18 July, 2024
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A Sant’Antioco è scattata una grande gara di solidarietà per sostenere le vittime del grave atto incendiario che nella notte del 7 febbraio, sul lungomare Caduti di Nassiriya ha distrutto il Waikiki Bar per ragioni che sembrerebbero ricondurre ad una mano dolosa. Dalle foto allegate è visibile quel poco che resta dopo l’intervento di spegnimento effettuato dai vigili del fuoco di Carbonia, che si è protratto per circa quattro ore. Fortunatamente gli uomini del 115 sono riusciti ad estrarre dal locale alcune bombole del gas, evitando così un’esplosione che avrebbe messo a repentaglio la loro stessa incolumità. Sull’episodio indagano i carabinieri della stazione di Sant’Antioco che lasciano aperte tutte le ipotesi.

Grande costernazione da parte della cittadinanza di Sant’Antioco, dove i gestori del bar sono molto conosciuti e stimati e testimonianze di solidarietà sono giunte  anche da parte del primo cittadino, Ignazio Locci, che spera a breve in una cattura dei colpevoli da parte della giustizia.

Nella cittadina intanto è tangibile l’attenzione dal punto di vista sociale, tant’è che – come sottolineato all’inizio – è partita una mobilitazione e, con l’aiuto da parte del comune ha visto la luce l’iniziativa “Ricostruiamo il Waikiki”. Chi volesse partecipare può farlo, contribuendo anche con una piccola donazione sul codice iban waikiki sas: IT 61B0101543981000070486076 inserendo la causale “Ricostruiamo il Waikiki”. L’auspicio è che gesti così non vengano più compiuti ai danni di nessuno e per nessun motivo.

Nadia Pische

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Altra serata “magica”, ieri sera, al Teatro Centrale di Carbonia, con il terzo appuntamento della nuova stagione di musica e danza organizzata dal Cedac con il patrocinio ed il contributo economico del comune di Carbonia. Sul palco è andata in scena “Quartet”, una commedia con artisti d’eccezione: Giuseppe Pambieri, Cochi Ponzoni, Paola Quattrini, Erika Blanc, con la regia di Patrick Rossi Gastaldi.

Prima dello spettacolo, sul quale pubblicheremo in giornata articolo di commento ed un ricco album fotografico, Nadia Pische ha realizzato l’intervista con i quattro artisti, che vi proponiamo.

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10221708878499153/

  

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Uno spettacolo a tutto tondo quello che giovedì 23 gennaio, al Teatro Centrale di Carbonia, ha rapito il pubblico numerosissimo presente in sala invitandolo ad assistere ad una cena molto particolare… La cena delle belve. Una trama calata in un’Italia del 1943, il Paese subiva l’occupazione dei tedeschi ed erano poche le occasioni di svago. Una sera sette amici si incontrano per festeggiare il compleanno di Sofia, una di loro, ma durante le cena si sentono degli spari e in un agguato, proprio davanti alla palazzina dove si trovano a far festa, muoiono due ufficiali tedeschi. La Gestapo, per ripicca, decide di prendere due ostaggi per appartamento e per fare un favore ad uno degli amici che conosce da tempo, lascia loro liberi di scegliere chi far sacrificare. Quel che ne scaturisce, è veramente testimone delle numerose sfaccettature dell’essere umano e dei rapporti che intreccia, ora per interesse, ora per amicizia. Ricca di colpi di scena, assume un sapore brillante grazie all’interpretazione di un cast ricco di energia e di carisma, capace di sinergia e di travolgente richiamo all’attenzione continua da parte degli spettatori. Spettacolo teatrale di Vahè Katchà, versione italiana Vincenzo Cerami, pluripremiato, tra i maggiori successi delle ultime 5 stagioni parigine, vanta attori d’eccezione: Marianella Bargilli, Emanuele Cerman, Alessandro D’Ambrosi, Maurizio Donadoni, Ralph Palka, Gianluca Ramazzotti, Ruben Rigillo e Silvia Siravo,

Lo spettacolo arriva nella stagione di Prosa & Danza 2019/2020, calcando le scene della seconda serata, in programma per allietare il pubblico che anche in questa stagione godrà di uno stravagante e ricco ventaglio di appuntamenti per tutti i gusti. Il prossimo, in programma sabato primo febbraio, sarà Quartet di Ronald Harwood, con Giuseppe Pambieri, Cochi Ponzoni, Paola Quattrini ed Erika Blanc per la regia di Patrick Rossi Gastaldi.

