5 November, 2024
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Il nuovo allenatore del Carbonia Calcio è già in città, dove si tratterrà per almeno 5-6 giorni, per organizzare il lavoro, sia dal punto di vista tecnico, con il programma per la composizione dell’organico, sia dal punto di vista logistico.

Nato a Treviso il 24 ottobre 1961, trasferitosi a Roma giovanissimo, Marco Mariotti è stato un calciatore di buon livello. Dopo il settore giovanile, vissuto nel Lazio, ha militato in formazioni laziali, toscane ed emiliane, tra le altre Casalotti, Frosinone, Spal, Civitavecchia, Viareggio e Fondi. Ha intrapreso la carriera di allenatore nel 1995, all’età di 33 anni, allenando nel settore giovanile del Frosinone fino al 2001. L’esordio nei Dilettanti con Pisoniano e Ferentino tra Eccellenza e Serie D, fino all’approdo tra i professionisti, stagione 2007-2008, sulla panchina dell’Arezzo, in serie C, come secondo di Luciano De Paola (ex calciatore del Cagliari). E’ stato poi secondo di Elio Gustinetti e Maurizio Sarri tra Ascoli e Grosseto. La carriera di Marco Mariotti è proseguita ancora tra i professionisti, come secondo nello Spezia ed a Lecce, in terza divisione. Ha allenato l’Under 18 della Ternana (perdendo lo scudetto ai calci di rigore contro il Torino) e, a quel punto, ha iniziato l’esperienza da primo allenatore in pianta stabile, guidando per tre stagioni la Nuorese in serie D e conseguendo il patentino Uefa Pro. Ha vinto i play off con l’Albalonga in serie D ed è stato poi chiamato prima alla guida del Monterosi e poi alla Torres, sempre in serie D. Con la squadra sassarese ha chiuso la stagione, al momento dell’interruzione del campionato per la pandemia da Covid-19, al terzo posto, con 51 punti, dietro la Turris e l’Ostia Mare.

Questo pomeriggio, ho realizzato la prima intervista al nuovo allenatore del Carbonia Calcio, già al lavoro con il nuovo direttore sportivo, Andrea Colombino.

Giampaolo Cirronis

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Il Cagliari ha ritrovato se stesso alla Scala del calcio, al cospetto della vicecapolista Inter, raggiunta con un goal dell’ex Radja Nainggolan. E’ un punto pesante quello conquistato oggi dai rossoblu di Rolando Maran, frutto di un pareggio che conferma la reazione già in parte evidenziata al Rigamonti di Brescia, dopo il periodo nero coinciso con le quattro sconfitte consecutive. La prestazione va anche al di là del risultato, perché oggi il Cagliari si è fatto preferire all’Inter, soprattutto dopo aver subito il goal del temporaneo vantaggio nerazzurro firmato da Lautaro Martinez.

Un altro elemento positivo scaturito dalla partita di San Siro è rappresentato dal ritorno tra i pali di Alessio Cragno, all’esordio stagionale dopo la lunga assenza determinata dal grave infortunio rimediato in precampionato. E, inoltre, dal modo in cui la squadra ha reagito alle numerose assenze, soprattutto nel reparto difensivo che nelle ultime settimane aveva sofferto.

Il Cagliari sale a quota 31 punti, ora affiancato al ritrovato Milan e al Parma, al sesto posto.

Per l’Inter si tratta del terzo pareggio consecutivo per 1 a 1, il quinto nelle ultime sette giornate., il cui peso è stato rivalutato in serata alla sconfitta subita dalla Juventus a Napoli. E’ evidente che qualora la squadra di Maurizio Sarri avesse vinto al San Paolo, il divario sarebbe cresciuto a 6 punti e avrebbe iniziato ad assumere proporzioni preoccupanti, mentre ora, con le due squadre divise da tre punti e la Lazio, fermata sul pari nel derby dopo una lunga serie di 11 vittorie consecutive, potenzialmente tra loro, in quanto ora si trova 2 punti dietro l’Inter ma deve recuperare una partita con il lanciatissimo Verona, oggi vittorioso per 3 a 0 sul Lecce.

