24 April, 2025
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Quale futuro per l’industria nel Sulcis Iglesiente? E’ il tema dibattuto martedì 1 aprile nell’incontro organizzato dalle segreterie territoriali FIOM-CGIL, FSM-CISL e UILM-UIL, nell’anfiteatro di piazza Marmilla, a Carbonia. All’invito degli organizzatori hanno risposto in tanti: sette sindaci (Pietro Morittu, Carbonia; Ignazio Atzori, Portoscuso; Pietro Cocco, Gonnesa; Debora Porrà, Villamassargia; Paolo Dessì, Sant’Anna Arresi; Andrea Pisanu, Giba, presidente dell’Unione dei Comuni del Sulcis; Marcellino Piras, Villaperuccio); due consiglieri regionali, Luca Pizzuto di Sinistra Futura e Gianluigi Rubiu di Fratelli d’Italia; amministratori di diversi Comuni del Sulcis Iglesiente; don Antonio Mura, responsabile della Pastorale per il Sociale e il Lavoro della diocesi di Iglesias; i sindacalisti Franco Bardi (segretario generale della Camera del Lavoro CGIL della Sardegna Sud Occidentale), Simona Fanzecco (CGIL Cagliari), Efisio Lasio (segretario SPI CGIL), Federico Matta (UIL territoriale); lavoratori di varie aziende; rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei pensionati; cittadini.

I lavori sono stati aperti dalla relazione del segretario regionale della FIOM CGIL Roberto Forresu, che a nome delle tre organizzazioni sindacali FIOM-CGIL, FSM-CISL e UILM-UIL, ha esposto le ragioni che hanno portato all’organizzazione dell’incontro, che ha parlato a braccio sulla base del testo che riportiamo integralmente.

