21 November, 2024
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Stamane l’Amministrazione comunale di Carbonia, alla presenza di autorità civili, religiose, militari e della cittadinanza, ha celebrato la giornata del 4 novembre, Festa dell’Unità nazionale e delle forze armate, deponendo una corona d’alloro in prossimità del Monumento ai Caduti di tutte le guerre in piazza Rinascita a Carbonia, in piazza Chiesa a Bacu Abis e ai piedi della lapide ai caduti di Serbariu. Il sindaco Pietro Morittu, nel suo discorso pubblico, ha dichiarato che oggi «siamo qui per la Commemorazione della giornata dei Caduti di tutte le Guerre, la giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate. Forze Armate che, con grande spirito di sacrificio e abnegazione, profondono quotidianamente il loro impegno, mettendo spesso a repentaglio la propria vita per garantire la sicurezza, l’incolumità delle persone e per affermare il valore della Pace. Forze Armate che difendono con dedizione le istituzioni dello Stato democratico. Siamo qui per non dimenticare il sacrificio di tanti soldati.
Nella ricorrenza del 4 novembre rendiamo omaggio a tutti quegli italiani, uomini e donne, che si sono immolati, perdendo la vita per la Patria, per la libertà, con l’obiettivo di costruire un futuro di pace duratura. Un futuro di pace che, purtroppo, come ci raccontano le cronache attuali, è ben lungi dall’essere raggiunto, anche perché recentemente si sono aperti nuovi e preoccupanti fronti di guerra. In questa giornata del 4 novembre diamo seguito a un percorso che lo scorso anno, esattamente il 6 ottobre 2023, ha visto il Consiglio comunale di Carbonia conferire la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto e realizzare una targa in suo onore. Un’onorificenza che viene riconosciuta a coloro che hanno sacrificato la propria vita durante i conflitti armati e, nella grande maggioranza, sono rimasti anonimi in una tumulazione comune. Il Milite ignoto rappresenta un vero emblema storico nonché un monito per le nuove generazioni a non ripetere i drammatici errori della storia passata. La storia ci insegna, da sempre, che le guerre non producono vincitori, ma solo sconfitti. La guerra è una sconfitta per l’umanità. La guerra, per definizione, è il fallimento della pace. Noi tutti dobbiamo essere custodi e operatori di Pace, come ci insegnano due fari, due giganti assoluti come il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Papa Francesco. Ricordiamo e facciamo appello tutti noi al monito lanciato da papa Francesco per addivenire a una “Offensiva per la Pace” e, ancora al nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per far sì che il “Grido della Pace” si diffonda con sempre nuova forza, per costruire ponti di solidarietà e dialogo. Nella ferma consapevolezza che, come sostiene il nostro presidente Mattarella, che la pace si costruisce ogni giorno: si costruisce anzitutto a partire dalla vita di tutti in giorni, dall’incontro con chi ci è vicino, anche se chi ci è vicino in quel momento è uno sconosciuto, che incontra per caso la nostra strada», ha concluso il sindaco Pietro Morittu.
       

