizione 7 milioni di euro per potenziare il sistema dei Consorzi Fidi. Entro 15 giorni saranno invece attivati gli aiuti in conto interessi per il credito di esercizio. In questo caso la somma stanziata è di 2,5 milioni di euro». Altre due misure su cui si punta molto per venire incontro alla filiera sono il pegno rotativo e il pecorino bond: «La prima consentirà alle aziende di trasformazione di dare in garanzia le forme di pecorino romano per ottenere prestiti dalle banche. La seconda, invece, permetterà di trovare altri strumenti finanziari alternativi al credito. In questo caso potranno essere ricercate nuovi canali di finanziamento offrendo in pegno la propria produzione».

Altri interventi riguardano, infine, l’accelerazione dei pagamenti del PSR 2014-2020. Il mondo delle campagne deve infatti ricevere ancora 64 milioni di euro sui 156 complessivi. Il direttore generale dell’assessorato Sebastiano Piredda ha annunciato che questa mattina sono stati autorizzati i primi pagamenti per 2,5, mentre altri 10 saranno disponibili entro gennaio. Nella prima decade di febbraio, inoltre, si spera di ottenere l’85% delle anticipazioni sulle indennità compensative, circa 26 milioni di euro. La Regione infine chiederà di avere anche l’anticipazione dei premi per il benessere animale che, in caso di esito positivo, consentirebbe al comparto di incassare una cifra considerevole “tra i 52 e i 60 milioni di euro”.

E’ stato poi il turno delle associazioni di categoria che hanno espresso un giudizio critico sulla manovra. «La Finanziaria 2017 mette a disposizione 311 milioni di euro ma sono somme del Psr (153 milioni) o destinate a finanziare l’apparato (144 milioni di euro per le agenzie, i consorzi di bonifica e le associazioni degli allevatori) – hanno detto i rappresentanti di Copagri, Cia e Confagricoltura – per i produttori non c’è nulla». Alfonso Orefice di Coldiretti ha definito la manovra incoerente rispetto al Documento di programmazione economica regionale. «Manca un obiettivo, mancano le scelte strutturali e un piano a lungo termine. Se ne prenda atto».

Le associazioni dei pastori hanno invece sollecitato misure rapide per dare ristoro al mondo delle campagne. «Le aziende hanno bisogno di liquidità – ha detto il leader del Movimento pastori sardi Felice Floris – lo strumento sono gli aiuti de minimis della legge 15. I pastori sono disperati, servono risposte immediate». Anche Fortunato Ladu, pastore e attivista delle campagne, ha sottolineato l’esigenza di stanziare somme immediatamente disponibili. «Il 50% delle aziende non è bancabile – ha detto Ladu – inutile rivolgersi agli istituti di credito. Sarebbe invece utile e urgente ottenere dall’Inps la sospensione dei pagamenti previdenziali».   

Richiesta alla quale si sono unite, con qualche distinguo, le organizzazione di categoria. Secondo il segretario di Confagricoltura Luca Sanna la crisi si sarebbe potuta evitare con una seria programmazione: «I trasformatori hanno però rifiutato di sottoscrivere il piano per la produzione di pecorino romano – ha detto Sanna – i pastori sono stanchi di subire le conseguenze degli errori altrui. Per evitare questo serve un Authority del latte alla quale affidare poteri sanzionatori. Deve però essere un soggetto terzo, siamo contrari alla istituzione di un servizio dedicato al settore ovricaprino presso la Direzione Generale dell’Assessorato all’Agricoltura».

Il coordinatore di Copagri Pietro Tandeddu ha invocato maggior senso si responsabilità da parte di tutti gli operatori: «La crisi è dovuta alla sovraproduzione di pecorino romano – ha sottolineato Tandeddu – il settore deve essere capace di autoregolamentarsi. Non è ammissibile andare contro la regola principe del mercato della domanda e dell’offerta. I trasformatori puntino su altre produzioni. Gli incentivi devono essere finalizzati alla diversificazione dei prodotti caseari».

Martino Scanu, presidente della Cia ha infine suggerito un’accelerazione delle procedure per l’erogazione dei premi del Psr «E’ questo un modo per garantire liquidità alle aziende – ha detto Scanu – occorre allo stesso tempo impedire che le scorte di formaggio vengano svendute. Come? Ritirando dal mercato una quantità significativa di pecorino romano in attesa di tempi migliori».

