22 December, 2024
HomePosts Tagged "Mino Cinelu"

[bing_translator]

Tappa a Villa Verde (OR) per Dromos, il festival itinerante (quest’anno alla sua ventesima edizione) che si muove tra Oristano e altri suoi undici centri fino a Ferragosto. Domani, sabato 11 agosto, nella suggestiva distesa di lecci di Mitza Margiani è di scena il trio Dream Wavers con il sassofonista Gavino Murgia, il chitarrista franco-vietnamita Nguyên Lê ed il percussionista e polistrumentista francese Mino Cinelu.

Appuntamento alle 21.30 (ingresso libero) per un viaggio tra suoni ancestrali e moderne derive jazzistiche, figlie della poliedricità e delle variegate esperienze dei suoi raffinati interpreti, sempre pronti a strizzare l’occhio alla musica improvvisata. Un trio dall’impronta squisitamente jazzistica, quindi, capace di spaziare dalle arcaiche voci della Sardegna alla musica tradizionale del Vietnam, dai canti dell’Egitto ai ritmi gitani, dal rock al fado e al flamenco, dalla musica giapponese alle culture dell’Africa, per trarre ispirazione e creare costanti intrecci e nuove alchimie sonore.

Il festival torna a San Vero Milis il giorno dopo, domenica 12 agosto, dove nel Giardino del Museo Archeologico, verrà proposto l’ultimo dei tre film della rassegna cinematografica “Gli anni ’68” curata dall’Associazione Lampalughis. Proiettori accesi, quindi, per il film di Guido Chiesa “Lavorare con lentezza”, uscito nel 2004 con le scene del regista con Wu Ming, e ambientato a Bologna nel 1976, poco dopo l’inizio delle trasmissioni di Radio Alice, libera emittente di intervento politico militante e di innovazione mediatica.

Dromos continua il suo cammino a Nureci, il piccolo borgo della Marmilla, da domenica con la decima edizione di Mamma Blues: tre intense serate (dal 13 al 15 agosto) più un’anteprima in calendario il 12 agosto (alle 22.00), “Upside down Woodstock”, un’esibizione dei neo diplomati della Music Academy di Isili, giovani talenti musicali alla prova del grande palco, con la speranza di tornare in futuro da veri artisti. Nei giorni successivi il “festival nel festival” vedrà accendere gli amplificatori e surriscaldare le valvole sul palcoscenico dell’Arena Mamma Blues ad artisti del calibro di Roland Tchakounté (13 agosto), Kristin Asbjørnsen (14 agosto) e Seun Kuti & Egypt 80 (15 agosto), con la consueta presenza, come da tradizione, di alcuni tra i più importanti rappresentanti della musica del diavolo in terra sarda (quest’anno al festival il Bob Forte Trio, il duo Don Leone, Malignis Cauponibus ed i South Sardinian Scum.

[bing_translator]

È nel segno di una doppia ricorrenza il 2018 di Dromos: da un lato, le venti candeline del festival ideato e organizzato dall’omonima associazione che ogni estate tiene banco a Oristano e in diversi centri della sua provincia; dall’altro, il cinquantenario del 1968, anno cruciale e che tanti e profondi cambiamenti ha innescato nella società, nel costume, nella cultura.

Concerti di spessore internazionale ma anche mostre, incontri e altri eventi collaterali caratterizzano anche l’edizione del ventennale del festival che dal 30 luglio al 15 agosto, sotto l’emblematico titolo “DromosRevolution”, transita in dodici comuni: Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Fordongianus, Mogoro, Morgongiori, Neoneli, Nureci, San Vero Milis, Ula Tirso e Villa Verde, oltre al capoluogo, Oristano.

Due anniversari, dunque, da celebrare con gli strumenti propri di Dromos: tanta musica e arte, ma anche libri e cinema caratterizzano il ricco programma di iniziative dedicate a un anno, una stagione che ha segnato uno spartiacque nella storia del secondo Novecento; e che, come scrive il critico d’arte Ivo Serafino Fenu, ideatore della sezione del festival dedicata alle arti visive, fu soprattutto «l’aspirazione di una generazione nel portare l’immaginazione al potere, secondo le teorie di Herbert Marcuse, uno dei padri nobili di quell’immaginifico e per certi versi irripetibile momento politico, sociale e culturale». Ed è soprattutto questo l’aspetto che Dromos intende approfondire, in linea con le tematiche che da sempre caratterizzano il festival.

