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Devo ammettere che ci sono rimasto male a verificare che nel nostro territorio non si è celebrata, il primo maggio, la festa del lavoro e, purtroppo, non è certo la prima volta che accade. Mi sono chiesto più volte e ancora in questi giorni, se la situazione di grave difficoltà in cui versa il nostro territorio può essere motivo per non celebrare la festa del lavoro. Ho voluto rifletterci a lungo prima di dare una risposta e mi sono voluto anche ripassare un po’ di storia della festa del lavoro e un po’ di ricordi sicuramente non storici ma importanti della festa del lavoro che in più momenti si è celebrata con grande unità dei lavoratori e con grande partecipazione popolare nel nostro territorio.
Ho avuto l’onore di impegnarmi in prima persona nel movimento sindacale sia di categoria, sia generale e lo ricordo come la più importante esperienza sociale, politica e umana che mi è toccata in sorte.
Il primo maggio si celebra la festa del lavoro dal 1890 in Europa e in diversi Paesi nel mondo. La data fu scelta per ricordare la grande mobilitazione dei lavoratori a Chicago (USA) iniziata il primo maggio 1886 e durata per alcuni giorni per rivendicare la giornata lavorativa di otto ore. La lotta si concluse, purtroppo, con diversi morti e feriti tra lavoratori e poliziotti. Si badi tuttavia che proprio negli USA la festa del lavoro si celebra il primo lunedì di settembre.
Alla base della scelta di celebrare in un giorno stabilito la festa del lavoro vi erano e vi sono quindi alcune ragioni essenziali che si possono cosi sintetizzare: ricordare le lotte dei lavoratori; rivendicare e affermare i propri diritti; rivendicare e raggiungere nuovi obiettivi; in generale migliorare la propria condizione.
Ancora oggi in diversi Paesi del mondo è vietato celebrare la festa del lavoro o è confinata per decisione delle autorità in un luogo periferico e circondato dalle forze di polizia.
Anche in Italia la festa del lavoro ha conosciuto divieti, repressioni e divisioni: durante il fascismo fu deciso dal regime che essa si dovesse celebrare il 21 aprile considerato giorno Natale della città di Roma; nel dopoguerra nel 1947 non si può non ricordare la strage avvenuta presso la località di Portella della Ginestra in provincia di Palermo dove uomini della banda di Salvatore Giuliano spararono sul corteo; dal 1948, le divisioni politiche coinvolsero pienamente anche il sindacato tanto che la ripresa della celebrazione unitaria della festa del lavoro avviene dal primo maggio 1970. Fu al centro la riduzione della settimana da 48 a 40 ore conquistata dal 1969.
Nel Sulcis Iglesiente grandi giornate del primo maggio, credo, restano nella memoria di lavoratori e non solo. In quel giorno i riflettori dei mezzi di informazione guardavano al nostro territorio per evidenziare le iniziative più importanti della giornata nella nostra Isola.
Alle domande che mi sono posto all’inizio, aggiungo, alla luce delle poche cose che ho ricordato sopra: è giusto che le organizzazioni dei lavoratori decidano in proprio di abolire la festa del lavoro per di più in un territorio con la grande tradizione sindacale e di grandi battaglie economiche, sociali e culturali?
Credo che ci possano essere diversi ragioni che spiegano le difficoltà di preparare e celebrare la festa del lavoro ma due, mi sembra, le riassumono: la mancanza di una visione e azione generale unitaria e di una piattaforma di tutto il sindacato per affrontare l’emergenza lavoro e le possibili prospettive di sviluppo.
Pur in questo quadro di difficoltà generale, le categorie impegnate nei settori e nelle aziende stanno dando prova di grande capacità e di unità. Da qui si può ripartire. E si può ripartire anche da un tema che è stato all’origine delle lotte che hanno ispirato la giornata della festa del lavoro e che è stato il grande tema della ripresa della festa unitaria nel nostro Paese: l’orario di lavoro.
Sarebbe importante, secondo me, che dal Sulcis Iglesiente potessero partire proposte e iniziative affinché nel territorio, sulla base del decreto di riconoscimento dell’area di crisi industriale complessa, contando anche sulla ripresa produttiva delle grandi aziende, si affermasse la scelta di una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario e di un generalizzato ricambio generazionale sia nel privato che nel pubblico.
E’ certamente una tematica che deve essere approfondita nei vari aspetti e che, a mio parere, ben potrebbe trovare spazio in una piattaforma da fondare su diversi punti, per affrontare l’emergenza lavoro.
Mi piacerebbe tanto partecipare il prossimo primo maggio ad una grande festa del lavoro in cui tutto il movimento e non solo si impegnasse e si mobilitasse su una nuova piattaforma per il lavoro e lo sviluppo, piattaforma che stiamo aspettando da troppo tempo.
Peppino La Rosa
Dirigente regionale Riformatori Sardi
Ex segretario della Camera del Lavoro del Sulcis Iglesiente