22 November, 2024
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«Tutti i poliziotti di Equilibrio Sicurezza esprimono il loro più sentito ringraziamento al coordinatore della Lega per la Sardegna, on. Eugenio Zoffili che, insieme all’altro deputato leghista sardo Guido de Martini, che nel pomeriggio di ieri hanno voluto constatare direttamente, nel corso di una visita ufficiale, che nella Caserma Carlo Alberto gli agenti del XIII Reparto sono ospitati in uno stabile fatiscente ed inadeguato dove, tra le problematiche logistiche e strutturali che hanno visto con i loro occhi, oltre ai delinquenti – hanno osservato – devono pure dare la caccia a grossi topi.»

Ad affermarlo è Vincenzo Chianese, segretario generale di ES, che aggiunge: «Siamo sicuri che la relazione scritta per il ministro Matteo Salvini ed il sottosegretario Nicola Molteni che stanno predisponendo i deputati sardi sullo stato in cui versa una caserma, dove peraltro sono ospitati anche uffici della questura e della stradale, da un lato dimostra in maniera tangibile quanto essi abbiano a cuore le problematiche di coloro i quali sono sempre in prima linea nella difesa della comunità, dall’altro avvierà il problema a soluzione, consentendo agli addetti di lavorare meglio e di rendere un servizio migliore a cittadini ed istituzioni»

«Si tratta di un risultato importante, frutto della caparbia ed incessante opera di sensibilizzazione avviata da da tempo dalla segreteria di Cagliari, guidata da Marco Grandi con la collaborazione di Daniele Brotzu, che erano già riusciti ad ottenere varie interrogazioni parlamentari e che oggi, insieme al primo e per ora unico dirigente ‘in rosa’ dei reparti mobili, la d.ssa Adriana Cammi, vedono finalmente avvicinarsi  la possibilità di far sì che quello di Cagliari possa effettuare, come tutti gli altri già fanno, anche quelle operazioni di soccorso pubblico in caso di calamità oggi rese impossibili dall’inadeguatezza della caserma.»

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Una delegazione del Comitato promotore per l’Insularità, guidata dal presidente Roberto Frongia, ha tenuto stamane una conferenza stampa ad Olbia, per fare il punto sulle iniziative messe in campo.

«Dopo un percorso che da un paio di anni riguarda migliaia di cittadini e di cittadine della Sardegna, nel mese di settembre depositeremo le firme per la proposta di legge sull’insularità – si legge in una nota -. Al di là di disquisizioni e di distinguo da parte di alcuni non vi è più alcun dubbio che l’idea di un riconoscimento costituzionale è la strada necessaria per ottenere pari diritti e pari opportunità. Ogni altra soluzione riconferma uno stato di minorità e di sottosviluppo. Abbiamo consapevolezza, infatti, che l’intervento pubblico in Sardegna, quello a pioggia sempre più attraversato dal risentimento e dall’insoddisfazione, ha minato i fondamentali della cultura di intrapresa produttiva e della responsabilità, rafforzando il clientelismo e la dipendenza dagli aiuti statali e dal ceto politico. Per queste ragioni, oggi, i sardi non chiedono maggiore assistenza pubblica, piuttosto il riconoscimento del “principio di insularità” nella Costituzione Italiana come condizione irrinunciabile ed equa di un pari diritto di cittadinanza attraverso infrastrutturazioni, materiale e immateriale, che offrano, appunto, “pari opportunità” di partenza per tutti e valorizzi le risorse umane ed economiche di cui l’Isola dispone.»

Diversi studi evidenziano tra le altre dimensioni che «in termini monetari, il tempo di percorrenza addizionale necessario per raggiungere il continente via mare costa – rispetto al trasporto via terra – oltre 660 milioni di euro ogni anno per il trasporto passeggeri e merci, compreso del disagio rappresentato dai tempi d’attesa e dai cambiamenti nella frequenza del servizio». Questo solo dato offre la misura della disparità di opportunità tra i cittadini e le imprese sarde rispetto al resto d’Italia e dell’Europa. Ecco perché è arrivato il tempo di un nuovo racconto della Sardegna e sulla Sardegna per riscrivere lo Statuto Sardo con un rapporto dialettico con lo stato centrale e con l’Europa che ponga immediatamente le basi per un futuro che ci emancipi da uno stato di gregarietà ancora una volta stigmatizzato dall’essere ritornati nell’Obiettivo 1.