Il presidente della Commissione Bilancio Franco Sabatini, al termine delle audizioni, ha assicurato l’impegno del Consiglio a lavorare insieme alla Giunta per una soluzione condivisa. «In questo momento le polemiche non servono a nulla, occorre individuare strumenti efficaci per dare sostegno al mondo delle campagne». La crisi del settore lattiero-caseario sarà affrontata dall’Assemblea il prossimo 1° febbraio con la discussione della risoluzione approvata ieri dalla Commissione “Attività Produttive”.  

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L'europarlamentare Paolo De Castro.

L’europarlamentare Paolo De Castro.

Francesco Sanna, deputato del Partito Democratico.

Francesco Sanna, deputato del Partito Democratico.

Martedì 19 aprile, Paolo De Castro, parlamentare europeo, già ministro dell’Agricoltura nei governi del centrosinistra, presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale a Bruxelles, sarà in Sardegna.

«Paolo De  Castro ha accettato l’invito che insieme al Partito Democratico della Sardegna e ad alcune associazioni agricole gli abbiamo fatto per discutere della politica agricola comunitaria, con particolare attenzione al caso Sardegna – ha detto Francesco Sanna, deputato del Partito Democratico -. Alle ore 11.00, dopo aver visitato il mercato ortofrutticolo di Sestu, parteciperò con lui all’incontro organizzato dal Consorzio per la tutela del formaggio pecorino romano per parlare del settore agroalimentare nell’Unione Europea: ortofrutta e lattiero caseario, la crisi del settore del latte, le strategie per il settore ovino, il trattato TTIP, sempre negli spazi del Mercato ortofrutticolo. Nel primo pomeriggio visiteremo le strutture della cooperativa S’Atra Sardigna.»

Alle ore 18.00 a Sinnai, presso la Fondazione Polisolidale (locali ex Comunità Montana) in via della Libertà è in programma il dibattito dal titolo “La sfida europea dell’agricoltura”. Al centro della discussione il quadro di regole e le opportunità offerte dalla Politica Agricola Comunitaria nello scenario della competizione extra-continentale.

Si parlerà anche del quadro normativo nazionale e regionale. Francesco Sanna interverrà sui provvedimenti parlamentari adottati e in fase di studio riguardanti il settore agricolo, la valorizzazione dell’agroalimentare, la nuova legge contro gli sprechi alimentari e il ruolo del volontariato sociale.

Un approfondimento specifico sarà dedicato al Piano di sviluppo rurale ed alle imminenti opportunità per gli operatori del settore agropastorale. All’incontro-dibattito parteciperanno, insieme a Paolo De Castro, l’assessore regionale all’Agricoltura Elisabetta Falchi, i consiglieri regionali Luigi Lotto e Cesare Moriconi e concluderà i lavori l’europarlamentare e segretario del Partito Democratico della Sardegna Renato Soru.

Sarà l’occasione per un confronto con le associazioni di categoria, che interverranno con Martino Scanu (Cia), Luca Maria Sanna (Confagricoltura), Ignazio Cirronis (Copagri), Battista Cualbu (Coldiretti) e, infine, Claudio Atzori (Legacoop).

L’incontro sarà moderato da Andrea Murgia, componente della segreteria regionale Pd e sarà preceduto dai saluti del segretario provinciale, Francesco Lilliu, e dal sindaco di Sinnai, Barbara Pusceddu.

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La Quinta Commissione del Consiglio regionale ha avviato questo pomeriggio un ciclo di audizioni sulla proposta di legge n. 227 “Norme in materia di danni all’agricoltura da fauna selvatica”, con le audizioni dei rappresentanti delle associazioni di categoria CIA, Copagri e Confagricoltura e il presidente di Legambiente, Vincenzo Tiana.

Il provvedimento in discussione prevede alcune modifiche alla legge regionale n.1/1977 (Organizzazione amministrativa della Regione e competenza della Giunta, della Presidenza e degli assessorati) e alla legge n.23/1998 (Norme sulla protezione della fauna selvatica e l’esercizio della caccia in Sardegna). Tra le novità introdotte: 1) il trasferimento di competenze dall’assessorato all’ambiente a quello dell’agricoltura in relazione alla gestione degli indennizzi per i danni causati dalla fauna selvatica; 2) la possibilità di commercializzare la carne di animali selvatici abbattuti o catturati nei piani di controllo regolarmente autorizzati; 3) l’esclusione del daino (dama dama) dall’elenco delle specie di fauna selvatica particolarmente protette.