Mario Puddu, dopo il Ditzionàriu de sa limba e de sa cultura sarda e la Grammàtica de sa limba sarda, opere edite da Condaghes e giunte alla seconda edizione, ha proseguito l’attività di studi linguistici relativi a su limbazu sardu con approfonditi metodi di analisi, di confronto e disamina contrastiva dei determinanti fenomeni evolutivi dell’idioma in un percorso “ricostruttivo” e di “regolarità”.
Lo studio affronta l’evoluzione interna, attraverso la fonologia, la morfologia e la sintassi, nell’area linguistica dell’universo isolano e relazionando lo sviluppo nel confronto con lingua affine o “dominante”; ne scaturisce una riflessione didattica ma anche di carattere identificativo che consolida il ruolo di una ritrovata e singolare ineguagliabile lingua madre sarda, tra princìpi e parametri caratterizzanti una struttura di unicità sintattica.
Un lavoro che, secondo l’intenzione dello studioso, è concepito all’interno di una rinnovata dinamicità dell’identità culturale e dovrà favorire la corretta acquisizione linguistica de sa limba e su manizu nella quotidianità.
Il volume, titolato Grammàtica cuntrastiva sardu-italianu, volùmene I – Fonologia e fresco di stampa nella colletzione “paràulas” di NOR Editziones, a cui seguiranno altre due pubblicazioni a cadenza annuale, tratta appunto di fonologia e segue un percorso complessivo di studio tra le diverse realtà areali di pronuncia e di scrittura, da operare regolarizzando e scrivendo cun regularidade, con senso primario e nella rispettosa volontà di valorizzare tutto il patrimonio linguistico; ossia, studiando sa limba nostra comente bolet fatu e faent po dònnia limba, nella considerazione che l’identità linguistica è un bene personale e collettivo dell’essere e per essere gente/pòpulu. Lo studio fonologico scorre nelle specificità del consonantismo e nella considerazione di ogni fonema-consonante e relative questioni di pronuncia (es.: la differenziazione di scrittura e lettura tra sonu velare oclusivu surdu e sonu velare aprossimante sonoru). L’opera, di unicità e di formazione per una analitica conoscenza della lingua sarda, considera totu su sardu e totu is Sardos nell’essere gente/pòpulu, all’interno dignitoso di un mondo fatto a dimensione bidha e nella fondamentale sapienza del patrimonio di identità e cultura. La grammatica contrastiva – grazie alle consolidate e precise differenze strutturali esistenti tra la grammatica e il parlato – mette a confronto in modo nitido, direi distintivo e caratterizzante, le lingue sardu-italianu a faciapare per individuare ed evitare le frequenti commistioni linguistiche. E Mario Puddu, nella presentada, chiarisce e definisce il senso della grammatica contrastiva che “depet èssere de profetu in totu is sensos: po méngius cumprendhimentu e impreu de su sardu e de s’italianu puru, e curretzione de su manìgiu fartosu prus che àteru in limba sarda” e così realizzare un “iscrìere a totu critériu unìvocu, unitàriu e generale”, attingendo ai fondamenti fonetici della lingua viva e parlata.
Il testo, didattico e di studio, è sostenuto da esercizi pratici ed esemplificativi sulle regole di accentazione (es.: Sa régula de s’acentu gràficu), da cui risultano per i termini in sardo anche le percentuali di parole sdrucciole (12%), piane (87%) e rispettivamente 1% per le parole tronche e bisdrucciole. Le esercitazioni proposte includono l’ascolto della giusta pronuncia, in sistema a risposta rapida, con il codice QR e relativo a parole e testi letterari delle aree di Mesania, Logudoro, Nuorese, Baronia, Ogliastra, Sulcis e Campidano. Piccoli brani di letteratura offrono la possibilità di apprezzare la ricchezza e varietà “de totu is foedhadas e de cantas prus bidhas”.
Una grammatica è intesa come l’insieme delle norme che regolano una lingua e sviluppata in senso contrastivo, come in questo lavoro contivizadu da Mario Puddu tra sardo-italiano, si coglie la capacità di confronto sistematico e consapevole nel riconoscere il corretto manizu de sa limba sarda, secondo lo studio delle regole e specificità della struttura linguistica che accomuna tutti i centri dell’Isola.
Mario Puddu è nato a Illorai. Laureato in pedagogia è stato professore di materie letterarie alle scuole medie di San Giovanni Suergiu. Riconosciuto e apprezzato studioso della lingua sarda, prosegue la sua attività di insegnamento de sa limba in Masters e in corsi di laurea universitari e di aggiornamento per docenti. In sardo, oltre ai numerosi lavori di glottologia e sulla scienza del linguaggio, ha pubblicato opere di narrativa, di poesia, di saggistica e la traduzione in sardo dell’Enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti (Totu frades), edita da Condaghes e con la presentazione di mons. Corrado Melis, vescovo di Ozieri che ha concesso, come autorità ecclesiastica, il necessario Imprimatur per la stampa.

Cristoforo Puddu

Grande festa venerdì 11 agosto in piazza Roma, a Carbonia, organizzata dall’associazione N.A.B.A. per l’arrivo ad un grande traguardo… i 10 anni di attività. Patrocinata dal comune di Carbonia, con la collaborazione della Pro Loco di Carbonia e dell’associazione Le simpatiche canaglie, la festa è stata l’occasione per ricordare ancora una volta quanto le persone diversamente abili siano in grado “di dare” agli altri, con una forza che va oltre ogni limite, portandoli a non arrendersi mai. L’associazione N.A.B.A. si occupa di abbattere le barriere architettoniche, ma il duro lavoro da fare ogni giorno è abbattere le “barriere mentali” che spesso creano situazioni imbarazzanti e poco opportune in una società che tanto “si spende” a parlare di “inclusione”.