Immediatamente inizieranno due nuove sfide: verso l’Europa e per la riscrittura della Statuto Sardo.

A 70 anni dal Congresso dell’Aia, premessa per attuare il Manifesto di Ventotene e fondare uno stato federale europeo, e a 60 dal Trattato di Roma che fece dell’Unione europea una praticabile traiettoria, oggi ci interroghiamo se il sogno di Ernesto Rossi e di Altiero Spinelli sia stato una chimera o non invece una pratica che quotidianamente riconosca pari diritti, pari doveri e pari opportunità per tutti i cittadini a qualsiasi nazione, religione, sesso appartengano.  

Nei giorni in cui ricordiamo i martiri di Marcinelle che furono sacrificati ad una visione in cui i diritti civili e sociali erano di là a venire e l’integrazione non era una condivisione di valori ma sottostare a quelli del più forte economicamente, il Comitato dell’insularità in Costituzione interpella le istituzioni sarde, nazionali, europee per verificare se le condizioni ostative per avere pari opportunità anche nelle situazioni geografiche insulari, ivi compresa la Sardegna, siano state superate. 

I padri fondatori ben sapevano quanto le situazioni di partenza erano disomogenee. D’altronde erano state le ragioni dei continui conflitti che per oltre mille anni hanno insanguinato l’Europa e lasciato sul campo milioni di persone. La pace che, per la prima volta nella storia, da oltre 70 anni godiamo in tutti i paesi europei, deve essere riconosciuta come un valore fondante e non surrogabile. Con essa deve diventare effettivamente fondante il riconoscimento di pari responsabilità ma anche di pari benefici in qualsiasi parte dei paesi membri capiti di nascere; superando definitivamente le discriminazioni che permangono e che riguardano tuttora anche la Sardegna.

«È necessario inserire il principio di insularità nella costituzione per poter rendere effettivi i diritti riconosciuti dal trattato di funzionamento dell’Unione europea per le Isole – ha detto Stefano Maullu, europarlamentare di Forza Italia -. Non solo proseguiremo la raccolta delle firme, ma chiederò al vice presidente del Consiglio, on. Matteo Salvini, di firmare la proposta di legge, alla luce delle sue odierne sollecitazioni sul cattivo uso della nostra autonomia e nell’ambito di una leale collaborazione.»

«Oggi consegniamo simbolicamente 1.000 firme raccolte in Lombardia. Nelle prossime settimane – ha concluso Stefano Maullu – proseguiremo la raccolta con due iniziative importanti a Torino e Milano.»

Alla conferenza stampa, tenutasi ad Olbia questa mattina, sono intervenuti Roberto Frongia, presidente del Comitato; Stefano Maullu, europarlamentare di Forza Italia; Maria Antonietta Mongiu, presidente del FAI Sardegna; Michele Cossa, consigliere regionale dei Riformatori sardi; Giovanni Pileri; Francesco Lai, sindaco di Loiri; Andrea Nieddu, sindaco di Berchidda; Antonio Satta, sindaco di Padru; Alessandro Sini consigliere comunale di Oschiri; Anna Paola Isoni consigliere comunale di Tempio Pausania; Matteo Sanna, ex consigliere regionale.

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«Matteo Salvini, vice presidente del Consiglio, in nome di una stretta alleanza con il Partito sardo d’azione, viene a dirci che farà ripartire la Sardegna, ma dove e come? Non sono sufficienti due dichiarazioni messe in fila per imbrogliare i sardi, servono fatti concreti, serve coerenza tra quello che si dice è quello che si fa. Il leader di un partito che ha difeso da sempre i soli interessi del Nord, che ha da sempre messo in discussione le regioni autonome oggi non può venirci a dire che si occuperà di noi e che ci vuole bene.»

Lo scrive, in una nota, Franco Sabatini, consigliere regionale del Partito democratico, presidente della commissione Programmazione, bilancio e politiche europee.

«Matteo Salvini, ormai da mesi vice premier, deve spiegare alcune decisioni del governo Lega-5stelle, e le mancate prese di posizione su molti temi – aggiunge Franco Sabatini -.

Mettiamole in fila.

