23 December, 2024
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Ieri, al termine di una concitata discussione con gli operatori della Comunità, la mamma e l’avvocato hanno riportato a casa due bambini. Il bambino più grande, figlio di un precedente papà ora defunto, sarà collocato con la zia e la mamma, mentre la più piccola starà con il padre. I due fratelli potranno continuare a frequentarsi. A quanto ci viene riferito, il ritorno entro le feste natalizie rischiava addirittura di saltare: la Comunità si era rifiutata di consegnare i bambini ed è stato necessario l’intervento dei Carabinieri per far eseguire il Decreto. Ora finalmente questi bimbi potranno passare il Natale in famiglia.

La notizia di questi bambini aveva suscitato polemiche sulla stampa locale perché erano stati tolti alla mamma rea, a dire degli operatori della Comunità, di essere troppo permissiva e indulgente. Secondo la testimonianza di uno dei bambini, l’educazione impartita da questi operatori invece era molto più rigida: il ragazzo ha riferito maltrattamenti subiti in Comunità con tanto di lividi e lesioni documentate. Eppure, nonostante la denuncia della mamma alle forze dell’ordine e l’interessamento diretto e formale del Consolato del Brasile in Italia, i Servizi Sociali non si erano mossi perché «non avrebbero creduto alla mamma». Ora finalmente il Tribunale ha compreso e li ha riportati a casa.

«Siamo molto lieti che il Tribunale abbia accolto le richieste dei genitori, ricollocando questi bambini nella loro famiglia – esulta Paolo Roat, responsabile nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus -. Come abbiamo sostenuto fin dall’inizio, questo allontanamento “non s’aveva da fare”. Le accuse rivolte alla madre erano mere valutazioni arbitrarie: allontanare un bambino in base a valutazioni psicologiche, prive di qualsiasi riscontro oggettivo (analisi di laboratorio, radiografie o altro) è una grave violazione dei diritti dei bambini. Finalmente il tribunale ha posto fine a questa ingiustizia. Ringraziamo l’avvocato Manuela Saddi che si è battuta come un leone per questi due bambini. Un sentito ringraziamento va anche al Console dott. Alfonso Carbonar e a tutto il Consolato Generale del Brasile a Roma per l’aiuto vero ed efficace dato a questa mamma brasiliana e ai suoi bambini.»

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Lunedì 20 novembre, a Crema, i servizi sociali si presenteranno alla sua porta per allontanare il figlio coattivamente, e in caso di resistenza, saranno chiamati i carabinieri. Alcuni amici della famiglia saranno presenti pacificamente per sostenere la famiglia durante le operazioni di allontanamento forzato. Anche il CCDU sarà presente con una delegazione. L’allontanamento dovrebbe avvenire alle 12.00 circa presso la casa famigliare.

Il ragazzo nella giornata di giovedì 18 novembre è stato convocato in Questura a Crema, dove ha manifestato chiaramente a un ispettore di polizia la sua intenzione di non andare in comunità, motivando tale volontà con la sua dismissione dei videogiochi e il suo ritrovato impegno scolastico, oltre al desiderio naturale e protetto dalla Costituzione di rimanere in famiglia. L’ispettore ha ascoltato le sue parole e trasmesso un’informativa al giudice. Ma sembra che non sia bastato per fermare la deportazione forzata.

«Questi casi sono troppo frequenti – sostiene Paolo Roat, responsabile Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus -. Abbiamo ricevuto decine di segnalazioni, come il recente caso della ragazzina di Padova strappata alla mamma e, come riportano le cronache, addirittura legata a una barella. La maggior parte degli episodi non viene denunciata: quelli che vediamo sono solo la punta dell’iceberg. Queste pratiche disumane devono cessare. Abbiamo deciso di essere presenti per osservare e documentare qualsiasi violazione della legge, e ogni eventuale conflitto d’interessi. L’allontanamento coatto è figlio dalla pratica psichiatrica del Trattamento Sanitario Obbligatorio: mentre si alzano da più parti voci autorevoli che chiedono una riforma della legge 180 in senso garantista, qui si vuole fare un TSO a un bambino. Serve una riforma e un profondo cambiamento culturale.»