«Grazie a tutti per la partecipazione, non era scontata la riuscita di un’iniziativa del genere. Il nostro ringraziamento va a tutti i sindaci del territorio per la disponibilità dimostrata immediatamente, ma soprattutto al sindaco di Carbonia Pietro Morittu per l’accoglienza e l’attenzione dimostrata sin dalla prima richiesta. Noi lo abbiamo scritto nel comunicato, abbiamo la convinzione che l’attenzione dedicata al territorio dalla politica ai massimi livelli, vada ricercata nelle mobilitazioni messe in campo in questo periodo. Contrariamente a quanto pensa qualcuno, non intendo le sole iniziative dei metalmeccanici, ma le metto insieme tutte, a partire da quella che i sindaci hanno promosso alla Portovesme srl, guarda caso qualche giorno prima della venuta dei ministri e della Presidente della Regione Alessandra Todde insieme agli assessori il 27 dicembre 2024. Così come hanno sicuramente dato risonanza i tanti appelli lanciati dalla Chiesa ed in particolare da don Antonio Mura, sempre presente a tutte le iniziative delle Lavoratrici e dei Lavoratori. Lo sono stati anche i tanti articoli sui giornali e sulle Tv, delle Confederazioni, dalle categorie, direttamente interessate agli accadimenti industriali contemporanei. Perché dico questo? Per sgomberare il campo da equivoci o da alibi, che vogliono assegnare titolo di prim’ordine ai metalmeccanici, colpevoli secondo alcuni, di voler primeggiare in una contesa che in realtà non ci appartiene. Vogliamo primeggiare in una contesa che mette al centro le difficoltà, che parla delle Lavoratrici e dei Lavoratori. Vogliamo lavorare fianco a fianco con tutti coloro che sentono il problema della decadenza industriale, come un problema proprio e non accettano le imposizioni aziendali, le delocalizzazioni industriali, la mancanza di politica industriale, che ci sta portando a perdere economia nel territorio, abitanti, giovani che sempre più spesso decidono di partire per cercare fortuna, o semplicemente lavoro altrove. Di sicuro abbiamo bisogno di chiarezza su quello che deve essere il futuro industriale del territorio e, allo stesso tempo, abbiamo urgenza che questa chiarezza venga a realizzarsi nel più breve tempo possibile. Perché come andiamo a ripetere da tempo, non esprimersi, o perdere del tempo nel decidere il futuro, equivale a bocciare prospettive di rilancio occupazionale e produttivo. Pensiamo a quanto sta avvenendo nella fabbrica di alluminio primario. Invitiamo tutti a pensare cosa deriva dalla fabbrica di alluminio primario. Qualsiasi prodotto che noi utilizziamo ha a che fare con l’alluminio, pensiamoci, pentole, infissi, telefonini, tv, motorini, biciclette, antenne, qualsiasi cosa ha a che fare con l’alluminio. Pensate che dal 2012 non si produce più un kg di alluminio in Italia. Uno pensa, beh sarà andato in crisi il mercato cosa ci possiamo fare? Eh no, il mercato dell’alluminio non è mai andato in crisi, anzi è sempre rimasto costante. Il Paese Italia ha semplicemente deciso di dipendere totalmente dalle produzioni straniere. Ma col passare del tempo ha fatto anche peggio, ha regalato lo stabilimento ad un privato, la Sider Alloys, anzi non è che l’ha solo ceduto, gli ha dato pure dei soldi, 148 milioni di euro dall’accordo di programma più 20 milioni di euro dall’Alcoa per il riavvio. In 4 anni si dovevano rioccupare oltre 500 persone e tornare alla produzione. Sapete cosa è accaduto? Pandemia, Via, Aia, PAUR, accordo bilaterale, piano industriale stravolto ogni sei mesi, hanno fatto passare sette anni inutilmente, dove di produzione non se ne parla neanche, e dove anziché fare il revamping per rilanciare lo stabilimento si è andati incontro ad uno smantellamento della sala elettrolisi e l’impianto è diventato una discarica a cielo aperto. Dopo la denuncia delle organizzazioni sindacali dei metalmeccanici ai massimi livelli, al prefetto, al MIMIT, all’assessore dell’Ambiente, alla Provincia, hanno cominciato a porre dei sigilli all’azienda. Siamo soddisfatti? Assolutamente no, perché il nostro unico intento è far ripartire quello stabilimento. Ci preoccupa che, nonostante tutto, il 27 marzo scorso sia venuta nuovamente Invitalia a visitare lo stabilimento, lo abbia fatto in compagnia di un’importante società straniera interessata all’acquisizione dello stesso, e dopo due di giri a vuoto, in cui non gli si è fatto vedere nulla di interessante, si torna a casa. Capite che c’è qualcosa nella politica che non funziona? Mesi e mesi a chiedere verifiche, controlli, poi avvengono, e si ricomincia da capo. Vogliamo, pretenderemo, che il 7 aprile prossimo, quando ci sarà una nuova convocazione al MIMIT, il Governo ci relazioni sulla visita in stabilimento, e ci chiarisca del perché una visita di quel valore, non viene affrontata con le dovute attenzioni. Vorrei ricordare che in quello stabilimento dovevano rientrare al lavoro oltre 500 unità, il picco massimo si è raggiunto a ottobre 2023 con poco più di 110 persone, oggi sono diventate meno di 70. Stiamo chiedendo la discontinuità rispetto a quanto avvenuto sino ad oggi. Sider Alloys, secondo noi, non è in grado di far ripartire un bel niente, il Governo assuma rapide decisioni che portino alla sostituzione in tempi brevi dell’attuale proprietà, alla quale non deve essere riconosciuto nessun altro tipo di finanziamento. Che attendono questo cambio, ci sono oltre 350 lavoratrici e lavoratori ancora in mobilità che hanno fatto lotte, subito denunce in conseguenze delle tante battaglie fatte per garantire il rilancio dello smelter di alluminio primario. Portovesme srl. La crisi della Portovesme, non è iniziata il 5 settembre 2024, lo sanno anche i muri, non prendiamoci in giro. Il patto con il territorio la Glencore lo decide quando alla guida dello stabilimento arriva l’attuale amministratore, che con azioni mirate decide di tagliare il personale incorporando determinate lavorazioni che prima erano di competenza degli appalti e vengono assegnate ai lavoratori diretti. Per un tozzo di pane vengono incorporate delle lavorazioni che danno qualcosa in più ai lavoratori ma riducono gli appalti all’interno dello stabilimento. Si passa nel giro di qualche anno da 1.500 lavoratori a 1.200, vengono interrotte le produzioni derivanti dal calcinato, prodotto nei reparti di arrostimento e lisciviazione, si ferma successivamente la linea del piombo, l’azienda nel periodo della pandemia decide di abbandonare le tariffe energetiche agevolate che attraverso accordi specifici le permettevano di avere costi energetici competitivi e passare per sua scelta al mercato del giorno prima. L’energia, non si consumava, c’era la pandemia, la gente era reclusa in casa, non si poteva uscire, i consumi energetici erano ridotti ai minimi termini, l’ente erogatore abbatteva i costi, quasi sino a regalarla l’energia. I profitti di quel momento erano esorbitanti, ma si sapeva che prima o poi sarebbero terminati. Passa la pandemia fortunatamente, ma questo mondo in cui viviamo non si fa mancare nulla, scoppiano le guerre aggiuntive, vicine come non mai, i mercati impazziscono per la mancanza di circolazione delle materie come avveniva precedentemente, i semiconduttori garantiti per le auto non si trovano più, mandando in crisi una delle più importanti filiere mondiali, quella dell’auto. I governi più industrializzati cominciano a interrogarsi sulle facili delocalizzazioni favorite negli anni, ma è tardi, è tremendamente tardi. Le guerre ci toccano da vicino, scelte discutibili impongono piani di investimento sul riarmo, il prezzo dell’energia elettrica torna ad aumentare a dismisura, e coloro che prima si erano avvantaggiati delle scelte derivanti dal mercato corrente, che prima avevano fatto utili a non finire, cominciano a porsi il problema del costo energetico. A come rinunciare volontariamente ad accordi energetici, favorevoli per guadagnare di più, intaschi soldi a palate dalle scelte che hai deciso di portare avanti, e non appena il mercato ti fa pagare il conto sulla tua ingordigia scarichi tutto sulla collettività? Allora diventa inconveniente produrre in Italia, ed ecco che si portano le produzioni di zinco in altri paesi come Spagna e Germania che garantiscono tariffe energetiche migliori delle nostre. Certo anche noi abbiamo bisogno di tariffe energetiche che permettono alle aziende di essere competitive, ma non abbiamo bisogno di aziende, che privatizzano gli utili e condividono le perdite, perché questo è quello che è avvenuto con Glencore. Che porta alla situazione attuale in cui si rinuncia a produrre zinco in Italia. Attenzione, si rinuncia a produrlo attraverso il processo elettrolitico, non si rinuncia alle produzioni attraverso il Waelz, dove vengono bruciati i fumi di acciaieria.