Nadia Pische

                                                                              

      

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Si è svolto ieri pomeriggio, giorno dell’Epifania, a Sant’Antioco, l’evento finale di “I presepi nell’Isola”, la mostra organizzata dall’associazione “Sant’Antioco abbraccia il mare”, con il patrocinio del comune di Sant’Antioco.

Sono stati estratti i numerosi premi in palio, offerti dalla casa editrice di Giampaolo Cirronis, dall’associazione culturale “Sant’Antioco abbraccia il mare” e dalla Casa vacanze “Sa domu de Pasqualinu” di Carbonia, a conclusione del concorso “Caro Babbo Natale”, organizzato dal gruppo “La scatola dei colori”, in collaborazione con la testata giornalistica cartacea “La Provincia del Sulcis Iglesiente” e quella online “www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com” .

Il concorso prevedeva l’invio di una lettera speciale nella quale si chiedeva qualcosa di magico, un miracolo in grado di aggiustare questo mondo “tutto rotto”, qualche “cerotto” per aiutare tutti a stare meglioTutte le lettere saranno pubblicate nel giornale quotidiano online “www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com” e le più originali anche nella versione cartacea dello stesso giornale.

Sono stati 67 i presepi esposti dal 14 dicembre, realizzati da artisti provenienti da tutto il Sulcis Iglesiente, dal Cagliaritano e persino dalla Penisola. Tutti i lavori sono stati raccolti in un album fotografico che promuove anche la 10ª edizione del Presepe lapideo del maestro Gianni Salidu, quest’anno allestito nel bellissimo giardino di Casa Locci.

L’evento conclusivo è stato impreziosito dall’esibizione del suonatore di launeddas Stefano Castello, sempre vicino alle iniziative dell’associazione “Sant’Antioco abbraccia il mare”.

Grande soddisfazione per la riuscita dell’evento è stata espressa da Pinella Bullegas, presidente dell’associazione “Sant’Antioco abbraccia il mare” e da Nadia Pische che ha collaborato per la sua realizzazione.

 

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E’ in programma lunedì 6 gennaio, giorno dell’Epifania, a Sant’Antioco, l’evento finale di “I presepi nell’Isola”, mostra organizzata dall’associazione “Sant’Antioco abbraccia il mare”, con il patrocinio del comune di Sant’Antioco. Sono 56 i presepi esposti dal 14 dicembre, realizzati da artisti provenienti da tutto il Sulcis Iglesiente, dal Cagliaritano e persino dalla Penisola. Tutti i lavori sono stati raccolti in un album fotografico che promuove anche la 10ª edizione del Presepe lapideo del maestro Gianni Salidu, quest’anno allestito nel bellissimo giardino di Casa Locci.

Il gruppo “La scatola dei colori”, in collaborazione con la testata giornalistica cartacea “La Provincia del Sulcis Iglesiente” e quella online “www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com”, in occasione dell’evento “I presepi nell’Isola”, ha bandito il concorso “Caro Babbo Natale”, che è consistito nell’invio di una lettera speciale nella quale si chiede qualcosa di magico, un miracolo che possa aggiustare questo mondo “tutto rotto”, qualche “cerotto” per aiutare tutti a stare meglio.

Questa sera il gruppo di lavoro, guidato da Pinella Bullegas, presidente dell’associazione “Sant’Antioco abbraccia il mare”, e da Nadia Pische, ha rifinito gli ultimi preparativi.

Domani, 6 gennaio 2020, si procederà all’estrazione dei numerosi premi in palio, offerti dalla casa editrice di Giampaolo Cirronis, dall’associazione culturale “Sant’Antioco abbraccia il mare” e dalla Casa vacanze “Sa domu de Pasqualinu” di Carbonia. Tutte le lettere saranno pubblicate nel giornale quotidiano online “www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com” e le più originali anche nella versione cartacea dello stesso giornale.