1) METANO

Il piano per la metanizzazione in Sardegna non può essere messo in discussione a meno che non ci siano altri interessi occulti da tutelare. E’ una infrastruttura fondamentale per rilanciare l’industria e il manifatturiero e per abbassare i costi energetici a carico delle famiglie sarde.

Oggi il progetto viene messo in discussione dal governo rallentando di fatto un’opera strategica che i sardi aspettano da decenni.

2) PIANO PER LE PERIFERIE

Il Governo ha deciso di cancellare 130 milioni di investimenti nell’isola, proprio nel momento in cui ripartono gli investimenti attivati dalle Regione con 494 bandi pubblici per un totale 378milioni di lavori. Lo Stato invece cancella i fondi per le periferie, risorse attese dai comuni di Nuoro, Sassari, Carbonia e Tempio per la riqualificazione dei quartieri più a rischio.  Inaccettabili le giustificazioni addotte: di fronte a sentenze avverse della Consulta non si rimedia cancellando finanziamenti per la Sardegna.

3) CONTINUITA’ TERRITORIALE.

Su Air Italy il ministro Salvini dovrebbe spiegarci come la pensa il governo. La sua sede deve stare ad Olbia o a Milano Malpensa?

4) RAPPORTO STATO-REGIONE

Il governo di cui Salvini è vicepresidente pensa bene di impugnare la legge sul reclutamento del personale continuando nella linea di azzerare ogni principio autonomistico della Sardegna e bloccando le nuove assunzioni.

Sul tema lavoro è di qualche giorno fa la decisione del governo Lega – 5 stelle di bocciare gli ammortizzatori sociali per gli operai di Ottana. Qualche solerte amico dei leghisti e dei 5stelle cerca di giustificarli dicendo che ci vuole un piano di rilancio organico: belle parole, ma intanto chi ha perso il lavoro cosa fa? Aspetta il piano di Di Maio?

5) VERTENZA ARAS

Siamo in attesa oramai da tre mesi di una risposta sulla possibilità di trasferire il personale Aras a LAORE. Anziché cincischiare con mille scuse convochino un tavolo risolutore e mettano fine ad inutili perdite di tempo.»

«Insomma, non servono parole e dichiarazioni. Servono fatti che al momento non si vedono. Le decisioni assunte dal Governo vanno contro i nostri interessi. È sui temi veri che si dimostra quello che effettivamente si vuol fare per la Sardegna. Credo che un leghista, e penso di non mancare di rispetto a nessuno con queste parole, abbia poco da dire e da raccontare sulla Sardegna e sui sardi. Tutti noi dovremmo prendere posizione in difesa degli interessi della Regione sarda. La storia dimostra – conclude Franco Sabatini – che non ci sono governi amici, solo una presa di coscienza collettiva potrà fare da argine a chi continua a mettere in discussione i diritti e a ferire la dignità del popolo sardo.» 

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Il governatore Francesco Pigliaru ha chiesto un incontro al ministro dell’Interno Matteo Salvini sulla criticità degli sbarchi diretti dall’Algeria in Sardegna. Si tratta della prosecuzione di un’interlocuzione già aperta con il precedente ministro, Marco Minniti, con la richiesta di rendere operative politiche mirate alla chiusura del canale diretto. Il presidente della Regione, che segnala l’aggravarsi del fenomeno nella stagione estiva, sottolinea come tali arrivi non controllati rendano «ancora più gravosa e complessa la gestione dei flussi migratori non programmati in Sardegna, in quanto impattano pesantemente sul funzionamento di tutte le strutture deputate all’accoglienza che, a causa della scarsità di mezzi e personale, sono già fortemente impegnati in tali attività». Nella nota vengono poi riportati i numeri relativi agli sbarchi diretti.
«Si tratta di un movimento che, così come già avvenuto nel 2017, anche per il 2018 dimostra di avere dimensioni importanti – scrive Francesco Pigliaru al ministro Matteo Salvini -. Quest’anno sono già oltre 500 le persone arrivate direttamente in Sardegna dall’Algeria (non tutte di nazionalità algerina), un trend che sembra confermare l’elevato numero di arrivi che si era già registrato lo scorso anno, quando era giunto in Sardegna il numero più alto di sempre, ben 1936 (a fronte dei 1106 giunti nel 2016, dei 159 sbarcati direttamente sull’isola nel 2014 e dei 291 del 2015).»
Le dimensioni del fenomeno rendono evidente come debba «essere bloccato nel più breve tempo possibile anche per la concreta possibilità che la rotta Algeria-Sulcis, priva di un adeguato controllo, possa divenire ben presto ulteriore via di fuga verso l’Europa, rendendo la governabilità del fenomeno migratorio ancor più difficile. Come da noi sempre sottolineato – prosegue il presidente Francesco Pigliaru -, riteniamo che tale obiettivo possa essere effettivamente raggiunto solo con un forte e costante raccordo con le autorità algerine che, possibilmente, consenta di pervenire alla stipula di un Accordo Italia-Algeria per la gestione concertata del fenomeno migratorio. Su quest’ultimo aspetto, vorrei ancora una volta confermare la piena disponibilità della Regione Sardegna a supportare le eventuali azioni diplomatiche che dovessero essere avviate, attraverso la creazione e valorizzazioni di partenariati territoriali specie con la regione di Annaba – conclude Francesco Pigliaru – da cui provengono la maggior parte degli sbarchi che interessano le nostre coste.»

