22 December, 2024
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Sono trascorsi 40 anni dalla tragica scomparsa di Enrico Berlinguer, avvenuta a Padova l’11 giugno del 1984 ed il suo ricordo e la sua eredità politica sono più vivi che mai. La sua figura e la sua azione a quasi mezzo secolo di distanza, hanno lasciato nella società italiana una traccia indelebile e sono divenute patrimonio comune di più generazioni, da preservare gelosamente.
A distanza di anni dalla sua morte, il suo pensiero politico, alcune delle sue intuizioni e la sua opera continuano ad influenzare il dibattito politico odierno, non mi riferisco esclusivamente al tema della questione morale e del progressivo degrado della funzione dei partiti nella società italiana, ma al suo impegno militante per il disarmo, per una politica di pace e di costruzione di un nuovo ordine mondiale; tema più che mai attuale, come dimostra l’orrore dei tanti conflitti e guerre in corso e la crisi delle relazioni internazionali tra le principali potenze mondiali.
La sua stagione sarà ricordata per la proposta politica del “compromesso storico” che non aveva la sola legittima aspirazione di superare “la conventio ad escludendum” nei confronti dei comunisti italiani, quanto contribuire all’allargamento della partecipazione democratica delle classi lavoratrici al governo del paese.
Come è noto questa strategia prende spunto da una riflessione sui tragici fatti del golpe militare fascista del Cile del settembre del 1973, ma anche dall’esaurimento della formula politica del centro-sinistra che aveva visto l’ingresso del PSI nell’area di governo nel corso degli anni ’60.
In questo percorso aveva incontrato in Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, un interlocutore affidabile nella sfida per la costruzione di nuovi e più avanzati equilibri politici nel nostro paese, una prospettiva che si è interrotta con il rapimento e l’assassinio dello stesso Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, le quali (non da sole) hanno avuto come obiettivo principale interrompere un processo politico democratico che legittimava l’aspirazione di governo del paese da parte della sinistra italiana.
Per ragioni anagrafiche ho aderito al PCI neri primi anni della segreteria Berlinguer, proprio nel frangente in cui il partito avanzava al paese la proposta politica di “Austerità: occasione per cambiare l’Italia”, inviterei tutti a rileggere oggi, quelle tesi, con la mente libera dal pregiudizio che sovente accompagna il termine austerità, vi troveremo un’analisi e un’idea di cambiamento della società italiana che era propria di quelli che Andrea Mulas (autore di un bel libro su Allende e Berlinguer) definisce “i pensieri lunghi” di Enrico Berlinguer.
Gli anni ’70 sono ricordati come anni difficili soprattutto per la stagione delle stragi fasciste, della strategia della tensione, iniziata con Piazza Fontana nel 1969, l’Italicus, Piazza della Loggia a Brescia da un lato e dall’altro l’abisso in cui precipitò il paese con il terrorismo delle Brigate Rosse.
Va detto, inoltre, che quello degli anni ’70, fu un decennio particolarmente importante per il nostro paese, nonostante le difficoltà richiamate, furono anni fertili e di conquiste per il mondo del lavoro e di crescita per la democrazia italiana, cito ad esempio alcuni dei temi che avrebbero inciso in profondità nella vita civile e democratica dell’ Italia: la conquista dello Statuto dei Lavoratori, l’istituzione delle Regioni, il Decentramento Amministrativo, la Riforma della Sanità nel 1978 e sul piano dei Diritti Civili le Leggi su Divorzio e Aborto, una stagione riformatrice della quale oggi occorrerebbe recuperare, principi, metodo, memoria e insegnamento.
Mi è rimasta impressa nella memoria, una valutazione espressa da Enrico Berlinguer nel suo intervento al Comitato Centrale del PCI successivo al significativo arretramento elettorale alle elezioni politiche del 1979, nel quale rivendicava che l’azione condotta in questi anni dal PCI e dalle forze di sinistra, aveva contribuito ad introdurre nella società italiana, elementi di socialismo.
Una rivendicazione orgogliosa di un impegno coerente per lo sviluppo della democrazia e il progresso sociale e civile dell’Italia Repubblicana e dei risultati che avevano consentito un importante miglioramento delle condizioni di vita dei ceti più popolari del nostro paese.
A gennaio di quarant’anni fa, la sua ultima volta in Sardegna in un “tour de force” nelle quattro province sarde, di questa circostanza, vorrei raccontare alcuni momenti della sua visita del 1984 ai quali ho avuto occasione di assistere da vicino.
Il 1984 si presentava come un anno con scadenze elettorali importanti, si votava per il rinnovo del Parlamento Europeo istituito nel 1979 e si era prossimi al rinnovo del Consiglio Regionale della Sardegna che, avrebbe poi eletto, l’indimenticato Mario Melis a Presidente della Regione Sarda.
