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Nel corso delle Giornate di Didattica Efficace® del 27 e 28 ottobre – organizzate dall’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare presso il Centro Congressi “Roma Eventi Fontana di Trevi” – si è discusso dei dubbi di incostituzionalità della legge 170 che, di fatto, riconosce “per legge” i disturbi dell’apprendimento.
Tale posizione rappresenta da sempre una battaglia fondamentale portata avanti dalla prof.ssa Vincenza Palmieri; pertanto, i punti più controversi di tale norma e delle linee guida che ne articolano l’attuazione sono stati accuratamente analizzati dal Comitato Scientifico dell’INPEF, di cui la prof.ssa Palmieri è fondatore e presidente. Voci autorevoli in tal senso, l’avv. Morcavallo, già magistrato presso il Tribunale dei minori di Bologna, e il prof. Michele Goffredo, prestigioso accademico lucano.
All’interno delle due giornate di lavoro pratico sulla Didattica Efficace® – che hanno concluso una intensa settimana sul tema, ricca non solo di incontri laboratoriali ma anche di importanti eventi istituzionali – sono stati evidenziate le motivazioni basilari e i nodi di natura tecnica che rendono tali dubbi di incostituzionalità pressoché una certezza.
La prof.ssa Palmieri ha introdotto il tema ricordando che già nel 2012 – nel convegno “Analisi Critica delle Nuove Norme in Materia di Disturbi Specifici dell’Apprendimento(DSA): una Nuova Ottica” tenuto presso la Sala Protomoteca del Campidoglio – aveva sollevato forti dubbi sulla legge 170, dubbi che si sono poi concretizzati in un aumento esponenziale delle diagnosi, fino ad arrivare addirittura a 190.000 bambini diagnosticati.
La legge 170, dunque, di fatto sancisce i margini di criticità dello spazio di manovra da parte degli insegnanti che non riescono a risolvere le difficoltà degli studenti, considerato che nella prassi viene del tutto disapplicata la cosiddetta “parte buona della legge”, ovvero quella in cui si afferma che: «Per gli studenti che, nonostante adeguate attività di recupero didattico mirato, presentano persistenti difficoltà, la scuola trasmette apposita comunicazione alla famiglia».Purtroppo, queste “adeguate attività di recupero didattico mirato” non vengono quasi mai implementate: si passa direttamente alla comunicazione alla famiglia e alla conseguente diagnosi. Quando si etichetta un bambino con una malattia sancita per legge, dove persino la metodologia di intervento è definita dalla stessa norma, spesso si finisce con il compromettere il suo futuro. Soprattutto da questo punto critico fondamentale nascono i forti dubbi di costituzionalità della legge.
L’avv. Morcavallo è intervenuto ribadendo quanto sia davvero singolare il fatto che in questa norma il legislatore si sia trasformato in un diagnosta e psicoterapeuta.
Incredibilmente, la Legge contiene persino errori di sintassi; ma il difetto maggiore è il riconoscimento dei DSA poiché tradizionalmente la parola riconoscere è usata per constatare una realtà esistente, mentre in questa legge si forza una realtà: «Se riconosco qualcosa che definisco io significa che sto creando quel fenomeno, e come diceva un noto giurista è più facile costruire un’irrealtà».
Come già evidenziato, dunque, il primo aspetto di incostituzionalità è dato dal limite di discrezionalità del legislatore, cioè quello di non invadere altri settori né travalicare altri poteri: ma qui la legge si sostituisce al medico e al diagnosta.
Il secondo aspetto di incostituzionalità è il principio costituzionale di non frapporre ostacoli al pieno sviluppo della personalità: ma la legge “marchia” il bambino fino all’università, istituendo in modo paradossale un diritto alla NON istruzione. La legge viola anche l’articolo 30 della Costituzione, perché non può esistere una norma che prescriva nel merito come istruire i figli, dato che è dovere e diritto dei genitori istruire ed educare i figli.
La conclusione è, quindi, che i dubbi di incostituzionalità diventano quasi una certezza.
Secondo il prof. Michele Goffredo, questa legge sancisce il fatto che «non si conosce quasi nulla delle difficoltà di apprendimento» ed è una norma figlia di un’arretratezza abissale sulla cognizione di cosa sia l’apprendimento. Essa decreta di fatto l’incapacità dei professionisti della didattica e mette i bambini in un ghetto.
In realtà, esistono eccome dei sistemi per risolvere le difficoltà di apprendimento: si sa come fare, ci sono dei testi che lo spiegano. Bollare così un bambino significa sottoporlo a una menomazione ed è un alibi per la scuola. Questa legge sancisce un ripiego. Il prof. Goffredo ha concluso il suo intervento affermando che è necessario cancellare le premesse di questa legge.
«Chi trae profitto da questa norma? – ha concluso la prof.ssa Palmieri – «Forse i Centri che emettono le certificazioni? I professionisti che se ne occupano? Nel nostro Istituto incontriamo ogni giorno famiglie che vogliono liberarsi dalla diagnosi. Un giorno, un bambino seguito da noi è corso esultante dalla mamma dicendo: “Mamma, guarda, anch’io posso imparare!” Ecco, noi ci battiamo e continueremo a batterci contro la filiera diagnostica imposta da questa legge, affinché ogni bambino possa gioire con quelle stesse parole!»