La mamma ha anche annunciato che l’avvocato Francesco Miraglia, noto per le sue battaglie a tutela dei diritti dei bambini ha accettato di difendere lei e la sua famiglia: «Ho deciso di accettare l’incarico perché mi sembra assurdo che un Tribunale per i Minorenni adotti una decisione che definirei alla Ponzio Pilato: invece di sanzionare gli operatori che si sono occupati del caso, neuropsichiatri infantili, psicologi e assistenti sociali, che evidentemente hanno fallito nel sostenere e aiutare questo ragazzo e forse dovrebbero essere mandati a fare un altro lavoro, si decide di allontanare il ragazzo dalla famiglia e di addossare tutte le responsabilità alla madre. Mi rivolgo al Tribunale affinché si ravveda e adotti delle misure più ragionevoli e di buon senso. Questo è un provvedimento ipocrita perché ogni dipendenza nasconde un problema più profondo di socializzazione. Vorrei pertanto lanciare un appello alle istituzioni perché questa vicenda è solo la punta dell’iceberg di una mancanza di politiche sociali per i giovani. Non ci sono più gli oratori o dei centri di aggregazione validi per questi ragazzi – ha concluso Francesco Miraglia – ed è necessario un ripensamento di quello che stiamo facendo per i nostri figli».

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Questa mattina Alice (nome di fantasia), la ragazza di Padova sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio e trascinata in psichiatria al fine di costringerla da andare in una comunità psichiatrica contro la sua volontà, è stata trasferita di nascosto in una comunità in alta montagna della Valle d’Aosta.

Ieri Alice si era recata dallo psichiatra assieme alla mamma per chiedere le dimissioni visto che il TSO era stato revocato, ma non c’è stato nulla da fare: lo psichiatra si è rifiutato di dimetterla sebbene non avrebbe potuto trattenerla essendo il TSO revocato. 

La sedicenne ha anche chiesto alla madre di registrare un video-appello, che non pubblichiamo per motivi di privacy, in cui supplica di essere rilasciata e di non dover andare in comunità, ma di poter vivere la sua normalità in famiglia con sua mamma, suo fratello e il suo cane. Ha scritto anche un disperato appello al giudice:

«Caro giudice, voglio vivere la mia vita con mia mamma lontano dai servizi sociali, voglio pattinare e vivere in pace senza nessuno che mi sposti come una valigia perché sono già otto volte che vengo spostata da una parte all’altra. Voglio stare tranquilla. La prego giudice mi aiuti!»

Alice si trova ora in una struttura psichiatrica in Val d’Aosta in mezzo alle montagne dove sarà, di fatto, isolata dal mondo e trattenuta in una condizione che, stante la sua forte contrarietà, appare più simile a un carcere o manicomio che a una situazione terapeutica. La sua colpa: essere una ribelle ed essere troppo attaccata alla mamma, secondo gli psicologi dei servizi sociali.

Anche la mamma di Alice ha lanciato un appello:

«Sono la mamma di Alice. Più di 2 settimane fa stata prelevata da casa per forza legata su una barella è portata in psichiatria… l’hanno riempita di psicofarmaci non riusciva camminare e nemmeno si ricordava che cosa ha mangiato. […]

Mia figlia non è una malata di mente è una ragazza molto intelligente non ha fatto niente di male. […]

Questa mattina sono andata in ospedale per salutarla ho sentito lei un attimo per telefono si lamentava che la infermiera di reparto la obbligava a bere una sostanza tranquillante per non fare opposizione nel momento di uscita… Io l’aspettavo vicino alla porta e volevo abbracciarla perché non lo so adesso quando la vedo…. ma […] hanno portato via mia figlia Alice dalla porta segreta e io non ho potuto né vederla né salutarla. Chissà se la vedrò ancora …

Per favore chiedo miei diritti come Mamma sofferente. Io voglio mia figlia perché lei soffre senza di me… Aiutatemi a me e Alice. Vi prego dal mio addolorato cuore… Grazie…

La mamma.»

«Quando una persona viene etichettata con un disagio mentale perde i diritti umani.» denuncia Paolo Roat, responsabile nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus. «Qui si sta violando pesantemente il diritto costituzionalmente garantito alla libertà personale per un cosiddetto disturbo mentale la cui diagnosi non è sostenuta da alcun esame oggettivo di laboratorio. Oltre all’aspetto tecnico qui si infrange il senso di umanità: se diventa accettabile trascinare via una bambina con la forza, ci stiamo avviando verso la barbarie. I video registrati dalla mamma e dalla figlia descrivono uno scenario che sembrerebbe ispirato a certi film sulla Shoah, in cui mamme disperate si vedevano portar via i loro figli con la forza.»