L’appuntamento, inserito nel cartellone estivo di “Estiamoinsieme Carbonia”, ha visto la partecipazione di un vasto pubblico, intervenuto a sostegno dell’impegno portato avanti nel decennio 2013/2023 dall’associazione N.A.B.A. guidata dal presidente Andrea Deiana. Ed è proprio con i suoi ringraziamenti che ha preso il via la serata, in primis ai soci che inizialmente erano pochi ma che poi, nel lungo periodo della pandemia, sono diventati davvero tanti. Una realtà carboniense che è riuscita ad espandersi anche in altre cittadine della Sardegna e che, in questa occasione, ha visto salire sul palco non solo soci di Carbonia ma anche di Cagliari e Quartu Sant’Elena, mettendo in luce un vero e proprio momento di integrazione. Un grande ringraziamento va rivolto anche alla Pro Loco di Carbonia, all’associazione della Simpatiche canaglie, all’organizzatrice dell’evento Daniela Marras ma, soprattutto, all’amministrazione comunale, rappresentata sul palco dal sindaco Pietro Morittu e dagli assessori della Cultura, Sport, Spettacolo, Patrimonio, Decentramento Giorgia Meli; degli Affari generali, Transizione digitale, Agenda 2030 Katia Puddu; e, infine, delle Politiche sociali, Politiche di genere, Pari opportunità, Benessere animale Paolo Moi.

Il sindaco di Carbonia Pietro Morittu ha ringraziato e gratificato il grande impegno di Daniela Marras, a fronte di un’amicizia nata sui banchi del Consiglio comunale nella precedente consiliatura, dove pur essendo di diverse idee politiche hanno instaurato una collaborazione su un argomento come l’inclusione e il conseguente abbattimento delle barriere architettoniche. che va al di là delle appartenenze politiche. L’impegno rinnovato da parte dell’Amministrazione comunale per proseguire nella rimozione delle barriere nei musei e nei marciapiedi, è stato ulteriormente dichiarato dal primo cittadino che ha rivolto anche un grazie alle associazioni presenti, per il tempo che dedicano a sostenere i cittadini nelle loro problematiche, in collaborazione con la stessa Amministrazione comunale.

Quindi spazio allo Schiuma Party, in cui si sono immersi i numerosissimi bambini che, con grande gioia e a suon di musica dell’associazione “Le simpatiche canaglie”, si sono divertiti giocando fra loro e coinvolgendo anche genitori e nonni con abbracci “schiumosi”. Ma anche il trenino, i gonfiabili e altri giochi che hanno regalato un vero e proprio clima di gioia. Nei vari stand delle associazioni, che hanno anche ricevuto un attestato di partecipazione all’evento, si potevano avere informazioni e dettagli inerenti la loro attività di supporto. Tavolo da ping pong e campo di basket e poi sul palco tantissima bella musica con il gruppo Miscela 5 x 100, il grande Deejay Zianijai e, infine, la Naba Band.

In conclusione, riporto le parole della stessa Daniela Marras affidate ai social e riprese perché particolarmente toccanti: «Sono passati 10 anni da quando Andrea Deiana ha fondato l’associazione N.A.B.A. Con grande coraggio ed umiltà ha ascoltato e portato avanti le istanze dei cittadini. A distanza di tempo, continua a farlo ma con tanti soci che lo sostengono e si prodigano per aiutarlo nel realizzare i vari progetti inerenti i molteplici aspetti che riguardano disabilità. Il N.A.B.A. è diventato una grande famiglia, non dobbiamo essere i migliori ma dobbiamo esserci, perché tutti sono parte del mondo e non un mondo a parte. Nella serata dell’undici…abbiamo vinto tutti».

Come dice Papa Francesco: «Una società è veramente accogliente nei confronti della vita quando riconosce che essa è preziosa anche nella disabilità…».

Nadia Pische

                                                   

Questa mattina, nei locali dell’Episcopio di Iglesias, il cardinale Arrigo Miglio, arcivescovo emerito di Cagliari e amministratore apostolico della diocesi di Iglesias, e il sindaco di Iglesias Mauro Usai, hanno sottoscritto una convenzione che, a partire da domani 1° luglio 2023, regolamenterà la visite guidate a sette edifici di culto religioso della città di Iglesias: la Cattedrale di Santa Chiara, il Campanile della Cattedrale di Santa Chiara, la Chiesa di San Francesco, la Chiesa della Purissima, la Chiesa di San Domenico, la Chiesa della Madonna delle Grazie, il Museo diocesano. La convenzione, della durata iniziale di cinque mesi, costituisce un passaggio importante nel percorso di promozione della città e dei suoi “tesori” in chiave turistica, un’integrazione importantissima alla proposta delle bellezze naturalistiche e dei siti minerari, oltreché dello straordinario patrimonio culturale della città.

Alla conferenza stampa hanno presenziato le assessore Claudia Sanna e Angela Scarpa, l’assessore Vito Spiga, alcuni consiglieri comunali, il capo di gabinetto Simone Franceschi, la segretaria generale Lucia Tegas; don Francesco Pau, parroco della Cattedrale di Santa Chiara; monsignor Carlo Cani, direttore del Museo diocesano.

