20 November, 2024
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Un appello di 11 Regioni e 2 Province Autonome al presidente del Consiglio Conte: alcune Regioni, tra cui la Sardegna, possono riavviare le attività produttive e allentare i vincoli dell’isolamento sociale in totale sicurezza.
«Abbiamo scritto al presidente del Consiglio comunica il presidente Christian Solinas -, come Governatori della maggioranza delle Regioni italiane e delle Province autonome e alla luce dell’incontro odierno col Governo per chiarire, con spirito di collaborazione, la nostra posizione sulla fase 2. Nelle richieste avanzate, è possibile ritrovare i punti fondamentali per la ripartenza già illustrati nei giorni scorsi, che hanno trovato ampia condivisione tra tutti i colleghi, nel segno del rispetto delle Autonomie e delle peculiarità territoriali, e dell’esigenza di diversificare le misure in atto.»
«Anche in Sardegnaribadisce il presidente Christian Solinas -, alla luce dei dati è possibile avviare finalmente una ripresa ordinata, prudente ma più rapida, del nostro sistema economico e produttivo, e consentire un graduale ritorno a quella nuova normalità della vita sociale tanto attesa da tutti.»

Il testo integrale della lettera-appello.

Al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte

Al ministro degli Affari regionali Francesco Boccia

e p.c. Al presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Al presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati

