22 November, 2024
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No, così non va. Non è accettabile che si pretenda dalla componente infermieristica disponibilità, abnegazione, silenzio e poi si venga attaccati e tacciati di essere preoccupati rispetto a proposte lavorative quantomeno discutibili, e tra l’altro considerati irresponsabili (perché sostenere che il contagio non sia avvenuto nell’assistenza diretta significa considerare di fatto un professionista irresponsabile nella sua condotta).

È di poche ore fa la notizia di un reclutamento di figure mediche da parte della Protezione Civile, con un trattamento ben diverso da quello proposto alla parte infermieristica.

Non è certamente questo il momento di innescare o alimentare battaglie di nessun tipo, ma come professionisti ci sentiamo ancora una volta vilipesi da chi ha il dovere di riconoscere il sacrificio e la professionalità messa in campo al servizio dell’intera comunità. Il merito non lo si riconosce solo con una pacca sulla spalla e tantomeno lo pretendiamo con l’essere definiti “eroi”, tanto più oggi dove si prende atto della proposta fatta ad un’altra categoria sanitaria, paragonata alla cifra una tantum (100 euro) prevista per gli infermieri in servizio nel mese di marzo.

Forse è aumentato il rischio o il bisogno di una sola categoria? Forse è più elevato il rischio in una categoria piuttosto di un’altra? Ancora oggi in questa situazione dobbiamo accettare passivamente di essere discriminati in questo modo?

O forse chi ha la barra del timone per condurre la barca, in questo momento, dove tutti indistintamente siamo dentro, ha per un attimo dimenticato che esistiamo o, peggio ancora, non vuole consapevolmente rendersene conto?

Come infermieri abbiamo sempre sostenuto che nell’immediato l’unico pensiero fosse l’emergenza Covid-19 e ne siamo ancora convinti: ma non permettiamo che ci si tratti da servi silenziosi. A livello regionale si è più volte manifestata la disponibilità alla collaborazione nel coordinamento della attività delle professioni infermieristiche. Non è arrivata nessuna risposta.

Quello che sta avvenendo è sotto gli occhi di tutti: i pazienti che necessitano di assistenza sono sotto la responsabilità diretta dell’infermiere (e questo lo sostiene la norma), ma soprattutto a dimostrazione che la stessa professione va gestita e coordinata da infermieri che negli anni hanno sviluppato competenze e formazione per farlo.

Ripetiamo, in questa fase non ci si aspettava ringraziamenti ma quantomeno considerazione, e mai attacchi gratuiti su questa o quella preoccupazione. Poter pensare che un qualsiasi professionista possa mettersi a disposizione essendo considerato come l’ultimo dei sacrificabili denota poca conoscenza rispetto alle responsabilità e dei rischi a cui è esposto, ma soprattutto al suo percorso formativo che lo porta ad essere professionista della salute intellettuale e, rimarchiamo, responsabile dell’assistenza infermieristica.

Già, parliamo di rischi: gli infermieri si dice, sono preoccupati. Certo che sì, come tutti del resto, ma con una differenza: forse perché non sono messi nella condizione di prestare assistenza nella condizioni di sicurezza dovute e previste? Forse perché la poca informazione genera disinformazione e incertezza?

Chi non vive le situazioni odierne nelle varie realtà regionali non può avere la percezione dei pensieri di chi giornalmente deve comunque prendersi cura dei “suoi” pazienti, consapevole di non essere messo nelle condizioni di poterlo fare nel miglior modo possibile e in completa sicurezza.

Con nessun intento polemico ma sempre con atteggiamento collaborativo (lo dobbiamo ai cittadini e a noi stessi come professionisti), continuiamo a sostenere che si stanno cercando delle soluzioni con gli stessi strumenti con cui si son creati i problemi.

Per concludere, e anche questo lo dobbiamo come rappresentanti di Ordine ai nostri iscritti: garantiamo che passata la fase critica ci sarà molto da discutere sui modi con cui si è affrontata l’emergenza.