Riguardo a quest’ultimo punto, il presidente della Commissione, Luigi Lotto, ha chiarito in premessa che non si pensa a un inserimento del daino tra le specie cacciabili. «Si tratta invece di sottoporre questa specie, particolarmente diffusa in alcune zone dell’Isola, a piani di controllo – ha spiegato Lotto – ciò consentirebbe di evitare danni agli agricoltori e di regolamentarne la diffusione dei daini nel territorio».

Subito dopo sono intervenuti i rappresentanti delle associazioni di categoria. Il coordinatore regionale di Copagri Pietro Tandeddu ha espresso perplessità sul trasferimento di competenze riguardo alla gestione degli indennizzi per i danni causati dalla fauna selvatica: «La struttura dell’assessorato all’agricoltura si è notevolmente indebolita negli ultimi anni – ha detto Tandeddu – meglio sarebbe affidare questi compiti alle Agenzie agricole». Il rappresentante di Copagri ha poi invitato la Commissione a prevedere un potenziamento delle risorse stanziate per il ristoro dei danni (400mila euro) e ad escludere un prelievo di fondi dal PSR per finanziare questi capitoli di bilancio».

Su quest’ultimo argomento si è soffermato anche il presidente di Confagricoltura, Luca Maria Sanna, che ha espresso la sua totale contrarietà: «Le risorse del PSR vanno utilizzate per favorire lo sviluppo rurale e non per pagare i debiti di altri assessorati – ha detto Sanna – questo deve essere un punto fermo della legge». Sanna ha chiesto di lasciare in capo all’assessorato all’Ambiente le competenze in materia e di prevedere, eventualmente, un coinvolgimento dell’assessorato della Sanità nei corsi di formazione diretti ai cacciatori e relativi alle corrette modalità di macellazione, trasporto e trattamento delle carcasse di cinghiale, al fine di evitare la diffusione accidentale della peste suina africana.

Martino Scanu, presidente di CIA, ha invece auspicato una legge organica che garantisca una migliore gestione del territorio: «Finora si è pensato solo alla protezione della fauna – ha detto Scanu – sarebbe utile mostrare attenzione anche verso gli agricoltori. Le aziende subiscono danni ingenti dagli animali selvatici. Oltre ai cinghiali, alle cornacchie e ai cormorani, oggi ci sono anche i cervi che in alcune zone del Medio Campidano invadono campi e terreni privati».

Giudizio negativo sulla legge, infine, da parte di Legambiente. Il presidente Vincenzo Tiana ha definito “impropria e velleitaria” la norma in discussione. «Esiste già una legge che regola la gestione della fauna selvatica – ha ricordato Tiana – è la 23 del 1998: prevede la definizione degli ambiti territoriali, l’adozione di un piano faunistico regionale, la predisposizione di specifici piani di gestione. Il problema è che quella legge non è stata mai attuata».

Vincenzo Tiana si è detto contrario a risolvere emergenze senza azioni coordinate: «Un contenimento di alcune specie (cornacchie) può essere fatto utilizzando il calendario venatorio – ha affermato il presidente di Legambiente – quanto ai daini non si può pensare a un abbattimento senza risolvere il problema gestionale del territorio».

Il presidente Lotto ha chiarito la posizione della Commissione: «Non intendiamo intervenire sull’impianto complessivo della legge n.23, lo si farà eventualmente nel Piano faunistico regionale a cui sta lavorando la Giunta. Oggi non si parla di caccia ma di interventi per evitare danni che la Regione non riesce più ad indennizzare».

Le audizioni proseguiranno domani. La Commissione sentirà gli assessori dell’Ambiente e dell’Agricoltura Donatella Spano ed Elisabetta Falchi.  

Procede in Quinta Commissione del Consiglio regionale l’esame del Testo Unico sull’apicoltura che unifica le proposte di legge n. 45 (Oscar Cherchi e più) e n. 61 (Piero Comandini e più).

Il parlamentino delle “Attività produttive”, presieduto da Luigi Lotto (Pd), ha sentito in mattinata i rappresentanti delle associazioni agricole, della cooperazione e delle organizzazioni dei produttori. Diversi i suggerimenti arrivati ai commissari per l’integrazione del testo e l’armonizzazione con le altre misure nazionali ed europee destinate all’allevamento delle api.