«Abbiamo mostrato grande personalità, il piglio di una squadra che sa quel che vuole e come ottenerlo – ha commentato a fine partita Rolando Maran -. Venire a Milano e tenere la supremazia del possesso palla e quasi pareggiare il numero di tiri in porta sono segnali importanti. Non ci siamo mai guardati alle spalle, abbiamo sempre tenuto lo sguardo avanti. Per quanto i ragazzi hanno corso, per la lucidità messa in campo e per la qualità delle giocate, è un risultato meritato. Avevamo lavorato per prepararla in questo modo, alcuni ragazzi, come Paolo Faragò, non avevano mai giocato in quel ruolo, mi hanno dato la disponibilità e si sono applicati con intensità. E’ stata una scelta appropriata per affrontare l’Inter. In fase di non possesso ci ha permesso di sporcare la manovra avversaria, di non dare ampiezza e avere la copertura necessaria per neutralizzare gli attaccanti dell’Inter; quando avevamo il pallone noi abbiamo mandato a vuoto la prima pressione. Interpretare la partita in fase esclusivamente difensiva avrebbe significato sconfitta sicura. Il campo ci ha dato ragione ma sottolineo che il risultato gratifica il lavoro svolto durante la settimana.»

«Una serie di situazioni non sono andate come volevamo, ma consideriamo che oggi abbiamo giocato la quinta di sei partite fuori casa, un calendario molto particolare – ha aggiunto Rolando Maran -. E poi le assenze: a Milano ne avevamo fuori sette, non voglio lamentarmi però è chiaro che quando ti alleni con 14-15 elementi la qualità del lavoro ne risente. Ieri nella rifinitura avevo visto che la squadra andava forte. Il secondo tempo contro l’Inter e la gara di Brescia avevano dato dei segnali, è stato un crescendo continuo e oggi abbiamo dimostrato di avere ritrovato la strada giusta. Siamo andati sotto, non abbiamo perso la testa, la squadra ha continuato a giocare in modo ordinato e sicuro. Credo che se diamo continuità ci mettiamo definitivamente alle spalle il momento difficile e siamo sicuri che una volta superate le difficoltà ci ritroviamo ad essere ancora più forti.»

«Radja Nainggolan è il nostro trascinatore, volevo effettuare il terzo cambio, gli ho chiesto come stava perché aveva dato tutto, lo vedevo in difficoltà. Spinge sempre al massimo, ha grande personalità. Oggi gli ho chiesto di fare l’interno, poi il centrale, ha messo la sua tecnica a disposizione della squadra – ha concluso Rolando Maran -. Radja vuole sempre vincere, sia in partita che in allenamento: la sua personalità per noi è un valore aggiunto.»

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Verrà ufficializzato nelle prossime ore il trasferimento del centrocampista offensivo Marko Pjaca dalla Juventus al Cagliari. 25 anni, croato, arrivato alla Juventus nell’estate 2016 dalla Dinamo Zagabria, con la maglia della Juventus Marko Pjaca non ha trovato spazio (14 presenze in due campionati), anche perché condizionato dai numerosi infortuni. Non sono state fortunate anche le brevi esperienze maturate nella passata stagione, inizialmente allo Schalke 04 nella Bundesliga (7 presenze, 2 goal), poi nella Fiorentina (19 presenze, 1 goal).

Marko Pjaca, nazionale croata, si è laureato vice-campione del mondo nel 2018. Arriva a Cagliari con la formula del prestito di 18 mesi e diritto di riscatto a favore del Cagliari per 12 milioni di euro. La Juventus concorrerà anche al pagamento della metà dell’ingaggio.