Veniamo al dunque. Quelle scelte, che ripeto, partono da lontano e non dal 5 settembre 2024, ad oggi fanno varcare i tornelli a poco più di 300 lavoratrici e lavoratori. Siamo davanti a un bivio, dettato dalle dichiarazioni dei ministri e della Presidente della Regione, fatte in fabbrica il 27 dicembre 2024, in cui hanno dichiarato strategiche le produzioni di piombo, zinco e alluminio. Vogliamo provare a conservarle davvero queste produzioni o vogliamo permettere che si continui a produrre solo attraverso i fumi di acciaieria, inventandosi i possibili rilanci produttivi derivanti dal litio e dalle black mass, o dalle filiere terminanti il ciclo con le batterie? Quanti anni ci vorranno? Soprattutto delle due l’una: mettiamo insieme due considerazioni: Glencore dichiara di non volere più produrre zinco in Italia e spara l’idea del litio in futuro. Il Governo dichiara che oltre a essere strategica la produzione di zinco, ci sono soggetti definiti importanti interessati allo stabilimento, e che questo non potrà essere fatto a spezzatino (parole del ministro Adolfo Urso), che quindi non ci potranno essere due galli nel pollaio. Quindi o si produce zinco o si punta al litio, tutte e due le cose non si possono perseguire, io propendo per la prima, sapete perché? Perché la seconda è un salto nel buio, perché la prima è un processo noto che occupava almeno mille persone, e vorrei provare a sfidare il Governo a rispettare gli impegni presi, ma il motivo più importante che fa pendere la bilancia verso quella decisione è essenzialmente uno: le imprese d’appalto e tutti i loro lavoratori, non reggono a lungo l’attuale situazione di 20 a lavoro e 80 in cassa integrazione, guardate che questa situazione l’abbiamo già vissuta in Eurallumina ed in Alcoa. Tutte le aziende in appalto sono fallite e noi vogliamo provare a non rivivere una situazione simile. Per questo siamo disponibili a mettere in campo ulteriori iniziative di lotta.

Poi ci sono le situazioni contingenti che sicuramente non sono meno importanti. Abbiamo urgente bisogno dell’arrivo del gas, della soluzione del DPCM Sardegna, perché sono soluzioni che potrebbero rilanciare l’Eurallumina, azienda che è pronta a mettere a correre un investimento imponente di oltre 300 milioni di euro e che permetterebbe l’assorbimento di gran parte della mano d’opera che sta per perdere il lavoro, che soddisferebbe la fame di lavoro delle aziende che fino a ieri hanno lavorato e in regime di monocommittenza in Glencore, e che permetterebbe di far trovare sfogo a nuove occupazione, non più attraverso gli ammortizzatori sociali CHE NON VOGLIAMO PIÙ, CHE SIA CHIARO. VOGLIAMO IL LAVORO! Così come diventa importante il futuro della centrale dell’Enel e fare in modo che continui la ricerca di appalto all’esterno. Con mano d’opera che non viene pagata, proveniente dall’esterno. È quanto sta accadendo in quella centrale. Vogliamo parlare, infine, dell’importanza del dragaggio del porto è di cosa potrebbe scaturire se si riuscisse a puntare sull’opportunità derivante dal polo nautico. Insomma, non solo crisi ma opportunità importanti che bisogna perseguire giorno dopo giorno. Il momento è adesso.»

Sono intervenuti, nell’ordine: don Antonio Mura, responsabile della Pastorale per il Sociale il Lavoro della Diocesi di Iglesias; Pietro Morittu, sindaco di Carbonia; Luca Pizzuto, consigliere regionale e segretario regionale di Sinistra Futura; Gianluigi Rubiu, consigliere regionale di Fratelli d’Italia; Ignazio Atzori, sindaco di Portoscuso; Renato Tocco, segretario territoriale della UILM UIL; Andrea Pisanu, sindaco di Giba e presidente dell’Unione dei Comuni del Sulcis; Giuseppe Masala, segretario territoriale e componente della segreteria regionale della FSM CISL; Manolo Mureddu, assessore dei Lavori pubblici e dell’Ambiente del comune di Carbonia; Giacomo Guadagnini, presidente della commissione Lavori pubblici del comune di Carbonia e consigliere d’amministrazione del Consorzio industriale provinciale Carbonia Iglesias; Mauro Manca (FIOM CGIL,), Massimiliano Lampis, Mauro Usai (RSU CQ-NOL), Luigi Manca, un lavoratore della Portovesme srl in pensione, Elio Cancedda.

Al termine è stato sottolineato che l’incontro è la prima tappa di un nuovo percorso che le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici hanno deciso di iniziare, auspicando la massima unità fra tutte le segreterie e le categorie delle organizzazioni sindacali, le forze politiche e sociali, per rilanciare la vertenza dell’intero polo industriale di Portovesme e restituire al territorio quanto gli è stato tolto in termini di lavoro e quindi di economia, per costruire tutti insieme un futuro migliore a breve, medio e lungo termine, partendo dall’industria e diversificando il tessuto produttivo.