Ai colleghi un abbraccio virtuale, ai cittadini l’appello consueto ma mai cosi importante: aiutateci ad aiutarvi, state a casa.

Pierpaolo Pateri
Presidente Opi Cagliari

Piero Bulla
Presidente Opi Sassari

Raffaele Secci
Presidente Opi Oristano

Roberto Sogos
Presidente Opi Nuoro

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Tutto il mondo si mobilita contro il virus dell’Hiv e in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids anche l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Cagliari vuole dare il suo contributo di conoscenza e di sensibilizzazione. “Hiv: tra scienza e coscienza. La parola agli esperti” è il titolo del convegno che si terrà martedì 3 dicembre a partire dalle 9 presso l’Hotel Panorama di viale Diaz. Insieme al presidente dell’Opi Cagliari Pierpaolo Pateri, all’incontro prenderanno parte il docente di gastroenterologia Paolo Usai, gli immunologi Francesco Ortu e Paola Piano, e l’infermiere ed esperto di counselling Claudio Pirarba. La partecipazione all’iniziativa garantirà 5,3 crediti Ecm per gli infermieri e gli infermieri pediatrici.

«Come infermieri siamo sensibili a quelle tematiche che hanno un rilevante risvolto sociale – spiega il presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Cagliari Pierpaolo Pateri -. Negli ultimi tempi la questione della diffusione del virus dell’Hiv sembra essere stata trascurata. In realtà, è importante tenere alta l’attenzione perché l’emergenza ancora esiste e coinvolge fasce sociali sempre diverse. Sotto questo aspetto, la figura dell’infermiere può essere cruciale nel far comprendere meglio, sia a livello ospedaliero che territoriale, l’importanza della prevenzione e di una corretta comunicazione dei principi di educazione sanitaria.»

«Negli ultimi anni sta aumentando il numero di persone colpite da malattie trasmesse sessualmente e i soggetti più colpiti sono i giovani – spiega il tesoriere dell’Opi e infermiere esperto di counselling Caudio Pirarba -. Con il nostro convegno vogliamo anche rinnovare l’apertura dell’Ordine al mondo della scuola e delle famiglie, perché i giovani siano sempre più consapevoli dei rischi che corrono se non adottano atteggiamenti semplici, come l’uso del preservativo nei rapporti occasionali o a rischio.»

Dopo la registrazione di partecipanti che avrà inizio alle 8.30, alle 9.00, porterà il suo saluto e darà inizio ai lavori il presidente dell’Opi di Cagliari Pierpaolo Pateri. Successivamente, si entrerà nel vivo del confronto con la relazione di Claudio Pirarba su “Lo scenario Hiv nella visione infermieristica: counselling e profilassi”.

“Lo scenario Hiv nella visione medica: profilassi pre-esposizione e problematiche etiche” sarà invece il tema trattato dall’immunologo Francesco Ortu del Centro Hiv e di immunologia clinica del Policlinico universitario di Cagliari, mentre delle nuove frontiere terapeutiche parlerà l’immunologa Paola Piano del Policlinico universitario di Cagliari.

Il convegno proseguirà con la relazione dell’immunologo Francesco Ortu su “La diagnostica di laboratorio: verso una diagnosi sempre più precoce”.

Dopo il coffee break, una tavola rotonda, moderata dal giornalista Vito Biolchini, approfondirà il tema “Hiv e malattie sessualmente trasmissibili: strategie profilattiche e giovani. Rapporto costo beneficio degli interventi, le questioni ancora aperte”. Insieme agli immunologi Francesco Ortue Paola Piano, e all’infermiere Claudio Pirarba, interverrà anche il docente di gastroenterologia all’università di Cagliari ed esperto di papilloma virus Paolo Usai.

Alla tavola rotonda, seguirà un momento di confronto e di approfondimento con i presenti, prima delle conclusioni e degli adempimenti Ecm.

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Antonello Cuccuru.