Il coordinatore regionale di Copagri, Pietro Tandeddu, ha posto l’accento sulla necessità di incentivare l’aggregazione degli apicoltori valorizzando il ruolo delle organizzazioni dei produttori.  Su questo punto, il rappresentante di Copagri ha chiesto alla Commissione di eliminare dal testo i riferimenti generici ad associazioni di apicoltori in materia di formazione professionale. «Il rischio – ha detto – è che si delegittimino le O.P, uniche associazioni riconosciute dalla legge». Tandeddu ha poi auspicato una maggiore attenzione per l’apicoltura “che produce reddito” da non confondere con quella di natura hobbistica.

Luca Sanna, presidente di Confagricoltura, si è soffermato sul tema della formazione professionale invocando un innalzamento della qualità. «Non bastano più le 40-50 ore dei corsi organizzati da Laore, per formare un apicoltore professionista ne servono almeno 200. Le lezioni devono essere quanto più istituzionalizzate, la presenza delle associazioni apistiche è superflua». Insufficiente, per Sanna, la dotazione di 2 milioni di euro prevista dal provvedimento: «Queste risorse – ha detto il presidente di Confagricoltura – non bastano per raggiungere gli ambiziosi obiettivi della legge».

Martino Scanu, presidente della CIA, ha espresso apprezzamento per la decisione di dotare il settore di una legge organica. «L’aspetto più interessante è il tentativo di inquadrare l’apicoltura come una attività “nomade”. Con piccole correzioni si può consentire agli operatori di lavorare al meglio e di trarre reddito dalle loro attività».

Concetto approfondito da Sergio Cardia, presidente di AGCI, che ha sottolineato l’esigenza di riconoscere agli apicoltori gli incentivi per l’uso del gasolio agricolo: «Le arnie vengono spostate continuamente, è ingiusto non riconoscere agli operatori la possibilità di pagare meno il carburante per i loro mezzi di trasporto». Il rappresentante del mondo della cooperazione ha inoltre invitato la commissione ad inserire nella legge un articolo specifico sulla ricerca e l’innovazione delle aziende.

Francesco Caboni, segretario dell’O.P “Terrantiga” ha suggerito una modifica alle disposizioni sugli investimenti aziendali: «L’erogazione dei contributi deve favorire chi svolge attività economiche – ha detto Caboni – occorre prevedere aiuti per l’acquisto di arnie, pacchi d’api, attrezzature per lo smielamento e la trasformazione del prodotto, mezzi di trasporto adeguati». Caboni ha infine rimarcato l’esigenza di una formazione di alto livello rivolta alle aziende: «C’è la necessità di un know how molto avanzato, sarebbe per questo utile confrontarsi con gli altri operatori internazionali (americani e australiani) per apprendere nuove tecniche  di allevamento e suggerimenti sul fronte del marketing e della commercializzazione dei prodotti». 

Nel corso dell’audizione si sono approfondite anche le questioni relative ai programmi di riforestazione degli areali di interesse apicolo, alla tutela degli ecotipi locali e non solo della specie di ape italiana “Spinola”, alle nuove disposizioni sanitarie e all’esigenza di controlli più efficaci per scongiurare l’introduzioni in Sardegna di malattie e parassiti.

Palazzo del Consiglio regionale 2014 2 copia

I rappresentanti delle organizzazioni agricole hanno aperto in Terza commissione la giornata dedicata alle audizioni sulla Manovra finanziaria, illustrata ieri, nel parlamentino del Bilancio presieduto da Franco Sabatini (Pd), dall’assessore della Programmazione, Raffaele Paci.

Pietro Tandeddu, coordinatore regionale di Copagri, ha lamentato il ritardo con il quale è stata presentata la Manovra e soprattutto ha rivolto critiche all’esecutivo regionale per le scarse risorse a disposizione del comparto agricolo. Tandeddu ha quindi ribadito che le risorse comunitarie devono essere considerate aggiuntive  rispetto a quelle regionali e ricordato le rigidità che caratterizzano la spendita dei fondi Feasr (il programma di fondi europei per l’agricoltura).