Vediamo le interviste realizzate al termine dell’incontro, in piazza Marmilla, con i segretari Roberto Forresu, Giuseppe Masala e Renato Tocco.

 

 

Gloria Dessì è la nuova segretaria comunale titolare del comune di Sant’Anna Arresi.

«A seguito del procedimento di individuazione e nomina, dal 17 gennaio 2025 il comune di Sant’Anna Arresi ha nuovamente in servizio il segretario comunale titolare; si tratta della carboniense dott.ssa Gloria Dessì, funzionaria che vanta nella Pubblica Amministrazione un’esperienza quasi ventennale, dapprima nel comune di Carbonia, poi nella provincia di Carbonia Iglesias e, da ultimo, presso l’Agenzia regionale Forestas», si legge in una nota diffusa dal sindaco Paolo Dessì.
«Siamo molto feliciafferma il sindaco di Sant’Anna Arresi – perché il Comune era privo di un segretario comunale titolare da ben 6 anni; infatti, l’ultimo risale al 2019, dopo di che le Amministrazioni che mi hanno preceduto hanno sempre fatto ricorso a istituti che consentivano l’individuazione di segretari provvisori, quali reggenze, scavalchi e vice segretari. Il ruolo del segretario comunale è troppo importante sia per il supporto di alta professionalità tecnica che offre agli uffici, garantito da un reclutamento concorsuale pluriennale e molto selettivo ad opera del ministero dell’Interno, sia per l’assistenza agli organi di governo dell’ente che finalmente possono contare su una figura di vertice dotata anche di quelle capacità relazionali e comportamentali che fanno la differenza nella cura del bene comune.»
«Proprio perché riconosco il valore aggiunto che il segretario comunale può portare alla vita dell’ente ho scelto di fare un investimento, conferendo alla dott.ssa Gloria Dessì un incarico a tempo pieno: troppo spesso in questi anni abbiamo assistito a una svalutazione della figura del Segretario, costretto a dividersi tra più Comuni e a farne le spese è stata l’efficacia dell’azione amministrativaaggiunge Paolo Dessì -. Siamo particolarmente contenti perché si tratta di una giovane donna, madre di famiglia, nata, cresciuta e residente nel Sulcis, che ha un profondo legame con il territorio, la qual cosa dimostra che il Sulcis, nonostante le difficoltà, cresce una gioventù promettente e possiede risorse umane di eccellenza per potersi amministrare in piena autonomiaconclude il sindaco di Sant’Anna Arresi -. Colgo, quindi, l’occasione per dare, a nome mio, del Consiglio, della Giunta e di tutta la cittadinanza, un caloroso benvenuto a Sant’Anna Arresi alla nostra nuova segretaria comunale.»

Al termine dell’incontro davanti all’ingresso dello stabilimento della Portovesme srl, nella tarda mattinata di ieri i sindaci dei comuni del Sulcis Iglesiente si sono riuniti nel municipio di Portoscuso e hanno redatto un documento unitaria, che riportiamo integralmente.

«I sindaci e le sindache del Sulcis Iglesiente sono a fianco dei lavoratori, delle lavoratrici e delle loro rappresentanze, a seguito della decisione della Portovesme Srl-Glencore di chiudere tutta la linea zinco dal 23/12/2024, anticipando quanto comunicato nella riunione del 5/12/2024 al ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit). Questa anticipazione è ancora una volta, una mancanza di rispetto degli impegni e del territorio, che ospita l’azienda da 25 anni e sul quale la stessa ha maturato enormi profitti. Pur sapendo che ieri si sarebbe svolto un sopralluogo degli alti funzionari tecnici del Mimit, al fine di valutare la continuità produttiva della linea zinco adopera di un soggetto terzo da autorizzare, l’AD della Portovesme Srl- Glencore ha deciso la completa fermata dello stabilimento in concomitanza con questo appuntamento che avrebbe potuto ridare speranza a chi lavora, alle famiglie, all’indotto e, pertanto, alle nostre comunità. Condanniamo unitariamente e con forza questa decisione, che rompe ogni patto di fiducia tra azienda e territorio. Mai come oggi è necessario unire le forze e fare fronte comune politico-sindacale-territoriale e istituzionale per trovare soluzioni alle vertenze in atto, che determinano una situazione sempre più drammatica e di estremo disagio a carico di migliaia di famiglie delle nostre comunità. Ribadiamo la necessità dell’apertura immediata di un tavolo di crisi che ci veda coinvolti come parte attiva. Chiediamo un incontro urgentissimo con la presidente Alessandra Todde, l’assessore dell’Industria Emanuele Cani, l’assessora della Difesa dell’Ambiente Rosanna Laconi, l’assessora del Lavoro Desiree Manca.»

Mercoledì 2 ottobre Teulada ha ospitato una cerimonia e una conferenza per ricordare Sicco Mansholt, primo Commissario Europeo per l’Agricoltura (1958-1972). L’evento è stato dedicato a celebrare l’importante legame tra Sicco Mansholt e la comunità teuladina, nonché il suo impatto storico in Sardegna e in Europa.