Dopo la firma della convenzione, il sindaco Mauro Usai ha annunciato al cardinale Arrigo Miglio la proposta di cittadinanza onoraria, accettata dal diretto interessato con sorpresa unita a grande gioia, paragonata a quella di “promozione” a cardinale giuntagli da Papa Francesco, scaturita da una volontà popolare, che verrà deliberata dal Consiglio comunale.

Alleghiamo quattro filmati: la presentazione della convenzione del sindaco Mauro Usai e del cardinale Arrigo Miglio; la firma della convenzione e l’annuncio della proposta di cittadinanza onoraria fatta dal sindaco Mauro Usai e accettata dal cardinale Arrigo Miglio; le interviste al cardinale Arrigo Miglio e al sindaco Mauro Usai.

                       

A Is Molas (Pula) anche questa domenica è proseguito il pellegrinaggio dei fedeli per rendere omaggio alla reliquia di San Pio, trasferita in Sardegna, visitata da moltissimi fedeli.
In settimana, alla presenza delle autorità, presso la Chiesa della Consolazione di Fra Nazareno, è stata officiata la funzione religiosa, alla presenza dell’arcivescovo di Cagliari, monsignor Giuseppe Baturi. La chiesa, purtroppo, non è riuscita a contenere tutti i fedeli.
Monsignor Giuseppe Baturi ha posto l’accento sull’importanza dell’evento e, per usare le parole del Santo Padre Papa Francesco, ha invocato la Pace in Ucraina, dove il conflitto sembra non aver mai termine.
La reliquia con il cuore di San Pio sarà ancora domani nella Chiesa della Consolazione, in attesa di essere trasferita martedì 6 giugno.
Armando Cusa
 

È stato un successo il concerto del Coro dell’Istituto Comprensivo di Narcao-Perdaxius, diretto dal professor Davide Gallia, tenuto a Roma all’interno della manifestazione “Maggio Musicale a Ripa” presso la Chiesa di San Francesco a Ripa il giorno 9 maggio. I giovani cantori si sono esibiti in una serie di musiche di autori importanti come Bach, Schubert, brani del XIII secolo e naturalmente musiche della nostra tradizione sarda come Deus ti salvet Maria. Ad impreziosire l’esecuzione musicale, diretta dal prof. Davide Gallia, è stata la collaborazione della prof.ssa Livia Sandra Frau, docente di Organo e composizione organistica presso il Conservatorio di Cagliari, che ha accompagnato all’Organo i canti dei ragazzi ed ha eseguito magistralmente brani per Organo solo. A conclusione del Concerto i frati del Santuario hanno donato al Coro una coppa a tema musicale in segno di affetto per la bellissima esecuzione.
Il giorno seguente il Coro ha partecipato all’Udienza di Papa Francesco in Piazza San Pietro, durante la quale i ragazzi hanno potuto consegnare a Papa Francesco 3 doni in ricordo del bellissimo momento, una targa offerta dalla Scuola e genitori, una targa che i comuni di Narcao e Perdaxius hanno donato ai ragazzi per l’occasione e una Sardegna di sughero con dedica dei ragazzi. A conclusione dell’Udienza il Coro ha voluto dedicare a Papa Francesco, seppur distante, l’Ave Maria in sardo, suscitando lo stupore e l’ammirazione dei numerosi fedeli provenienti da tutto il mondo che a conclusione si sono uniti in un calorosissimo applauso.
Un momento indimenticabile per il Coro dei ragazzi composto da Aida Arceri, Chiara Murroni, Lisa Meloni, Gioia Atzeni, Francesca Garau, Alice Bachis, Marisol Pilloni, Micaela Sedda, Elena Desogus, Maicol Cani, Gabriele Cruccas, Tomas Orioni, Matteo Mei, Daniel Pintus, Mirko Piredda, Daniel Pisanu e Leonardo Porcella.
«Posso ritenermi pienamente soddisfatto dei risultati di questo importantissimo progettoha detto il professor Davide Gallia -. Alcuni di loro non si conoscevano, non avevano mai cantato in coro, hanno da subito dimostrato impegno e serietà e son riusciti a creare un gruppo affiatato e delle belle amicizie. Ci tengo a ringraziare l’intero Istituto, i colleghi,  i collaboratori, il personale di segreteria e i genitori che da subito hanno appoggiato il progetto. Ringrazio la dirigente Teresa Florio, un ringraziamento particolare va alla vice preside la prof.ssa Francesca Anedda che ha accompagnato i ragazzi durante la trasferta e prof. Davide Tocco. Ringrazio la prof.ssa Livia Sandra Frau, per la sua preziosa collaborazione e per la bellissima lezione che ha svolto a Roma per i ragazzi, ringrazio i frati del Santuario di San Francesco a Ripa per l’ospitalità. Il mio più grande ringraziamento va ai 17 coristi con cui ho intrapreso un percorso importante di formazione e crescita e con cui ho condiviso un’esperienza bellissima.»
«Siamo molto fieri e orgogliosi del lavoro svolto dai ragazzi e dal grande impegno manifestato in questi mesiha detto la professoressa Francesca Anedda -. Spesso si parla di scuola enfatizzandone le difficoltà e gli aspetti negativi che la caratterizzano, ma è importante ricordare che la comunità scolastica è fatta di tante persone che hanno a cuore il destino dei ragazzi e che con responsabilità e dedizione lavorano sodo ogni giorno. Il progetto è stato quasi interamente finanziato dalla Fondazione di Sardegna, con il prezioso contributo dei comuni di Narcao e Perdaxius, ai quali va la nostra più sincera riconoscenza.»