Al presidente della Camera dei deputati Roberto Fico

Proposte al Governo per la Fase 2: più competenze alle Regioni

La Fase 1 dell’emergenza Covid-19 ha visto un accentramento dei poteri normativi in capo al Governo, secondo lo schema decreto-legge + DPCM attuativi che ha posto problemi di compatibilità con la Costituzione, sia con riferimento al coinvolgimento parlamentare, sia con riferimento al rispetto delle competenze regionali. Tale accentramento è stato comunque responsabilmente accettato dalle Regioni a causa dell’assoluta emergenza e del principio di leale collaborazione tra livelli di governo, ma il protrarsi, anche nell’attuale fase di superamento della stretta emergenza, di risposte eccezionali, date rigidamente con atti del presidente del Consiglio dei Ministri sprovvisti di forza di legge, potrebbe portare alla luce criticità anche notevoli circa la tenuta di un impianto giuridico basato su atti amministrativi che, in quanto tali, sono sì successivamente sindacabili innanzi al giudice amministrativo e, per ciò che concerne le Regioni, anche presso la Corte Costituzionale, ma che sfuggono al controllo preventivo da parte del potere pubblico e costituzionale. Ad ogni modo adesso inizia la Fase 2. È una fase nuova, che si giustifica per una progressiva diminuzione dell’emergenza. Per questo motivo, è essenziale che si ritorni progressivamente ad un più pieno rispetto dell’assetto costituzionale e del riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni, sempre in applicazione dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione. È necessario giungere progressivamente ad una “normalizzazione dell’emergenza”, che consenta un ritorno agli equilibri democratici previsti dalla Costituzione. E che porti, da un lato, a svolgere quanto prima le elezioni nelle Regioni a fine consiliatura e, dall’altro, a riconsegnare alle Regioni le competenze provvisoriamente avocate al livello centrale. Ogni territorio, infatti, ha le proprie specificità, sia da un punto di vista strutturale, sia da un punto di vista epidemiologico. Essendoci, dunque, situazioni di oggettiva disomogeneità di condizioni sul territorio nazionale, è necessario che si possano dare regolamentazioni differenziate. Si deve perciò passare dalla logica dell’uniformità alla logica dell’uguaglianza. Diversamente, trattando in modo uniforme situazioni diverse, si giungerebbe al paradosso di aumentare le disuguaglianze, con una lesione della logica dei livelli essenziali da garantire su tutto il territorio (art. 117, c. 2, lett. m, Cost.), del principio di valorizzazione delle autonomie (art. 5 Cost.) e, soprattutto, del principio di uguaglianza sostanziale tra i cittadini italiani (art. 3, c. 2, Cost.). Come ha recentemente detto il presidente della Corte costituzionale non si può affermare che esista un diritto speciale per i tempi eccezionali, quali quelli che stiamo vivendo. È dunque necessario mettere a punto un sistema di collaborazione tra governo centrale e governi regionali maggiormente in linea con le prerogative costituzionali. Un ordinato sistema di regolazione dell’emergenza Covid-19 dovrebbe portare il livello di governo centrale ad adottare la cornice di riferimento, prevalentemente con atti normativi primari, sottoposti al controllo parlamentare. Tali atti potranno essere integrati da atti amministrativi (Dpcm) nello stretto limite di quanto previsto dalle competenze statali, o richiesto dal principio di sussidiarietà. Le prescrizioni concrete poste dal Governo centrale dovranno comunque lasciare uno spazio di regolazione alle Regioni, per adattare le previsioni alle specifiche condizioni dei territori. In entrambi i casi, lo spazio per la regolazione regionale dovrà essere sottoposto ad un rigoroso controllo da parte del Governo centrale, utilizzando parametri scientifici oggettivi riferiti ad ogni sistema sanitario regionale, come ad esempio la saturazione dei posti letto [in terapia intensiva / semi-intensiva] o l’indice R0, con scansioni temporali settimanali. Ciò premesso in generale, con riferimento in particolare al mondo produttivo (ma senza, per questo, ridimensionare in alcun modo gli enormi problemi presenti in altri settori quali, ad esempio, la scuola dell’infanzia e dell’istruzione) si osserva che con il protrarsi delle chiusure delle attività produttive e di quelle del terziario, come il commercio, il turismo, i servizi, i trasporti e le professioni, e con la prospettiva che questa situazione si prolunghi nel tempo, il quadro economico è destinato a peggiorare drasticamente e i consumi rischiano un crollo generalizzato. Pertanto, ci attendiamo che il Governo recepisca da subito le istanze delle diverse categorie produttive, in quanto prolungare il lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali e non fatturare, con l’effetto che molte imprese finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese. A questo punto è fondamentale realizzare un percorso rapido e chiaro, con decisioni condivise basate su una interlocuzione costante tra Pubblica Amministrazione, associazioni di categoria e sindacati che indichi le tappe per arrivare alla piena operatività. È chiaro che la salute è il primo e imprescindibile obiettivo, ma non può essere l’unico. Del resto il bene della vita ‘salute’ è caratterizzato da una molteplicità di profili: innanzitutto, fisico e psicologico ed è evidente che quest’ultimo è gravemente compromesso dalla perdita del lavoro e dai debiti Le Regioni condividono le fondate preoccupazioni delle categorie più volte espresse e quindi, pur essendo pienamente consapevoli che il virus non conosce confini geografici, sottolineano l’importanza di produrre il massimo sforzo per contemperare la doverosa tutela della salute con la salvaguardia del tessuto economico, non solo per limitare allo strettissimo indispensabile la compressione delle più importanti libertà fondamentali dei cittadini ma anche per evitare che la gravissima crisi economica in atto diventi irreversibile, con le catastrofiche conseguenze sociali correlate. Per fare ciò pare assolutamente necessario che l’attuale struttura del DPCM 26 aprile 2020, imperniato su regole previste rigidamente in funzione della sola tipologia di attività economica svolta e con la possibilità di adottare, nelle singole regioni, solamente misure più restrittive, venga riformata in quanto non dotata della necessaria flessibilità capace di riconoscere alle Regioni, laddove la situazione epidemiologica risulti migliorata e i modelli previsionali di contagio in sostenuta decrescita, la possibilità di applicare nei loro territori regole meno stringenti di quelle previste a livello nazionale, con una compressione delle libertà costituzionali strettamente proporzionata all’esigenza di tutela della salute collettiva. Si ritiene che un tanto sia conseguibile col riconoscimento alle singole Regioni della facoltà di calibrare le aperture delle varie attività produttive. È fondamentale, per quanto riguarda le attività produttive, industriali e commerciali, mutare radicalmente la prospettiva, superando la logica della disciplina in base all’enumerazione delle attività consentite in base, ad esempio, ai codici ATECO, per giungere alla possibilità di definire le aperture in base alla capacità effettiva di rispettare e far rispettare le misure di sanità pubblica atte a evitare il diffondersi del virus, da definire in modo chiaro sulla base dell’interlocuzione tra Pubblica Amministrazione, associazioni di categoria e sindacati e comunque non meno restrittive di quelle contenute nel DPCM 26 aprile 2020. In estrema sintesi, dunque, le Regioni propongono, in presenza di una data situazione epidemiologica riscontrabile oggettivamente e certificata dall’Autorità sanitaria delle singole Regioni e sottoposta ad uno scrupoloso controllo del Governo, di garantire la possibilità di poter riaprire la propria attività a tutti coloro che rispettino le misure già previste dal DPCM del 26 aprile 2020 e dai protocolli di sicurezza aziendali.