Alle 9.00, in piazza Fontana, è stata disvelata una targa commemorativa («In memoria di Sicco Mansholt, primo Eurocommissario all’Agricoltura (1958-1972), che sotto un ulivo di Teulada concepì una rivoluzionaria visione di agricoltura in armonia con l’ecosistema. Dono del Comune di Teulada all’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi», motivazione riportata anche nella lingua dei Paesi Bassi) ed è stato messo a dimora un ulivo in onore di Sicco Mansholt, alla presenza di Fabrizio Marcello, segretario particolare dell’assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente; Piero Comandini, presidente del Consiglio regionale, Angelo Milia, sindaco di Teulada; il generale Stefano Scanu, Comandante presso il Comando Militare dell’Esercito della Sardegna; Willem Van Ee, ambasciatore dei Paesi Bassi in Italia; Hayo Haanstra, consigliere agricolo dell’ambasciata del regno dei Paesi Bassi in Italia; Salvatore Loi, presidente dell’associazione Is Sinnus di Teulada, promotore dell’evento; Paolo Dessì, sindaco di Sant’Anna Arresi, ex consigliere regionale e consigliere comunale di Teulada; Gian Luca Urru, vice sindaco e assessore dell’Urbanistica, Edilizia Privata e Ambiente del comune di Teulada; i rappresentanti delle associazioni agricole Luca Saba e Giorgio Demurtas (Coldiretti), Gian Battista Monne e Serafino Casula (Confagricoltura); don Ignazio Porcu, parroco di Teulada.

   

La seconda fase della giornata per Sicco Mansholt ha avuto come sede la Casa Baronale, con la conferenza: “Teulada e la Cerimonia in onore del primo Eurocommissario per l’Agricoltura, Mansholt: il futuro dell’agricoltura”, coordinata dalla docente universitaria Francesca Pubusa. Nel corso dei lavori, dopo il saluto del sindaco di Teulada Angelo Milia, del presidente del Consiglio regionale Piero Comandini e dell’ambasciatore Willem Van Eee, sono intervenuti Christian Rossi, docente di storia delle Relazioni internazionali dell’Università di Cagliari, che ha ricostruito la figura di Sicco Mansholt; Hayo Haanstra, consigliere agricolo dell’ambasciata del regno dei Paesi Bassi in Italia; Salvatore Loi, presidente dell’associazione Is Sinnus.

          

Sicco Mansholt è cresciuto in un’azienda agricola e si è avvalso delle sue esperienze nel suo ruolo di ministro dell’Agricoltura nel governo dei Paesi Bassi del dopoguerra. Con una drammatica carenza di cibo e una crisi in corso, Sicco Mansholt ha adottato una serie di misure per ripristinare rapidamente l’approvvigionamento alimentare. Ha fissato prezzi minimi per i prodotti agricoli più importanti, uniti a dazi sulle importazioni e aiuti per le esportazioni. Era convinto che tutta l’Europa dovesse diventare autosufficiente e che occorresse garantire a tutti un approvvigionamento stabile di prodotti alimentari a prezzi accessibili.

Da convinto federalista europeo, sognava una politica agricola comune per l’Europa. Nel 1950 ha elaborato un piano per un mercato comune dei prodotti agricoli in Europa, che prevedeva una struttura di gestione sovranazionale.

Pur non essendo andato in porto all’epoca, è stato in seguito rilanciato ed è stato la fonte di ispirazione della politica agricola della Comunità economica europea. Sicco Mansholt ha avuto la possibilità di varare i propri piani per una politica comune quando, nel 1958, è diventato commissario per l’Agricoltura nella primissima Commissione europea.

Sicco Mansholt era molto legato a Teulada, dove ha trascorso le vacanze per moltissimi anni e nei primissimi anni ’60 ha costruito una casa sulla costa, a poche decine di metri dal mare, poco oltre l’innesto sulla strada panoramica.

 

I 28 candidati più votati nella circoscrizione di Carbonia-Iglesias quando mancano ancora solo i dati delle due sezioni del comune di Musei.

Alessandro Pilurzu – Partito Democratico 4.090 voti

Gianluigi Rubiu – Fratelli d’Italia 3.478 voti

Ignazio Locci – Fratelli d’Italia 3.294 voti

Elisabetta Di Bernardo – Partito Democratico 3.170 voti

Andrea Tunis – Riformatori Sardi 3.133 voti

Francesco Melis – Partito Democratico 2.221 voti

Luca Pizzuto – Sinistra Futura 2.188 voti

Michele Ennas – Lega 2.073 voti

Gianluigi Loru – Sardegna al Centro 20Venti 1.931

Elvira Usai – Fratelli d’Italia 1.699 voti

Patrizia Mattioni – Riformatori Sardi 1.192 voti

Daniele Mele – Riformatori Sardi 1.052 voti

Daniela Garau – Fratelli d’Italia 987 voti

Ilaria Portas – Sinistra Futura 951 voti

Paolo Dessì – Partito Sardo d’Azione 902 voti

Francesca Pili – Sinistra Futura 893

Gianluca Lai – Movimento 5 Stelle 2050 890 voti

Bruno Usai – Uniti per Alessandra Todde 790 voti

Laura Cappelli – Riformatori Sardi 768 voti

Alberto Fois – Orizzonte Comune 745 voti

Simone Pinna – Progetto Sardegna 739 voti

Federica Siddi – Progressisti 708 voti

Paola Massidda – Movimento 5 Stelle 2050 638 voti

Simona Zanda – Partito Democratico 630 voti

Ginetto Perseu – Forza Italia 591 voti

Salvatore Massa – PSI 550 voti

Monica Atzori – Sardegna al Centro 20Venti 539 voti

Maurizio Cerniglia – +Europa Azione con Soru 425 voti

Nella foto di copertina Alessandro Pilurzu (Partito Democratico), il più votato tra i 100 candidati della circoscrizione di Carbonia Iglesias, sicuramente tra gli eletti nel XVII Consiglio regionale della Sardegna.