Ampia partecipazione stamane in piazza Roma, a Carbonia, per le celebrazioni del 25 aprile, 78° anniversario della Liberazione dal nazifascismo (1945-2023).
Alla cerimonia, organizzata dall’assessorato agli Affari Generali nella persona di Katia Puddu e dal comandante della Polizia locale Andrea Usai, hanno preso parte tanti nostri concittadini, le autorità civili, militari, religiose, i rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’Arma con i labari e il gonfalone della città di Carbonia.
Grande emozione al momento dell’inno nazionale, mirabilmente suonato dalla Banda Vincenzo Bellini di Carbonia. A seguire, la deposizione della corona d’alloro presso la targa dedicata ai caduti della Liberazione d’Italia, da parte del Corpo infermiere volontarie “crocerossine”.
Nel corso della mattinata, si sono tenute le allocuzioni di Riccardo Pietro Cardia (presidente della Sezione ANPI Carbonia), di Mauro Pistis (componente del direttivo regionale FIAP con competenza nel Sulcis Iglesiente).
Per l’Amministrazione comunale sono intervenuti il presidente del Consiglio comunale Federico Fantinel con un toccante e accorato discorso in cui ha messo in luce i valori trasmessi dall’esperienza del 25 aprile, che costituiscono i pilastri alla base della sua educazione familiare e del suo impegno politico-amministrativo, il sindaco Pietro Morittu, che nella sua oratoria ha citato Papa Francesco, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella,  il già presidente della Repubblica nonché partigiano Sandro Pertini, Piero Calamandrei, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Il sindaco ha rilanciato un appello per la pace e per la fine del conflitto russo-ucraino.

 

La Diocesi di Iglesias e la Parrocchia Cuore Immacolato di Maria, in sintonia con le parole di Papa Francesco, instancabile promotore di iniziative per la Pace, organizzano un incontro pubblico con il dott. Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire sul tema della pace da perseguire con ogni determinazione.

«La Pace dipende molto dalle scelte dei governanti, ma è anche molto importante che i cittadini del mondo, i cittadini del nostro territorio, nel quale delle armi vengono anche prodotte, ridestino convinzioni ferme e fondate che sconfessino la scelta delle armisi legge in una nota del cardinale Arrigo Miglio, Amministratore apostolico della Diocesi di Iglesias; il sacerdote Roberto Sciolla, parroco del Cuore Immacolato di Maria in Iglesias; e il dottor Giampaolo Atzei, Direttore del settimanale Sulcis Iglesiente Oggi -. Vogliamo sollecitare il risveglio delle coscienze, vogliamo che questi argomenti diventino oggetto di interesse e dibattito pubblico.»

L’incontro si terrà presso la Sala blu del Centro Culturale di Iglesias, via Cattaneo, il giorno mercoledì 19 aprile, alle ore 17,30.

Presenzieranno il Cardinale Arrigo Miglio, il sindaco di Iglesias Mauro Usai e il sacerdote Roberto Sciolla.

 