Con Marko Pjaca il Cagliari mette a segno un grande colpo. Se, come è emerso in questo avvio di stagione che lo ha visto sempre a disposizione di Maurizio Sarri, ha ritrovato la piena efficienza fisica, il nazionale croato ha qualità tecniche indiscutibili che promettono di accrescere il potenziale offensivo della squadra rossoblu, dando notevoli possibilità di scelta a Rolando Maran.

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Il Cagliari sfida i pluricampioni d’Italia della Juventus, all’Allianz Stadium di Torino, senza paura. La squadra di Maurizio Sarri scenderà in campo sicuramente con grandi motivazioni, sia per tenere il passo dell’Inter e magari approfittare di un suo possibile stop a Napoli, sia per riscattare la sconfitta subita nella Supercoppa con la straordinaria Lazio di Simone Inzaghi, la vera rivelazione di questo girone d’andata.

Il Cagliari non ha paura perché, nel corso del campionato, ha già dimostrato a più riprese di poter tenere testa a chiunque, vincendo prima a Napoli, poi a Bergamo, contro la super Atalanta di Gian Piero Gasperini.

Rolando Maran non può disporre di Luca Ceppitelli, Fabio Pisacane e Daniele Ragatzu, oltreché degli infortunati di lungo corso Alessio Cragno (ormai prossimo al rientro) e Leonardo Pavoletti. In porta rientra Robin Olsen, a centrocampo tornano a disposizione Nahitan Nandez e Lucas Castro.

Fischio d’inizio alle 15.00, dirige Piero Giacomelli di Trieste.

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«Per noi italiani il richiamo di casa è forte. Senti che manca qualcosa. È stato un anno pesante. Comincio a sentire il peso degli amici lontani, dei genitori anziani che vedo di rado. Ma alla mia età faccio solo scelte professionali. Non potrò allenare 20 anni. È l’anagrafe a dirlo (…) È roba faticosa, la panchina. Quando torno a casa in Toscana mi sento un estraneo. Negli ultimi anni ci avrò dormito trenta notti.»

Così Maurizio Sarri, nelle ore del giallo sul suo approdo alla Juventus, parla in esclusiva a Vanity Fair (che pubblica l’intervista nel numero in edicola da mercoledì 5 giugno) della sua voglia di tornare in Italia dopo l’anno passato nella panchina del Chelsea, che ha portato al trionfo in Europa League.

Maurizio Sarri, che è cresciuto in Toscana ma che ha origini napoletane, sulle pagine di Vanity Fair risponde alle polemiche dei tifosi del Napoli, che non vorrebbero vederlo andare a una squadra rivale dopo le tre stagioni alla guida negli azzurri, e indirettamente anche al presidente De Laurentiis, con cui un anno fa non si lasciò benissimo: «I napoletani conoscono l’amore che provo per loro, ho scelto l’estero l’anno scorso per non andare in una squadra italiana. La professione può portare ad altri percorsi, non cambierà il rapporto. Fedeltà è dare il 110% nel momento in cui ci sei. Che vuol dire essere fedele? E se un giorno la società ti manda via? Che fai: resti fedele a una moglie da cui hai divorziato? L’ultima bandiera è stata Totti, in futuro ne avremo zero». Quanto alla smania di cambiamento che sta spazzando via molte panchine del nostro campionato, Maurizio Sarri se la prende con «il concetto di vittoria a ogni costo. Un’estremizzazione che annebbia le menti dei tifosi e di alcuni dirigenti – cosa che mi preoccupa di più. È sport, non ha senso. Non si può essere scontenti di un secondo posto».

Del leggendario sarrismo, che la Treccani ha accolto tra i neologismi come concezione del calcio ma anche come atteggiamento di sfida all’establishment, Sarri dice che «è un modo di giocare a calcio e basta. Nasce dagli schiaffi presi. L’evoluzione è figlia delle sconfitte. Non solo nel calcio. Io dopo una vittoria non so gioire. Chi vince, resta fermo nelle sue convinzioni. Una sconfitta mi segna dentro più a lungo, mi rende critico, mi sposta un passo avanti. Mio nipote mi fa leggere la pagina facebook Sarrismo e Rivoluzione. Si divertono, io sono anti-social, non ho nemmeno whatsapp».