Nasce anche in Sardegna il coordinamento regionale del Comitato Infermieri Dirigenti Italia, un’associazione che, fra i tanti obiettivi, ha anche quelli di elaborare e diffondere linee guida e buone pratiche organizzative del management infermieristico ed elaborare e supportare proposte sul piano legislativo tese alla valorizzazione della professione e della dirigenza infermieristica.

Le votazioni del direttivo si sono svolte venerdì scorso 12 luglio all’Hotel Panorama di Cagliari, nel corso l’incontro dal titolo “La dirigenza delle professioni infermieristiche” organizzato dall’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Cagliari, e a cui hanno partecipato anche Bruno Cavaliere (presidente nazionale del Comitato Infermieri Dirigenti e direttore Uoc delle Professioni Sanitarie al Policlinico San Martino di Genova) e Marcello Bozzi, segretario nazionale dell’Andprosan (Associazione Nazionale Dirigenti Professioni Sanitarie), il sindacato di categoria consociato a Cosmed, la principale confederazione sindacale della dirigenza del pubblico impiego.

Alla carica di coordinatore regionale è stato eletto Salvatore Pretta della Assl di Cagliari, mentre in qualità di vice coordinatori sono stati eletti Antonello Cuccuru e Barbara Collu, dirigenti delle Assl di Carbonia e di Oristano.

Il presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Cagliari Pierpaolo Pateri ha rivolto al comitato regionale di Cid Italia gli auguri per un proficuo lavoro, «con l’impegno di una fattiva collaborazione per tutte le iniziative finalizzate alla crescita professionale e al miglioramento della qualità della sanità».

Al Cid Italia possono iscriversi gli infermieri e gli infermieri pediatrici in possesso del diploma di Scuole Dirette a fini speciali per Dirigenti dell’Assistenza infermieristica, gli insegnanti dirigenti infermieri o dirigenti docenti di Scienze infermieristiche, Infermieri e gli infermieri pediatrici in possesso del diploma di laurea specialistica e magistrale in Scienze infermieristiche ed ostetriche. Se ne fanno richiesta, gli studenti iscritti al corso di laurea magistrale nell’area delle Scienze infermieristiche e ostetriche sono iscritti in apposito registro e questo al fine di partecipare alle attività culturali, scientifiche e formative dell’associazione e alle sedute assembleari (ma senza diritto al voto).

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Da oltre un anno le professioni infermieristiche sono riunite non più in un Collegio ma in un vero e proprio Ordine, a maggiore tutela dei cittadini e degli stessi operatori che da sempre ricoprono un ruolo fondamentale nel sistema sanitario nazionale. Per fare il punto sulla legge 3/2018 a diciotto mesi dalla sua approvazione, l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Cagliari ha organizzato il convegno “Professione infermiere”. Appuntamento mercoledì 19 giugno, all’Hotel Panorama di viale Diaz, a Cagliari.

«La legge ha riconosciuto che la nostra professione si è evoluta – spiega il presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Cagliari Pierpaolo Pateri -. Agli infermieri è infatti richiesta la laurea e l’Ordine ne garantisce la deontologia, mantenendo e aggiornando un albo a cui oggi sono iscritti a Cagliari ben 4.800 professionisti.»

Nel corso del convegno si parlerà poi anche di formazione continua. «Come tutti gli iscritti ad un Ordine, anche gli infermieri hanno infatti l’obbligo di aggiornare le loro competenze -aggiunge Pierpaolo Pateri -. In questo 2019 si chiuderà il triennio formativo e nel corso del convegno illustreremo le novità che caratterizzeranno il prossimo».

Il convegno rappresenta inoltre il preludio all’appuntamento annuale con l’evento “Infermieri che navigano verso il futuro”, la cui quinta edizione si terrà il 20 e 21 settembre e durante il quale la presidente nazionale Barbara Mangiacavalli ed i membri del comitato centrale della Fnopi approfondiranno maggiormente i diversi argomenti.

