Gran finale sabato a Berchidda per “Primavera al Laber”, con “La prima rondine” di Raphael Gualazzi e Paolo Fresu.
Gran finale per “Primavera al Laber”, la stagione di cultura e spettacoli organizzata a Berchidda dall’associazione Time in Jazz, titolare dell’omonimo festival che si tiene a metà agosto. Sabato 6 giugno ritorna “La prima rondine”, evento che suggella ogni edizione della rassegna (questa è la quarta), e che propone un originale incontro in musica dell’enfant du pays, Paolo Fresu, con altri artisti (non necessariamente di ambito jazzistico): così, dopo Niccolò Fabi, Paola Turci e il duo Musica Nuda di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, il trombettista di Berchidda incrocia stavolta i suoi strumenti con il pianoforte e la voce di Raphael Gualazzi. L’appuntamento è alle 21.30 sul palco all’aperto del Centro Laber, l’ex caseificio riconvertito alla causa dell’arte e della cultura.
Un incontro inedito, e dunque ancor più imperdibile: se si eccettua infatti l’apparizione in un brano insieme al Devil Quartet sul palco di Sardegna chi ama (il concertone di beneficenza del 31 maggio 2014 per il ripristino delle scuole danneggiate dall’alluvione del novembre 2013), Fresu e Gualazzi si ritrovano qui per la prima volta, alle prese con una scaletta che prevede standard classici accanto a brani originali dell’eclettico pianista e cantante marchigiano.
Classe 1981, primo (con il brano “Follia d’amore”) nella categoria “Giovani” al festival di Sanremo nel 2011 (dove ha vinto anche il premio “Mia Martini” della Critica, il premio della Sala Stampa Radio e Tv, il Premio Assomusica per la migliore esibizione live e il Premio SIAE come miglior compositore dell’anno), e secondo tra i “big” nell’edizione 2014 (con “Liberi o no” in duo con The Bloody Beetroots), apprezzato anche oltre i confini nazionali (secondo classificato e primo premio della giuria tecnica all’Eurovision Song Contest di Düsseldorf nel 2011), Raphael Gualazzi porta in dote alla serata la sua riuscita ricetta musicale a base di jazz, blues, soul, pop, stride piano e canzone. Una formula cui Paolo Fresu aggiungerà l’intenso lirismo dei suoi ottoni, tromba e flicorno, e quell’inesauribile vena improvvisativa che fanno di lui uno dei jazzisti più amati e apprezzati non solo in Italia.