E a proposito delle sue posizioni politiche di sinistra, Maurizio Sarri spiega a Vanity Fair che «nel calcio ci si schiera poco. Per non trovarsi qualcuno contro. La mia estrazione è nota. Papà era gruista all’Italsider di Bagnoli. Mio nonno era partigiano, salvò due aviatori americani abbattuti dai nazisti, li tenne in casa per due mesi. È normale che avessi certe idee, oggi la politica non mi interessa più. Vedo storie di una tristezza estrema. Da lontano l’Italia è un posto che spreca occasioni».

Dei fuoriclasse – nel caso in cui dovesse allenare veramente la Juventus ne troverebbe uno di nome Cristiano Ronaldo – dice: «Esistono squadre medie di grandi giocatori o grandi squadre di giocatori medi. Io lavoro su questo. Il fuoriclasse è quello a disposizione della squadra, altrimenti è solo un bravo giocatore. Siamo pieni di palleggiatori fenomenali. Pure ai semafori. Il divertimento è contagioso se collettivo. Se ti diverti da solo, in 5 minuti arriva la noia».

Della leggendaria tuta che indossa in campo: «Se la società mi imponesse di andar vestito in altro modo, dovrei accettare. A me fanno tenerezza i giovani colleghi del campionato Primavera che portano la cravatta su campi improponibili. Mi fanno tristezza, sinceramente».

Delle sue superstizioni: «Ne ho meno di quelle che mi attribuiscono. Ho smesso di vestire solo di nero. Mi è rimasta l’abitudine di non mettere piede in campo, dentro le linee dico, finché la partita non è finita. Prima o poi abbandonerò pure questa: già in certi stadi le panchine son dalla parte opposta degli spogliatoi e il prato devo calpestarlo per forza. Quando cominci a vincere, le scaramanzie finiscono».

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Troppo forte il Napoli capolista per il Cagliari di Diego Lopez. L’equilibrio alla Sardegna Arena è durato poco meno di mezz’ora (in avvio il Cagliari ha cercato di mettere in difficoltà la retroguardia ospite, con l’ex Pavoletti ed il nord coreano Han che Lopez ha impiegato dall’inizio), poi, dopo il primo goal di Callejon, arrivato al 29′, non c’è stata partita. Il raddoppio è arrivato al 42′, con la firma di Mertens, uno che quando vede il Cagliari si accende e va spesso in goal.

La ripresa non ha avuto storia, il Napoli l’ha controllata ma ogni volta che ha affondato le sue azioni, ha messo in crisi la difesa rossoblu che ha subito altri tre goal, sui quali hanno posto la firma Hamsik, Insigne su un calcio di rigore concesso per fallo di mano di Castan e, infine, Mario Rui, su calcio di punizione.

E’ finita 5 a 0 per il Napoli, proprio come nel campionato scorso, l’11 dicembre 2016.

La sconfitta tiene il Cagliari fermo a quota 25 punti, cinque punti avanti alla Spal, rilanciata dalla vittoria di ieri a Crotone, terz’ultima. Il Napoli di Maurizio Sarri, arrivato alla decima vittoria consecutiva, sale a quota 69, quattro punti avanti alla Juventus che però deve recuperare la partita casalinga con l’Atalanta rinviata ieri per la neve che ha reso impraticabile il terreno di gioco dell’Allianz Stadium di Torino.

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Posticipo di lusso, questa sera, alle 20.45, alla Sardegna Arena, con la sfida della squadra di Diego Lopez alla capolista del campionato, il Napoli di Maurizio Sarri.

La squadra partenopea arriva in Sardegna con la ferma intenzione di centrare la decima vittoria consecutiva e, con i tre punti, di allungare in classifica a +4 sulla Juventus che ieri, all’Allianz Stadium di Torino, è stata fermata dalla neve che ha provocato il rinvio della partita con l’Atalanta di Giampiero Gasperini.