Stiamo tornando talmente indietro nella Sanità che ormai potremmo arrivare al III secolo dopo Cristo. Allora il tempio della Medicina e della Chirurgia era in quella costa di Turchia e di Siria che lambisce il Mar Mediterraneo. In quei tempi esisteva un problema che esiste ancora oggi: le donne con gravidanze difficili a termine spesso morivano col loro bambino. Narra una “Passio” del terzo secolo, che la giovane cristiana Margherita d’Antiochia fosse stata ingoiata viva da un mostro, in un sol boccone. La Santa, avendo in pugno la croce, che usò come tagliente, aprì il ventre al mostro e uscì dalla sua pancia viva e sana. In questa “Passio” viene descritto un fantastico parto cesareo con salvataggio del nascituro.
Per tale ragione Margherita, una volta martirizzata con la decollazione per ordine dall’imperatore Massimiano, venne dichiarata “santa protettrice delle donne in travaglio”. Da quasi 2.000 anni Santa Margherita viene venerata in tutto il mondo cristiano con lo scopo di rendere il parto più protetto. e le puerpere che si ritengono miracolate, impongono il nome di Margherita alle neonate. Questo ne spiega l’enorme diffusione tra umili e regine. Tra gli anglosassoni il nome Margherita viene contratto nelle ultime due sillabe: “Rita”. La persistenza del nome e la sua diffusione corrispondono alla persistente paura che avvolge tutt’oggi le donne a termine di gravidanza, nel momento più bello.
Non si era mai trovato, in nessuna parte del mondo, il modo di mettere in sicurezza le donne con travaglio difficile fino al 1876. In quell’anno a Pavia il dottor Edoardo Bianchi Porro, per porre fine alle stragi da parto complicato, ideò un metodo chirurgico per salvare le mamme ed i nascituri: inventò il parto cesareo a “madre viva”. La sua idea geniale consisteva nel sedare la donna con protossido d’azoto e cloroformio, aprire velocemente l’addome, legare strettamente il collo dell’utero gravido con un fil di ferro, escidere l’utero totalmente, metterlo su un tavolo, aprirlo ed esporre all’aria il bambino vivo.
Per la prima volta nella storia si salvarono la mamma, Giulia Cavallini, ed il bambino. Però c’era un problema: quella mamma, con quel tipo d’intervento, non avrebbe avuto più figli. Tuttavia, fu un grandioso successo perché fino ad allora morivano il cento per cento delle donne con parto distocico. In pochi decenni con quella tecnica, che venne adottata in Europa, Stati Uniti, Sudafrica ed Australia, la mortalità di donne e neonati calò al venti per cento. I tedeschi apportarono modifiche al metodo ma la tecnica definitiva, in uso ancora oggi, venne messa a punto dal dottor Luigi Mangiagalli dell’Ospedale Cà Granda di Milano. Era l’anno 1900. In Sardegna, per alcuni decenni il cesareo si eseguì solo al San Giovanni di Dio di Cagliari. Le donne sarde in difficoltà, da qualunque parte della Sardegna, venivano trasferite a Cagliari con viaggi avventurosi e dolorosi in treno o in automobile. Esiste un bel libro di Giacomo Mameli “Hotel Nord America” che racconta le peripezie di un gruppo di ostetriche novelle che, intorno agli anni trenta, vennero inviate in Sardegna per abbattere l’altissima mortalità di donne e bambini legata al parto e descrive i dolorosi trasferimenti delle donne di Perdas de Fogu che, per parti complicati, dovevano essere portate a Cagliari.
Negli anni ‘40 del ‘900 gli allievi chirurghi della scuola cagliaritana vennero inviati ad operare negli ospedali provinciali. Allora le città minerarie di Carbonia e Iglesias erano popolosissime e vi nascevano molti bambini. A Carbonia venne inviato il dottor Renato Meloni, che era sia chirurgo generale, che specialista in Urologia, in Oncologia ed Ostetricia. Ad Iglesias, uno dei primi a fare cesarei fu il dottor Salvatore Macciò, anch’egli chirurgo generale ed ostetrico. Questi uomini formarono numerosi allievi di valore che hanno operato nei nostri ospedali fino a poco tempo fa.
Nonostante la bravura di questi grandi chirurghi e dei loro allievi, la pericolosità del cesareo è tutt’oggi incombente.
Il problema sta nella possibile insorgenza di emorragia dalle grosse arterie uterine.
Il dottor Giòmmaria Doneddu, ostetrico al Sirai, per sdrammatizzare invitava le pazienti in attesa di partorire a rivolgere una preghiera a Santa Rita, che era esattamente la stessa Santa Margherita del terzo secolo dopo Cristo.
Non va dimenticato che il momento del parto è, comunque, un dramma che in genere si risolve con sorrisi, ma che può talvolta trasformarsi, in pochi minuti, in una tragedia. Questo è vero sempre, anche oggi, nonostante l’evoluzione tecnologica.