Il convegno “Professione infermiere” si aprirà alle 9.00 con i saluti e l’intervento presidente Pierpaolo Pateri, cui seguiranno le relazioni, moderate dal vicepresidente dell’Opi di Cagliari Raffaele Fanunza.

“Legge 3/2018 e trasformazione da Collegi a Ordini: il percorso dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Cagliari” sarà il tema trattato dal segretario dell’Opi di Cagliari Luciano Serra, mentre Eugenio D’Amico, commissario straordinario dell’Enpapi, illustrerà l’azione dell’ente di previdenza degli infermieri.

Di aggiornamento continuo in Ecm (Educazione continua in Medicina) parlerà invece il presidente Pierpaolo Pateri, tesoriere della Consorzio Gestione Anagrafica Professioni Sanitarie e componente del Commissione Nazionale Formazione Continua.

Dopo il coffee break, l’appuntamento si chiuderà con la simulazione a gruppi sui servizi in rete presentati nelle relazioni e con il dibattito.

Per partecipare all’evento, aperto gratuitamente a 75 fra infermieri e infermieri pediatrici iscritti all’Opi di Cagliari, è necessario iscriversi on line all’indirizzo opicaeventi@outlook.it .

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Si è svolto sabato 3 febbraio, a Cagliari, presso l’hotel Sardegna, il convegno “Eventi avversi e responsabilità in sanità: linee guida e percorsi assistenziali nella gestione del rischio e nella prevenzione dell’errore”.

L’evento, organizzato dall’associazione HCRM (Hospital & Clinical Risk Managers), ha avuto come moderatori il dottor Sergio Pili, dirigente ospedaliero nonché referente regionale HCRM ed il professore di igiene dell’Università di Palermo, nonché presidente HCRM, Alberto Firenze.

I vari punti del programma sono stati affrontati dalle voci autorevoli di Guido Manca Bitti, avvocato penalista esperto in colpa medica e responsabilità sanitaria: Carlo Diana, avvocato dirigente del servizio legale dell’ATS Sardegna; Francesco Paribello, professore di medicina legale dell’Università di Cagliari, Risk Manager AOU CA; Raimondo Ibba, presidente dell’ordine dei medici di Cagliari; Pierpaolo Pateri, direttore del servizio SPS Sanluri e presidente del collegio IPASVI di Cagliari; Paolo Serra, farmacista AOB e presidente regionale Società Italiana Farmacisti Ospedalieri; Pierpaolo Vargiu, medico, deputato, già presidente della commissione Affari sociali della Camera dei Deputati.

Durante i lavori sono state evidenziate luci e ombre della Legge Gelli, dal nome del suo relatore alla Camera dei Deputati, entrata in vigore il primo febbraio 2018.

Una legge che arriva a colmare alcuni vuoti della Legge Balduzzi. Con questa legge si introducono delle sensibili innovazioni inerenti la responsabilità degli operatori sanitari sia sul piano civile, sia su quello penale.

Qualora uno sfortunato evento si verifichi a causa di imperizia, se sono state seguite le linee guida, o in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali “Best Practice”, viene esclusa la punibilità, sempre che le linee guida siano state calate nel caso in esame, quindi declinate localmente e coniugate nella specificità.

Le linee guida non sono però in grado di coprire tutti gli ambiti, non possono essere esaustive in tutti passaggi, da qui la necessità di intraprendere il comportamento più adatto che non si discosti dalla migliore prassi, ma che dimostri di aver preso in considerazione scelte alternative nella diagnosi o nella terapia.

Il perché delle scelte fatte deve essere sempre chiaro, facilmente ricostruibile dal punto di vista clinico-tecnico-scientifico. Deve poter permettere a chi deve valutare, di capire quale ragionamento è stato seguito e comprendere se il percorso diagnostico scelto è stato quello più appropriato.

Da qui l’importanza che, nei casi di responsabilità medica, a fianco del  giudice, ci sia, oltre al medico legale, un tecnico consulente del ramo medico in oggetto, che possa valutare la colpa e di conseguenza avere e dare delle certezze.