La visita del Segretario Generale del PCI era stata preparata con molta cura dalla segreteria regionale guidata da Mario Pani, ed ebbe inizio la mattina del 15 gennaio del 1984, con un comizio tenuto a Cagliari in Piazza della Costituzione, molto partecipato, e proseguì poi per diversi giorni nelle quattro province della nostra isola.
Ho avuto la fortuna e l’onore di poter partecipare a questa straordinaria esperienza e vorrei rendere con semplicità, una testimonianza personale.
A fine settembre del 1983 ero stato chiamato a sostituire Ugo Piano appena eletto sindaco di Carbonia, nel ruolo di funzionario della Federazione Comunista del Sulcis come responsabile dell’organizzazione e in questa veste fui incaricato dall’allora segretario della Federazione, Ignazio Cuccu – dolorosamente e prematuramente scomparso lo scorso 27 dicembre – ad occuparmi degli aspetti organizzativi relativi alla visita di Enrico Berlinguer nella Miniera di Seruci, prevista per la mattina del 16 gennaio 1984.
Nel pomeriggio del 15 gennaio Berlinguer arrivò a Carbonia per l’inaugurazione della nuova sede della Federazione in viale Arsia, dove fu accolto con grande gioia e partecipazione da una folla di militanti di tutto il nostro territorio.
L’incontro venne introdotto da Ignazio Cuccu segretario della Federazione, il quale annunciò nel corso della manifestazione, la decisione del Direttivo della Federazione di intitolare il Salone delle riunioni alla figura di Pio La Torre, assassinato dalla mafia, insieme al suo autista Rosario Di Salvo. Enrico Berlinguer nel suo intervento dedicò un pensiero significativo a questa decisione e disse a tutti i presenti, delle frasi particolarmente toccanti, che mi sono rimaste impresse: «Ricordatevi compagni, che con l’intitolazione di questa sala a Pio La Torre, state assumendo un compito particolarmente gravoso ed impegnativo».
Queste parole testimoniavano ancora una volta la stima politica e l’affetto umano per Pio La Torre, che aveva chiamato a collaborare con lui nelle segreteria nazionale del partito, ma anche un’esortazione severa a tutti noi ad onorarne il nome con la militanza e l’impegno politico quotidiano.
Conclusa la manifestazione si andò per la cena al Ristorante l’Olimpo che era un’ambiente ricavato nello stesso stabile dell’Albergo Centrale, prospiciente alla passeggiata della via Manno, a quei tempi il principale punto di ritrovo delle giovani generazioni di Carbonia; segnalo una circostanza che colpì tutti noi, alla vista di Enrico Berlinguer si levò un’onda di stupore, di attenzione e di meraviglia da parte della piazza: c’è Berlinguer! E’ Berlinguer! Segno che godeva di una grandissima popolarità ed affetto anche tra le giovani generazioni.
Non era stata questa la sua prima volta a Carbonia, c’era già stato da segretario nel 1974 per un comizio nella centralissima Piazza Roma introdotto dall’allora sindaco della città Pietro Cocco e ancor prima nel 1949 a Bacu Abis, quando ancora ricopriva l’incarico di segretario nazionale dei giovani comunisti e di questa visita, gli era rimasto impresso un ricordo preciso, quello di aver parlato dalla finestra di un’abitazione che dava su una piazza (Piazza Portoferrario) e che la manifestazione venne interrotta e dispersa da un’intervento delle forze dell’ordine  ricordo per inciso che in quel periodo la Polizia era guidata dal famigerato Commissario Giovanni Pirrone).
Devo aggiungere che la ricostruzione di Berlinguer coincideva alla perfezione con il racconto che mi avevano fatto i compagni più anziani della sezione di Bacu Abis.
La sera, non si trattenne a lungo per la cena e quindi una parte del gruppo dirigente della Federazione si trasferì con lui all’Hotel Panorama di Portoscuso che era stato pernottato per trascorrere la notte.
Sostanzialmente aveva voluto con se, il quadro dirigente di partito per pianificare la giornata successiva, che prevedeva due momenti di confronto in due realtà industriali molto importanti l’Alsar e la Carbosulcis, il primo curato da Tore Cherchi da poco tempo eletto al Parlamento per un saluto all’Azienda e i lavoratori, il secondo con i minatori incentrato sul tema del rilancio della produzione del carbone.
Avviò un confronto per affinare i temi e le risposte che avrebbe dovuto trattare nel suo intervento, chiese informazioni sulla situazione e sugli umori nelle aziende e tra la classe operaia, con cui si sarebbe dovuto confrontare.
Per me giovane dirigente di partito alle prime armi, fu una lezione politica indimenticabile, particolarmente istruttiva, di metodo, serietà, umiltà e di rigore.
