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Un’esplosione e la vita rischia di sfuggirti di mano…lo sguardo smarrito di tuo figlio, il labbro spaccato, le tue mani sporche di sangue, fumo, gas, polvere, una voce amica che cerca di confortarti, le sirene dell’ambulanza, le luci del carro attrezzi, le voci concitate delle persone intorno, le telefonate a casa: «Abbiamo avuto un incidente! La macchina è distrutta! Come stiamo noi? Non lo so!»
La mente è confusa, i pensieri si rincorrono senza trovarsi e poi il Sirai…eccolo pronto ad accoglierci.
Sono quasi le venti di giovedì 23 marzo, quando le porte del Pronto Soccorso si aprono per noi ed inizia quella che sarà una lunga notte…
Il primo intervento dei sanitari arriva con il sorriso e così procede per alcune ore…gli esami di routine e gli accertamenti del caso…
Mentre attendo, è difficile non guardarmi intorno: tante le persone sofferenti per un solo medico, alcune si lamentano su una barella, altre in sedia a rotelle come me si guardano intorno smarrite, qualche parola e scopriamo che, nonostante la notte sia ormai cominciata da un pezzo, ci sono pazienti arrivati dalla mattina ed ancora in attesa di risoluzione.
Alta professionalità che opera in condizioni disastrose…personale da una vita insufficiente per seguire sì tanti pazienti.
Infermieri che dovrebbero avere il patentino dello sportivo! Perché?
Per portare una barella ai reparti o nei luoghi preposti per i controlli devono prendere la rincorsa, l’unico modo per arrivare in cima all’inappropriata salita che regna indisturbata nel Pronto Soccorso, certo la speranza è che la barella non si rovesci o che all’infermiere non venga il colpo della strega!
Ma spostiamoci dal Pronto Soccorso ed avviamoci in radiologia, dal caldo piacevolissimo passiamo al freddo dettato da strane correnti, i brividi ti percorrono la schiena e nel giro di niente l’influenza si impadronisce di te!
Per la cronaca, molte persone arrivano in ospedale senza neanche un raffreddore e spesso, durante la degenza, accade che si prendano addirittura una polmonite, qualcuno ha pure rischiato il peggio.
Finiti gli accertamenti si ritorna al Pronto Soccorso, per poi scoprire che non si rientra a casa ma…si pernotta e, per la precisione, mio figlio in astanteria ed io in chirurgia.
Vi starete chiedendo perché in chirurgia…ebbene i traumi cranici vanno in chirurgia…arrivo ed il medico di turno mi regala subito un sorriso…non ci crederete ma quasi guarisco all’istante! Letto, compagne di stanza carinissime che mi accolgono col sorriso, nonostante sia entrata nelle loro vite ben dopo la mezzanotte…
La notte trascorre serena, certo il pensiero va a mio figlio che sta da solo giù in astanteria ma…so in che mani l’ho lasciato…infatti, la mattina scopro che si sono curati di lui (è un minore) meravigliosamente…dal medico di turno, alle infermiere, ai pazienti, ai parenti dei pazienti ospitati per tener compagnia ai loro cari…
Esami, accertamenti e diagnosi, non semplice, voglio essere presente personalmente anche per mio figlio, spaventi, preoccupazioni nel giro di poche ore, almeno per mio figlio, lasciano spazio a rasserenamenti.
Ma come fare a risalire dal Pronto Soccorso in due, visto che nel frattempo decidono di ricoverare anche mio figlio in chirurgia?
Sarebbe bastato che a disposizione ci fossero due Oss, invece non ci crederete ma in un reparto “ricco di urgenze” la carenza del personale non fa altro che complicare le cose e rendere quasi vano il lavoro, l’impegno e la fatica operate e mostrate dai professionisti che passano ore della propria vita dedicando la loro attenzione e le loro cure ai pazienti che disperati arrivano al Pronto Soccorso.
Arrivati lì noi tutti, pazienti o parenti ci aspettiamo di essere ricevuti con umanità, serietà, cognizione di causa e professionalità…tutte qualità che i nostri medici e tutto il personale hanno…solo un problema…la dignità!
Quella ce la devono dare i servizi e, a capo dei servizi e dell’organizzazione, ci sono delle persone il cui ruolo consiste nel vigilare e nel predisporre tutto al meglio.
Nel mio viaggio, al momento iniziato da circa 86 ore, devo dire di aver riscontrato tante piccole grandi cose che con un niente potrebbero essere sistemate per il bene dei pazienti e del personale tutto che lavorerebbe decisamente meglio…la serenità potrebbe diffondersi a macchia d’olio e di questi tempi non sarebbe male!
Certo, quel che ci ritroviamo a dover mangiare non è certo il massimo, non ci sono pretese da Grand Hotel ma almeno della pasta cotta o dello spezzatino poco salato magari servito in porzioni per adulti e non per bambini. Se poi si potesse vedere al di là del vetro, il tutto sarebbe emozionante…il panorama fuori dalla finestra è davvero splendido!
E’ difficile davvero difficile guardarsi intorno e far finta di nulla, perché ho scritto questa lettera?
Per cercare di smuovere qualcosa e far intervenire chi di dovere, per cercare di risanare una situazione critica che stringe la sanità in una stretta mortale.
Nadia Pische