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I deputati della Lega Guido De Martini ed Eugenio Zoffili hanno presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per fermare un raduno contro agenti di Polizia.

«Aberranti locandine “contro gli sbirri” che pubblicizzano serata antifascista e solidarizzano con Ghespe, Paska e Giovanni, accusati di tentato omicidio per l’attacco alla libreria vicina alle posizioni del movimento di Casapound – sostengono Guido De Martini ed Eugenio Zoffili -. Quella notte rimase ferito gravemente l’artificiere Mario Vece, in forza alla Polizia di Stato, mutilato mentre disinnescava un ordigno posto davanti alla libreria. Un ignobile gesto che non può essere incensato e difeso.»

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La Fiba Sardegna, presente ieri all’incontro svoltosi a Roma presso l’aula parlamentare dei capigruppo della Camera con lex commissario europeo Frits Bolkestein, esprime grande soddisfazione per le dichiarazioni del padre della direttiva Servizi Bolkestein «Spiagge sono beni e non servizi. Ldirettiva non va applicata a balneari».

È stata accolta con l’ovazione di tutte le imprese balneari, che da anni vivono con l’incubo della direttiva Bolkestein, vista come una tagliola, la notizia data dal padre della direttiva in persona.

Lo stesso ha, infatti, dichiarato che le concessioni balneari non sono servizi ma beni, e che pertanto la direttiva sulla libera circolazione dei servizi non va applicata alle concessioni delle spiagge.

La buona notizia è stata data nel corso del convegno “L’EURO, L’EUROPA E LA BOLKESTEIN SPIEGATI DA FRITS BOLKESTEIN”, organizzata oggi alla Camera dei deputati.

All’evento, moderato da Vittorio Macioce, caporedattore de Il Giornale”, hanno parteciperanno i rappresentanti di tutti gli schieramenti politici tra i quali: Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Maria Stella Gelmini, Gian Marco Centinaio, Maurizio Gasparri, Carlo Fidanza, Deborah Bergamini,  Massimo Mallegni, Giorgio Mulé, Vittorio Sgarbi, Riccardo Zucconi, Sandra Lonardo, Edoardo Rixi, Roberto BagnascoRoberto Cassinelli, Lorenzo Viviani, Gianni Alemanno, Paolo Ripamonti,  Stefania Pucciarelli, Sara Foscolo, Manuela Gagliardi, Franco Vazio, Sergio Battelli, Gregorio De Falco, Luciano Monticelli, Marco Scajola, Angelo Vaccarezza, Ugo Capellacci e tanti altri politici.

Ora spetterà al nuovo governo recepire queste indicazioni con un atto normativo che tuteli le 30.000 imprese balneari italiane davanti a un’Europa non più matrigna come molti hanno creduto o voluto far credere.