 

 

 

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Si è svolta ieri mattina, a Teulada, la cerimonia di commemorazione della Battaglia di Natale (Fronte Russo 25 – 31 dicembre 1941) presso l’aerocampo situato sulla strada statale 195, a circa 1,5 km in direzione Sant’Anna Arresi, dall’ingresso della Caserma “S. PISANO”, in località Sa Portedda. Erano presenti le massime autorità militari (con il comandante del Comando militare autonomo “Sardegna”, generale Giovanni Domenico Pintus), civili (numerosi sindaci, con in testa il primo cittadino di Teulada Daniele Serra, e i consiglieri regionali Paolo Dessì e Gianluigi Rubiu) e religiose (guidate dal vescovo della diocesi di Iglesias, monsignor Giovanni Paolo Zedda).

Dopo l’intervento di saluto del comandante del 3° Reggimento Bersaglieri, colonnello Gabriele Cosimo Garau, e la proiezione di un filmato che ha ricostruito la vicenda storica della Battaglia di Natale, il vescovo della diocesi di Iglesias, monsignor Giovanni Paolo Zedda, ed il cappellano militare don Giancarlo Caria hanno celebrato la Messa. E’ stata poi letta la preghiera del bersagliere.

Nella seconda parte della cerimonia, sono state effettuate alcune esercitazioni dimostrative sul piazzale antistante l’aerocampo.

Nel mese di luglio 1941, il 3° Reggimento Bersaglieri partecipò all’occupazione di Spalato, alla Campagna contro la Jugoslavia, in Bosnia. Il 24 luglio, il Reggimento partì da Bardolino per la Russia, nell’ambito del Corpo di spedizione italiano in Russia (C.S.I.R.). Il 5 settembre, il Reggimento entrò in contatto con il nemico nella zona del fiume Dnieper. Il 28 settembre, partecipò alla prima battaglia combattuta e vinta da soli reparti italiani a Petrikovka, sul Don. Successivamente, proseguì verso il bacino del Donez, in condizioni ambientali proibitive, conquistando la testa di ponte di Uspenowka. Il 20 ottobre, conquistò il centro industriale e ferroviario di Stalino, precedendo la IV Divisione alpina tedesca. Il 1° novembre, i bersaglieri del leggendario col. Aminto Carretto si impadronirono del centro industriale di Rjkowo, con un ingente bottino di uomini e materiali. L’11 e 12 novembre, i bersaglieri del XX e quelli del XVIII Battaglione si lanciarono in aiuto dell’80° Reggimento fanteria, che riuscì così a sottrarsi all’annientamento. Il bilancio fu di 54 morti e 222 feriti. Il 18 novembre, il Reggimento occupò la linea Rassipnaja-Petropawlowka-Ivanowski, che mantenne per tutto l’inverno, contendendo il terreno a forze enormemente superiori. Il 25 dicembre, nella battaglia di Natale, il 3° Reggimento bersaglieri, posto a presidio del caposaldo di Petropawlowka, in tre giorni di furiosi combattimenti, contenne forze dieci volte superiori, finché non fu costretto a ripiegare sul caposaldo del XXV Battaglione. Il 28 dicembre, spronato dal colonnello Aminto Carretto, il Reggimento conquistò tutte le posizioni dopo una serie di contrattacchi.

Il 3° è il Reggimento bersaglieri più decorato (in qualità) d’Italia. Vanta, infatti, due Ordini Militari d’Italia, tre Medaglie d’Oro e tre d’Argento al Valor Militare, una d’Argento al Valore dell’Esercito, tre Medaglie di Bronzo al Valor Militare ed una di Bronzo al Merito Civile.

Con la profonda ristrutturazione dell’esercito italiano del 1976 che aboliva il livello reggimentale, il 3º Reggimento bersaglieri venne sciolto il 20 ottobre 1975 ed il suo comando si trasformò in Comando 3ª Brigata mec. “Goito”. La Bandiera di Guerra e le tradizioni vennero ereditate dal 18º battaglione bersaglieri “Poggio Scanno”. Sia il 18° che il 10º battaglione bersaglieri “Bezzecca”, stanziato a Solbiate Olona, presso la caserma “Ugo Mara”, vennero inquadrati nella 3ª Brigata mec. “Goito”, intanto costituitasi in seguito alla soppressione della Divisione “Centauro”. Tra il 1982 e 1983 alcune Compagnie del 18° Battaglione “Poggio Scanno” vennero aggregate al II Battaglione Bersaglieri “Governolo” per la missione di Pace in Libano.

Ricostituitosi nuovamente nell’agosto del 1991 in fase sperimentale come 3° Reggimento Bersaglieri “Goito”, dal 1° agosto 1992 assunse la denominazione attuale.

