Lo Scienziato inglese, i templi sardi e la misura del tempo – di Paolo Littarru
In prossimità del solstizio d’inverno torna ogni anno, puntualmente d’attualità il tema dell’orientamento astronomico dei nuraghi e degli antichi monumenti sardi.
La magnifica alba solstiziale presso il tempio a megaron Arcu is Forros A di Villagrande Strisaili, ad esempio, attira decine di persone e risplende letteralmente sui social media, ma pochi o nessuno ricordano lo Studioso che mise in luce per primo l’orientamento astronomico di questa classe di monumenti, ovvero Michael Hoskin, già professore di Storia dell’astronomia e direttore del Dipartimento di Storia e filosofia della scienza al Churchill College di Cambridge da lui fondato.
Hoskin è deceduto all’età di 91 anni il 5 dicembre 2021, quindi quasi esattamente un anno fa e pare assolutamente doveroso ricordarlo anche per il suo interesse e amore per la Sardegna, purtroppo, come vedremo, scarsamente ricambiato.
Lo Studioso inglese si era, infatti, interessato alle antichità sarde per la prima volta nel 1982, a Roma, dove venne su invito del papa Giovanni Paolo II come organizzatore del convegno per i 400 anni della riforma Gregoriana del calendario.
Nel 1993 Hoskin aveva già pubblicato sul Journal for the History of the Astronomy l’orientamento dei cinque templi a megaron allora scavati, rilevando come l’orientamento di questi monumenti guardasse verso sud est, come i dolmen sardi, i corridoi dolmenici e la maggior parte delle tombe di giganti, dallo lui stesso rilevate.
Lo studio sistematico dei megaron sardi da parte dell’Accademico inglese proseguì per tutti gli anni ’90 del secolo scorso, in collaborazione con lo studioso isilese Mauro Peppino Zedda, interessando in totale una quindicina di monumenti. Le loro frequenze di orientamento si accumulano nell’arco di orizzonte dove sorge il sole nel periodo autunno-inverno, e in cui sorgeva e culminava la magnifica costellazione della Croce del Sud negli ultimi secoli del II millennio a.C.
Tali orientamenti sono in perfetta continuità con quelli degli ingressi dei nuraghi del Nord Sardegna, rilevati e pubblicati da Mauro Zedda e, come tutte le epifanie nuragiche, costituiscono motivo di forte suggestione in particolare nel caso del tempio di Arcui is Forros, il cui orientamento con l’alba del solstizio invernale è perfetto.
Gli studi di Michael Hoskin sui templi a megaron, unitamente ai rilievi sulle domus, le tombe di giganti e altri monumenti sardi, occupano l’intero capitolo dodicesimo del trattato in lingua inglese del suo, Tombs, Temples and their Orientations. A New Perspective on Mediterranean Prehistory. Bognor Regis: Ocarina Books, 2001 (Tombe, templi e loro orientamenti. Una nuova prospettiva nella preistoria mediterranea)
Alla luce di questo imponente corpus di studi internazionali*, suscitano perplessità i titoli altisonanti rilanciati in questi giorni da diverse testate sarde: «I templi nuragici erano costruiti considerando l’orientamento del Sole e degli astri» le nuove (corsivo dello Scrivente, n.d.r.) scoperte esposte all’11° Convegno di archeoastronomia “La Misura del Tempo”) ed il fatto che Il tempietto di Malchittu, in Gallura, sarebbe stato costruito lungo l’asse nordovest-sudest e con ingresso orientato esattamente all’alba del solstizio d’inverno. Sarebbero infatti queste alcune delle nuove scoperte esposte durante l’undicesimo Convegno di archeoastronomia “La misura del tempo”, finanziato con fondi regionali, tenutosi recentemente a Sassari, alla Fondazione di Sardegna, organizzato della Società Astronomica Turritana e dal Circolo Aristeo.
Tali titoli veicolano, infatti, l’idea che il convegno sassarese (anche nelle precedenti edizioni) proponga scoperte inedite o comunque originali, mentre gli studi dell’archeologa e dell’agronomo sassarese, puntualmente presentati a tali convegni da loro organizzati, paiono invece e purtroppo viziati dall’elusione di più di trenta anni di studi pregressi, e la dimenticanza nell’omettere vent’anni di ricerche pregresse in materia, proponendo i loro lavori come originali e i loro convegni come i primi in materia.
Neppure un cenno, infatti, alla copiosa bibliografia archeaoastronomica sulle più prestigiose riviste scientifiche mondiali, ai congressi già tenutisi dal 1992 ad oggi ed in particolare al congresso della SEAC (Société Européenne pour l’Astronomie dans la Culture) del 2005 a Isili, avente come chairmen Mauro P. Zedda e Juan Antonio Belmonte.
Oltre trent’anni di studi in questo campo degli accademici Michael Hoskin, Arnold Lebeuf, Clive Ruggles, Juan Antonio Belmonte, Franco Laner (solo per citarne alcuni) e dello studioso isilese Mauro P. Zedda, e sono, infatti, oggetto oramai di una consolidata, monumentale bibliografia sulle più importanti riviste scientifiche internazionali* e dimostrano che la Sardegna costituisce in questo campo un giacimento di meraviglie suscettibili di sfruttamento in chiave turistica; forse il più importante patrimonio al mondo dopo quello egiziano, mesopotamico e mesoamericano.
Gli studi di Michael Hoskin, buona parte dei quali svolti in Sardegna, valsero allo Studioso nel 2015 la medaglia d’oro al merito per le Belle arti per decreto del Re di Spagna!
Ma nell’Isola si continua a ignorarli ed a produrre studi e convegni su temi che oramai da trent’anni campeggiano su prestigiose riviste e monografie internazionali eludendo la copiosissima letteratura scientifica internazionale esistente.
Un’opportunità mancata che arreca, da decenni, un danno culturale alla Sardegna.
Paolo Littarru
(Ingegnere, studioso e cultore di archeoastronomia)