«Ci si auspica che anche il governo regionale della Sardegna prenda atto di queste autorevoli dichiarazioni», commenta Gianluigi Molinari, coordinatore regionale Fiba Confesercenti

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Mancano poche ore alla scadenza dei termini per la presentazione delle liste e dei candidati nei collegi plurinominali e uninominali di Camera e Senato e un po’ tutti i partiti sono ancora alle prese con gli ultimi dubbi sulle scelte da fare in vista delle elezioni Politiche del 4 marzo prossimo. Solo CasaPound ha ufficializzato le proprie liste ieri (domani pubblicheremo tute le liste). A fronte di tanti dubbi, ci sono già tante certezze, quelle che riguardano i nomi dei deputati e dei senatori uscenti che non saranno ricandidati.

Il Sulcis Iglesiente nella legislatura appena conclusa aveva tre deputati: Francesco Sanna ed Emanuele Cani del Partito democratico, Mauro Pili del gruppo misto (eletto cinque anni fa per la seconda legislatura consecutiva nel collegio circoscrizionale della provincia di Carbonia Iglesias con Il Popolo della Libertà). Dei tre, Francesco Sanna è l’unico che verrà ricandidato, al secondo posto, dietro un’altra uscente, Romina Mura, nel collegio plurinominale Sardegna 1 (Cagliari – Oristano) della Camera dei deputati. Il Partito democratico non ricandiderà Emanuele Cani (cinque anni fa eletto come capolista) e non sarà della partita Mauro Pili. L’ex presidente della Regione nel corso della legislatura ha lasciato il gruppo del Popolo della Libertà (ritornato Forza Italia) ed ha guidato il suo movimento civico Unidos, schierandosi nel gruppo misto. Nei giorni scorsi era emersa l’ipotesi di una sua candidatura nelle liste della Lega di Matteo Salvini, che in Sardegna ha stretto un’alleanza con il Partito Sardo d’Azione, ma ieri sera è stato il diretto interessato a mettere a tacere tutte le voci e a porre fine ufficialmente alla sua esperienza da parlamentare, con un lungo post pubblicato nel blog unidos.io e nei suoi profili facebook, che pubblichiamo integralmente.

Cercherò di dirvi ciò che devo con la semplicità e la sincerità che vi sono dovute.

Queste parole le rivolgo a Voi, amiche e amici, a Voi che avete sopportato con me momenti difficili e gioito per quelli più entusiasmanti.

Tante gioie e infinite amarezze, sempre affrontate, però, con il rigore di chi si è battuto a testa alta e schiena dritta per una giusta causa.

Siamo stati per questo contrastati e combattuti, mai amati dai poteri forti, ostacolati dalla partitocrazia dei potenti, perseguiti da invidie e gelosie da bassa lega.

Abbiamo resistito e non ci siamo fermati. Abbiamo conosciuto il dolore dei tradimenti, di coloro che ci hanno colpito alle spalle, per un tozzo di potere o una manciata di denari.
Incuranti siamo andati avanti, anche quando la voce sibillina esortava a lasciar perdere.

A Voi che quotidianamente mi avete esortato a non fermarmi, vorrei dirvi, però, con lealtà: lascio Roma, ma non lascio la mia terra, non abbandono il mio e il nostro sogno di libertà per il Popolo Sardo. Ritorno per strada, per costruire se ne avrò la forza e il sostegno il riscatto della nostra terra.
A chi mi ha esortato a resistere, a riproporre la mia candidatura alle elezioni politiche, sento il dovere di rivolgere un pensiero di gratitudine per la sincera stima che mi avete voluto riservare.

Con altrettanta fraterna amicizia, però, vorrei ricordare ad ognuno che per me la politica non è mai stata compravendita, non è mai stata appartenenza ideologica, non è mai stata carrierismo e mai sarà sottomissione ai potenti o ai potentati di turno. Prima di tutto è stata ed è dignità politica e umana, onestà intellettuale, rigore morale e coerenza!

Ho iniziato la mia esperienza politica a 22 anni con la mia lista civica, contro i potenti di allora, nella profonda e sincera terra dei miei amici minatori. Sapevo sin da allora quanto sarebbe stato ardito abbattere il muro della partitocrazia e del potere costituito. La storia ha detto altro. Della mia città ne sono diventato Sindaco a 26 anni quando nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato, contro destra e sinistra. Non per merito mio, certo, ma del coraggio di cambiamento di quella mia comunità. Cercai di ricambiare quella immeritata fiducia, ma non ci riuscii come avrei voluto. I miei concittadini mi riconfermarono a gran voce, anche allora immeritatamente. Premiarono il mio metterci il cuore, la passione in quel che facevo.