Nel quadro del processo di riordinamento dell’Esercito Italiano, nel 2002 il Reggimento è passato alle dipendenze della Brigata cor. “Ariete”. Il 30 novembre 2009 infine, con la cerimonia di chiusura della caserma “Mameli” di Milano, il Reggimento (dopo 46 anni di permanenza) è stato trasferito a “Sa Portedda” (Teulada), inglobando il disciolto 1º Reggimento Corazzato della Brigata Sassari.

Da ottobre 2011 ad aprile 2012, il Reggimento ha partecipato all’operazione ISAF XVII in Afghanistan, nell’ambito del “Provincial Reconstruction Team” di Herat.

                     

    

 

                            

                

 

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I gruppi della minoranza consiliare, a poche dal via libera dell’Aula alla manovra che segna la fine della legislatura del centrosinistra, ritornano all’attacco della finanziaria, bollata dalla capogruppo di Forza Italia, Alessandra Zedda, come “insoddisfacente”. “Manovra elettorale”, per dirla con le parole del capogruppo di FdI, Paolo Truzzu, che si caratterizza “per le mancette”, secondo il consigliere del Psd’Az, Paolo Dessì, e che “è senza una anima”, a giudizio del capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni.

Le uniche note positive, così hanno affermato gli esponenti del centrodestra, sono rappresentati dalle misure introdotte («ma con un ritardo di cinque anni») su indicazione delle opposizioni: fondi per le convenzioni del 118; stanziamenti a favore di famiglie, studenti, lavoro e utilizzo delle risorse regionali, in luogo di quelle europee, per le attività produttive ed in particolare per l’artigianato ed il commercio.

Il rischio, hanno denunciato Zedda, Dedoni, Truzzu e Dessì, è rappresentato dal pericolo impugnativa da parte del Governo di Roma, per la mancata evidenza nel bilancio di una quota degli accantonamenti. La promessa tradita è invece rappresentata dal mancato ripianamento del deficit della Sanità («altro che conti in ordine la Corte dei Conti certifica il buco milionario») la cui gestione resta nel mirino («un altro assessore dopo le ripetute e palesi sfiducie dei consiglieri della sua maggioranza si sarebbe già dimesso») insieme con i “disagi” e lo “sfascio” provocati in danno dei cittadini e degli operatori.

L’ultimo affondo è verso il consigliere del Pd, Luigi Ruggeri, («non ha avuto nemmeno il coraggio di mettere la faccia all’emendamento “clientelare” che salvaguarda solo gli interessi di una società sportiva di Quartu») mentre il ringraziamento è per il presidente della commissione Bilancio, Franco Sabatini («ha svolto una pregevole opera di mediazione, consentendo alla commissione prima e al Consiglio poi, di migliorare, col decisivo apporto della minoranza, l’originaria proposta della Giunta»). 

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Il consigliere regionale del Psd’Az, Paolo Dessì, ha presentato un’interrogazione, con richiesta di risposta scritta, al presidente della Regione e all’assessore dell’Agricoltura «sui ritardi nella riapertura dei corsi per ottenere l’abilitazione all’acquisto e utilizzo dei prodotti fitosanitari». L’esponente della minoranza ha segnalato che «ad oggi non sono ancora state fissate le date per i nuovi corsi di formazione ma siamo fermi dal 2017, con tutti i disagi che comporta questa interruzione dei servizi» e ha richiamato nel testo i riferimenti legislativi relativi a tali abilitazioni.

Paolo Dessì ha chiesto, quindi, al presidente della Regione, Francesco Pigliaru e all’assessore dell’Agricoltura e Riforma agropastorale, Pier Luigi Caria: «Se sono a conoscenza di questi ritardi nell’attivazione dei nuovi corsi per ottenere il rilascio delle abilitazioni all’acquisto e all’utilizzo dei prodotti fitosanitari e adottare urgentemente tutte le misure atte a consentire agli agricoltori di operare nel rispetto delle norme stabilite dalle nuove disposizioni di legge» e «se non ritengano paradossale chiedere all’agricoltore di essere un custode dell’ambiente, e ostacolandolo nel contempo, privandolo degli strumenti per poter svolgere, nel rispetto delle regole, il ruolo richiesto».

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La Quinta Commissione del Consiglio regionale ha sentito in audizione i sindaci di Villaperuccio, Buggerru e Musei sulle difficoltà incontrate dai comuni per la stima e il pagamento dei danni causati dal maltempo.

Il sindaco di Villaperuccio, Antonello Pirosu, anche a nome del direttivo Anci, ha puntato l’indice contro il sistema di gestione delle pratiche messo in campo da Argea: «Lo scorso anno abbiamo inviato la dichiarazione dello stato di calamità naturale alla pec ufficiale di Argea – ha detto Antonello Pirosu – solo dopo abbiamo scoperto che era inattiva. In un’altra occasione la domanda di ristoro danni è stata respinta perché arrivata con pochi giorni di ritardo. Questo non è accettabile. I comuni operano con piante organiche ridotte all’osso e devono provvedere a mille incombenze. La burocrazia non può essere così rigida. Serve una deroga, gli eventi calamitosi da straordinari stanno diventando ordinari». 

