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E’ iniziata presto la giornata odierna al ventinovesimo festival Time in Jazz, che si preannuncia come sempre fitta di appuntamenti: alle 9.00 del mattino a Berchidda, nella chiesa parrocchiale di San Sebastiano (patrono del paese), messa musicata “Lucia e gli occhi santi”, dedicata alla santa compatrona di Berchidda e, per i devoti, protettrice degli occhi e della vista. Ad accompagnare la funzione religiosa, il flicorno dell’enfant du pays Paolo Fresu e il Quartetto Alborada: Anton Berovski e Sonia Peana ai violini, Nico Ciricugno alla viola, Piero Salvatori al violoncello. Nato nel 1996, il complesso d’archi ha un repertorio che, accanto alle composizioni originali per l’ensemble, privilegia la musica barocca e del Novecento con particolare attenzione per gli autori minimalisti. L’incontro fra Paolo Fresu e il Quartetto Alborada, già apprezzato in tante occasioni, è la testimonianza della poliedricità del trombettista di Berchidda, sempre pronto a misurare la sua ormai riconosciuta freschezza e naturalezza artistica con un mondo “classico” che ha reso proprio nella sua originale interpretazione.
Per Paolo Fresu altro impegno a mezzogiorno nella suggestiva cornice del Castello Doria a Chiaramonti, dove incontra il polistrumentista Mino Cinelu che così, dopo il duo della sera prima con Rita Marcotulli, sarà parte di un nuovo, inedito dialogo in musica. Classe 1957, natali francesi con radici paterne in Martinica, Cinelu è un musicista eclettico, che ha collaborato con nomi del calibro di Miles Davis, Weather Report, Herbie Hancock, Stevie Wonder e Lou Reed, tra i tanti, costruendo la sua fama sulla facilità di confrontarsi con un’ampia gamma di stili. Compositore, produttore e band leader, alla testa del World Jazz Ensemble dimostra la sua maturità artistica e la passione per le nuove sonorità, un’attitudine propria anche di Paolo Fresu, che, partendo dai territori del jazz è sempre capace di andare oltre le convenzioni di genere entrando in sintonia con musicisti provenienti da contesti eterogenei, dal pop alla musica tradizionale, dalla musica colta alla canzone d’autore.
Nel pomeriggio (ore 18.00), all’indomani della sua esibizione in piano solo a Telti, torna in azione anche Stefano Battaglia, stavolta a Tula, nella chiesa medievale di Santa Maria di Coros, e alla testa del suo collaudatissimo trio, con Salvatore Maiore al contrabbasso e Roberto Dani alla batteria. Una formazione che respira all’unisono sulle ali del massimo interplay, protagonista degli ultimi tre album pubblicati dal pianista milanese per l’etichetta ECM: “The River Of Anyder”, “Songways” e “In The Morning”; un tributo, quest’ultimo, al compositore americano Alec Wilder (1907-1980), sulla cui opera Stefano Battaglia ha lavorato per anni, spaziando in modo trasversale dalle popular songs alle art songs, dalla musica per il teatro all’opera, dalla night music ai lavori per l’infanzia.
Altre sonorità e atmosfere, alle 21.30 in piazza del Popolo a Berchidda, con il progetto Last of songs della cantante (e attrice) Irit Dekel e del polistrumentista Eldad Zitrin (fisarmonica, tastiere, chitarra), qui affiancati da Adi Hartzvi al contrabbasso e Elad Cohen Bonen alla batteria e alle percussioni. Un sodalizio nato nel 2011, quello tra i due artisti israeliani, e approdato l’anno scorso al primo, omonimo album: un disco caratterizzato dalla riuscita combinazione di differenti stili e colori musicali – jazz, folk contemporaneo, pop tradizionale -in una originale rilettura di canzoni classiche come “Willow Weep For Me”, “Bye Bye Love”, “You Don’t Know What Love Is”, “Good Morning Heartache”, tra le altre.
Poi, nella seconda parte della serata, sul palco di Berchidda piazza le tende Bombino con il suo desert blues. Goumar Almoctar, questo il nome all’anagrafe del chitarrista, è nato e cresciuto in Niger, ad Agadez, nel nord dell’Africa, nella tribù dei Tuareg Ifoghas, in lotta da secoli contro il colonialismo e l’imposizione dell’Islam più severo. Bombino si rifà alle sonorità tipiche degli anni Sessanta e Settanta, da Jimi Hendrix a Jimmy Page, inserendole in un contesto rock-blues di matrice americana arricchito da vocalismi in Tamasheq, la lingua Tuareg; le sue melodie elettrizzanti trasudano un groove irresistibile, una versione del blues densa e magmatica. Tre gli album all’attivo: “Agadez”, del 2011, seguito nel 2013 dall’acclamatissimo “Nomad” e quest’anno da “Azel”, registrato a Woodstock: un vero e proprio sogno diventato realtà per un artista che considera Jimi Hendrix e Carlos Santana tra le sue maggiori fonti di ispirazione. Con Bombino, oggi sul palco di Berchidda, saliranno Avi Salloway alla chitarra, calabash e voce, Youba Dia al basso e voce, e Corey Wilhelm al djembe.
Spenti i riflettori in piazza del Popolo, la vigilia di Ferragosto riserva un fine serata scoppiettante al Parco della Musica di Berchidda con le due formazioni del paese a base di fiati: la Banda Bernardo De Muro di Berchidda e la Funky Jazz Orkestra. La scaletta prevede una prima parte con la Funky Jazz Orkestra alle prese con la “Freesuite”, un’idea originale del suo direttore Antonio Meloni e di Paolo Fresu, incentrata su brani scelti prevalentemente dal repertorio del quintetto storico del trombettista, debitamente arrangiati e rivisitati su misura delle caratteristiche espressive e tecniche dei ventidue elementi della formazione berchiddese. Sarà poi la volta della Bernardo De Muro, la “storica” banda del paese, nata nel 1913, fucina per giovani talenti, compreso Paolo Fresu, che ancora undicenne ha mosso tra i suoi ranghi i primi passi nella musica. Previsti anche momenti in cui i due organici suoneranno insieme, e la partecipazione di solisti ospiti tra cui il trombonista Salvatore Moraccini e lo stesso Fresu.
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Paolo Fresu _2015 (ph © Roberto Cifarelli1905)