22 December, 2024
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Si è conclusa all’Eur “Roma Arte in Nuvola”, quarta edizione della più importante Fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea del Centrosud. Come ormai consolidato, ad ospitare l’evento sono stati gli spazi espositivi del Centro congressi la Nuvola. Organizzata e realizzata da Creare Organizzare Realizzare (Cor) con la direzione artistica di Adriana Polveroni, la Fiera ha avuto il sostegno della Regione Lazio e Roma Capitale, il Ministero della Cultura, la Direzione Generale degli Archivi di Stato, la Fondazione MAXXI, il Museo delle Civiltà e l’Istituto Centrale per la Grafica. Main sponsor Banca Ifis, che nell’occasione ha allestito uno spazio espositivo con dodici busti di sua proprietà ritrovati e restaurati, realizzati da Antonio Canova.

Nei circa 26mila mq di superficie del Centro congressi progettato da Massimiliano Fuksas e di proprietà di Eur Spa, fino a domenica 24 novembre sono state esposte le opere messe in mostra dalle 140 gallerie d’arte nazionali e internazionali selezionate. Si tratta di centinaia di quadri, sculture, installazioni, collage e molto altro, prodotte in diverse forme e realizzate tecniche e materiali diversi, come le cassette in legno per la frutta usate nell’installazione “Casa senza titolo, di Sislej Xhafa, 1999”, proveniente dalla collezione del MAXXI e che vedi subito salendo Piano Forum, dov’è gran parte dell’esposizione. Tra la lunga teoria di stand si passa accanto una grande parete arricchita da una raccolta di oltre duecento tra disegni, bozzetti, schizzi e acquarelli che riportano ad altri tempi e hanno come tema dominante la storia naturale. A realizzarli è stato il duo artistico Maristella Scala e Simeone Crispino, in arte i Vedovamazzei.
Si è parlato di nuove forme d’arte, realizzate talvolta con plastiche polimeriche, sabbie, polvere di quarzo, marmo, vetro e metalli, ceramica e terracotta, colori acrilici, smalti, ad olio ed acquerello.

Tra gli artisti che hanno presentato le loro opere, Nicola Filia, con il progetto “CARBONE” – Una mostra che ripercorre le origini della città di Carbonia e la racconta in chiave contemporanea, allestita da Paola Mura. La presentazione è stata curata da Salvatore Cherchi.

«La storia di Carbonia – città fondata dal fascismo, nel 1938, per produrre carbone – è singolare innanzitutto sul piano sociale. Immaginate una moltitudine di decine di migliaia di persone che in poco tempo, nella seconda metà degli anni Trenta del secolo trascorso, converge in un lembo di terra di agricoltura e pastorizia: persone con storie, parlate, nomi e cognomi che ne indicavano i tanti luoghi di provenienza. Arrivarono con il carico di speranze, nostalgie e sofferenze che sempre accompagnano l’uomo che lascia per bisogno il luogo natio, la famiglia e le amicizie.

Molti sono andati incontro a un tragico destino perché impreparati a un lavoro pericoloso sempre, ma con rischi accentuati dagli obiettivi pressanti della produzione. Morirono sul lavoro diciotto minatori nel 1938; trentadue nell’anno seguente. Un censimento incompleto registra che, tra il 1938 e il 1963, nel complesso delle miniere carbonifere del Sulcis sono morti oltre trecento minatori.

La moltitudine di costruttori di città e miniere nel tempo si trasformerà in una peculiare Comunità della Sardegna, con identità marcata e forte senso di appartenenza. La metamorfosi si compie già nel primo dopoguerra, quando con la cessazione dell’economia autarchica e l’apertura dei mercati, l’industria mineraria carbonifera, che occupava circa 17mila minatori, entra in un declino inesorabile. La Città nuova, a pochi anni dalla fondazione, correva il serio rischio di divenire una città fantasma: la Comunità reagì e si radicò nel luogo quando corse il concreto rischio di esserne sradicata. Nella temperie resistenziale di quegli anni, si forgiò lo spirito identitario.

