22 November, 2024
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Time in Jazz edizione numero trentuno ai blocchi di partenza: mercoledì (8 agosto) prende il via il festival internazionale ideato e diretto da Paolo Fresu nel suo paese natale, Berchidda, ma che come sempre abbraccia tanti altri centri del nord Sardegna, incluso il capoluogo di provincia, Sassari, che apre la lunga serie di concerti con un’anteprima domani sera (martedì 7).

Nel fitto calendario spiccano artisti internazionali come Steve Coleman and Five Elements, il tunisino Dhafer Youssef, gli svedesi Jan Lundgren e Nils Landgren, la Fanfaraï Big Band, accanto a una folta e variegata rappresentanza del jazz italiano che abbraccia diverse generazioni di musicisti: Enrico Rava alla guida del suo gruppo Tribe (Gianluca Petrella, Giovanni Guidi, Gabriele Evangelista, Fabrizio Sferra), Gegè Munari, Greta Panettieri, Gabrio Baldacci, Luca Bulgarelli, Pasquale Mirra, Francesco Lento, Vincenzo Saetta, Enrico Zanisi, William Greco, Emanuele Maniscalco, Carla Casarano, Matteo Bortone, Marco Bardoscia, Stefano Tamborrino, Francesco Diodati, il giovane batterista berchiddese Giovanni Gaias e i Plus 39, ovvero il gruppo composto dai migliori allievi della scorsa edizione del Seminario Nuoro Jazz.

A questi nomi si aggiungono quelli dei protagonisti di “Time is Over”, appuntamento “dopo concerto” curato da Gianluca Petrella: Mop Mop (Andrea Benini) con Pasquale Mirra, il progetto “Aforemention” di Tommaso Cappellato, dj Gruff con lo stesso Petrella, e altri ospiti a sorpresa, tra groove e ritmi africaneggianti, hip-hop e scratch. A fare da scenario alle nove giornate del festival, spazi e ambienti che variano dai boschi montani agli scorci marini, dalle stazioni ferroviarie alle chiesette di campagna, dalle piazze agli altri luoghi notevoli dei sedici comuni che, insieme a Berchidda, costituiscono il “circuito” del trentunesimo Time in Jazz: Arzachena, Bortigiadas, Cheremule, Erula, Loiri Porto San Paolo, Mores, Olbia, Ozieri, Ploaghe, Posada, San Teodoro, Sassari, Sorso, Telti, Tempio Pausania e Tula. Accanto alla musica, trovano spazio come sempre varie iniziative di promozione e sensibilizzazione ambientale, presentazioni di novità editoriali e la selezione di documentari curata dal regista Gianfranco Cabiddu, la mostra CasArte – Casa d’Arte Time in Jazz e i laboratori creativi di strada, questi ultimi all’interno del progetto “Mediterranea” realizzato con il contributo del Bando “Sillumina 2018 – Periferie Urbane – Migranti” (sostenuto e promosso da SIAE), con il coinvolgimento di cittadini stranieri e di artisti under 35.

 

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Paolo Fresu _2015 (ph © Roberto Cifarelli1905)

Ultimi preparativi per la trentunesima edizione di Time in Jazz, il festival internazionale ideato e diretto da Paolo Fresu, in programma da mercoledì 8 a giovedì 16 agosto a Berchidda, paese natale del trombettista, e vari altri centri e località del nord Sardegna, compreso il capoluogo di provincia, Sassari, che apre la lunga serie di concerti con un’anteprima martedì 7.

È un’edizione che, abbandonando per una volta la consuetudine di ruotare intorno a un tema caratterizzante, sceglie come titolo un numero: XXXI. «Ciò che vogliamo fare per i prossimi 3 anni – spiega Paolo Fresu nelle sue note di presentazione – è giocare sui numeri romani XXXI, XXXII, XXXIII perché ci appassiona ed è stimolo per nuove connessioni artistiche e creative. Del resto, se abbiamo fatto 30 possiamo fare 31 e, dopo l’edizione del 2020, proveremo a ‘dire 33’ per comprendere se lo stato di salute di Time in Jazz è buono. Perché lo sia continueremo ad impegnarci come abbiamo fatto in questi primi 30 anni. Con passione e dedizione. Mettendoci all’ascolto di quelle che sono le novità della musica contemporanea in campo internazionale ma senza dimenticare il jazz italiano che, sempre di più, è presente in seno al programma del nostro festival».