Le cronache giornalistiche delle prime settimane di gennaio 2023 hanno riferito di un evento tragico avvenuto nell’ospedale “Perrino” di Brindisi. Una donna di 41 anni è deceduta per complicazioni legate al cesareo. Era portatrice di una gravidanza gemellare. L’ostetrico di turno, il giorno 17 dicembre 2022 procedette al cesareo e mise al mondo i neonati. Purtroppo, dall’incisione uterina iniziò subito una imponente emorragia. L’ostetrico, davanti all’impossibilità di fermarla, chiamò in aiuto il chirurgo d’urgenza dell’ospedale e gli chiese di asportare l’utero in toto per fermare il sanguinamento. Questo fu fatto. L’emorragia si fermò ma la paziente finì in Rianimazione dove il 22 dicembre morì.
Per salvare la paziente venne utilizzato lo stesso principio ideato dal dottor Edoardo Bianchi Porro un secolo e mezzo prima a Pavia, ma con minor fortuna.
Nel caso della donna di Brindisi l’ostetrico non riuscì ad asportare l’utero perché l’infarcimento emorragico degli organi pelvici gli impediva di riconoscerne l’ anatomia e non riusciva più a distinguere, nella massa emorragica intorno all’utero, la vescica, gli ureteri, il sigma, le grosse arterie e le vene pelviche e il retto. Egli si sentì perso in quel guazzabuglio anatomico e non si sentì competente a procedere oltre. Giustamente chiamò d’urgenza un chirurgo generale, esperto in chirurgia della vescica, degli ureteri, e dell’intestino; solo così fu possibile portare a termine l’isterectomia con tecnica di dissezione anatomica. Per chi non è del mestiere, è bene spiegare che tale dissezione richiede conoscenze ed esperienza in più specialità chirurgiche. Esistono ostetrici esperti anche di chirurgia generale che lo sanno fare, ma sono dei fuoriclasse non comuni. In questi casi è necessario che il chirurgo abbia competenze in chirurgia vascolare, in chirurgia urologica, in chirurgia intestinale: tutte specialità che esulano da quelle dell’ostetrico che è un chirurgo dedicato per l’apparato riproduttore femminile. Si conclude che una paziente con un livello di gravità di questa portata ha necessità di una struttura d’urgenza adatta al trattamento dei traumi dell’addome.
Una volta fermata l’emorragia il problema non è concluso. C’è ancora da controllare lo shock emorragico e traumatico. A questo punto, entrano in gioco il reparto di Rianimazione, quello di Nefrologia – Dialisi e quello di Cardiologia.
Questo ci dice che in un ospedale dove si esegue un cesareo complicato devono essere presenti una decina di specialisti diversi tra medici, infermieri e tecnici. Si tratta di un’organizzazione che esiste esclusivamente in una struttura ospedaliera che opera ininterrottamente h24 e 7 giorni su 7, in emergenza.
Se un parto ha una dinamica fisiologica, è sufficiente l’assistenza di un’ostetrica, ma se insorgono complicazioni diventa necessario disporre di un apparato d’urgenza piuttosto complesso. La sicurezza è l’imperativo assoluto. Quando il parto si complica si scopre che in pochi minuti si può passare dai sorrisi rilassati per il lieto evento alla tragedia più insopportabile nel campo della medicina. La morte è in agguato, e strapparle mamma e bambino è difficile.
Il caso raccontato dai giornali è emblematico. La paziente si dissanguò e le vennero trasfuse 17 sacche di sangue. Ora bisogna sapere che per ogni due sacche di sangue si deve aggiungere una sacca di plasma. Se si tiene conto che una persona adulta ha in circolazione, in media, 3.800 cc di sangue, si deve concludere che alla poveretta vennero trasfusi ben 8 litri di solo sangue, oltre alle altre soluzioni in flebo.
Questo significa che la paziente aveva perso più del doppio della sua massa sanguigna totale. Pertanto, si deve concludere che tutto il suo sangue le era stato sostituito almeno due volte. Molti possono pensare che la sostituzione del sangue perso sia sufficiente a salvare la paziente. Invece, non è così. Da subito compaiono fenomeni biochimici che alterano il metabolismo delle cellule dei tessuti di tutti gli organi nobili e queste cellule iniziano a produrre mediatori chimici alterati. Tali anomali mediatori chimici disturbano profondamente la circolazione sanguigna dei capillari e la nutrizione delle cellule dei tessuti. Il loro metabolismo peggiora ulteriormente perché le cellule iniziano a metabolizzare senza ossigeno. Ciò peggiora ancor più la loro capacità di sopravvivenza e, in tutti i tessuti, inizia una specie di “suicidio di massa” delle cellule: si scatena una “tempesta citochinica” simile a quella che fa morire i malati terminali di Covid. Si tratta dello Shock per crisi del microcircolo