5 November, 2024
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Grande anteprima del XXXII Festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz”, questa sera a Palmas, con il progetto “Percussion Evolution” di Boni Gnahorè, Aly Keita e Hamid Drake. Per il secondo anno il sagrato della millenaria chiesetta di Palmas Vecchio ospita un concerto organizzato in coproduzione dall’associazione Palmas Vecchio e dall’Associazione Punta Giara.
Aly Keita, suonatore di balafon della Costa d’Avorio nato a Abidjan nel 1969. Fin da piccolo, è stato iniziato allo studio di questo strumento che è l’antenato musicale dello xilofono e del marimba, dal padre, anch’egli a sua volta suonatore di balafon. In altre parole, nella famiglia Keïta il balafon è una cosa seria. Il balafon di Aly è prima di tutto un opera d’arte. In un certo senso, Aly può essere definito il “re” dell’accordatura: egli ha personalizzato le corde ed il corpo in legno del suo strumento aggiungendo zucche di risonanza di diverse dimensioni, il che rende il suono diverso da qualsiasi altro balafon sulla terra. Nelle sue composizioni, Aly parla della vita di tutti i giorni, di orfani e di madri, e della vergogna degli uomini. Il risultato musicale è quello di un virtuoso delle bacchette. Aly diventa parte del suo strumento, accarezzandolo con tenerezza, o colpendolo con forza a grande velocità. Lui è un mago, uno stregone che esprime gioia di vivere attraverso la sua arte. Aly Keita si costruisce da solo i suoi balafon e li suona ininterrottamente al fine di prolungare al massimo il meglio del suono che possano produrre.
Hamid Drake: brillante, sensibile, infinitamente ritmico, intelligente, spirituale e potente batterista di Chicago. Nato a Monroe in Louisiana nel ‘55, la sua famiglia si trasferisce ad Evanston-Chicago qualche anno dopo, proprio mentre un altro musicista, faceva lo stesso tragitto, con la propria di famiglia: Fred Anderson. Hamid si è immerso fin da adolescente nell’ascolto R&B e funk, di tutto il Motown, Stax e Atco. Ha iniziato a suonare in rock and R&B bands, ancor giovanissimo, attirando l’attenzione di Fred Anderson col quale dal 1974 in poi si instaura una collaborazione professionale che diviene sempre più stabile. È lo stesso Fred Anderson che lo introduce presso Douglas Ewart, Gerge Lewis e gli altri componenti dell’AACM ( Chicago’s Association for the Advancement of Creative Musicians). Le sue influenze musicali più significative per quanto riguarda le percussioni risalgono a quel periodo, ovvero ad Ed Blackwell, Adam Rudolph, Philly Joe Jones, Max Roach, Jo Jones. Altro incontro fortunato è quello con Don Cherry da cui scaturirà un’altra avventura musicale duratura. Dopo aver conosciuto Don Cherry, Hamid ha viaggiato molto al suo seguito in Europa, occasione per dedicare più tempo all’esplorazione dell’infinito universo percussivo, condividendo profondamentecon Don Cherry il significato della spiritualità applicata alla musica e delle sue infinite possibilità di trasformazione ed evoluzione. Negli anni è stato inventivo supporto ritmico di lungimiranti artisti tra cui Borah Bergman e Peter Brotzmann, con il quale ha suonato in quartetto con William Parker e Toshinori Kondo, MArylin Crispell, Pierre Dørge, il pianista compositore norvegese Georg Gräwe, Herbie Hancock, Misha Mengelberg, Pharoah Sanders, Wayne Shorter, Malachi Thompson, David Murray, Archie Shepp, Bill Laswell, Gigi, Herbie Hancock, Nicole Mitchell, Michel Portal, M. Zerang con cui celebra dal 1991 il Solstizio d’Inverno, Kent Kessler e Ken Vandermark nel DKV trio. Negli ultimi anni nonostante i molteplici impegni di lavoro, dedica sempre più, parte della sua attività a progetti perso¬nali quali Bindu, Indigo trio (con Nicole Mitchell ed Harrison Bankhead) e collabora con alcuni tra i più interessanti musicisti del panorama italiano (Pasquale Mirra, Antonello Salis, Paolo Angeli).
Boni Gnahorè: Cantante e percussionista della Costa d’Avorio è tra le figure musicali più importanti dell’Africa: interpreta le proprie composizioni in differenti lingue africane – Betè, Fon, Baoulè, Lingala, Wolof, Malinkè, Mina e Bambara, oltre che in francese e in inglese, in una miscela di elementi sonori e ritmici, dalle melodie mandingue alla rumba congolese, dal ziglibiti ivoriano al bikoutsi camerunense, dall’hig-life ghanese ai cori zulu, dai canti betè ai canti pigmei centrafricani. Dispone di una voce calda e possente e di una grande presenza scenica. Le sue performance catturano l’attenzione fin dal primo istante unendo alla forza espressiva della voce e le sonorità delle percussioni.