Tanto di più avrei voluto e dovuto fare.

Le vicende della vita e le battaglie civiche mi catapultarono a 32 anni alla Presidenza della Regione. Mi tremavano le vene dei polsi. Accettai l’ardita proposta, sotto la spinta di uno slancio giovanile irruento e incosciente.

In pubblica piazza rivolgendomi ad una distesa infinita di cittadini, però, dissi: non chiedetemi di essere un Presidente di destra o di sinistra, chiedetemi di essere il Presidente di tutti i Sardi.

Fu record assoluto di preferenze. Tante speranze e tante aspettative. Che andarono subito deluse. I carnefici erano dentro casa, potentati e faccendieri, preferirono fermare sul nascere quel sogno di cambiamento.

Resistetti, anche allora.

Dopo due anni di abusivo governo il Consiglio Regionale ripristinò la legalità democratica riassegnandomi la Presidenza della Regione. Fu un calvario, ma rivendico quell’esperienza come una delle mie più entusiasmanti e incisive azioni di governo. In quei 20 mesi feci carte false per rimettere in moto la mia terra. Ci fu in lungo e in largo un pullulare di cantieri, di opere, le campagne ripresero ad avere l’acqua grazie ad opere ciclopiche realizzate lavorando per la prima volta giorno e notte, l’agricoltura ripartì, il turismo segno l’inversione di marcia con l’arrivo dei low cost e della continuità territoriale, l’occupazione in due anni balzò di 6 punti in percentuale e il Pil della regione doppiò quello della crescita italiana. Da Regione ultima nella spesa europea balzammo al primo posto, partì la svolta innovativa dell’Egoverment. Le industrie ebbero energia a basso costo, si fecero le prime grandi azioni di bonifica ambientale.
Un anno prima del voto i franchi tiratori e gli ascari di palazzo fecero il resto.

Quell’esperienza fu segnata in modo indelebile da una legge elettorale che non prevedeva l’elezione diretta del Presidente ma solo un’indicazione degli elettori. Ai potentati poco interessava che i sardi mi avessero tributato il più alto numero di preferenze della storia!

Arrivò il Parlamento, nel 2006!

Lo dissi a chiare lettere: vado a rappresentare la Sardegna. Furono migliaia i miei voti contrari alle indicazioni di partito, in difesa della mia terra. Attaccai frontalmente ministri e discepoli del potere trasversale. Feci saltare operazioni, conquistai norme essenziali per il futuro dell’isola.

Toccavo con mano l’ostilità nei miei confronti e delle mie battaglie. Gli ascari agivano nel silenzio. Ne ho respinto gli assalti, reiteratamente. Le energie, già poche per difendere la Sardegna, però, si dilapidavano respingendo gli agguati di palazzo.

Non vi era più molto tempo da perdere.

Per me sarebbe stato facile continuare ad essere capolista e rieletto per altri vent’anni. Troppo comodo e da ignavi. Ho alzato l’asticella, non promesse, ma decisioni!

Ho esortato ad alta voce e in pubblica piazza: vi do sei mesi per approvare il decreto per il riequilibrio insulare e revocare la convenzione con la Tirrenia. Dopo sei me ne vado per combattervi a viso aperto!

Lasciai, con amarezza! Ma senza rassegnazione.

Ecco, da allora ad oggi sono passati 4 anni. Ne ho patito di ogni colore, in silenzio, dinanzi a chi vedeva dietro quella mia decisione un interesse nascosto! Beata stoltezza. Ho ignorato con sommesso sforzo coloro che con la grazia da elefantiaci lepidotteri gettavano discredito e dubbi sulla mia e nostra azione politica. Del resto ognuno nella sua vita sceglie il terreno che meglio gli si addice.

Ho combattuto in parlamento a viso aperto. Da solo! Senza un bicchiere d’acqua di conforto. Ho patito l’isolamento politico e umano, che ho sopportato e superato solo per la convinzione della causa della mia terra.

Di certo anche un infante avrebbe compreso che quelle battaglie non erano certo il dispiegamento di un tappeto rosso per la carriera!

Di quelle battaglie, ne ero e ne sono tuttora orgogliosamente convinto!