Il cartellone musicale prevede, come di consueto, una fitta serie di concerti, spaziando su più latitudini e generi, a partire dal jazz e i suoi immediati dintorni, con un variegato e qualificato cast di artisti, in larga prevalenza internazionali, dai quali è previsto un omaggio o una meditazione sul tema del festival. Particolarmente presente l’Africa, con la cantante maliana Fatoumata Diawara, con Bombino, il chitarrista tuareg originario del Niger, e con il ghanese Guy One, cantante e virtuoso del kologo (una sorta di banjo a due corde); e poi Cuba, con il cantante e percussionista Pedrito Martinez, il batterista Horacio “El Negro” Hernandez ed i pianisti Gonzalo Rubalcaba e Marialy Pacheco. Da un’isola all’altra: la Sardegna schiera il Mal Bigatto Trio ed il sassofonista nuorese Gavino Murgia insieme al chitarrista franco-vietnamita Nguyên Lê e al percussionista/polistrumentista francese Mino Cinelu nel progetto Dream Weavers, ma ha un legame con l’isola anche il concerto di Vinicio Capossela. Affonda invece le radici tra il Delta del Mississippi e il deserto africano il gruppo Bokanté creato dal fondatore e leader degli Snarky Puppy, Michael League, a completare un cartellone in cui brilla una stella di prima grandezza del jazz come Dee Dee Bridgewater.

L’Africa è presente anche nel palinsesto di Mamma Blues, il “festival nel festival” che, tradizionalmente, suggella Dromos in tre serate a cavallo di ferragosto: il cantante e chitarrista Roland Tchakounté, camerunense ma da tempo di casa in Francia, e il nigeriano Seun Kuti, il figlio minore del leggendario Fela Kuti, sono infatti i nomi di spicco, insieme a quello della cantante e chitarrista norvegese Kristin Asbjørnsen, dell’appuntamento a Nureci, dove il blues targato Sardegna trova invece rappresentanza nel duo Don Leone e nel Bob Forte Trio.

Sul versante delle arti visive spicca invece la mostra “68/Revolution – Memorie, nostalgie, oblii”, curata da Ivo Serafino Fenu e da Chiara Schirru in collaborazione con AskosArte e la Pinacoteca “Carlo Contini”, in continuità ideale con la precedente e fortunata “Wild is the wind – l’immagine della musica”, ospitata sempre alla Pinacoteca comunale di Oristano tra fine dicembre 2016 e i primi di marzo dell’anno scorso.

Intorno al tema del ’68 (e dintorni) ruota anche una rassegna cinematografica in tre tappe a San Vero Milis a cura dell’Associazione Lampalughis, mentre altri appuntamenti, come il consueto diario quotidiano curato da Alessandro Melis, e altri ospiti, tra cui il teologo Vito Mancuso, atteso per una riflessione sulla rivoluzione interiore, completano il quadro del ventesimo festival Dromos; un’edizione organizzata con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna (assessorato dello Spettacolo ed Attività Culturali ed assessorato del Turismo), dei Comuni interessati, della Fondazione di Sardegna, del Banco di Sardegna, della Cantina Contini di Cabras, del Mistral Hotel di Oristano e con la collaborazione di Rete Sinis, Mibact, Curia Arcivescovile di Oristano, Pinacoteca comunale “Carlo Contini” di Oristano, AskosArte, Centro per l’Autonomia di Oristano, Cooperativa Sociale CTR Onlus, Teatro Tragodia di Mogoro, Lampalughis di San Vero Milis, associazione di promozione sociale Mariposas de Sardinia, ViaggieMiraggi ONLUS, Pastori in moto, compagnia teatrale BobòScianèl, Consulta giovani di Bauladu, Music Academy di Isili, Genadas.