Su queste coordinate si svilupperanno dunque le nove giornate della prima metà di agosto in terra sarda; un calendario come sempre fitto di proposte differenti, con il consueto occhio di riguardo per il jazz italiano e in particolare per i suoi giovani esponenti (alcuni dei quali, riprendendo la positiva esperienza dell’anno scorso, saranno coinvolti anche come volontari nelle varie branche dell’organizzazione del festival): un vasto e variegato cast che abbraccia diverse generazioni di musicisti e – come già annunciato già dalla conferenza stampa di presentazione dello scorso marzo – comprende i nomi di Enrico Rava con il suo gruppo Tribe (Gianluca Petrella, Giovanni Guidi, Gabriele Evangelista, Fabrizio Sferra), Gegè Munari, Greta Panettieri, Enrico Zanisi, William Greco, Emanuele Maniscalco, Carla Casarano, Matteo Bortone, Vincenzo Saetta, Gabrio Baldacci, Francesco Lento, Pasquale Mirra, Marco Bardoscia, Stefano Tamborrino, Francesco Diodati, Luca Bulgarelli, oltre ai quasi esordienti Plus 39, ovvero il gruppo composto dai migliori allievi della scorsa edizione del Seminario Nuoro Jazz, e al batterista berchiddese Giovanni Gaias.  

Accanto agli italiani, una qualificata pattuglia di artisti internazionali: il sassofonista americano Steve Coleman con i Five Elements, il suonatore di oud e cantante tunisino Dhafer Youssef, la formazione franco-algerina-marocchina Fanfaraï Big Band e, in arrivo dalla Svezia, il pianista Jan Lundgren ed il trombonista Nils Landgren con i rispettivi progetti.

A questi nomi vanno poi aggiunti quelli dei protagonisti di “Time is Over”, l’appendice ai concerti in programma nelle quattro serate (quelle da domenica 12 a mercoledì 15) sul palco “centrale” del festival, quello allestito nella piazza del Popolo a Berchidda: un momento “dopofestival” curato da Gianluca Petrella, all’insegna di groove e ritmiche africaneggianti, hip-hop e scratch con ospiti di volta in volta diversi come Mop Mop (Andrea Benini) con Pasquale Mirra, il progetto “Aforemention” di Tommaso Cappellato, dj Gruff con lo stesso Petrella, e altri a sorpresa. Sono più di trenta gli eventi musicali che si succederanno nell’arco delle nove giornate del festival, dal mattino a notte fonda, come sempre in spazi e scenari differenti: dai boschi montani agli scorci marini, dalle stazioni ferroviarie alle chiesette di campagna, dalle piazze agli altri luoghi notevoli dei sedici comuni che, insieme a Berchidda, costituiscono il “circuito” del trentunesimo Time in Jazz: Arzachena, Bortigiadas, Cheremule, Erula, Loiri Porto San Paolo, Mores, Olbia, Ozieri, Ploaghe, Posada, San Teodoro, Sassari, Sorso, Telti, Tempio Pausania e Tula.

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Grande anteprima del XXXII Festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz”, questa sera a Palmas, con il progetto “Percussion Evolution” di Boni Gnahorè, Aly Keita e Hamid Drake. Per il secondo anno il sagrato della millenaria chiesetta di Palmas Vecchio ospita un concerto organizzato in coproduzione dall’associazione Palmas Vecchio e dall’Associazione Punta Giara.
Aly Keita, suonatore di balafon della Costa d’Avorio nato a Abidjan nel 1969. Fin da piccolo, è stato iniziato allo studio di questo strumento che è l’antenato musicale dello xilofono e del marimba, dal padre, anch’egli a sua volta suonatore di balafon. In altre parole, nella famiglia Keïta il balafon è una cosa seria. Il balafon di Aly è prima di tutto un opera d’arte. In un certo senso, Aly può essere definito il “re” dell’accordatura: egli ha personalizzato le corde ed il corpo in legno del suo strumento aggiungendo zucche di risonanza di diverse dimensioni, il che rende il suono diverso da qualsiasi altro balafon sulla terra. Nelle sue composizioni, Aly parla della vita di tutti i giorni, di orfani e di madri, e della vergogna degli uomini. Il risultato musicale è quello di un virtuoso delle bacchette. Aly diventa parte del suo strumento, accarezzandolo con tenerezza, o colpendolo con forza a grande velocità. Lui è un mago, uno stregone che esprime gioia di vivere attraverso la sua arte. Aly Keita si costruisce da solo i suoi balafon e li suona ininterrottamente al fine di prolungare al massimo il meglio del suono che possano produrre.
Hamid Drake: brillante, sensibile, infinitamente ritmico, intelligente, spirituale e potente batterista di Chicago. Nato a Monroe in Louisiana nel ‘55, la sua famiglia si trasferisce ad Evanston-Chicago qualche anno dopo, proprio mentre un altro musicista, faceva lo stesso tragitto, con la propria di famiglia: Fred Anderson. Hamid si è immerso fin da adolescente nell’ascolto R&B e funk, di tutto il Motown, Stax e Atco. Ha iniziato a suonare in rock and R&B bands, ancor giovanissimo, attirando l’attenzione di Fred Anderson col quale dal 1974 in poi si instaura una collaborazione professionale che diviene sempre più stabile. È lo stesso Fred Anderson che lo introduce presso Douglas Ewart, Gerge Lewis e gli altri componenti dell’AACM ( Chicago’s Association for the Advancement of Creative Musicians). Le sue influenze musicali più significative per quanto riguarda le percussioni risalgono a quel periodo, ovvero ad Ed Blackwell, Adam Rudolph, Philly Joe Jones, Max Roach, Jo Jones. Altro incontro fortunato è quello con Don Cherry da cui scaturirà un’altra avventura musicale duratura. Dopo aver conosciuto Don Cherry, Hamid ha viaggiato molto al suo seguito in Europa, occasione per dedicare più tempo all’esplorazione dell’infinito universo percussivo, condividendo profondamentecon Don Cherry il significato della spiritualità applicata alla musica e delle sue infinite possibilità di trasformazione ed evoluzione. Negli anni è stato inventivo supporto ritmico di lungimiranti artisti tra cui Borah Bergman e Peter Brotzmann, con il quale ha suonato in quartetto con William Parker e Toshinori Kondo, MArylin Crispell, Pierre Dørge, il pianista compositore norvegese Georg Gräwe, Herbie Hancock, Misha Mengelberg, Pharoah Sanders, Wayne Shorter, Malachi Thompson, David Murray, Archie Shepp, Bill Laswell, Gigi, Herbie Hancock, Nicole Mitchell, Michel Portal, M. Zerang con cui celebra dal 1991 il Solstizio d’Inverno, Kent Kessler e Ken Vandermark nel DKV trio. Negli ultimi anni nonostante i molteplici impegni di lavoro, dedica sempre più, parte della sua attività a progetti perso¬nali quali Bindu, Indigo trio (con Nicole Mitchell ed Harrison Bankhead) e collabora con alcuni tra i più interessanti musicisti del panorama italiano (Pasquale Mirra, Antonello Salis, Paolo Angeli).
Boni Gnahorè: Cantante e percussionista della Costa d’Avorio è tra le figure musicali più importanti dell’Africa: interpreta le proprie composizioni in differenti lingue africane – Betè, Fon, Baoulè, Lingala, Wolof, Malinkè, Mina e Bambara, oltre che in francese e in inglese, in una miscela di elementi sonori e ritmici, dalle melodie mandingue alla rumba congolese, dal ziglibiti ivoriano al bikoutsi camerunense, dall’hig-life ghanese ai cori zulu, dai canti betè ai canti pigmei centrafricani. Dispone di una voce calda e possente e di una grande presenza scenica. Le sue performance catturano l’attenzione fin dal primo istante unendo alla forza espressiva della voce e le sonorità delle percussioni.