I precedenti recenti sono tutti dalla parte del Napoli che anche oggi fa paura con il suo straordinario tridente offensivo formato da Insigne, Mertens e Callejon, tra i migliori in Europa.

Il Cagliari, come ha sottolineato Diego Lopez alla vigilia, non si sente battuto in partenza ed è deciso a giocarsela per compiere l’impresa e conquistare punti pesantissimi in chiave salvezza. Le vittorie di ieri della Spal a Crotone e del Verona sul Torino, hanno accorciato la classifica in coda ed alla vigilia della partita odierna il Cagliari ha visto ridursi a 5 punti il margine sulla terz’ultima posizione, occupata dalla Spal.

Tra i più attesi in casa rossoblu c’è il bomber Leonardo Pavoletti, l’ex di turno, che cercherà di dare un dispiacere al Napoli con un goal che potrebbe avere un peso determinante sull’esito dell’incontro.

Dirigerà Piero Giacomelli di Trieste, assistenti di linea Alessandro Giallatini di Roma e Giulio Dobosz di Roma, quarto uomo Eugenio Abbattista di Molfetta. Addetti a VAR e AVAR Daniele Doveri di Roma e Alfonso Marrazzo di Roma.

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E’ un Cagliari deciso a giocarsela senza alcun timore reverenziale, nonostante il valore dell’avversario e le distanze presenti in classifica, quello che scenderà in campo tra pochi minuti allo stadio Olimpico contro la Roma di Eusebio Di Francesco, nell’anticipo della 17ª giornata di andata del campionato di serie A. La partita sarà diretta Antonio Damato di Barletta, assistenti di linea Posado di Bari e Santoro di Catania, quarto uomo Nasca di Bari, Var Guida di Torre Annunziata, Avar Tognolini di Milano. La Roma arriva alla partita odierna reduce da un mezzo passo falso sul campo del Chievo e vorrà assolutamente vincere, per tenere il passo del Napoli, impostosi per 3 a 1 nell’anticipo sul campo del Torino, ed approfittare della prima sconfitta stagionale subita dall’Inter, alla vigilia capolista solitaria, battuta al Giuseppe Mezza dall’Udinese, con l’identico punteggio di 3 a 1, e scavalcata al comando della classifica dalla squadra di Maurizio Sarri di due lunghezze.

Diego Lopez fa affidamento sulle qualità dei suoi attaccanti, Joao Pedro, Diego Farias e Leonardo Pavoletti, quest’ultimo chiamato ad un confronto “pesante” con i centrali romanisti. Non ci sarà, purtroppo, Paolo Faragò, una delle rivelazioni stagionali, che dovrebbe essere rimpiazzato dall’olandese Gregory van der Wiel, nelle ultime settimane in chiara crescita.

Leonardo Pavoletti.

 

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Dopo le due sconfitte consecutive subite alla Sardegna Arena nei match con Sassuolo e Chievo, il calendario non avrebbe potuto proporre al Cagliari avversario peggiore del Napoli di Maurizio Sarri, autentica macchina da goal, capolista a punteggio pieno sulla stessa linea della scudettata Juventus (stadio San Paolo di Napoli, fischio d’inizio ore 12.30, arbitro Rosario Abisso di Palermo).

Sulla carta è una “sfida impossibile”. Il Napoli è stata finora un’autentica macchina da goal, trascinata dal suo trio d’attacco terribile Insigne-Callejon-Mertens. Massimo Rastelli recupera Diego Farias e Leonardo Pavoletti ma deve fare a meno di Fabio Pisacane, squalificato dopo l’espulsione rimediata sette giorni fa nel finale della partita con il Chievo, e di Luca Ceppitelli, infortunato.

«Andiamo a Napoli per fare la nostra gara – ha detto alla vigilia Massimo Rastelli -. Ci siamo allenati bene, lavorando nei minimi dettagli, cosa che non abbiamo potuto fare nel turno infrasettimanale. Abbiamo  recuperato fisicamente tutti quelli che avevano giocato tre partite in una settimana e gli acciaccati come Farias e Pavoletti, che hanno lavorato col resto della squadra negli ultimi due giorni e che quindi sono regolarmente convocati (leggi la lista completa).»