Valutazioni condivise dal sindaco di Buggerru Laura Cappelli. «Il nostro comune ha subito danni ingenti dall’alluvione del 4 e 5 maggio scorso – ha detto il primo cittadino – abbiamo spedito per tempo le relazioni ad Argea. L’istruttoria è stata respinta perché i danni sono stati giudicati sotto la soglia minima prevista dalla legge (35%) eppure alcune attività sono andate completamente distrutte. Abbiamo presentato ricorso ad Argea ma non ci è stata data risposta».

Il sindaco di Musei, Antonello Cocco, infine, ha segnalato una situazione di grave emergenza che interessa il suo comune: «Nel nostro territorio, quasi interamente pianeggiante, passano 7 fiumi che scendono dalle montagne di Domusnovas e Villamassargia e si riversano sul Cixerri – ha spiegato Antonello Cocco – nel tratto tra Villamassargia e Siliqua l’alveo del fiume è irregolare e determina un allagamento continuo delle aree agricole, circa 500 ettari. Occorre un intervento urgente sugli argini, gli ultimi lavori risalgono agli anni ’70».

Solidarietà ai sindaci hanno espresso i consiglieri Mario Tendas (Pd), Roberto Desini (PdS), Edoardo Tocco (Forza Italia), Paolo Dessì (Psd’Az-LA Base) e Gianluigi Rubiu che ha denunciato la pessima gestione di Argea e chiesto la convocazione in Commissione dell’assessore all’Agricoltura Pierluigi Caria. Antonio Gaia (Upc) ha invece sottolineato la necessità di studiare forme alternative di contrasto delle calamità naturali: «Agricoltori e pastori devono cominciare a ragionare come imprenditori – ha detto Antonio Gaia – anziché pagare milioni di euro per risarcire i danni sarebbe meglio prevedere una forma di assicurazione obbligatoria con un contributo della Regione per l’abbattimento dei costi».

Il presidente Luigi Lotto ha assicurato massima attenzione alla vicenda: «Informeremo la Giunta della difficile situazione in cui si trovano le vostre comunità e chiederemo all’assessore di riferire in Commissione».

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«Duro colpo per le tonnare fisse isolane E’ un coro unanime di protesta e attacco al ministero delle Politiche agricole e all’assessore regionale dell’Agricoltura, quello che arriva dalla minoranza in Consiglio regionale. Una violenza normativa mai vista e inaudita, contro il settore della pesca isolana e, in particolare, contro lo storico patrimonio identitario delle tonnare del Sulcis Iglesiente.»

Il consigliere regionale sulcitano Paolo Dessì (Partito Sardo d’Azione) e la capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda, sono i primi firmatari dell’interrogazione presentata con i colleghi di tutta la minoranza, nella quale sostengono che «è inaccettabile il provvedimento della Direzione Generale del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, n. 21975 del 07/11/2018, recante l’esito dell’iter istruttorio di cui al Decreto Direttoriale n. 11779 del 29 maggio 2018, riportante l’elenco dei nuovi due operatori che sono Favignana (Trapani) e Cala Vinagra (Carloforte) che rischia di decretare un duro colpo all’economia del Sulcis Iglesiente, minacciando il proseguo dell’attività ittica, relativa alla pesca del tonno».

Profondamente delusi e preoccupati degli effetti devastanti del decreto i consiglieri sulcitani, in prima linea a difesa delle eccellenze e gioielli del territorio Paolo Dessì (Psd’Az), Giorgio Oppi (Udc), Gianluigi Rubiu (FdI), insieme a tutta la minoranza dell’assemblea sarda si ribellano «contro i tagli alle tonnare isolane. In base alle quote assegnate alla Sardegna, le tonnare di Carloforte e Portoscuso – le due realtà più importanti – non sarebbero più competitive. Il decreto siglato dal ministero delle Politiche agricole, di fatto avvantaggia Favignana e la Sicilia (già rappresentata anche da palangari e barche di circuizione) a scapito della Sardegna, è un grave atto per gli operatori del distretto del tonno e nello specifico delle tonnare fisse di Carloforte e Portoscuso, in quanto la quota indivisa assegnata alle tre tonnare della Sardegna, già insufficiente per le stesse, si ripartirà anche con le ultime due tonnare, appunto (Favignana e Cala Vinagra)».

Nell’interrogazione si fa presente che Cala Vinagra è sito storicamente poco pescoso, attualmente chiuso, necessiterebbe di una bonifica dell’area per la presenza delle attrezzature dismesse dall’ultimo gestore. «E’ quindi palese la difficoltà di operare, contrariamente al sito siciliano che ha capacità di drenare una gran parte della quota tonno indivisa. Le quote – si legge ancora nell’interrogazione – devono essere assegnate secondo il criterio storico di pesca, rispettando e salvaguardando le tradizioni della Sardegna ed una vocazione unica nel suo genere come le tonnare». 

«Il decreto è un attacco all’autonomia e alla specialità proprie della nostra Isola – aggiungono i consiglieri dei gruppi di opposizione capeggiati da Alessandra Zedda e Paolo Dessì – visto che la materia inerente la pesca rientra tra le competenze primarie della Regione. Carloforte, Portoscuso, Calasetta, Sant’Antioco e gli altri centri costieri del Sulcis potrebbero perder così anche una fetta consistente del turismo e della tradizione e chiediamo con la massima urgenza che l’assessore si attivi per rimediare al danno prodotto, e chieda  l’annullamento del decreto.»