Con spirito di collaborazione, Regione Abruzzo – Presidente Marco Marsilio Regione Basilicata – Presidente Vito Bardi Regione Calabria – Presidente Jole Santelli Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – Presidente Massimiliano Fedriga Regione Liguria – Presidente Giovanni Toti Regione Lombardia – Presidente Attilio Fontana Regione Molise – Presidente Donato Toma Regione Piemonte – Presidente Alberto Cirio Regione Autonoma della Sardegna – Presidente Christian Solinas Regione Siciliana – Presidente Nello Musumeci Regione Umbria – Presidente Donatella Tesei Regione Veneto – Presidente Luca Zaia Provincia Autonoma di Trento – Presidente Maurizio Fugatti

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«Vogliamo riaffermare le ragioni dell’importanza della specialità delle Regioni e delle Province autonome e condividere una piattaforma comune nel confronto con lo Stato.»
Lo ha detto il presidente della Regione, Christian Solinas, durante l’incontro con i presidenti della Regione Sicilia, Nello Musumeci, della Regione Valle d’Aosta, Antonio Fosson, e della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, svoltosi questa mattina a Villa Devoto. 

I presidenti hanno sottoscritto un documento, che prossimamente verrà firmato anche da Massimiliano Fedriga (Regione Friuli Venezia Giulia) e Arno Kompatscher (Provincia di Bolzano), assenti per impegni istituzionali, nel quale si riafferma «l’attualità e le ragioni storiche, politiche, culturali, socio-economiche e geografiche che hanno portato al riconoscimento e continuano a legittimare pienamente la specialità della loro autonomia». È stato anche deciso di organizzare, dopo ben 13 anni (l’ultima fu ad Aosta nel 2006), la terza Conferenza delle Regioni a Statuto Speciale, che si svolgerà a Palermo nel mese di novembre. 

“Ci preoccupa un rigurgito di neocentralismo che rischia di prevaricare le prerogative delle autonomie – ha aggiunto il presidente Solinas – Un tentativo di perimetrare in maniera sempre più stretta le competenze primarie con l’obiettivo di omogenizzare le nostre realtà. Serve un impegno forte ed unitario per rivendicare il pieno riconoscimento dell’integrale autonomia organizzativa e statutaria di Regioni e Province autonome.»

«Nello specifico dei rapporti della Sardegna con lo Stato, è intendimento della Giunta regionale tutelare le ragioni ed i diritti dei Sardi in tutte le opportune sedi – ha concluso Christian Solinas -. Per noi, sarà decisivo che la contrattazione sia orientata, non solo verso Roma, ma anche con Bruxelles, perché l’Unione europea può fare molto per contribuire a colmare alcuni svantaggi strutturali dell’Isola.»

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Il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha risposto al presidente Francesco Pigliaru che, lo scorso 16 ottobre, aveva chiesto l’impegno del ministro della Salute nei confronti della Commissione europea in materia di peste suina africana.

DI seguito il testo della lettera del presidente della Regione.