[bing_translator]

E’ iniziata presto la giornata odierna al ventinovesimo festival Time in Jazz, che si preannuncia come sempre fitta di appuntamenti: alle 9.00 del mattino a Berchidda, nella chiesa parrocchiale di San Sebastiano (patrono del paese), messa musicata “Lucia e gli occhi santi”, dedicata alla santa compatrona di Berchidda e, per i devoti, protettrice degli occhi e della vista. Ad accompagnare la funzione religiosa, il flicorno dell’enfant du pays Paolo Fresu e il Quartetto Alborada: Anton Berovski e Sonia Peana ai violini, Nico Ciricugno alla viola, Piero Salvatori al violoncello. Nato nel 1996, il complesso d’archi ha un repertorio che, accanto alle composizioni originali per l’ensemble, privilegia la musica barocca e del Novecento con particolare attenzione per gli autori minimalisti. L’incontro fra Paolo Fresu e il Quartetto Alborada, già apprezzato in tante occasioni, è la testimonianza della poliedricità del trombettista di Berchidda, sempre pronto a misurare la sua ormai riconosciuta freschezza e naturalezza artistica con un mondo “classico” che ha reso proprio nella sua originale interpretazione.

Per Paolo Fresu altro impegno a mezzogiorno nella suggestiva cornice del Castello Doria a Chiaramonti, dove incontra il polistrumentista Mino Cinelu che così, dopo il duo della sera prima con Rita Marcotulli, sarà parte di un nuovo, inedito dialogo in musica. Classe 1957, natali francesi con radici paterne in Martinica, Cinelu è un musicista eclettico, che ha collaborato con nomi del calibro di Miles Davis, Weather Report, Herbie Hancock, Stevie Wonder e Lou Reed, tra i tanti, costruendo la sua fama sulla facilità di confrontarsi con un’ampia gamma di stili. Compositore, produttore e band leader, alla testa del World Jazz Ensemble dimostra la sua maturità artistica e la passione per le nuove sonorità, un’attitudine propria anche di Paolo Fresu, che, partendo dai territori del jazz è sempre capace di andare oltre le convenzioni di genere entrando in sintonia con musicisti provenienti da contesti eterogenei, dal pop alla musica tradizionale, dalla musica colta alla canzone d’autore.

Nel pomeriggio (ore 18.00), all’indomani della sua esibizione in piano solo a Telti, torna in azione anche Stefano Battaglia, stavolta a Tula, nella chiesa medievale di Santa Maria di Coros, e alla testa del suo collaudatissimo trio, con Salvatore Maiore al contrabbasso e Roberto Dani alla batteria. Una formazione che respira all’unisono sulle ali del massimo interplay, protagonista degli ultimi tre album pubblicati dal pianista milanese per l’etichetta ECM: “The River Of Anyder”, “Songways” e “In The Morning”; un tributo, quest’ultimo, al compositore americano Alec Wilder (1907-1980), sulla cui opera Stefano Battaglia ha lavorato per anni, spaziando in modo trasversale dalle popular songs alle art songs, dalla musica per il teatro all’opera, dalla night music ai lavori per l’infanzia.

Altre sonorità e atmosfere, alle 21.30 in piazza del Popolo a Berchidda, con il progetto Last of songs della cantante (e attrice) Irit Dekel e del polistrumentista Eldad Zitrin (fisarmonica, tastiere, chitarra), qui affiancati da Adi Hartzvi al contrabbasso e Elad Cohen Bonen alla batteria e alle percussioni. Un sodalizio nato nel 2011, quello tra i due artisti israeliani, e approdato l’anno scorso al primo, omonimo album: un disco caratterizzato dalla riuscita combinazione di differenti stili e colori musicali – jazz, folk contemporaneo, pop tradizionale -in una originale rilettura di canzoni classiche come “Willow Weep For Me”, “Bye Bye Love”, “You Don’t Know What Love Is”, “Good Morning Heartache”, tra le altre.

