22 November, 2024
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Grande anteprima del XXXII Festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz”, questa sera a Palmas, con il progetto “Percussion Evolution” di Boni Gnahorè, Aly Keita e Hamid Drake. Per il secondo anno il sagrato della millenaria chiesetta di Palmas Vecchio ospita un concerto organizzato in coproduzione dall’associazione Palmas Vecchio e dall’Associazione Punta Giara.
Aly Keita, suonatore di balafon della Costa d’Avorio nato a Abidjan nel 1969. Fin da piccolo, è stato iniziato allo studio di questo strumento che è l’antenato musicale dello xilofono e del marimba, dal padre, anch’egli a sua volta suonatore di balafon. In altre parole, nella famiglia Keïta il balafon è una cosa seria. Il balafon di Aly è prima di tutto un opera d’arte. In un certo senso, Aly può essere definito il “re” dell’accordatura: egli ha personalizzato le corde ed il corpo in legno del suo strumento aggiungendo zucche di risonanza di diverse dimensioni, il che rende il suono diverso da qualsiasi altro balafon sulla terra. Nelle sue composizioni, Aly parla della vita di tutti i giorni, di orfani e di madri, e della vergogna degli uomini. Il risultato musicale è quello di un virtuoso delle bacchette. Aly diventa parte del suo strumento, accarezzandolo con tenerezza, o colpendolo con forza a grande velocità. Lui è un mago, uno stregone che esprime gioia di vivere attraverso la sua arte. Aly Keita si costruisce da solo i suoi balafon e li suona ininterrottamente al fine di prolungare al massimo il meglio del suono che possano produrre.
Hamid Drake: brillante, sensibile, infinitamente ritmico, intelligente, spirituale e potente batterista di Chicago. Nato a Monroe in Louisiana nel ‘55, la sua famiglia si trasferisce ad Evanston-Chicago qualche anno dopo, proprio mentre un altro musicista, faceva lo stesso tragitto, con la propria di famiglia: Fred Anderson. Hamid si è immerso fin da adolescente nell’ascolto R&B e funk, di tutto il Motown, Stax e Atco. Ha iniziato a suonare in rock and R&B bands, ancor giovanissimo, attirando l’attenzione di Fred Anderson col quale dal 1974 in poi si instaura una collaborazione professionale che diviene sempre più stabile. È lo stesso Fred Anderson che lo introduce presso Douglas Ewart, Gerge Lewis e gli altri componenti dell’AACM ( Chicago’s Association for the Advancement of Creative Musicians). Le sue influenze musicali più significative per quanto riguarda le percussioni risalgono a quel periodo, ovvero ad Ed Blackwell, Adam Rudolph, Philly Joe Jones, Max Roach, Jo Jones. Altro incontro fortunato è quello con Don Cherry da cui scaturirà un’altra avventura musicale duratura. Dopo aver conosciuto Don Cherry, Hamid ha viaggiato molto al suo seguito in Europa, occasione per dedicare più tempo all’esplorazione dell’infinito universo percussivo, condividendo profondamentecon Don Cherry il significato della spiritualità applicata alla musica e delle sue infinite possibilità di trasformazione ed evoluzione. Negli anni è stato inventivo supporto ritmico di lungimiranti artisti tra cui Borah Bergman e Peter Brotzmann, con il quale ha suonato in quartetto con William Parker e Toshinori Kondo, MArylin Crispell, Pierre Dørge, il pianista compositore norvegese Georg Gräwe, Herbie Hancock, Misha Mengelberg, Pharoah Sanders, Wayne Shorter, Malachi Thompson, David Murray, Archie Shepp, Bill Laswell, Gigi, Herbie Hancock, Nicole Mitchell, Michel Portal, M. Zerang con cui celebra dal 1991 il Solstizio d’Inverno, Kent Kessler e Ken Vandermark nel DKV trio. Negli ultimi anni nonostante i molteplici impegni di lavoro, dedica sempre più, parte della sua attività a progetti perso¬nali quali Bindu, Indigo trio (con Nicole Mitchell ed Harrison Bankhead) e collabora con alcuni tra i più interessanti musicisti del panorama italiano (Pasquale Mirra, Antonello Salis, Paolo Angeli).
Boni Gnahorè: Cantante e percussionista della Costa d’Avorio è tra le figure musicali più importanti dell’Africa: interpreta le proprie composizioni in differenti lingue africane – Betè, Fon, Baoulè, Lingala, Wolof, Malinkè, Mina e Bambara, oltre che in francese e in inglese, in una miscela di elementi sonori e ritmici, dalle melodie mandingue alla rumba congolese, dal ziglibiti ivoriano al bikoutsi camerunense, dall’hig-life ghanese ai cori zulu, dai canti betè ai canti pigmei centrafricani. Dispone di una voce calda e possente e di una grande presenza scenica. Le sue performance catturano l’attenzione fin dal primo istante unendo alla forza espressiva della voce e le sonorità delle percussioni.

