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Il 22 dicembre 2016, a quasi due anni di distanza dal convegno regionale svoltosi alla Grande Miniera di Serbariu, sulla progettazione dell’Ospedale del III millennio, la Sala Gaetano Fiorentino del Presidio Ospedaliero Sirai ha ospitato una giornata di studio dal titolo: “L’organizzazione per intensità di cura e complessità assistenziali: quale modello?”, organizzata dalla Direzione dell’Ospedale Sirai in collaborazione con la Direzione delle professioni sanitarie. Alla giornata di studio, moderata dal direttore del Dipartimento Chirurgico Antonio Tuveri e dal presidente del Collegio IPASVI Graziano Lebiu, sono intervenuti il commissario straordinario Antonio Onnis, il Direttore del P.O. Sirai Sergio Pili, il Direttore del SPS Antonello Cuccuru, il Direttore del DEA Viviana Lantini e il consigliere nazionale della Federazione IPASVI Pierpaolo Pateri.
I lavori sono stati introdotti dal presidente del Collegio IPASVI Graziano Lebiu e dal direttore del Dipartimento di Chirurgia Antonio Tuveri, che hanno delineato il possibile scenario del nuovo modello organizzativo dell’Ospedale Sirai, osservando che tale sperimentazione richiederà ai professionisti sanitari di lavorare in team multidisciplinari e multi professionali. Un ospedale che non sarà più strutturato in unità operative, in base alla patologia e alla disciplina medica per la sua cura, ma organizzato in aree che aggregano i pazienti in base alla maggiore o minore gravità del caso e al conseguente livello di complessità assistenziale. I due moderatori hanno successivamente, puntualizzato che il nuovo modello assistenziale, mentre consentirà al medico di concentrarsi meglio sulle proprie competenze distintive e di esercitarle in diverse piattaforme logistiche, intende utilizzare e valorizzare appieno le competenze professionali degli infermieri. Nel primo intervento, il commissario straordinario, Antonio Onnis, ha illustrato la novità più rilevante dell’edizione 2016 del Piano Nazionale Esisti (PNE) – un’area tematica dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS), un Ente pubblico che si occupa di attività di supporto tecnico-operativo alle politiche di governo dei sistemi sanitari di Stato e Regioni, all’organizzazione dei servizi e all’erogazione delle prestazioni sanitarie – che riguarda il nuovo strumento di valutazione sintetica, cosiddetta “Treemap”. Sul Treemap – ha precisato Onnis – si baserà il monitoraggio delle strutture per Piani di rientro ospedali. Questo nuovo strumento di valutazione consentirà alle Regioni di individuare e monitorare le strutture da sottoporre a piani di efficientamento e riqualificazione, come previsto dal DM del 21 giugno 2016 sui “Piani di efficientamento e riqualificazione” attuativo della legge di stabilità 2016. Il manager, ha specificato ancora, che le strutture saranno chiamate a presentare alla propria Regione di appartenenza il piano di riqualificazione qualora presentino una o più aree cliniche rientranti nella classe molto bassa di valutazione (colore rosso) corrispondenti al 15% dell’attività totale, oppure qualora rientrino in una o più aree nella classe bassa di valutazione (colore arancione) corrispondenti al 33% dell’attività complessiva. Nel presentare uno scenario ospedaliero a tinte fosche, con diverse aree cliniche di colore rosso che riguardano principalmente le patologie respiratorie, la chirurgia generale, la chirurgia oncologica, la gravidanza e parto e le patologie osteomuscolari, il commissario ha sottolineato come l’organizzazione per intensità di cure possa rappresentare una possibile opportunità da non perdere, per superare le criticità del sistema e per consolidare i miglioramenti del servizio già conseguiti. Il direttore del Sirai, Sergio Pili, in un intrigante viaggio storico sulla storia dell’ospedale, ha presentato quell’universo sanitario in cui, ieri come oggi, i “fatti” medici e i “fatti” sociali si intersecano con quelli architettonici e tecnologici, con quelli legislativi ed organizzativi determinando un poliedrico insieme, caratteristico di ogni tempo e di quel tempo specchio fedele. Un pezzo di storia per nulla statico ma in un costante fermento vitalizzato dagli interessi dei protagonisti: i curanti, i pazienti, gli amministratori, e in tempi più recenti, tutto quel mondo economico e produttivo che intorno all’ospedale ha costruito il suo legittimo business; ciascuno intento ad immaginare e realizzare un ospedale “migliore”, almeno dal suo punto di vista. L’ospedale per intensità di cura è il modello organizzativo che si colloca in continuità nel lungo processo di cambiamento della storia dell’ospedale, volto a caratterizzare sempre di più l’ospedale come luogo di cura delle acuzie. Secondo il Direttore del Sirai, la graduazione dell’intensità delle cure permetterà di rispondere in modo diverso e appropriato con tecnologie, competenze, quantità e qualità del personale assegnato ai diversi gradi di instabilità clinica e complessità assistenziale.