«Dovremo metterci massima concentrazione ed applicazione. I giocatori del Napoli sono talmente bravi a trovare soluzioni che non ti puoi permettere di arrivare in ritardo di una frazione di secondo. Non dovremo dare profondità, cercando di restringere gli spazi che loro riescono a trovare con una velocità di pensiero impressionante. Dobbiamo ripartire, rialzare la testa con coraggio, idee chiare e quella compattezza di gruppo che ci permetterà di superare questo momento e riprendere a fare le cose fatte sino alla partita di Ferrara. Giocare alle 12.30 è un orario insolito – ha concluso Massimo Rastelli -, ma daremo comunque il massimo.»

Diego Farias.

 

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In quattro giorni il calendario offriva al Cagliari una grande possibilità di spiccare il volo verso posizioni di classifica molto tranquille, dopo la splendida impresa di Ferrara, con due partite casalinghe con dirette concorrenti nella lotta per la salvezza: prima il Sassuolo, poi il Chievo. Massimo Rastelli non aveva nascosto le insidie che si celavano dietro questo doppio impegno davanti ai propri tifosi alla Sardegna Arena, ma certamente non avrebbe mai potuto pensare che la sua squadra sarebbe rimasta a mani vuote alle 17.00 di ieri, 24 settembre, al termine del secondo impegno, contro il Chievo.

Dopo il Sassuolo, anche il Chievo ha lasciato la Sardegna Arena con il bottino pieno ed al Cagliari resta tanto amaro in bocca ed altrettante occasioni per riflettere sugli errori commessi e sulla grande occasione mancata. La partita di ieri è stata equilibrata per tutto il primo tempo, equilibrio spezzato dal gol di testa segnato da Inglese (attaccante di grandi potenzialità, prossimo rinforzo della capolista Napoli di Maurizio Sarri) all’inizio del secondo tempo. A quel punto il Chievo ha stretto le maglie difensive ed trovato spazi invitanti per affondare in contropiede con il Cagliari inevitabilmente sbilanciato alla ricerca del goal del pareggio. Il Cagliari ci ha provato sino all’ultimo, senza fortuna e sempre più sbilanciato in avanti e in dieci per l’espulsione di Pisacane, ha incassato anche il secondo gol nei minuti di recupero.

«Il Chievo ha vinto meritatamente, ha sofferto nei primi 25’ poi piano piano ci siamo spenti e usciti dalla gara – ha commentato Massimo Rastelli a fine partita -. Una squadra di grandissima esperienza come il Chievo ne ha approfittato, è stata cinica e alla prima occasione ha fatto gol. Eravamo al terzo impegno in una settimana e le tante assenze si sono fatte sentire nella gestione della partita. Quando sono venute meno le energie e la gamba di qualche giocatore poi abbiamo iniziato ad allungarci e commettere errori banali: il Chievo è stato bravo a giocare su tutto questo. Le scelte sono state obbligate, avevo diversi infortunati e altri che avevano speso tanto nelle gare precedenti.»

«Prendiamo queste due gare come incidenti di percorso che possono capitare in un campionato – ha aggiunto il tecnico rossoblu -. Dal punto di vista fisico e mentale non siamo riusciti a ricaricare le batterie; abbiamo dimostrato all’inizio del campionato di essere una squadra tosta, con una identità, cogliendo due vittorie importanti, dobbiamo continuare su queste certezze.»

Domenica la squadra è attesa da una trasferta quasi “impossibile”, sul campo del Napoli. «Una partita difficile ma non mi piace partire battuto, le gare voglio giocarmele. Abbiamo una settimana tipo per preparare al meglio l’impegno – ha concluso Massimo Rastelli -, andiamo a Napoli per cercare di portare qualcosa a casa».