La trasformazione e il senso di appartenenza germinarono con le istituzioni democratiche, i partiti politici, il sindacato, la chiesa.

Nel 1946, Carbonia punì la complice e pavida monarchia con un voto massiccio per la Repubblica: un fatto eccezionale in Sardegna. La città si diede una rappresentanza democratica: fu eletto il primo Consiglio comunale. Per la classica nemesi della storia, divenne sindaco un cittadino perseguitato dal regime fascista, arrestato nel 1932 e condannato a 12 anni di reclusione dal Tribunale Speciale. Si chiamava Renato Mistroni, ferrarese, di professione operaio.»

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Nicola Filia, artista, scultore e ceramista, originario di Carbonia, dove è nato 44 anni fa, sarà protagonista del progetto Megalòpolis, curato da Baingio Cuccu e Paola Mura, da domenica 10 novembre 2019 al 9 novembre del prossimo anno, per 12 lunghi mesi, al Nuraghe Losa di Abbasanta.

«Mi piace l’idea di far dialogare la civiltà Nuragica con quella post Atomica, che è la nostra, attraverso un accostamento delle mie città fantasma al Nuraghe Losa: da lì tutto iniziava, ed oggi, tutto finisce.»

Megalòpolis è un progetto site specific che accosta archeologia e arte contemporanea, civiltà Nuragica e civiltà post Atomica, il Nuraghe Losa e le città fantasma di Nicola Filia.

Megalòpolis è il racconto di una visione, una riflessione su ciò che è stato e vive ancora, su ciò che è presente e che, forse, sarà.

Attorno alla maestosa, millenaria presenza del Losa, attorno alle grandi pietre che danno forma alla sua architettura, l’installazione di Nicola Filia evoca le forme e le contraddizioni delle megalopoli contemporanee, in un accostamento che diviene dialogo tra civiltà.

Le megalopoli di Nicola Filia sono città scintillanti di ceramica, ma già fatiscenti nelle mura sbrecciate, sono scheletri di ferro di palazzi fantasma, che la natura è già pronta a riconquistare, sono città di terra che saranno dissolte dal sole e dall’acqua, sono monumenti di civiltà e convinzioni già vacillanti al loro nascere.

Megalopolis durerà un anno e si svilupperà nel percorso di visita dell’area archeologica: un intero ciclo solare, l’alternarsi delle stagioni, darà modo al Tempo di fare il suo corso. L’installazione, sotto gli occhi dei visitatori (e nelle ripresa in time-lapse) subirà un’inevitabile e progressiva trasformazione , premonizione di un possibile futuro delle nostre civiltà, nel corrompersi della materia e, con essa, delle nostre convinzioni.

Nicola Filia nasce a Carbonia nel 1975, studia all’Istituto d’arte Carlo Contini di Oristano, fondato nel 1925 dallo scultore Francesco Ciusa. Intraprende gli studi universitari, che lascia per dedicarsi alla ceramica: dal 2002 al 2016 disegna e realizza oggetti per B&B Italia. Negli stessi anni tiene inoltre lezioni e workshop sul design degli oggetti in ceramica presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Fra le sue principali mostre le personali Un Bosco di Alberi Bianchi, a cura di Cristiana Collu, Museo Man, Nuoro 2008, Temporary City , a cura di Paola Mura e Efisio Carbone, Centro d’Arte e Cultura il Ghetto, Cagliari 2018, la collettiva On Flower Power, a cura di Martì Guixè, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma 2019. La sua installazione Un Bosco di Alberi Bianchi ha vinto il Premio internazionale Un Bosco per Kyoto nel 2015 ed è in mostra permanente al Museo E.A. Martel – PAS di Carbonia. La sua opera Temporary City è stata selezionata per la Biennale d’Arte Ceramica 2019 al Museo Cluj in Romania, dove è attualmente in mostra. Le sue sculture fanno parte di prestigiose collezioni private, nazionali e internazionali.

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Dal 28 settembre all’11 novembre il Ghetto di Cagliari ospiterà la personale di Nicola Filia “Temporary City”, curata da Paola Mura ed Efisio Carbone.

