Si alza il sipario su “Antigone ovvero una strategia del rito”, intrigante e originale mise en scène della tragedia di Sofocle per la regia di Elena Bucci, in tournée nell’Isola per la Stagione di Prosa 2013-14 del CeDAC.
Si alza il sipario su “Antigone ovvero una strategia del rito”, intrigante e originale mise en scène della tragedia di Sofocle per la regia di Elena Bucci, in tournée nell’Isola per la Stagione di Prosa 2013-14 del CeDAC (nell’ambito del XXXIV Circuito Teatrale Regionale Sardo): teatro e danza, parola e canto si fondono nel suggestivo spettacolo, in cartellone domani (venerdì 10 gennaio) alle 21.00 al Teatro Civico “Oriana Fallaci” di Ozieri (dove inaugura la Stagione del CeDAC); sabato 11 gennaio alle 21.00 al Teatro Eliseo di Nuoro; domenica 12 gennaio alle 21.00 al Teatro Garau di Oristano (e anche qui apre la stagione CeDAC) e, infine, lunedì 13 gennaio, sempre alle 21.00, al Teatro Centrale di Carbonia.
Un’“Antigone” contemporanea che rivela l’attualità del mito: contro una legge “ingiusta” che impone di non seppellire i morti nemici della città, la principessa ribelle, figlia di Edipo e nipote del re Creonte, sceglie di obbedire alle ragioni del cuore, officiando i riti funebri per il fratello Polinice, caduto per mano dell’altro fratello, Eteocle, mentre combatteva da esule per riconquistare il trono.
Il ferreo divieto, dettato dalla ragione di stato, infrange più antiche norme e consuetudini religiose e contrasta con la pietas, punendo i trasgressori con la pena capitale; l’inflessibilità del nuovo sovrano, che rivendica l’inviolabilità del suo decreto, ne svela la debolezza, il desiderio di consolidare il recente potere e soprattutto l’ambizione personale e infine la cecità davanti alla catastrofe. Il coraggio di Antigone, la sua convinzione e la determinazione nel portare avanti il suo folle progetto a rischio della vita diventano emblematici non solo della giovanile incoscienza o meglio noncuranza davanti al pericolo, ma anche della ferma volontà di seguire i propri principi, di non arrendersi e non rinunciare ai propri ideali, a costo di pagare il prezzo più alto.
“Antigone ovvero una strategia del rito” – produzione CTB/ Teatro Stabile di Brescia in collaborazione con Le Belle Bandiere, con il sostegno del Comune di Russi – attinge parole e simboli dalla tragedia antica, per riproporli in seno a una moderna scrittura drammaturgica (ideata ed elaborata dalla regista Elena Bucci e da Marco Sgrosso), in cui si intersecano diversi livelli narrativi, e le voci appassionate e discordi dei protagonisti dialogano in contrappunto con l’identità collettiva e l’icastica presenza del coro.
In scena, con Elena Bucci e Marco Sgrosso, Daniela Alfonso, Maurizio Cardillo, Nicoletta Fabbri, Filippo Pagotto e Gabriele Paolocà per un viaggio fino alle origini del mito e della tragedia greca; il disegno luci è di Maurizio Viani, la drammaturgia del suono di Elena Bucci e Raffaele Bassetti (direzione tecnica, Giovanni Macis; luci, Loredana Oddone).
“Antigone ovvero una strategia del rito” racconta di una scelta estrema davanti a un’alternativa inaccettabile: obbedire a un ordine ritenuto ingiusto e contrario all’etica e alla morale, alle proprie convinzioni, e in questo caso alle leggi divine; o ribellarsi, mettendo alla prova l’autorità e la legge, costringendole ad agire in un modo o nell’altro, a venire allo scoperto, per ristabilire la verità e la giustizia anche a costo del proprio sacrificio. Un dilemma tutt’altro che raro o insolito, nel passato come nel presente e presumibilmente nel futuro: la Storia dell’uomo ne propone innumerevoli esempi, che si risolvono spesso in una dicotomia del fare e dell’agire, ovvero in scelte “temerarie” o dolorose rinunce. La tragedia di Sofocle ne dà una sintesi perfetta, insieme al ritratto di un’indomita eroina, con pagine dense di pathos in cui il teatro si fa specchio e coscienza della comunità, tra lucidi ragionamenti e passione per la verità.
Teatro politico in senso stretto, in cui si dibattono i temi centrali della polis- l’antica città-stato di Atene – e più in generale della Grecia: “Antigone” è un’opera emblematica, che mette in gioco le fondamenta stesse della civiltà rappresentando il conflitto tra vecchie e nuove leggi, in cui affiora un possibile contrasto tra sacro e profano, tra aspirazioni e necessità umane e volere divino, ma soprattutto una distanza, forse già allora incolmabile, tra etica e politica. Nessuno dei personaggi è immune da complessità e contraddizioni: Antigone brucia la sua giovane esistenza per un ideale, sceglie consapevolmente di rinunciare alla luce del giorno, all’amore di Emone, figlio di Creonte e suo futuro sposo, per non piegarsi a un ordine ingiusto, per non venir meno a un sacro dovere; e Creonte, cieco davanti alla sventura e sordo a ogni critica, da sovrano illuminato diventa tiranno, fino a precipitare se stesso e i suoi nella sciagura. Una grammatica di contrasti, tra Antigone, pura e coraggiosa, irriducibile ribelle e Creonte, incarnazione del potere, insensibile alle grida del suo stesso popolo; ancora tra Antigone, votata alla morte, e la sorella Ismene, “custode di vita”; tra Creonte, padre autoritario e inflessibile e Emone, che condividerà il destino dell’amata; e pure tra Creonte, arroccato sulle sue posizioni, dietro lo scudo del razionalismo e la forza della legge, e il cieco Tiresia, l’indovino che conosce la volontà degli dei e il destino degli uomini.
Sottolineano Elena Bucci e Marco Sgrosso: «“Antigone” di Sofocle ci ha colpito soprattutto per la straordinaria nettezza nell’affrontare un tema mitico ma al tempo stesso di sconcertante attualità e per la sorprendente semplicità poetica di una lingua capace di attraversare il tempo e le mode, senza nulla perdere dello splendore diretto della sua comunicatività. Ritroviamo in Antigone un pensiero caro e necessario: nessuno può togliere la libertà di rinunciare a tutto, anche alla vita, per difendere un credo, un atto, un’idea, un’utopia. In epoche tiepide e cariche di paura, ci appare salutare riflettere su un tema come questo.»