«In ogni caso – ha denunciato il coordinatore di Copagri – se togliamo dal bilancio regionale gli stanziamenti per le agenzie e consorzi fidi, alle imprese agricole resta lo 0,1% delle somme complessivamente stanziate nella Manovra 2015». Tandeddu ha quindi auspicato l’impegno della Commissione per garantire adeguate risorse ai consorzi fidi in agricoltura, per favorire le aggregazioni dei produttori, per incrementare i fondi destinati ai centri di assistenza agricola e per il microcredito in agricoltura.

Il coordinatore Copagri ha inoltre lamentato come nell’annunciato piano regionale per le infrastrutture, finanziato con il ricorso ad un mutuo di 600 milioni di euro, non vi è traccia di proposte per realizzare infrastrutture al servizio dell’agricoltura. Tandeddu ha quindi concluso il suo intervento proponendo un piano di dismissioni delle terre pubbliche per destinarle alle attività agricole ed ha denunciato come dal 2012 al 2015 i fondi destinati alle organizzazioni agricole abbiano subito un taglio pari al 61%.

Il direttore regionale di Coldiretti, Luca Saba, ha marcato le distanze dalla finanziaria approvata lo scorso 23 dicembre dalla Giunta, «non solo per l’esiguità delle risorse a disposizione» ma soprattutto – così ha spiegato Saba – per l’assenza di strategia per il settore agricolo sardo». «Non registriamo differenze rispetto al passato – ha aggiunto il direttore Coldiretti – nonostante gli annunci e le promesse di rilancio fatte dal presidente della Regione. La nostra posizione critica, dunque, non cambia e evidenziamo che i 10 milioni “manovrabili” in più, rispetto al 2014, sono quelli destinati ai consorzi di bonifica».

A giudizio di Coldiretti nella Manovra non vi è traccia del riassetto del debito agricolo e si registrano diminuzioni negli stanziamenti destinati ai consorzi fidi (meno 300 milioni) e per i consorzi di “difesa” (meno 600 milioni). Saba ha poi criticato duramente l’esiguità del fondo per la partecipazione alle fiere, sottolineando come nell’anno dell’Expò la Regione sarda stanzi solo 750mila euro («non si investe dunque in una manifestazione di fondamentale importanza per l’agroalimentare»).

Il direttore della Coldiretti ha concluso denunciato una riduzione degli stanziamenti a favore delle organizzazioni agricole «in una misura non proporzionale a quanto fatto per le organizzazioni degli altri settori che anzi vedono aumentare le relative dotazioni». «Non faccio bottega – ha dichiarato Luca Saba – ma difendo la dignità delle organizzazioni agricole e invito la commissione regionale a verificare le relative rendicontazioni di spesa».

Luca Sanna, presidente di Confagricoltura, ha lamentato come dall’esame della Manovra 2015 emerga «la preoccupante assenza di una concreta programmazione per il rilancio del comparto agricolo sardo». Sanna ha quindi rivolto l’invito alla Regione perché si occupi del cosiddetto debito in agricoltura. «Il comparto agricolo sardo – ha spiegato – non è più in grado di indebitarsi e di conseguenza non è più nelle condizioni di investire per lo sviluppo».

Un ulteriore sottolineatura critica è stata rivolta a proposito della priorità di spesa dei fondi Ue rispetto ai fondi regionali e Sanna ha denunciato il pericolo che i fondi comunitari non possano essere spesi per mancanza della quota parte di cofinanziamento privato, previsto per la realizzazione della maggior parte delle misure europee.

Il rappresentante di Confagricoltura ha concluso il suo intervento rimarcando l’assenza di soluzioni per ciò che attiene la continuità territoriale per le merci e la riduzione del costo dell’energia per le aziende agricole.

Il presidente della Cia, Martino Scanu, nel ribadire le critiche espresse dai suo omologhi  di Copagri, Coldiretti e Confagricoltura, ha dichiarato la propria “insoddisfazione per i livelli di attenzione e la quantità di risorse destinate all’agricoltura”. «Con la Manovra 2015 – ha spiegato Scanu – resta insoluta la partito del debito e il tutto significa che per l’intero comparto non c’è alcuna possibilità di ricorrere al credito per fare investimenti». «Chiediamo alla Giunta e alla Regione – ha concluso il presidente Cia – di essere conseguente alle dichiarazioni fatte riguardo al rilancio del comparto agricolo sardo».