Illustre Ministra,

innanzitutto desidero ringraziarLa per l’attenzione dimostrata fin dai primi giorni del suo insediamento rispetto alla problematica della peste suina africana (PSA) in Sardegna e per le azioni intraprese da Lei e dai suoi collaboratori nei confronti del Commissario Andriukaitis e dei servizi della Commissione europea in supporto di quanto messo in atto dalla Regione Sardegna e dalla Unità di Progetto per pervenire alla eradicazione della malattia.

Tali azioni sono continuate nel corso degli ultimi mesi, con una serie di capillari interventi di controllo lungo tutta la filiera suinicola ed in particolare nelle aziende zootecniche, nelle attività di ristorazione, nei porti e negli aeroporti, con esiti complessivamente favorevoli. Si è continuata anche la attività di regolarizzazione di aziende non registrate, attività comunque ormai terminata così come convenuto in sede di Unità di Progetto con il rappresentante del Ministero della Salute, Direttore generale Silvio Borrello.

La situazione epidemiologica in Sardegna rimane complessivamente favorevole, con la malattia confinata nelle aree della Barbagia e dell’Ogliastra, dove si sono verificati negli ultimi mesi alcuni sporadici focolai di malattia, peraltro eradicati rapidamente e con grande determinazione.

Le attività di depopolamento dei suini bradi – principale fonte di malattia – e di repressione della illegalità sono già riprese dopo un rallentamento nel periodo estivo in cui molte forze regionali essenziali per la lotta alla PSA sono state impegnate nella campagna antincendio. Anche nei cinghiali selvatici la situazione sembra evolvere nella direzione auspicata di un graduale esaurimento della malattia, evoluzione che sarà comunque accuratamente verificata nel corso della prossima stagione venatoria, alla quale ci si sta adeguatamente preparando.

Il Consiglio Regionale ha recentemente adottato la Legge Regionale 2 agosto 2018, n. 28 “Disposizioni per la valorizzazione della suinicoltura sarda”, dalla quale mi attendo un ulteriore impulso verso la professionalizzazione del settore e la eradicazione della PSA.

La Regione Sardegna, quindi, sta continuando con grande determinazione il grande sforzo profuso negli ultimi anni per arrivare al risultato da tutti auspicato, e i risultati confermano la qualità degli interventi fatti.

Tuttavia, non si sono ancora concretizzati da parte dei servizi della Commissione quelle azioni, ed in particolare la attuazione di una missione ispettiva in Sardegna, sulle quali lo stesso Commissario Andriukaitis aveva preso precisi impegni.

La condizioni che tuttora si applicano al commercio di suini e dei loro prodotti provenienti dalla Sardegna, in attuazione della Decisione di esecuzione della Commissione 709/2014/UE sono sempre più chiaramente sproporzionate al rischio PSA causato dalla migliorata situazione epidemiologica e di controllo della filiera suinicola.

Questa sproporzione ormai appare sempre più chiaramente discriminatoria nei confronti della Sardegna e dell’Italia, se la si paragona alle misure molto più blande che la Commissione applica nei confronti degli altri Stati Membri della UE in cui la PSA è presente e nei quali continua a diffondersi in modo estremamente preoccupante, come ad esempio dimostrato la scorsa estate in Romania, Polonia e Lituania, tutti paesi in cui si è verificato un numero di focolai di malattia molto più elevato rispetto alla Sardegna.

In tali circostanze, le chiedo un ulteriore impegno affinché entro il prossimo mese di novembre abbia luogo la missione ispettiva della Commissione in Sardegna, che non potrà che fotografare i progressi fatti e dai cui esiti mi attendo pertanto una rapida modifica della Decisione 709/2014/UE nella direzione richiesta.

Qualora, a fronte dei dati oggettivi di cui disponiamo, dovesse permanere un atteggiamento punitivo nei confronti della Sardegna e dell’Italia, non potremo rimanere inerti e, pertanto, Le chiedo, fin da ora, di assumere l’impegno di adire le vie legali nei confronti della Commissione stessa, che sta venendo meno ai principi sanciti nei Trattati dell’Unione Europea di proporzionalità e di pari trattamento tra Stati Membri.