Quotidianamente gli operatori si ritrovano a doversi misurare con situazioni sopra descritte, difficili da decodificare in modo rigido e predefinito, un problema molto serio che, dati europei alla mano, mostra “errori medici” e “eventi avversi” presenti durante un ricovero ospedaliero stimato tra l’8 e il 10%.

Una cornice alquanto complicata se poi a questo, si aggiunge il problema delle politiche sanitarie puntate sul risparmio e la non accettabilità di organici amputati, che devono funzionare al meglio, nonostante l’inadeguatezza del numero del personale sanitario.

Tutto questo dà origine ad un sistema sanitario che risente della non sostenibilità attuale.

Di fondamentale importanza, alla luce di questi fatti, il ruolo di associazioni che approfondiscano il tema della gestione del rischio, improntando una sorta di rete multi-professionale che possa agire nella sicurezza del paziente e nella tutela dell’operatore sanitario, che ogni giorno si misura con una varietà di malati che pur soggetti della stessa malattia, restano pur sempre un caso diverso dall’altro e come tali devono essere trattati nella loro specificità.

Nadia Pische

         

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Il 22 dicembre 2016, a quasi due anni di distanza dal convegno regionale svoltosi alla Grande Miniera di Serbariu, sulla progettazione dell’Ospedale del III millennio, la Sala Gaetano Fiorentino del Presidio Ospedaliero Sirai ha ospitato una giornata di studio dal titolo: “L’organizzazione per intensità di cura e complessità assistenziali: quale modello?”, organizzata dalla Direzione dell’Ospedale Sirai in collaborazione con la Direzione delle professioni sanitarie. Alla giornata di studio, moderata dal direttore del Dipartimento Chirurgico Antonio Tuveri e dal presidente del Collegio IPASVI Graziano Lebiu, sono intervenuti il commissario straordinario Antonio Onnis, il Direttore del P.O. Sirai Sergio Pili, il Direttore del SPS Antonello Cuccuru, il Direttore del DEA Viviana Lantini e il consigliere nazionale della Federazione IPASVI Pierpaolo Pateri.