Dunque, non mi associo alle voci stridenti di coloro che si sentono rinnegati da Roma per chi sa quale causa! Del resto non avendo mai percepito parole di difesa per la Sardegna da parte di taluni escludo siano stati esclusi a causa di un improbabile patriottismo Sardo!

La differenza è sostanziale: io ho scelto di non esserci. L’ho scelto anni fa quando avevo tutto, quando avevo candidatura e carriera assicurata! Ho scelto di battermi per la mia terra senza secondi fini. Che piaccia o non piaccia ai miei vetusti o novelli detrattori!

Ho ascoltato con parsimonioso sorriso le perorazioni mercantili di chi offriva posti certi e candidature sicure. Ho sommessamente fatto notare ai tanti interlocutori che la Sardegna non è merce di scambio. Ho con cortesia spiegato che la Sardegna non è Italia.

Una terra violentata in lungo e in largo dallo Stato che la ripaga con mercimonio da quattro soldi, con una legge elettorale che ha cancellato le identità regionali già condizionate nel passato.

Del resto la colpa, però, è anche di chi confonde il voto con il tifo.

Queste sottospecie di leader che si susseguono in Sardegna sanno già che i sardi voteranno a prescindere da ciò che faranno, o molto più probabilmente non faranno, per la nostra terra.

Ci sono sardi che votano per tifo, una volta a destra, una volta a sinistra, una volta le stelle una volta la padania.
In molti si innamorano di pseudo leader! Di slogan plasmati ad hoc per il plasmare popolo!

Peccato che nessuno di questi, nessuno, abbia a cuore le sorti della Sardegna! Sono colonizzatori sottovuoto spinto che sbarcano in terra sarda a sbancare voti per poi usarli contro di noi.

Della Sardegna non sanno niente. Giungono nella nostra isola con la logica della toccatina al cesso. Quattro parole, quattro pacche e tutti contenti. Compresi quei quattro mercenari lasciati in libertà dalla buoncostume che si vendono al miglior offerente!

Povera terra nostra senza la coscienza di un Popolo che sa reagire.

Ed è inutile pensare che i candidati anagraficamente sardi faranno la differenza. Il servilismo sarà la regola, andranno a Roma a scaldare una poltrona, riposare le corde vocali, per non disturbare il padrone!

Sono elezioni contro la Sardegna! Contro le identità, contro la libertà del Popolo sardo.

Candidarsi per alcuni è mera retorica, esibizionismo da infantile carrierismo, compresi coloro che perseguono fantomatiche ammucchiate elettorali, promosse da taluni personaggi che hanno maldestramente insultato, offeso e osteggiato la nostra libera battaglia per la Sardegna!

Bene fanno i pastori della nostra terra a rigettare le schede! Si preparano alla guerra, per difendere i pascoli, il latte, il formaggio, la terra arsa dalla siccità!

Io personalmente sto con chi combatte! Sono con chi reagisce, con coloro che non si fanno condizionare dal mero tifo ideologico! Con chi non porta il cervello all’ammasso!

La nostra sfida deve essere alta. Serve un grande piano di resistenza del Popolo Sardo! Tanto chiunque vinca dovremo difenderci, con un piano d’attacco, economico, sociale e culturale!

Preferisco continuare a perseguire, come ho sempre fatto nella mia vita, ciò che appare impossibile, piuttosto che accettare la rassegnazione di un popolo destinato a restare sottomesso alle logiche di uno Stato vigliacco!

Torno per strada, dunque. Per reagire al servilismo, per contrastare il silenzio. Per continuare a costruire la via Sarda allo sviluppo.

Per questo motivo non partecipo a queste elezioni contro la Sardegna, ma sarò in piazza, in ogni piazza, della nostra terra per la più grande azione giudiziaria collettiva contro i poteri forti mai messa in campo nell’isola e non solo.

La class action contro Abbanoa sarà un’azione straordinaria che restituirà ai Sardi il coraggio di difendersi, di ribellarsi e di costruirsi da soli il proprio futuro. Del resto l’acqua è il primo elemento della vita. E da qui ripartiamo, per la libertà del Popolo Sardo.

Il nostro futuro non è nelle mani di un parlamentare che lascia, ma nella coscienza di un Popolo.

Io resto con voi, ma vorrei che ognuno di voi restasse con la Sardegna!