La giornata del 16 mi riservò una sorpresa inaspettata, alle due iniziative menzionate Alsar e Carbosulcis, faceva seguito un incontro istituzionale con il comune di Iglesias, di cui ricordo oltre ad una festosa accoglienza un intervento particolarmente brillante del sindaco della città Paolo Fogu; l’impegno di Enrico Berlinguer proseguiva con una successiva tappa a Guspini e in tarda serata un incontro con i giovani al Liceo De Castro di Oristano, la giornata al seguito del segretario, per me si sarebbe conclusi ad Iglesias a fine mattina.
Ignazio Cuccu oltre a ricoprire l’incarico di segretario della Federazione era stato da poco tempo nominato responsabile regionale dell’Organizzazione di partito, mi comunicò che il pomeriggio saremo dovuti andare ad Oristano al seguito del segretario; l’incontro di Oristano con gli studenti fu molto intenso e partecipato, incentrato principalmente sui temi della pace e delle giovani generazioni. E’ divenuto poi famoso alle cronache per il finale, la cena in pizzeria con Enrico Berlinguer che accolse l’invito proposto da parte di alcuni studenti.
Sono stato testimone della circostanza e voglio dire la mia, Berlinguer appariva, agli occhi di tutti noi, abbastanza affaticato, quello di Oristano era il quinto appuntamento della giornata e quando alcuni dei ragazzi si avvicinarono per formulare ”il temerario invito”, furono “respinti” da Ignazio, preoccupato della stanchezza del segretario, ma i giovani non desistettero dal loro intento e provarono a sfondare con successo da un’altro fronte, ricordo Agostino Erittu, anch’egli componente della Segreteria regionale rispondere ai giovani, chiedetelo direttamente a lui, vedete se accetta?
«Onorevole Berlinguer verrebbe a mangiare una pizza con noi?» molto volentieri fu la risposta, concesse un’intervista ad un’emittente locale e poi si fini tutti da Catapano in pizzeria.
Anche in questa occasione mi colpì la sua capacità di dialogo e di ascolto, un interesse vero, sincero, non formale, la serata si concluse con una passeggiata notturna ad Oristano, accompagnati da Umberto Cocco allora segretario della Federazione, da Franco Sotgiu e da Mario Oggiano e dal suo segretario Tonino Tatò, mentre Ugo Baduel, al seguito si apprestava a redigere la cronaca della giornata per il quotidiano del partito: L’Unità.
Il giorno successivo lo attendevano diversi appuntamenti impegnativi, in particolare un’assemblea con gli operai di Ottana e successivamente un festoso incontro di popolo ad Isalle, una località di campagna tra Orune e Dorgali.
Ricordo che anche l’appuntamento con gli operai di Ottana fu preparato con un’attività istruttoria adeguata e in quella occasione furono espresse alcune preoccupazioni che poi si manifestarono nella giornata successiva, l’accoglienza ad Ottana fu se non fredda, abbastanza tiepida, iniziavano ad emergere anche tra quella classe operaia i segnali che avrebbero portato al grande balzo elettorale del Partito Sardo alle elezioni regionali del 1984, ma questa è un’altra storia.
Il viaggio di Berlinguer in Sardegna, si concluse con successo anche nelle altre due tappe, in Gallura e a Porto Torres.
La sua presenza nell’isola oltre ad aver contribuito al buon esito delle tornate elettorali, molto positive anche per il PCI, aveva assicurato un impegno corale del gruppo dirigente nazionale che venne onorato anche dopo la sua tragica e drammatica scomparsa.
Questo mio ricordo personale di Berlinguer in Sardegna e a Carbonia, non si è volutamente occupato degli aspetti politici della sua visita e delle sue principali implicazioni, non era questa l’intenzione, osservo e credo non valga soltanto per me che, se a distanza di 40 anni dalla sua scomparsa, sentiamo il bisogno di ricordarlo con questo trasporto, significa che ha lasciato un vuoto incolmabile, un segno indelebile nella coscienza e nell’animo di tutti noi.
Si tratta di un’eredità impegnativa, dati i tempi non semplice da coltivare, il mio auspicio è che possa proseguire una riflessione feconda sul suo pensiero e la sua opera a partire dai temi della pace e della necessità di un nuovo ordine mondiale, per il quale aveva speso la parte più importante delle sue ultime energie.
Questo ben al di là degli interessi di partito o di schieramento, il suo pensiero le sue battaglie, non appartengono solo alla sinistra di origine comunista, sono un patrimonio della democrazia del nostro paese, di tutti i democratici di questo paese, per questa ragione la sua lezione non va dimenticata ma riproposta con forza all’attenzione di tutti, soprattutto delle nuove generazioni.
Recentemente Corrado Augias nel corso di una puntata della sua trasmissione La Torre di Babele dal titolo: Cosa resta di Enrico Berlinguer, ne ha definito la fisionomia utilizzando le seguenti parole che riporto testualmente: «Se io dovessi chiudere da estraneo Berlinguer dentro un sostantivo, direi Etica».
Ecco, mi sembra una definizione molto felice e appropriata che riassume con grande efficacia la sua persona e la sua grande caratura politica e morale!