Poi, nella seconda parte della serata, sul palco di Berchidda piazza le tende Bombino con il suo desert blues. Goumar Almoctar, questo il nome all’anagrafe del chitarrista, è nato e cresciuto in Niger, ad Agadez, nel nord dell’Africa, nella tribù dei Tuareg Ifoghas, in lotta da secoli contro il colonialismo e l’imposizione dell’Islam più severo. Bombino si rifà alle sonorità tipiche degli anni Sessanta e Settanta, da Jimi Hendrix a Jimmy Page, inserendole in un contesto rock-blues di matrice americana arricchito da vocalismi in Tamasheq, la lingua Tuareg; le sue melodie elettrizzanti trasudano un groove irresistibile, una versione del blues densa e magmatica. Tre gli album all’attivo: “Agadez”, del 2011, seguito nel 2013 dall’acclamatissimo “Nomad” e quest’anno da “Azel”, registrato a Woodstock: un vero e proprio sogno diventato realtà per un artista che considera Jimi Hendrix e Carlos Santana tra le sue maggiori fonti di ispirazione. Con Bombino, oggi sul palco di Berchidda, saliranno Avi Salloway alla chitarra, calabash e voce, Youba Dia al basso e voce, e Corey Wilhelm al djembe.

Spenti i riflettori in piazza del Popolo, la vigilia di Ferragosto riserva un fine serata scoppiettante al Parco della Musica di Berchidda con le due formazioni del paese a base di fiati: la Banda Bernardo De Muro di Berchidda e la Funky Jazz Orkestra. La scaletta prevede una prima parte con la Funky Jazz Orkestra alle prese con la “Freesuite”, un’idea originale del suo direttore Antonio Meloni e di Paolo Fresu, incentrata su brani scelti prevalentemente dal repertorio del quintetto storico del trombettista, debitamente arrangiati e rivisitati su misura delle caratteristiche espressive e tecniche dei ventidue elementi della formazione berchiddese. Sarà poi la volta della Bernardo De Muro, la “storica” banda del paese, nata nel 1913, fucina per giovani talenti, compreso Paolo Fresu, che ancora undicenne ha mosso tra i suoi ranghi i primi passi nella musica. Previsti anche momenti in cui i due organici suoneranno insieme, e la partecipazione di solisti ospiti tra cui il trombonista Salvatore Moraccini e lo stesso Fresu.

Funky Jazz Orkestra (foto Roberto Cifarelli)

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Alborada e Paolo Fresu Banda B.Demuro 001 10.08.2009 (P.Ninfa) Mino Cinelu Bombino (m)

Paolo Fresu _2015 (ph © Roberto Cifarelli1905)

Paolo Fresu _2015 (ph © Roberto Cifarelli1905)

Stefano Battaglia Trio (foto@Caterina Di Perri)04

[bing_translator]

Uno dei sassofonisti più importanti della scena jazzistica internazionale tiene banco a Berchidda nella sesta giornata di Time in Jazz. Charles Lloyd è l’atteso protagonista della serata di domani (sabato 13) in piazza del Popolo, “palco centrale” del festival ideato e diretto da Paolo Fresu nel suo paese natale (ma con appuntamenti sparsi anche in altri centri del nord Sardegna). Classe 1938, direttore musicale nel gruppo di Chico Hamilton e poi compagno di band di Cannonball Adderley nei primi anni Sessanta, Charles Lloyd ha guidato nella seconda metà di quel decennio una formazione storica (con un giovanissimo Keith Jarrett, tra gli altri membri) che ha registrato uno dei primi album jazz a vendere oltre un milione di copie (“Forest Flower”, 1967). Praticamente assente dalla scena jazz negli anni Settanta, il sassofonista compare invece in dischi dei Doors, dei Canned Heat e dei Beach Boys. Avvicinato dal pianista Michel Petrucciani nel 1981 riprende a suonare per due anni, per poi ritirarsi di nuovo. Torna a esibirsi occasionalmente nel 1987 e 1988, poi nel 1989 ricomincia a girare. Inizia anche a registrare per l’ECM, inaugurando una lunga serie di dischi in cui figurano musicisti come Bobo Stenson, Billy Hart, Billy Higgins, John Abercrombie, Brad Mehldau, Geri Allen, Zakir Hussain. Uscito lo scorso gennaio per la Blue Note, “I Long To See You”, la sua più recente fatica discografica, lo vede in compagnia, tra gli altri, del chitarrista Bill Frisell. Jason Moran al pianoforte, Harish Raghavan al contrabbasso e Eric Harland alla batteria sono invece i membri del suo quartetto di scena nel secondo set di domani (sabato 13) a Berchidda.