 

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Ci sono esperienze, nella vita di ognuno di noi, che segnano un’intera esistenza. Una di queste, per me, è stata la presentazione del libro “L’animo degli offesi”, di Giuseppe Mura, che ho avuto l’onore di pubblicare, avvenuta il 26 gennaio 2014 al Museo della Liberazione, in via Tasso, a Roma. Quando accadde quel giorno, può essere racchiuso nella fotografia allegata, nella quale, uno di fianco all’altro, ci sono tre reduci dei campi di concentramento di Auschwitz e Mauthausen, Vera Michelin Salomon, Pietro Terracina e Modesto Melis, che raccontarono ai presenti le loro drammatiche esperienze di deportati. Un’esperienza unica ed irripetibile, perché Vera, Pietro e Modesto, ci hanno lasciato per sempre.
Il primo a lasciarci è stato Modesto Melis. Nato a Gairo l’11 aprile 1920, si è spento a Carbonia, la sua città d’adozione, il 9 gennaio 2017. Aveva quasi 97 anni.
Vera Michelin Salomon, nata a Carema (Torino) il 4 novembre 1923, si è spenta a Lucca, poco più di due mesi fa, il 27 ottobre 2019, Aveva quasi 96 anni.
Pietro Terracina, nato a Roma il 12 novembre 1928, ha cessato di vivere nella sua città, meno di un mese fa, l’8 dicembre 2019. Aveva appena compiuto 91 anni.
Per ricordare Modesto Melis, Vera Michelin Salomon e Pietro Terracina, pubblichiamo l’articolo scritto da Nadia Pische nel n° 267 de “La Provincia del Sulcis Iglesiente”, l’11 febbraio 2014, al rientro dalla trasferta di tre giorni a Roma, che ha vissuto le altre due tappe all’Istituto Comprensivo di Marina di Cerveteri e al Liceo artistico “E. Rossi” della Capitale.
Dal 26 al 28 gennaio è stato il protagonista degli incontri del progetto/percorso “La memoria degli offesi e degli stermini dimenticati”
La “tre giorni” di Modesto Melis nella Capitale
I suoi ricordi hanno varcato il mar Tirreno per arrivare all’Istituto Comprensivo di Marina di Cerveteri e al Liceo artistico “E. Rossi” di Roma.
La tre giorni di “zio Modesto”, così ormai chiamato dai suoi più affezionati “seguaci”, ha inizio il 26 gennaio, a Roma. Il Museo storico della Liberazione, ha ospitato la prima tappa del progetto/percorso “La memoria degli offesi e degli stermini dimenticati”, promosso dal comune di Cerveteri, in collaborazione con l’Istituto comprensivo di Marina di Cerveteri ed il Liceo artistico E. Rossi di Via del Frantoio a Roma, già Istituto statale d’arte Roma 2.
Un viaggio attraverso la memoria non poteva che iniziare in un edificio ricco di storia e di storie, un vero e proprio “baule di atroci ricordi”. Lo stabile, che prima dell’occupazione di Roma ospitava gli uffici culturali dell’ambasciata tedesca, divenne la sede del comando del Sichereitdienst (SD servizio di sicurezza) e della Sichereitdienst polizei (SIPO, polizia di sicurezza) sotto il comando del tenente colonnello Herbert Kappler. Lì arrivavano i deportati, anche senza motivo, interrogati, detenuti e torturati e da lì si poteva uscire con varie destinazioni: il carcere di Regina Coeli, il Tribunale di guerra, la deportazione oppure, come accadde a molti, le Fosse Ardeatine. Circa 2.000 persone passarono attraverso quelle stanze, lasciando aleggiare per sempre, tra quelle mura, le loro tristi vicende. Dopo la liberazione, l’edificio fu occupato da sfollati, finché negli anni ‘50, la proprietaria donò allo Stato quattro appartamenti, a patto che lì nascesse il Museo storico della Liberazione.