Antonangelo Casula

Nella foto di copertina, da sinistra: Antonangelo Casula; Mario Pani, segretario regionale del PCI nel 1984; Ugo Piano, Enrico Berlinguer; Ignazio Cuccu.

TelegammaIntervista Telegamma 1

Trent’anni fa nasceva Telegamma, la prima televisione privata del Sulcis Iglesiente. Erano le 21.00 del 26 marzo 1984, quando dagli studi di Piazza Rinascita aveva inizio “Obiettivo Sport“, il programma che apriva ufficialmente le trasmissioni. Scrivendo queste righe è grande in me l’emozione, perché, poco più che ventenne, ebbi l’onore di entrare per primo, attraverso gli schermi delle TV, per di più in rigorosa diretta, nelle case di tanti sulcitani.

In quel 1984 la Sardegna e il Sulcis Iglesiente erano profondamente diversi rispetto ad oggi. Presidente della Regione era il democristiano Angelo Rojch, vi rimase fino al 23 giugno e il 26 agosto venne sostituito dal sardista Mario Melis; sindaco di Carbonia, da meno di un anno, era il comunista Ugo Piano; sindaco di Iglesias era il socialista Paolo Fogu; il comunista Salvatore Cherchi meno di un anno prima era stato eletto per la prima volta parlamentare, alla Camera dei Deputati; il socialista Antonello Cabras era presidente del Comprensorio del Sulcis e qualche mese dopo sarebbe stato eletto sindaco di Sant’Antioco.

Trent’anni, tante esperienze, tante emozioni, assolutamente indimenticabili. Il mondo è cambiato ma per il Sulcis Iglesiente, purtroppo, per molti aspetti non certamente in positivo. Il modello di sviluppo basato sulla grande industria, allora ancora vivo, garantiva molte migliaia di buste paga e, grazie anche ad un rilevante indotto, una condizione socio-economica sicuramente migliore di quella odierna. Quel modello di sviluppo è ormai al tramonto ed al suo posto non è stata preparata un’adeguata alternativa.

Sul piano strettamente personale, Telegamma ha segnato la mia formazione professionale per molti anni. Sono stati anni di grande responsabilità ed impegno totale, nei quali la carica di entusiasmo ha supplito spesso alle carenze strutturali e alle limitate disponibilità economiche. Ho dato e ricevuto tanto, soprattutto in termini di autonomia gestionale della redazione giornalistica che per molti anni ho avuto l’onore e l’onere di dirigere. Posso dire di non aver mai avuto pressioni di alcun genere dalla proprietà (Domenico Sirigu, mio primo interlocutore, Luciano La Mantia e l’imprenditore Paolo Cossu) e di aver portato avanti una linea editoriale completamente autonoma. Negli anni ci sono state anche incomprensioni che mi hanno portato a lasciare l’incarico, ma anche queste non hanno modificato minimamente il mio giudizio complessivo su una lunga, straordinaria esperienza professionale, che alla fine ho deciso di interrompere esclusivamente per mia scelta, per affrontare nuove avventure, con nuovi stimoli.

Oggi ringrazio tutti, dalla proprietà a tutti i collaboratori, con alcuni dei quali posso dire di aver trascorso una parte importante della mia vita professionale.

Sono passati trent’anni e sembra ieri. I ricordi restano, senza rimpianti. La vita continua.