Sono certo vorrà condividere le ragioni che animano questa mia richiesta e mi rendo disponibile a supportare, nelle forme che si riterranno più opportune, le azioni che intenderà assumere a tutela dei diritti della Sardegna.

Con stima

Francesco Pigliaru

Di seguito, la risposta del ministro della Salute Giulia Grillo.

Gentile presidente,

in relazione alla Sua nota del 16 ottobre u.s., desidero confermare ancora una volta il mio personale impegno, e quello dei miei Uffici, volto a sostenere gli sforzi che la Regione Sardegna sta compiendo nella lotta alla PSA, per superare le criticità, ancora irrisolte, nel settore suinicolo sardo e dell’industria di trasformazione ad esso collegata.

Al riguardo, nel condividere la posizione da Lei espressa, Le rappresento che più volte il mio Dicastero ha espresso con forza alla Commissione europea l’esigenza di un approccio scevro da pregiudizi e non discriminatorio nei confronti della Sardegna: invito che, lo scorso mese di settembre, è stato rivolto anche dal Sottosegretario, on.le Maurizio Fugatti, e dal Direttore generale, dott. Silvio Borrello, ai vertici della DG Sante e allo stesso Commissario Andriukaitis.

Desidero sottolineare, inoltre, che in occasione del Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura, tenutosi lo scorso 15 ottobre, il mio collega, on.le Centinaio, ha posto in evidenza che la Sardegna è tuttora penalizzata rispetto ad altri Paesi membri colpiti dall’emergenza PSA, come unica Regione in cui la malattia è considerata endemica, ai sensi della decisione di esecuzione della Commissione 2014/709/UE del 9 ottobre 2014.

Da ultimo, nel corso della riunione del 17 ottobre u.s. del Comitato Permanente – SCOPAFF, la delegazione italiana ha chiesto formalmente che sia prevista, a breve, una revisione dei criteri di regionalizzazione applicati alla Sardegna, sulla base di una valutazione del rischio aggiornata all’evoluzione della situazione epidemiologica.

A tal fine, la nostra Rappresentanza permanente a Bruxelles presso la Commissione, a margine della predetta riunione, ha altresì sollecitato i funzionari della DG Sante a fornire un riscontro alle richieste, più volte reiterate, affinché abbia luogo la visita ispettiva da parte dei servizi della Commissione in Sardegna, e vengano comunicati gli esiti della valutazione del Piano di eradicazione 2018/2019, inviato lo scorso luglio.

Ciò premesso, gentile Presidente, non va tuttavia trascurato che le attività di eradicazione della malattia devono proseguire nella giusta direzione già intrapresa; auspico, infatti, che partendo dagli ottimi risultati conseguiti, vengano intensificate, in particolare, le attività di controllo per le verifiche delle anagrafi suinicole e dell’applicazione delle misure di biosicurezza, nonché l’attività di vigilanza del territorio per l’eliminazione dei suini bradi.

Nell’assicurare la prosecuzione di un dialogo costruttivo con la Commissione europea, per sviluppare ogni iniziativa utile per contribuire alla revisione della decisione di esecuzione 2014/709/UE, Le invio i mie più cordiali saluti.

Giulia Grillo

«Esprimo soddisfazione per il sostegno all’azione della Regione Sardegna e per la disponibilità a collaborare manifestata dalla ministra Grillo». Così il presidente Francesco Pigliaru, che ha aggiunto: «Sappiamo di essere sulla strada giusta nell’eradicazione di una malattia che per troppi anni ha tenuto in ostaggio un comparto e un’intera Isola. Oggi abbiamo raggiunto risultati importanti che, in sinergia con le istituzioni nazionali e quindi europee, potrebbero permettere alla Sardegna di liberarsi da questo embargo così fortemente dannoso. Sconfiggere la PSA porterebbe a uno sviluppo nuovo dell’intero settore suinicolo, e per le zone interne potrebbe essere uno dei migliori antidoti allo spopolamento».