Un altro aspetto di grande rilevanza sarà poi costituito dall’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse tecnologiche e strutturali (gli ambienti di degenza, le sale operatorie, gli ambulatori, i servizi di diagnosi, in una parola tutte le strutture assistenziali potranno essere utilizzate da più professionisti, senza divisioni e senza dispersioni) e delle risorse umane (i diversi professionisti saranno chiamati a un confronto quotidiano e questo renderà più difficile l’affermarsi di stili di lavoro particolaristici). Permetterà inoltre di diminuire i posti letto non utilizzati (superando il non pieno utilizzo dei posti letto dei diversi Reparti) e di impiegare meglio le risorse infermieristiche (da mettere a disposizione non più in base al numero di posti letto di un reparto, ma in base alla intensità dei bisogni assistenziali dei pazienti di quella piattaforma logistica di ricovero). Nel terzo intervento, il presidente del Collegio IPASVI di Cagliari e coordinatore regionale dei Collegi IPASVI della Sardegna e consigliere nazionale della Federazione IPASVI, Pierpaolo Pateri, ha esposto il modello delle competenze avanzate per l’infermiere proposto dalla Federazione Nazionale IPASVI. Nel modello indicato sono posizionati su due assi – clinico e gestionale – i livelli di competenza che l’infermiere acquisisce attraverso specifici percorsi formativi. Il primo livello corrisponde all’infermiere generalista, “cuore” del sistema, in possesso di laurea triennale, che rappresenta, in ogni caso, la matrice “cuore” della competenza da cui originano i successivi livelli di approfondimento o di espansione. C’è poi l’infermiere con perfezionamento clinico o gestionale, che ha seguito un corso di perfezionamento universitario che lo ha messo in grado di sviluppare le sue competenze avanzate applicate a un’area tecnico operativa molto specifica. Il terzo livello è quello dell’infermiere esperto clinico o coordinatore con master, formato con un master universitario di primo livello, in grado di approfondire le sue competenze in un settore particolare dell’assistenza infermieristica ed esperto di parti di processo assistenziale, di peculiari pratiche assistenziali settoriali o con capacità di governo dei processi organizzativi e di risorse in unità organizzative. Infine, al quarto e più avanzato livello c’è l’infermiere specialista con laurea magistrale, formato con laurea magistrale in Scienze Infermieristiche con orientamento clinico o gestionale/formativo. Chiudendo lo spaccato degli interventi sulla complessità assistenziale, il Direttore delle professioni sanitarie, Antonello Cuccuru, ha immaginato la possibile integrazione tra professionisti e il superamento dell’approccio funzionale, che si può concretizzare attraverso il passaggio da un’organizzazione gerarchico-strutturale a un’organizzazione a matrice per intensità di cura e assistenza. In questa nuova organizzazione, ha precisato Cuccuru, la persona è ricoverata e assistita secondo il livello della sua patologia o pluripatologia: alla continuità ci pensa l’infermiere e i medici vanno al suo letto in base alla specialità per assisterlo nei singoli bisogni e dettare tutto ciò che riguarda diagnosi, clinica e terapia. La nuova organizzazione dell’ospedale per intensità di cura e assistenza richiederà un ripensamento della presa in carico della persona, perché sia il più possibile personalizzata, univoca, condivisa attraverso tutti i livelli di cura. In una organizzazione per intensità di cura e assistenza viene meno la suddivisione dei posti letto per specialità tipica degli ospedali tradizionali, in modo da superare la frammentazione e favorire l’integrazione tra i professionisti che si prendono cura delle persone assistite. Il dirigente delle professioni sanitarie ha, infine, presentato alcuni strumenti, di facile applicazione, che possono aiutare l’infermiere a classificare i bisogni e la complessità assistenziale del paziente. L’ultimo intervento del Direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza (DEU), Viviana Lantini, ha spiegato come questo nuovo modello determina la necessità di introdurre modelli di lavoro multidisciplinari per percorsi e obiettivi, con definizione di linee guida e protocolli condivisi, e presuppone la creazione di un team multidisciplinare capace di operare secondo tale impostazione concettuale. In base a tale approccio, medici e infermieri saranno chiamati a una funzione di primissimo piano nello sviluppo di tutte le attività comprese nel percorso diagnostico-terapeutico assistenziale del paziente. Il Dirigente medico si è poi soffermata sul ruolo del Dipartimento di E/U, dove risulta fondamentale stabilizzare e stratificare clinicamente il paziente, avviandolo al livello di degenza più appropriata, e sulla presentazione di alcuni casi clinici. In tale ottica, metodologie e strumenti riferiti alla definizione di percorsi clinico-assistenziali rappresentano una valida opportunità a disposizione dei diversi professionisti in termini di autonomia organizzativa e professionale. In conformità a questi elementi chiave, un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) deve essere inteso come un metodo di management del percorso di cura e/o assistenza, elaborato a livello locale, per un gruppo di pazienti ben definito e con specifiche condizioni cliniche, durante un altrettanto ben definito periodo di tempo, costruito sulla base di elementi di cura e/o assistenza basati su evidenze scientifiche riconosciute, best practice ed aspettative del paziente. Il dibattito conclusivo ha registrato la partecipazione di diversi interventi di dirigenti medici, compresa l’inaspettata presenza del Direttore dell’AOU di Cagliari Nazareno Pacifico, e di alcuni infermieri e coordinatori che hanno sottolineato come un’organizzazione dell’ospedale per intensità di cura richieda l’introduzione di nuovi ruoli professionali, nuovi strumenti e un ripensamento della presa in carico del paziente, perché sia il più possibile personalizzata, univoca, condivi-sa a tutti i livelli di cura.