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La trentunesima edizione del festival “Ai Confini Tra Sardegna e Jazz” arriva alla quarta serata che, come tutto il programma dall’associazione culturale Punta Giara, ha come tema centrale l’eredità musicale zappiana e il modo in cui quest’ultima può essere espansa attraverso il linguaggio improvvisativo del jazz.

Il primo set della serata è una produzione originale dell’ensemble Rubatong che ha voluto intitolare questo progetto “Zappa’s Umbrella”. La band è guidata del bassista Luc Ex, musicista di formazione blues e sperimentale al tempo stesso. Ex ha costruito un ensemble capace di avere queste caratteristiche racchiuse in esso. Con l’aiuto di Han Buhrs (voce, elettronica), Tatiana Koleva (vibrafono, percussioni), Renè Van Barneveld (chitarre) il bassista ci guiderà in un percorso esteso fra composizione contemporanea e free-rock alternando suggestioni cinematografiche, grandi spazi improvvisativi ed improvvisi cambi di direzione che spiazzeranno anche l’ascoltatore più smaliziato.

Il secondo concerto è un progetto originale di Andrea Massaria, in questa occasione seguito da un ottetto di grande impatto. L’idea di “Zappa Speach Project” nasce dalla consapevolezza che Zappa non ha lasciato un segno solo nella musica contemporanea ma ha stupito il mondo con le sue parole affilate. Il geniale compositore non si è mai rifiutato di rivelare la sua idea sulla società, specialmente quella americana bigotta ed armaiola, né di criticarla oltre che nelle sue canzoni anche attraverso lunghe interviste.

Massaria con la sua chitarra ed un particolare ottetto composto da Danilo Gallo (basso ed effetti), Bruce Ditmas (batteria), Cristiano Calcagnile (batteria), Giovanni Mancuso (piano), Pasquale Mirra (vibrafono), Walter Prati (live electronics), Patrik Lechner (live electronics) hanno musicato queste parole e le proporranno come un messaggio di Zappa al mondo che è venuto e che verrà.

La serata è stata inserita nel cartellone della trasmissione, in diretta televisiva RAI dall’Aquila, per la raccolta fondi che serviranno alla ricostruzione del Teatro Giuseppe Garibaldi di Amatrice, andato distrutto nel terremoto che ha colpito il piccolo borgo abruzzese pochi giorni fa. Durante le serate del festival sarà presente un banchetto che raccoglierà i contributi di tutti coloro che vorranno sostenere questa iniziativa.

Allegato, l’album fotografico della terza serata che ieri ha deliziato il pubblico in Piazza del Nuraghe.

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