I lavori sono stati introdotti dal presidente del Collegio IPASVI Graziano Lebiu e dal direttore del Dipartimento di Chirurgia Antonio Tuveri, che hanno delineato il possibile scenario del nuovo modello organizzativo dell’Ospedale Sirai, osservando che tale sperimentazione richiederà ai professionisti sanitari di lavorare in team multidisciplinari e multi professionali. Un ospedale che non sarà più strutturato in unità operative, in base alla patologia e alla disciplina medica per la sua cura, ma organizzato in aree che aggregano i pazienti in base alla maggiore o minore gravità del caso e al conseguente livello di complessità assistenziale. I due moderatori hanno successivamente, puntualizzato che il nuovo modello assistenziale, mentre consentirà al medico di concentrarsi meglio sulle proprie competenze distintive e di esercitarle in diverse piattaforme logistiche, intende utilizzare e valorizzare appieno le competenze professionali degli infermieri. Nel primo intervento, il commissario straordinario, Antonio Onnis, ha illustrato la novità più rilevante dell’edizione 2016 del Piano Nazionale Esisti (PNE) – un’area tematica dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS), un Ente pubblico che si occupa di attività di supporto tecnico-operativo alle politiche di governo dei sistemi sanitari di Stato e Regioni, all’organizzazione dei servizi e all’erogazione delle prestazioni sanitarie – che riguarda il nuovo strumento di valutazione sintetica, cosiddetta “Treemap”. Sul Treemap – ha precisato Onnis – si baserà il monitoraggio delle strutture per Piani di rientro ospedali. Questo nuovo strumento di valutazione consentirà alle Regioni di individuare e monitorare le strutture da sottoporre a piani di efficientamento e riqualificazione, come previsto dal DM del 21 giugno 2016 sui “Piani di efficientamento e riqualificazione” attuativo della legge di stabilità 2016. Il manager, ha specificato ancora, che le strutture saranno chiamate a presentare alla propria Regione di appartenenza il piano di riqualificazione qualora presentino una o più aree cliniche rientranti nella classe molto bassa di valutazione (colore rosso) corrispondenti al 15% dell’attività totale, oppure qualora rientrino in una o più aree nella classe bassa di valutazione (colore arancione) corrispondenti al 33% dell’attività complessiva. Nel presentare uno scenario ospedaliero a tinte fosche, con diverse aree cliniche di colore rosso che riguardano principalmente le patologie respiratorie, la chirurgia generale, la chirurgia oncologica, la gravidanza e parto e le patologie osteomuscolari, il commissario ha sottolineato come l’organizzazione per intensità di cure possa rappresentare una possibile opportunità da non perdere, per superare le criticità del sistema e per consolidare i miglioramenti del servizio già conseguiti. Il direttore del Sirai, Sergio Pili, in un intrigante viaggio storico sulla storia dell’ospedale, ha presentato quell’universo sanitario in cui, ieri come oggi, i “fatti” medici e i “fatti” sociali si intersecano con quelli architettonici e tecnologici, con quelli legislativi ed organizzativi determinando un poliedrico insieme, caratteristico di ogni tempo e di quel tempo specchio fedele. Un pezzo di storia per nulla statico ma in un costante fermento vitalizzato dagli interessi dei protagonisti: i curanti, i pazienti, gli amministratori, e in tempi più recenti, tutto quel mondo economico e produttivo che intorno all’ospedale ha costruito il suo legittimo business; ciascuno intento ad immaginare e realizzare un ospedale “migliore”, almeno dal suo punto di vista. L’ospedale per intensità di cura è il modello organizzativo che si colloca in continuità nel lungo processo di cambiamento della storia dell’ospedale, volto a caratterizzare sempre di più l’ospedale come luogo di cura delle acuzie. Secondo il Direttore del Sirai, la graduazione dell’intensità delle cure permetterà di rispondere in modo diverso e appropriato con tecnologie, competenze, quantità e qualità del personale assegnato ai diversi gradi di instabilità clinica e complessità assistenziale.