sanguigno. Il paziente non risponde alle terapie ed è candidato a morire. Qui intervengono gli specialisti in Rianimazione. Talvolta, fanno il miracolo di fermare lo Shock, ma non ci riescono se lo shock è già in fase irreversibile. Il dramma è tremendo per il paziente ed è angosciosissimo per il chirurgo ed i rianimatori. E’ una fase in cui il paziente spesso è ancora vigile, respira e parla, e dà la sensazione che vi sia ancora speranza ma non c’è niente da fare: muore, comunque. I polmoni non scambiano più ossigeno; i reni si fermano; il fegato non lavora più; il midollo non produce più le cellule del sangue; iniziano le emorragie, le trombosi da Cid (Coagulazione intravasale disseminata) e le tromboembolie polmonari e sistemiche. Il cuore, infine, si ferma e non riparte neppure con il defibrillatore.
E’ brutto fare queste descrizioni, ma è necessario per far capire l’enormità delle difficoltà nel parto complicato.
Quale sarebbe stata la soluzione migliore che avrebbe dovuto adottare quell’Ostetrico che aveva eseguito il cesareo? Aveva adottato esattamente l’unica soluzione percorribile: chiamare il chirurgo generale d’Emergenza ed i Rianimatori.
Il chirurgo fermò l’emorragia asportando l’utero, ma lo Shock era già in fase irreversibile. Ora si può porre la domanda: in quanto tempo si passa dallo shock reversibile allo shock irreversibile? Talvolta, in poche ore, talaltra in pochi minuti.
Se l’ospedale è dotato di una Chirurgia d’urgenza ultrarapida, una Rianimazione, una Nefrologia, una Cardiologia un Centro trasfusionale con un ricco organico di personale sempre presente, vi sono speranze. Altrimenti no.
Il caso raccontato dai giornali è diventato famoso perché la paziente morì sotto Natale e perché Papa Francesco il 25 dicembre 2022 chiamò al telefono il marito della poveretta per confortarlo. Purtroppo, questi eventi non sono rari: avvengono tutto l’anno e ovunque. L’ospedale dove si consumò quel dramma è un grande ospedale regionale della Puglia paragonabile al Brotzu di Cagliari. Se il chirurgo generale d’urgenza fosse intervenuto all’inizio dell’emorragia forse avrebbe potuto salvare la poveretta perché l’ospedale era bene attrezzato per le urgenze. Scorrendo le cronache della Puglia si troverà che nei giorni precedenti era avvenuto un fatto simile nell’Ospedale regionale di Taranto.
Drammi come questo, che non si risolvono colla isterectomia, in genere vengono affrontati dai chirurghi d’Urgenza nelle ostetricie di tutto il mondo e spessissimo le pazienti vengono salvate.
Il motivo della necessità che siano immediatamente disponibili i chirurghi d’Urgenza sta proprio nella loro specifica competenza nelle emorragie traumatiche dell’addome, nei traumi vascolari e urologici.
Considerata la gravità e l’importanza sociale di questi eventi è stato istituito un Ufficio apposito del ministero della Sanità e di Agenas che monitora tali tragedie connesse al parto, i cosiddetti “eventi sentinella”. Esattamente questo ufficio ha proposto leggi speciali per regolamentare gli ospedali che hanno il servizio ostetrico e per certificarne la sicurezza.
Comunque, in mancanza d’altro ci rimane sempre Santa Margherita, la protettrice a cui ricorrevano anche le regine, basti pensare al successo che hanno in tutte le città le vie principali intitolate alla Regina Margherita di Savoia, la cui madre, nel momento cruciale della sua nascita invocò la santa e ne ebbe la protezione. Ne era molto devota la laicissima Florence Nightingale, la leggendaria fondatrice dell’Ordine internazionale delle infermiere. Quando morì volle essere sepolta nel cimitero di St Margaret of Antioch. Speriamo che alla protezione di santa Margherita si associ quella dello Stato. Probabilmente, con due protettori, le cose andrebbero meglio.

Mario Marroccu

«Ringrazio, a nome dell’Amministrazione e della comunità di Carbonia, mons. Giovanni Paolo Zedda per essere stato guida preziosa di un percorso fatto insieme fino a qui.»

Lo ha detto il sindaco di Carbonia, Pietro Morittu, il giorno dopo la rinuncia di mons. Giovanni Paolo Zedda al governo pastorale della Diocesi, secondo la norma del diritto canonico che prevede le dimissioni dei vescovi al compimento dei 75 anni di età.

«Quelli di Sua Eccellenzaha aggiunto il sindaco Pietro Morittusono stati quindici anni di episcopato abbracciato con impegno, serietà e devozione verso le tante necessità dei fedeli.»

Ieri Papa Francesco ha accettato la rinuncia formale di mons. Giovanni Paolo Zedda che diventa Vescovo emerito e ha nominato il cardinale Arrigo Miglio, amministratore apostolico della diocesi di Iglesias.