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I leader dei gruppi politici del Parlamento hanno reagito oggi al Consiglio europeo della settimana scorsa, delineando le loro priorità in vista della Dichiarazione di Roma del 25 marzo sul futuro dell’UE. La maggioranza dei deputati ha sottolineato la necessità che gli Stati membri diano la possibilità all’UE di affrontare i bisogni immediati dei cittadini.

 Aprendo il dibattito, il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha detto: «Non possiamo limitarci a una cerimonia formale per ricordare quelli che sono stati i migliori 60 anni nella storia dell’Europa libera. L’anniversario della firma dei Trattati di Roma deve essere, prima di tutto, l’occasione per riavvicinare l’Europa ai cittadini. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno dell’unità europea. L’Ue va cambiata, non indebolita». 

Sul futuro dell’Europa, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha dichiarato che «se si vuole andare veloci si va da soli, mentre se si vuole andare lontano si va insieme». Ha quindi promesso di impegnarsi nei colloqui Brexit per l’unità politica tra i 27, assicurando nel contempo che Regno Unito e Unione europea rimangono “amici intimi”«Le porte saranno sempre aperte per i nostri amici britannici», ha aggiunto. Rifiuterà però «affermazioni, presentate come minacce, che nessun accordo rappresenterebbe un male per l’Unione europea: sarebbe un male per entrambi». Parlando in olandese, Tusk ha espresso solidarietà ai Paesi Bassi, un «luogo di libertà e democrazia».

Il presidente della commissione Jean-Claude Juncker ha messo in guardia contro il ridurre il dibattito sul futuro dell’Europa a uno scenario «a due velocità»: «Io non voglio una nuova ‘cortina di ferro’ in Europa». Juncker ha quindi ricordato gli attacchi turchi all’Olanda, dicendo che sono “totalmente inaccettabili” e che i responsabili di tali attacchi stanno allontanando la Turchia dall’UE. Ha anche osservato che la nuova politica commerciale degli Stati Uniti ha aumentato le aspettative dell’UE di diventare il nuovo leader mondiale del libero commercio multilaterale, ma ha sottolineato che tutti i negoziati di libero scambio devono includere le parti sociali e la società civile.

Se non riduciamo la disoccupazione e lasciamo soli i paesi UE che sono in prima linea con la crisi migratoria, se cederemo ai nazionalismi e lasceremo indietro i più deboli, «non avremo la fiducia dei cittadini verso l’Unione europea», ha detto il primo ministro italiano Paolo Gentiloni. Sul dibattito su un’Europa a due velocità, ha detto: «Dico no a due Europe, piccola e grande, est e ovest, ma sì a una dove ognuno può avere il proprio livello di ambizione e tutti possono scegliere se partecipare a forme di cooperazione rafforzata, ora o dopo, e tutti sono coinvolti nel progetto comune». 

«Oggi la parola magica è: la velocità. Ma l’Europa a più velocità è un metodo, non è strategia. Il problema dell’Europa non è la velocità, ma la direzione di marcia, l’approdo. Abbiamo bisogno di una nuova direzione», ha detto il leader del gruppo S&D Gianni Pittella (IT). Vogliamo «un’Europa con un forte pilastro sociale e una strategia di investimenti» per creare lavoro, da finanziare con una lotta più dura all’evasione fiscale, ha proposto il capogruppo.

«La nave sta affondando e noi dovremmo chiederci come mai», ha dichiarato Raffaele Fitto (ECR, IT), chiedendo un cambiamento delle politiche. A suo parere, l’UE è diventata troppo centralizzata e distante dai cittadini. L’ECR vuole una rinegoziazione dei trattati e rifiuta ogni ulteriore cessione di sovranità nazionale, ha concluso. 

«Esiste già un’Europa a due velocità» ha dichiarato Rosa D’Amato (EFDD, IT), aggiungendo che «esiste l’Europa delle banche, delle grandi multinazionali e delle lobby, e poi l’Europa dei cittadini che hanno perso il loro lavoro e non hanno diritti».

Matteo Salvini (ENF, IT) ha chiesto di porre fine ai finanziamenti UE verso la Turchia nonché alla procedura d’adesione all’Unione: «Non sarebbero mai dovuti iniziare». Ha inoltre incolpato i leader europei di «aver rovinato il sogno europeo”.