Nicola Filia si muove nel solco della grande tradizione ceramica, sia come designer sia come artista, affiancando a questa prima materia d’elezione l’uso di altre materie che adopera secondo le sue necessità espressive. In questo senso la produzione scultorea di Filia spazia da forme organiche ed espressioniste a lavori di maggiore sintesi formale dove l’elemento architettonico trova una sua precisa vocazione espressiva.

I materiali dell’architetto – dell’urbanistica – sono il sole, gli alberi, il cielo, l’acciaio, il cemento, in questo ordine gerarchico e indissolubile, scriveva Le Corbusier. E in questo solco il rapporto uomo-natura è uno dei principali temi su cui si muove Nicola Filia, in un’indagine sul concetto stesso di costruzione, modifica, energia, sfruttamento delle risorse che presenta come sintesi tradotta in una serie di sculture e installazioni dai significati polivalenti, come sottolineano i curatori della mostra Paola Mura ed Efisio Carbone.

In “Temporary City” le serie di opere si snodano lungo un percorso narrativo entro il quale si esplicita il pensiero dell’artista, dai bianchi boschi metafisici agli alberi carbonizzati fin dentro soffocanti città e strutture fatiscenti.

Nel suo appropriarsi dei luoghi l’uomo compie sempre una violenza sullo spazio e la natura: probabilmente (e in questo il pensiero dell’homo faber Filia si fa estremo) non esiste equilibrio tra processi di antropizzazione e ambiente.

Un viaggio forte e meditato che mostra l’alta qualità della ricerca e del lavoro di Nicola Filia.

Nicola Filia nasce a Carbonia nel 1975. Lascia l’università per dedicarsi all’arte nel 1996. Si trasferisce per due anni a Oristano, dove perfeziona la tecnica della ceramica e si diploma con il massimo dei voti. Nel 2001 si trasferisce ad Olbia. Disegna e realizza per 19 anni collezioni esclusive di oggetti in ceramica per le più importanti aziende italiane di design. Fra tutte la B&B Italia, grazie alla quale esporta pezzi in tutto il mondo. Nel 2008 il suo debutto al MAN di Nuoro con l’installazione Un Bosco di Alberi Bianchi, che successivamente nel 2015 gli permetterà di vincere il Premio Internazionale Un Bosco per Kyoto. Ritira il premio in Campidoglio, a Roma. Vive e lavora tra Olbia, sede dello studio e San Pantaleo, dove espone invece le sue sculture.

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La Presidenza del Consiglio Regionale della Sardegna e la Facoltà di Scienze Economiche, Giuridiche e Politiche – Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni Dottorato di ricerca in Storia Beni Culturali e Studi Internazionali- dell’Università degli Studi di Cagliari, hanno organizzato un ciclo di attività sui 70 anni di Autonomia speciale della Sardegna.

Giovedì 12 ottobre 2017, dalle ore 16.00 alle 20.00, l’Aula Baffi della Facoltà di Scienze Economiche Giuridiche e Politiche, in viale Sant’Ignazio 74, ospiterà una tavola rotonda di apertura sull’“Evoluzione e prospettive delle istituzioni formative e culturali nella Sardegna autonomistica”.

Dopo i saluti di Stefano Usai, presidente della Facoltà di Scienze Giuridiche Economiche e Politiche, interverrà Cecilia Novelli, direttrice del Dipartimento Scienze Sociali e delle Istituzioni.

I lavori saranno presieduti da Mariarosa Cardia, professoressa di Storia delle Istituzioni Politiche dell’Università di Cagliari e coordinati da Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sardegna.

Parteciperanno: Maria Del Zompo, magnifico rettore dell’Università degli Studi di Cagliari; Giuseppe Dessena, assessore regionale della Pubblica Istruzione, Beni culturali, Spettacolo e Sport; Francesco Feliziani, direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale della Sardegna; Filippo Maria Gambari, segretario regionale del MiBACT; Paola Mura, direttrice dei Musei Civici di Cagliari; e, infine, Maurizio Virdis, professore di Lingua sarda e Linguistica sarda dell’Università di Cagliari.