La storia di “zio Modesto” raccontata tra queste pareti impregnate di soprusi, prende forma per rendere omaggio a chi, purtroppo, non è sopravvissuto, a chi è caduto, senza tornare, tra le mani di uomini convinti di appartenere ad una razza superiore. Quella di Modesto Melis è la storia di un uomo qualunque che si trova nel posto sbagliato, al momento sbagliato, un racconto caratterizzato da umiliazioni e fame, da privazioni e ingiustizie, da verità nascoste, scottanti, per tanto tempo taciute… verità raccontate e per tante persone inventate. “L’animo degli offesi” è una testimonianza ricca di documenti e foto che hanno reso il tutto tristemente credibile. Alla presentazione, presso il Museo sito in via Tasso, del libro “L’animo degli offesi”, scritto da Giuseppe Mura ed edito da Giampaolo Cirronis, sono stati ospiti Pietro Terracina e Vera Michelen Salomon. Coordinati dal presidente del Museo, Antonio Parisella, i tre testimoni di “memorie scottanti” hanno rievocato alcuni tra i momenti più difficili della loro terribile esperienza di vita.
Modesto Melis, un giovane di 24 anni che all’alba del 5 maggio 1945, dopo che la corrente elettrica cessa di passare attraverso i fili di corrente che circondano il campo di concentramento di Mauthausen, è un uomo libero, non è più il numero 82.441, ma è di nuovo Modesto, ed è proprio in quel momento che rinasce per la seconda volta, quando ormai la sua famiglia lo crede morto. Ora “zio Modesto” gira per la Sardegna dove vive ed ultimamente varca anche il mare, come è accaduto in questa occasione a Roma, per raccontare nelle scuole e nei centri di cultura, nei teatri e nelle biblioteche, “i suoi pezzi di vita a Mauthausen”.
Pietro Terracina, è un ebreo sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz, dove fu deportato proprio per le sue origini con i componenti della sua famiglia, ben otto persone, che lì persero la vita tra barbarie e stenti e da cui venne liberato il 27 gennaio 1945. Attualmente vive a Roma, è un dirigente d’azienda in pensione ed anche lui come Modesto Melis, si reca presso le scuole, i teatri e le biblioteche, per narrare le sue esperienze vissute.
Lui stesso racconta: «Ad Auschwitz il prigioniero non aveva nome, gli internati non erano persone ma pezzi. Ai prigionieri veniva tolta la dignità. Dei sopravvissuti pochissimi sono riusciti a tornare persone degne di essere chiamate tali. C’era un grande silenzio ad Auschwitz, arrivò il momento della liberazione e nessuno gioì, eravamo minati nella salute e completamente mutilati nella personalità.»
Vera Michelin Salomon è una giovane ragazza di poco più di 18 anni, quando intorno alle 13.00 del 14 febbraio 1944, rientrando a casa della sua amica Enrica Filippini Lera, dove era ospite per motivi di lavoro, in quanto la sua famiglia risiedeva a Milano e lei svolgeva la professione di segretaria presso una scuola professionale a Roma, trovò due uomini delle SS; poco dopo, rientrò anche la sua amica Enrica, “i due” concessero loro di mangiare con il resto della famiglia, in quanto avendo notato la tavola apparecchiata per otto persone, delle quali solo cinque presenti, sicuramente nutrivano la speranza che arrivassero gli altri tre, che invece furono avvertiti della visita e si dileguarono nel nulla. Alla fine del pranzo, arrivarono anche altri due uomini delle SS e i cinque furono portati in via Tasso, nel carcere oggi Museo, da dove è partita la “tre giorni” di Modesto. Erano accusati di propaganda clandestina e Vera aveva anche l’aggravante del possesso di una pistola, che, pur non essendo sua ma conoscendone l’esistenza, ingenuamente aveva estratto da un sacco di farina in cui era nascosta, per buttarla giù dal balcone, dove fu invece immediatamente trovata. L’arresto fu un vero e proprio “fulmine a ciel sereno”, ma il volantino che facevano circolare non lasciava dubbi, il messaggio era forte e chiaro… si proclamava uno sciopero presso le scuole superiori e l’università, i ragazzi diciottenni venivano invitati a nascondersi