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Fregola ai frutti di mare, ma anche carciofi e bottarga. Seadas e Paolo Fresu. Jazz e followers, blog e dj. Un girotondo di sapori e saperi che trovano un punto di approdo al Food Festival di Porto Cervo. Gli ambasciatori sono Chiara Maci, food blogger di successo e Don Pasta, alias Daniele De Michele, dj con la passione della cucina che ha avuto l’intuizione di abbinare le due passioni e farne un lavoro. Questi due ambasciatori del cibo, eclettici quanto basta, si ritrovano per la settima edizione del Food Festival, inaugurato questo pomeriggio al Conference Center di Porto Cervo, e parlano di Sardegna, lavoro, emozioni e, ovviamente, cibo.

«Sono innamorata della cucina sarda, conosco bene l’entroterra e anche questa zona – racconta la food blogger Chiara Maci – una cucina prevalentemente di terra, ma io vorrei che si unisse la cucina tradizionale con i sapori del mare. Perché non abbinare i culurgiones di patate con un sugo di pesce? Perché associare quel piatto sempre ai ragù di carne?». Ecco quindi un abbinamento ardito, almeno fino ad oggi.

«Anche se per me il piatto migliore è la fregola ai frutti di mare – aggiunge la Maci – perché io amo soprattutto i primi, ma anche le seadas.»

Accanto a Chiara Maci si materializza Don Pasta e i due interagiscono attraverso una speciale alchimia. A unirli il cibo ma anche le comuni radici salentine. Appassionati di cucina e divulgatori del cibo, con la cucina sarda come sfondo.

«La mia idea è sempre stata quella di abbinare il cibo con la musica – racconta Don Pasta – fin da quando nel 2002 facevo il dj, stavo a Parigi e mi venne spontaneo cucinare per gioco mentre suonavo. Mi accorsi che la gente rimase colpita dal mio modo di concepire la cucina: semplice, diretto a dimostrare che per godersi la buona tavola basta pochissimo.»

Musica e cucina, come blog e piatti tradizionali. Binomi che trovano compimento in due personalità eclettiche che si riuniscono al Porto Cervo Food Festival, ma che hanno in comune la Sardegna.

«Questa terra ti colpisce prima di tutto con i profumi, anche del cibo. La cultura gastronomica della Sardegna è altissima. Siamo in una Regione dove il mangiare bene, unito al vivere bene, fa parte della vostra cultura e non è certamente un fenomeno legato alla moda del momento», spiega la food blogger più seguita d’Italia. Gli fa eco il dj-cuoco assurto agli onori della cronaca come Don Pasta: «La prima volta che venni in Sardegna fu in occasione del Time in Jazz di Berchidda, invitato da Paolo Fresu – racconta il cuoco-musicista – con cui condivido l’amore per la musica e per le tradizioni. Ciò che amo di quest’Isola è la consapevolezza collettiva che porta le persone a credere nei piatti tradizionali.»

Don Pasta associa i sapori dell’Isola alla musica italiana e al jazz e così il suo piatto preferito, carciofi e bottarga, lo prepara sulle note del jazzista Pharoah Sanders. Al Food Festival, tra piatti di culurgiones fumanti e sughetti a base di pesce, il guerrigliero della cucina abbina la bossa nova di Vinìcius De Moraes e le canzoni lounge di Bruno Martino e Ornella Vanoni.