Un altro aspetto di grande rilevanza sarà poi costituito dall’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse tecnologiche e strutturali (gli ambienti di degenza, le sale operatorie, gli ambulatori, i servizi di diagnosi, in una parola tutte le strutture assistenziali potranno essere utilizzate da più professionisti, senza divisioni e senza dispersioni) e delle risorse umane (i diversi professionisti saranno chiamati a un confronto quotidiano e questo renderà più difficile l’affermarsi di stili di lavoro particolaristici). Permetterà inoltre di diminuire i posti letto non utilizzati (superando il non pieno utilizzo dei posti letto dei diversi Reparti) e di impiegare meglio le risorse infermieristiche (da mettere a disposizione non più in base al numero di posti letto di un reparto, ma in base alla intensità dei bisogni assistenziali dei pazienti di quella piattaforma logistica di ricovero). Nel terzo intervento, il presidente del Collegio IPASVI di Cagliari e coordinatore regionale dei Collegi IPASVI della Sardegna e consigliere nazionale della Federazione IPASVI, Pierpaolo Pateri, ha esposto il modello delle competenze avanzate per l’infermiere proposto dalla Federazione Nazionale IPASVI. Nel modello indicato sono posizionati su due assi – clinico e gestionale – i livelli di competenza che l’infermiere acquisisce attraverso specifici percorsi formativi. Il primo livello corrisponde all’infermiere generalista, “cuore” del sistema, in possesso di laurea triennale, che rappresenta, in ogni caso, la matrice “cuore” della competenza da cui originano i successivi livelli di approfondimento o di espansione. C’è poi l’infermiere con perfezionamento clinico o gestionale, che ha seguito un corso di perfezionamento universitario che lo ha messo in grado di sviluppare le sue competenze avanzate applicate a un’area tecnico operativa molto specifica. Il terzo livello è quello dell’infermiere esperto clinico o coordinatore con master, formato con un master universitario di primo livello, in grado di approfondire le sue competenze in un settore particolare dell’assistenza infermieristica ed esperto di parti di processo assistenziale, di peculiari pratiche assistenziali settoriali o con capacità di governo dei processi organizzativi e di risorse in unità organizzative. Infine, al quarto e più avanzato livello c’è l’infermiere specialista con laurea magistrale, formato con laurea magistrale in Scienze Infermieristiche con orientamento clinico o gestionale/formativo. Chiudendo lo spaccato degli interventi sulla complessità assistenziale, il Direttore delle professioni sanitarie, Antonello Cuccuru, ha immaginato la possibile integrazione tra professionisti e il superamento dell’approccio funzionale, che si può concretizzare attraverso il passaggio da un’organizzazione gerarchico-strutturale a un’organizzazione a matrice per intensità di cura e assistenza. In questa nuova organizzazione, ha precisato Cuccuru, la persona è ricoverata e assistita secondo il livello della sua patologia o pluripatologia: alla continuità ci pensa l’infermiere e i medici vanno al suo letto in base alla specialità per assisterlo nei singoli bisogni e dettare tutto ciò che riguarda diagnosi, clinica e terapia. La nuova organizzazione dell’ospedale per intensità di cura e assistenza richiederà un ripensamento della presa in carico della persona, perché sia il più possibile personalizzata, univoca, condivisa attraverso tutti i livelli di cura. In una organizzazione per intensità di cura e assistenza viene meno la suddivisione dei posti letto per specialità tipica degli ospedali tradizionali, in modo da superare la frammentazione e favorire l’integrazione tra i professionisti che si prendono cura delle persone assistite. Il dirigente delle professioni sanitarie ha, infine, presentato alcuni strumenti, di facile applicazione, che possono aiutare l’infermiere a classificare i bisogni e la complessità assistenziale del paziente. L’ultimo intervento del Direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza (DEU), Viviana Lantini, ha spiegato come questo nuovo modello determina la necessità di introdurre modelli di lavoro multidisciplinari per percorsi e obiettivi, con definizione di linee guida e protocolli condivisi, e presuppone la creazione di un team multidisciplinare capace di operare secondo tale impostazione concettuale. In base a tale approccio, medici e infermieri saranno chiamati a una funzione di primissimo piano nello sviluppo di tutte le attività comprese nel percorso diagnostico-terapeutico assistenziale del paziente. Il Dirigente medico si è poi soffermata sul ruolo del Dipartimento di E/U, dove risulta fondamentale stabilizzare e stratificare clinicamente il paziente, avviandolo al livello di degenza più appropriata, e sulla presentazione di alcuni casi clinici. In tale ottica, metodologie e strumenti riferiti alla definizione di percorsi clinico-assistenziali rappresentano una valida opportunità a disposizione dei diversi professionisti in termini di autonomia organizzativa e professionale. In conformità a questi elementi chiave, un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) deve essere inteso come un metodo di management del percorso di cura e/o assistenza, elaborato a livello locale, per un gruppo di pazienti ben definito e con specifiche condizioni cliniche, durante un altrettanto ben definito periodo di tempo, costruito sulla base di elementi di cura e/o assistenza basati su evidenze scientifiche riconosciute, best practice ed aspettative del paziente. Il dibattito conclusivo ha registrato la partecipazione di diversi interventi di dirigenti medici, compresa l’inaspettata presenza del Direttore dell’AOU di Cagliari Nazareno Pacifico, e di alcuni infermieri e coordinatori che hanno sottolineato come un’organizzazione dell’ospedale per intensità di cura richieda l’introduzione di nuovi ruoli professionali, nuovi strumenti e un ripensamento della presa in carico del paziente, perché sia il più possibile personalizzata, univoca, condivi-sa a tutti i livelli di cura.