piuttosto che a presentarsi al distretto militare… Un vero e proprio affronto! I cinque rimasero in carcere sino ai primi di aprile, quando ci fu il processo che vide l’assoluzione dei ragazzi, anche se poi uno di loro, Paolo Petrucci fu ucciso alle Fosse Ardeatine, e la condanna delle ragazze a tre anni da scontarsi in Germania. Insieme ad Enrica e Vera c’era anche Ines Versari, un’emiliana arrestata al posto della figlia partigiana. La vita in carcere era dura, essendo un penitenziario femminile le sorveglianti erano donne, non erano cattive ma pretendevano rigore e disciplina, non si poteva cantare e la lettura veniva concessa solo la domenica, purtroppo però i testi erano in tedesco. Non potevano scrivere, solo una lettera appena arrivate e dopo sei mesi una al mese, poche righe sia in uscita sia in entrata, controllate accuratamente affinché non trapelassero verità scottanti. Le tre amiche venivano obbligate al lavoro in cella e cucivano ghette per i militari bevendo un caffè a colazione, una brodaglia di rape a pranzo, a cui a volte seguiva un pezzo di salsiccia, mentre della cena non conoscevano l’esistenza. Erano donne che provenivano da diversi paesi: altre sette italiane oltre loro, molte francesi ma anche greche.
«Con l’arrivo degli americani… la liberazione… le stesse sorveglianti spalancarono le porte – racconta Vera – il giubilo fu incontenibile, in un attimo eravamo fuori dalla cella, negli anditi e poi all’esterno… subito ci diedero qualcosa da mangiare, ci riunimmo tutte noi prigioniere politiche per parlare e poi fu subito festa… finalmente potevamo cantare! Dopo qualche giorno arrivammo nell’androne di una caserma, ma i militari ci dissero che non c’era posto per noi, anzi ci sbeffeggiarono, le donne secondo loro dovevano stare a casa e non fare politica… Da lì in un posto di raccolta francese, da dove fummo rintracciate e potemmo finalmente salire sulla jeep dell’esercito inglese, eravamo dei partigiani che desideravano solo tornare a casa… arrivammo a Milano nella notte del 2 giugno» Oggi Vera si reca anche lei come Modesto Melis e Pietro Terracina in luoghi di cultura, per trasmettere ai giovani e non solo, le nefandezze di cui sono stati vittime e di cui non dimenticheranno mai i segni, per sempre impressi nei loro ricordi.
La seconda tappa di questo viaggio nella memoria prosegue a Marina di Cerveteri dove, come racconta lo stesso autore del libro, Giuseppe Mura… «ci ha accolto una pioggia battente, preludio di quella ben più abbondante che si sarebbe poi riversata su Roma qualche giorno appresso; deliziosa cittadina quella di Cerveteri, benché al momento avvolta in una nube di gocce d’acqua. Era appunto la mattina del 27 gennaio, anniversario emblematico della liberazione del lager di Auschwitz-Birkenau da parte delle avanguardie dell’armata rossa avanzante verso il cuore del Reich. Ad accoglierci, nella suggestiva scenografia offerta da un’ampia sala consiliare, ricavata nel magazzino di un antico granaio, recentemente restaurato ed oggi adibito ad edificio comunale, con tanto di torre/silo e con l’ampia scala a chiocciola, sulla quale si arrampicavano un tempo i somari, gravati del peso delle gerle di grano, il giovane sindaco Alessio Pascucci con l’assessore alle Politiche scolastiche Giuseppe Zito, insieme a qualche centinaio di bambini e ragazzi delle scuole secondarie di primo grado e primarie, accompagnati da genitori, insegnanti e dalla loro dirigente scolastica Maria Vittoria Serru, promotrice ed organizzatrice, insieme a Marisa Melis e Marisa Deledda, di queste tre giornate di presentazione e commemorazione delle stragi perpetrate dal nazifascismo, negli anni compresi tra il 1940 e il 1945.»