A precedere il concerto Charles Lloyd, la prima parte della serata, con inizio alle 21.30, propone una produzione originale del festival con l’inedito incontro tra due musicisti dalle diverse esperienze e provenienze artistiche: la pianista romana Rita Marcotulli, nome di primo piano della scena jazzistica italiana, e l’eclettico polistrumentista francese, con radici in Martinica, Mino Cinelu. Un duo che promette sorprese, sull’onda della vocazione alla sperimentazione e all’interplay che caratterizza entrambi. Partita da studi classici per approdare al jazz, Rita Marcotulli raggiunge presto il successo grazie al suo stile intimo e allo stesso tempo capace di amplificare le emozioni, che la porta a calcare le scene internazionali accanto a jazzisti come Jon Christensen, Palle Danielsson, Peter Erskine, Joe Lovano, Michel Portal, Enrico Rava, Pat Metheny, Billy Cobham. Originario della Martinica, Mino Cinelu è un artista dai molti talenti, come testimonia anche il lungo e prestigioso elenco delle sue collaborazioni, in studio di registrazione e sul palco, con artisti di ambiti diversi (jazz, funk, rap, electro, flamenco e pop) e del calibro di Miles Davis, Weather Report, Herbie Hancock, Sting, Lou Reed, Antonio Carlos Jobim, Brandford Marsalis, Cassandra Wilson, Dizzy Gillespie, Elton John, Gato Barbieri, Gil Evans, Kenny Barron, Laurie Anderson, Pat Metheny, Pino Daniele, Richard Galliano, Stevie Wonder, Wayne Shorter, Zucchero, per fare qualche nome. 

Rita Marcotulli arriverà all’appuntamento serale in piazza del Popolo reduce dall’altro impegno che la attende invece in mattinata, a mezzogiorno, nei pressi di Loiri San Paolo, sulla spiaggia di Porto Taverna, con il progetto BAM, acronimo ricavato dalle iniziali dei tre componenti dell’organico: l’eclettico contrabbassista pugliese Marco Bardoscia, il versatile quartetto d’archi Alborada (Anton Berovski e Sonia Peana ai violini, Nico Ciricugno alla viola e Piero Salvatori al violoncello) e appunto, Rita Marcotulli. Un progetto nato da un’idea di Bardoscia e della violinista Sonia Peana, e che si muove, originariamente, intorno a brani dello stesso contrabbassista e adattamenti studiati per questa formazione, per arrivare a composizioni della Marcotulli e del quartetto Alborada, lasciando spazio anche all’improvvisazione. Le diverse fonti musicali si fondono per dare spazio a qualcosa di nuovo, fresco e originale, tra sonorità macedoni, isolane e mediterranee, che emergono naturalmente e senza forzature, sottolineando l’essenza stessa di ogni componente: il quartetto d’archi svolge un ruolo di sostegno ai solisti e, al tempo stesso, è anche una terza entità musicale autonoma.

Nel pomeriggio il festival fa tappa a Telti, dove, alle 18.00, nella chiesa di Santa Vittoria, è di scena un altro nome di spicco della scena jazzistica italiana, Stefano Battaglia, con un programma di improvvisazioni al piano che, sotto il titolo “Questo ricordo lo vorrei raccontare”, ripercorre in musica l’opera del fotografo Mario Giacomelli (1925-2000), ispirata dai versi di poeti come Emily Dickinson, Franco Costabile, Cesare Pavese, Edgar Lee Master. Classe 1965, Stefano Battaglia è un pianista attento al suono e alla melodia: forte di una solida preparazione musicale che l’ha portato dapprima a mettersi in luce in ambito “classico”, conta un vasto curriculum di collaborazioni importanti e progetti propri, qualcosa come tremila concerti all’attivo e una discografia di oltre cento titoli che gli ha fruttato premi e riconoscimenti in patria e all’estero. Nel 2004 ha inaugurato la collaborazione con la prestigiosa etichetta tedesca ECM, che ha pubblicato cinque suoi album; i tre più recenti lo vedono alla testa del suo collaudatissimo trio, con Salvatore Maiore al contrabbasso e Roberto Dani alla batteria, che anche il pubblico di Time in Jazz potrà apprezzare in concerto domenica pomeriggio a Tula, nella chiesa di Santa Maria di Coros (ore 18.00).