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Dopo la straordinaria esibizione del trio Drake-Parker-Brotzmann, che ieri sera ha incantato il pubblico di piazza del Nuraghe, il festival internazionale “Ai Confini tra Sardegna e Jazz” propone questa sera propone altri due concerti imperdibili, con i Megalodon Collective e l’ensemble Full Blast capitanato dal sassofonista Peter Brotzmann.

Alle 21.00, il palco del Nuraghe illuminerà i Megalodon Collective, una delle migliori formazioni jazz dell’ambito scandinavo. Un settetto che si è meritato nel 2015 il premio come miglior album jazz ai Grammy norvegesi e districa la sua musica tra improvvisazione e rumore, rigida composizione ed immagini classiche e medievali. La line-up comprende Andreas Winter (batteria), Henrik Lodoen (batteria), Martin Myhre Olsen (sax), Karl Hjalmar Nyberg (sax), Petter Kraft (sax), Aaron Mandelmann (basso), Karl Bjora (chitarra). Esploratori di un linguaggio aperto e libero che travalica il jazz e si espande in territori aperti saranno protagonisti di un concerto innovativo ed accattivante. 

Ritorna sul palco per la seconda serata Peter Brotzmann. Questa volta il padre del free jazz europeo sarà accompagnato dal batterista tedesco Michael Wertmuller e dallo svizzero Marino Pliakas al basso. Nessuno sa quello che può succedere sul palco quando si esibisce questa formazione, un misto tra free, ambient, trash metal e musica mai sentita. 

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Dopo le suggestioni di viaggio del Lok trio, condizionato dall’assenza della pianista Aki Takase, vittima di un malore poco prima di salire sul palco di Piazza del Nuraghe, e gli influssi interstellari del Solar Sound il festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz” ospiterà questa sera l’avanguardia più sfrenata di tutto il panorama jazzistico mondiale.

La sesta serata del festival, infatti, vedrà come protagoniste due formazioni differenti fra loro ma capaci di utilizzare un linguaggio libero ed innovativo, Serenus Zeitblom Oktett con Ingrid Laubrock ed il Brotzmann/Parker/Drake Trio.

L’ottetto tedesco aprirà alle 21.00 la serata con una miscela di improvvisazione tesa fra classica contemporanea ed improvvisazione jazzistica. Sembra quasi che la Germania e l’Europa in generale sia il terreno fertile per l’eredità zappiana come in fondo aveva riscontrato anche Frank nei suoi numerosi viaggi e collaborazioni nel vecchio continente. L’ottetto spinge un passo in avanti la commistione fra elettrico ed acustico cercando di mischiare le carte dell’approccio melodico europeo ed il ritmo americano. La presenza della sassofonista Laubrock conferma questa tendenza e volontà. La Laubrock ha collaborato con alcuni musicisti che hanno fatto la storia del jazz (Braxton, Parker, Douglas) diventando un punto di riferimento in Europa.

La seconda parte della serata prevede un’esplosione di una delle imprese più importanti della storia del jazz d’avanguardia. Il trio composto da Peter Brotzmann, William Parker e Hamid Drake sarà un momento unico ed irripetibile dove si fonderanno il sax estenuante e totale di Brotzmann con la tensione ritmico-melodica di Parker e Drake. La furia distruttrice del padre del free europeo trova nei musicisti afroamericani la sponda giusta per esprimere tutta la sua poetica di improvvisazione radicale.

Allegato l’album fotografico della quinta serata vissuta ieri sera in Piazza del Nuraghe.

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