Come sempre accade nelle scuole in cui Modesto si trova a narrare la sua terribile esperienza, il racconto è stato ascoltato in attonito silenzio, trasformatosi poi in una cascata di domande da parte dei presenti, adulti e ragazzi, che hanno trovato nelle sue parole, sempre misurate e spesso mitigate da un velo di ironia, risposte ai quesiti ed alle perplessità dei presenti. Al termine dell’incontro, una rappresentanza di bambini ha donato all’ex deportato alcuni lavori da loro stessi preparati, con disegni e riflessioni sull’argomento, concludendo così con un sorriso di speranza «una giornata voluta per ricordare, soprattutto ai ragazzi che si accingono ad affrontare la vita, di quali orrori siano capaci gli esseri umani.»
L’ultima tappa della “tre giorni” si è svolta presso il Liceo artistico E. Rossi di Via del Frantoio a Roma, già Istituto statale d’arte Roma 2 dove, col patrocinio del comune di Roma. la dirigente scolastica Maria Grazia Dardanelli ha promosso a pieni voti il progetto, dando il compito di coordinatore dell’evento al professore Bruno Ulian. La mattina del 28 gennaio si è presentata baciata dal sole, “zio Modesto e il suo staff”, hanno raggiunto il giardino della scuola, dove hanno conosciuto la dirigente ed il coordinatore, da lì hanno poi raggiunto il luogo dell’incontro: una splendida struttura prefabbricata con tanto di soppalchi balconati. Ovunque intorno, sulle pareti, negli angoli, appese al soffitto e posate su basi, risplendevano le creazioni degli “studenti artisti”, si respirava una ventata di “vita creativa”, quasi una speranza per un futuro all’insegna di risoluzioni diverse dettate appunto dalla creatività.
Dal tavolo è stato molto piacevole ascoltare le riflessioni della dirigente, del coordinatore, della relatrice Marisa Melis e dell’ambito e piacevolissimo ospite Modesto Melis. Quasi superfluo raccontare l’attenzione con cui i ragazzi e le ragazze della quarta e quinta classe hanno seguito l’intera performance della mattinata: dapprima le esposizioni, poi i racconti, quindi le letture di qualche brano saliente del libro da parte di due studentesse dell’Istituto, un video straziante, girato in occasione della liberazione del campo e, infine, le domande. Una valanga di domande, curiosità e riflessioni che gli studenti hanno rivolto a “zio Modesto”, mostrandogli tantissimo rispetto, ammirazione ed affetto… perché è quasi impossibile non affezionarsi immediatamente a questo curioso ed incredibile “nonnetto novantaquattrenne”, che dall’alto del suo metro e cinquantotto centimetri ha mostrato ed ancora mostra, attraverso i suoi strazianti racconti, sempre velati da una punta d’ironia, quasi per mascherare le atrocità viste e subite in prima persona, la malvagità da parte di troppi uomini, un intero popolo, che ha privato della dignità e della stessa vita uomini, donne e bambini che avrebbero avuto una vita felice e prospera, se solo non fossero finiti in quei tremendi luoghi, “pozzi” di angherie, discriminazioni, persecuzioni e, per molti, vere e proprie tombe.
Una “tre giorni”, quella di “zio Modesto”, che è servita, in qualche modo, a far volare in alto una testimonianza che merita di essere “urlata” ma che con Modesto Melis è stata sussurrata per posarsi più delicatamente nei cuori di tutte le persone che lo incontrano, lo conoscono, che parlano con lui e che dalla luce che emanano i suoi occhi… ed il suo sorriso, traggono uno stato di benessere e rassicurazione… pace… la stessa che ci piace augurare a tutti gli innocenti morti per mani crudeli e ricordati da eventi come questi che hanno un unico obiettivo: RICORDARE PER NON DIMENTICARE…
Grazie “zio Modesto”! Ora non ci resta che sperare in una prossima tappa in Sardegna…
Nadia Pische