BAM (ph © Roberto Cifarelli) m Mino Cinelu 1 Rita Marcotulli (foto di Paolo Soriani) (2m) Stefano Battaglia (foto@Caterina Di Perri)01 (m)Charles Lloyd (2m)

[bing_translator]

E’ stato presentato stamane, a Cagliari, il 29° Festival internazionale “Time in Jazz“, ideato e diretto da Paolo Fresu, in programma dall’8 al 16 agosto. Paese natale del trombettista, Berchidda è come sempre il fulcro della manifestazione: qui ha casa l’associazione culturale “Time in Jazz” che ne cura l’organizzazione, e qui si concentra la maggior parte degli eventi in cartellone. Ma anche quest’anno il festival abbraccia vari altri centri del nord Sardegna: Bortigiadas, Calangianus, Chiaramonti, Ittireddu, Loiri Porto San Paolo, Mores, Ozieri, Pattada, Posada, San Teodoro, Telti, Tempio Pausania e Tula, sono le tappe di un circuito di concerti che nel mattino e nel pomeriggio vanno in scena in luoghi rappresentativi della realtà socio-culturale del posto o di valore storico o naturalistico. Novità di quest’anno, la rassegna “Time in Sassari”, consueto prolungamento di Time in Jazz in territorio sassarese, fungerà anche da prologo al festival: doppio appuntamento in calendario, dunque, l’8 e il 16 agosto, a Sassari, Cheremule e Sorso.

Sviluppando l’ideale percorso “anatomico” inaugurato due anni fa, dopo le edizioni all’insegna di Piedi e di Ali, Time in Jazz si riconosce quest’anno sotto il titolo Occhi, spunto tematico e filo rosso per nove giornate cariche di musica (e altro). Il jazz internazionale è rappresentato da artisti del calibro dei sassofonisti Charles Lloyd e Michel Portal; la scena italiana trova invece ampio spazio con la cantante Ada Montellanico, il duo del clarinettista Gianluigi Trovesi e del fisarmonicista Gianni Coscia, il quartetto Four and more, il bandoneonista Daniele di Bonaventura, i pianisti Alessandro Di Liberto, Antonio Zambrini, Stefano Battaglia, il duo Musica Nuda della cantante Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, il progetto BAM del contrabbassista Marco Bardoscia con il quartetto d’archi Alborada e la pianista Rita Marcotulli.

In un programma sul tema degli occhi non poteva mancare la giusta attenzione per gli artisti non vedenti: ecco, dunque, il pianista americano Justin Kauflin, la coppia Amadou & Mariam, dal Mali, e la cantante e pianista Silvia Zaru.

Il cartellone propone poi progetti “trasversali” come il duo Bugge Wesseltoft – Christian Prommer, o la “Norma” di Bellini riletta in chiave jazz da Paolo Silvestri e affidata all’esecuzione dell’Orchestra Jazz del Mediterraneo e all’Orchestra Jazz della Sardegna con Paolo Fresu solista. E, ancora, progetti speciali come “Il tempo in posa”, con le foto di Pino Ninfa e la musica del pianista svedese Jan Lundgren, o come il “Blind Date – Concert in the Dark” del pianista Cesare Picco; produzioni originali, come i duo del polistrumentista Mino Cinelu con Rita Marcotulli e con lo stesso trombettista di Berchidda, o come “Cecità”, un lavoro ispirato all’omonimo romanzo di José Saramago con l’attore Giuseppe Battiston e le musiche di Fresu e Daniele di Bonaventura.

Un programma ricco e variegato, dunque, in cui trovano spazio anche il chitarrista Tuareg Bombino con il suo desert blues, il progetto Last Of Songs degli israeliani Irit Dekel e Eldad Zitrin, i poeti improvvisatori Bruno Agus e Salvatore Scanu, la Banda Bernardo De Muro e la Funky Jazz Orchestra di Berchidda.

Paolo Fresu _2015 (ph © Roberto Cifarelli1905)

Paolo Fresu _2015 (ph © Roberto Cifarelli1905)

Trovesi-Coscia (foto diRoberto Masotti) ECM 2005 (s) Rita Marcotulli (foto di Paolo Soriani) (5s)

Mino Cinelu 2 Michel Portal (奇Jean_Marc_Lubrano) (s) Charles Lloyd (s) Amadou & Mariam (s)