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Nonostante il considerevole ritardo, abbiamo provato ad andare a trovare Babbo Natale nel suo villaggio a Cannas di Sotto, alla periferia di Carbonia. Purtroppo, dopo le quattro giornate (8, 15, 21 e 22 dicembre) in cui il villaggio è stato letteralmente preso d’assalto da migliaia di visitatori arrivati da tutti i Comuni del Sulcis Iglesiente e non solo, era già partito ma abbiamo avuto la fortuna di trovare 3 simpaticissimi elfi dell’associazione culturale Sturmtruppen, che ha organizzato il tutto in collaborazione con la Pro Loco e con il patrocinio del comune di Carbonia, che hanno soddisfatto le nostre curiosità…

Vediamo un ricco album fotografico ed il video che ho realizzato e…appuntamento all’edizione 2020, sempre che…le stelle siano favorevoli…

Ciao Babbo Natale…

Nadia Pische

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Un’antivigilia pazzesca quella che in tanti hanno deciso di regalarsi il 23 dicembre al padiglione della fiera di Cagliari, dove Francesco Renga ha fatto sognare i tantissimi fans accorsi per cantare con lui da tutta l’Isola.
Gia dall’estate scorsa, quando ha iniziato a spargersi ufficiosamente la voce delle sue due possibili tappe in Sardegna, il 22 dicembre a Sassari ed il 23 a Cagliari, i “renghini” sono entrati in fibrillazione e non hanno avuto pace, sino a quando non hanno avuto il biglietto in mano.
Come Alessandro che ha fatto recapitare da Babbo Natale, il biglietto per assistere al concerto del 23, alla sua bella Licia che non ha smesso di ringraziarlo alla fine di ogni canzone per averle fatto un così bel regalo.
Francesco Renga ha dato il meglio di sé e, come sempre, ha emozionato cantando l’amore come solo lui sa fare, raccontando aneddoti con una simpatia travolgente. Gli applausi ed i tipici cori “sei bellissimo” si sono ripetuti per l’intero concerto…la sua musica è arrivata dritta al cuore…
Ma sicuramente meglio di me saprà raccontarvi con quali pezzi ha maggiormente emozionato il pubblico la mia compagna di viaggio Valentina che si è presentata al concerto con tanto di scaletta e, se non ci credete continuate a leggere…ora a scrivere inizia lei!!!

Nadia Pische

2 h di spettacolo senza pause hanno coinvolto ed emozionato il pubblico cagliaritano, e un Francesco Renga visibilmente felice ed emozionato ha deciso di concludere il suo fortunato “L’altra metà tour”, partito l’11 ottobre dal Teatro degli Arcimboldi di Milano, proprio in Sardegna con il concerto di Cagliari, dopo ben 50 date in giro per tutta l’Italia. Una ricca scaletta che ha visto reinterpretare successi del passato (come “Tracce di te”, “Un’ora in più” ed il brano che lo ha consacrato durante la sua prima partecipazione da solista al Festival di Sanremo nel 2001, “Raccontami…”) e le più recenti “Era una vita che ti stavo aspettando”, “Scriverò il tuo nome”, “La tua bellezza” e l’ultimo pezzo portato a Sanremo nel febbraio di quest’anno, “Aspetto che torni”. I pezzi più significativi sono introdotti dallo stesso Renga, che guida il pubblico attraverso un racconto che vede l’amore e l’uomo al centro, in una scenografia essenziale ma ben fatta con diversi specchi sul palco, uno dei quali viene preso in mano da Renga mentre introduce “A un isolato da te” che usa per illuminare il pubblico per spingerlo ad una riflessione sul rapporto con se stessi e con gli altri. La vicinanza con il pubblico culmina durante il pezzo “L’amore altrove”, che il bresciano d’adozione decide di interpretare proprio camminando tra le file del pubblico, che si accalca intorno a lui, nel tentativo di vederlo ancora più da vicino e toccarlo. Il concerto prosegue con tutto il pubblico in piedi accalcato a ridosso del palco, una volta abbandonate le ordinate file predisposte, per l’occasione, nel padiglione della Fiera.
Renga saluta il pubblico della Sardegna, sua terra d’origine, dicendo “Questa è la terra più bella del mondo”, rinnovando il suo senso di appartenenza ed il suo amore per l’isola che con le due date di Sassari e Cagliari è stata scelta per concludere il tour nazionale con cui il cantautore chiude un anno ricco di impegni e soddisfazioni, iniziato con la partecipazione a Sanremo e la pubblicazione dell’ottavo disco in studio “L’altra metà” e terminato con il tour nei teatri italiani.
Lo spettacolo vedrà nuovamente la luce nel corso del 2020, durante 5 date europee che vedranno Francesco Renga esibirsi a Zurigo (10 maggio), Bruxelles (13 maggio), Parigi (15 maggio), Londra (16 maggio) e Madrid (18 maggio).

Valentina Unali

                                                      

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Prosegue con successo, a Sant’Antioco, la mostra “I Presepi nell’Isola”, organizzata dall’associazione “Sant’Antioco abbraccia il mare”.

Visitabile tutti i giorni mattina e sera, in via Vittorio Emanuele 27, offre l’occasione di poter vedere realizzata “La natività” in molte forge rinnovando l’idea dell’arte come fonte inesauribile di creatività.

A dimostrazione del tutto vi invitiamo a vedere ed ammirare i 60 presepi esposti e realizzati da artisti del posto e non solo.

Nel giardino della famiglia Locci, sempre lungo il Corso Vittorio Emanuele, si può ammirare il presepe del noto scultore Gianni Salidu, scomparso da dieci anni ma sempre presente nei cuori delle persone che lo hanno conosciuto e amato.

Ma la novità quest’anno, giunti ormai alla terza edizione, è la comparsa all’interno della sala espositiva della “casa di Babbo Natale”, novità proposta dal gruppo di Carbonia “La scatola dei colori” e accolta da giornale “La Provincia del Sulcis iglesiente“, quindi portata all’associazione “Sant’Antioco abbraccia il mare“, che invita grandi e piccini a scrivere una letterina a Babbo Natale per chiedergli di fare qualche magia per cercare di sistemare questo nostro mondo tutto rotto.

L’entusiasmo per l’iniziativa ha coinvolto come in un gioco di Natale dai bambini ai negozianti, ma non hanno detto no neanche nonne, dottori, politici e baristi che cogliendo l’occasione al volo hanno espresso i più bei desideri al mondo…perché dove sta scritto che gli adulti non possono scrivere a Babbo Natale?

Fatelo in tanti e poi correte il 6 gennaio a sentire un magico suonatore di launeddas e poi ad assistere all’estrazione di numerosi libri della casa editrice di Giampaolo Cirronis e non solo…

Stiamo facendo in modo che ad ogni letterina venga abbinato un premio…

La befana aiutata da due mini valletti vi farà divertire e ai più bravi potrà persino regalare caramelle.

Non mancate quindi vi aspettiamo sino al 6 gennaio per visitare i presepi ed imbucare le lettere e poi il 6 gennaio, alle 17.30, per musica e premi a gogò.

Nadia Pische

        

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Ieri il Capo dell’Ufficio Circondariale Marittimo e Comandante del Porto di Sant’Antioco, tenente di vascello Francesco S.M. D’Istria, ha emesso un’ordinanza, la n° 66/2019, con la quale ha disposto l’interdizione dell’area interessata all’incagliamento della nave mercantile “Cdry Blue”, avvenuta sabato sera.

Oggi sono arrivate le navi inviate dal ministero dell’Ambiente per prestare soccorso alla Cdry Blue e per il disinquinamento nel tratto di mare in cui la nave incagliata ha sversato il gasolio contenuto nei serbatoi danneggiati nell’impatto con la scogliera di Capo Sperone.

«Nel tardo pomeriggio nel porto di Sant’Antioco è approdata la nave soccorso Jim Helios inviata dalla società Smit Salvage, leader mondiale nel recupero di relitti e prevenzione danni ambientali (è la stessa che ha rimosso la Costa Concordia), e nel porto di Portoscuso la nave antinquinamento Falisca inviata dal ministero dell’Ambiente, questo grazie all’interessamento anche del ministro Costa – ha scritto su facebook Rolando Marroccu, portavoce del Comitato Porto Solky -. Siamo fiduciosi nel rispetto della tempistica che prevede l’inizio dei lavori forse già da domani 26 dicembre.»

Allegate le fotografie scattate ieri da Nadia Pische a Capo Sperone.