22 November, 2024
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In Parlamento il dibattito sul comparto del latte vaccino che vive un periodo di crisi, cresce, e Copagri Sardegna – su richiesta dell’assessore regionale dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi – interviene sulla questione. A Montecitorio, ora intervengono alcuni parlamentari che hanno presentato tre distinte risoluzioni con contenuti che Copagri ritiene condivisibili, i quali  sottolineano, tra l’altro, l’esigenza di un’equa ripartizione del valore lungo la filiera mediante il monitoraggio dei costi di produzione affinché il prezzo riesca a coprirli, l’indicazione obbligatoria in etichetta del luogo di origine del latte e dello stabilimento di lavorazione, il pieno rispetto dell’art. 62 della legge 27 del 2012 che impone contratti scritti tra le parti, chiari e trasparenti. Si indica inoltre al Governo di promuovere le produzioni di qualità del settore e di promuovere il consumo del latte e formaggi nelle scuole e mense pubbliche.

Secondo Ignazio Cirronis, presidente regionale di Copagri, «sono senz’altro utili anche le indicazioni di “promuovere iniziative affinché alle imprese agricole siano garantiti prezzi di favore per l’acquisto del gas, dell’energia elettrica, del gasolio e dei mangimi per l’allevamento degli animali nonché dei medicinali”, ma gli sforzi andrebbero concentrati verso la cancellazione degli oneri Imu e il ripristino delle agevolazioni per il gasolio agricolo».
Sull’attuazione della legge 27 del 2012, inoltre, per Copagri Sardegna, il Governo deve elaborare, sentite le parti, un contratto-tipo che regoli i rapporti tra venditori e acquirenti, trasparente e omogeneo sull’intero territorio nazionale. Copagri Sardegna ha anche trasmesso alla Regione lo schema di un contratto tipo stilato negli anni scorsi per il comparto ovicaprino.
Per dare più forza al potere contrattuale dei produttori, basterebbe poi dare applicazione al decreto all’articolo 17 del decreto legislativo n. 228 del 2001 che prevede il trasferimento di adeguato vantaggio economico ai produttori agricoli da parte delle industrie che ottengano benefici pubblici.

In Italia il comparto bovino da latte è rappresentato da 1.862.000 vacche allevate da 35.544 aziende che producono 11 milioni di tonnellate di latte per un valore di 4,5 milioni di euro. Mentre in Sardegna, nell’ultimo censimento del 2010, erano registrate 1.245 aziende con vacche da latte e 33.348 capi. A seguito della convocazione di due tavoli di filiera sul comparto, il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha dichiarato di volersi muovere verso il miglioramento e difesa della qualità, lo sviluppo di campagne di educazione alimentare, la promozione dei formaggi, una più chiara etichettatura che rilevi il luogo di mungitura e la sede dello stabilimento di lavorazione. Per il triennio 2015-2017 è prevista dal Governo la spesa di 110 milioni di euro.

In Sardegna, però, le regole contrattuali in materia di latte vaccino hanno un rilievo minore rispetto ad altre regioni: il latte bovino è, per circa il 90%, controllato dalla 3A di Arborea che lo remunera a un prezzo tra i più alti d’Italia. Per questo motivo lo Stato dovrebbe riconoscere un aiuto ai programmi di attività delle OP che, quando ben organizzate (come la 3A),  sono in grado di soddisfare al meglio le aspettative dei produttori.

«L’attenzione del Governo, e dei parlamentari, però – sostiene Pietro Tandeddu – coordinatore regionale di Copagri – non deve limitarsi al latte bovino ma occorre estendere le indicazioni e le  soluzioni trovate per il comparto bovino al settore ovicaprino, che non interessa solo la Sardegna ma il Lazio, Toscana, l’Abruzzo, Piemonte, Basilicata e l’intero Appennino italiano. Deve quindi essere riaperto dal Governo il Tavolo di Filiera Ovicaprino, istituito, dopo le insistenze della Regione sarda, nel 2008».

«Non possiamo abbassare la guardia per il comparto ovino solo perché il prezzo del pecorino romano ha raggiunto i 9 euro al chilo, superando la quotazione del parmigiano reggiano a 12 mesi e più (oggi a 7,80 €/Kg) – aggiunge Pietro Tandeddu -. Sembra che qualche caseificio sardo stia incrementando la produzione di pecorino romano il che contrasta palesemente con la volontà espressa di provvedere alla regolazione dell’offerta per il prossimo anno. Copagri Sardegna rivolge quindi «un pressante appello agli industriali privati e alle cooperative perché prevalga il buon senso e non si comprometta un momento “felice” del mercato, anche se la ripartizione del valore nella filiera non è del tutto equo».

Campagne di Giba

Anche la Sardegna aderisce alla manifestazione nazionale contro l’imposizione dell’Imu in agricoltura. Domani (25 febbraio, dalle 8.00 alle 14.00), Copagri Sardegna ha organizzato un sit-in davanti alla Camera dei deputati, in Piazza Montecitorio a Roma, per sensibilizzare i parlamentari e l’opinione pubblica rispetto all’iniquità dell’Imposta municipale unica (Imu).

L’imposta colpisce le aziende agricole a partire dai fabbricati e dai beni strumentali, compresa la terra, bene imprescindibile per svolgere l’ordinaria attività di impresa. I vertici nazionali e sardi dell’associazione sottolineano come le aziende agricole devono già fare i conti con una situazione insostenibile fatta di ricavi che non coprono più i costi produttivi e gli oneri tributari. Solo per fare qualche esempio: al settore è stata ridotta del 23% la quota dei consumi medi di gasolio ammessa alle agevolazioni ed è stata cancellata la deduzione del costo del lavoro agricolo a tempo determinato dalla base imponibile Irap, prevista con la legge di stabilità. Sono nuovi aggravi che fanno il paio con l’Imu, sulla quale, peraltro, non manca grande confusione dopo la nota con cui l’Istat ha dichiarato di non avere fornito alcun dato per la classificazione delle zone montane, parzialmente tali o per nulla interessate, che invece si riferisce a una legge del 1952. Nessun aggiornamento, dunque, è stato apportato.

«L’emendamento approvato dalla Commissione Finanze alla Camera – dice Ignazio Cirronis, presidente di Copagri Sardegna – non prevede modifiche sostanziali ma che il pagamento possa slittare al 31 marzo senza applicazione di interessi e sanzioni». Nel decreto, inoltre, non è previsto nemmeno un rimborso o una compensazione per chi abbia applicato i vecchi criteri di determinazione dell’imposta (in base al decreto del 28 novembre 2014) anche se con i nuovi criteri dovesse risultare esente.

«Tassare un bene di produzione è profondamente ingiusto – conclude Ignazio Cirronis -. Una cosa è tassare utili, altro aggravare i costi di produzione già di per sé molto alti».

«Attendiamo la sentenza sul merito del Tar del Lazio – aggiunge il coordinatore di Copagri Sardegna, Pietro Tandeddu – e nel frattempo, come consigliato dall’Anci, forse non è sbagliato non pagare. In caso di sentenza sfavorevole si può ricorrere al “ravvedimento operoso” con pochi aggravi. Quella di pagare o meno è però una scelta che spetta ai produttori interessati».

Domani, quindi, Copagri manifesterà nei confronti di questa tassa che è contro l’impresa, sottolineando la leggerezza e la superficialità di un provvedimento creato solo nella logica di fare cassa, senza prima realizzare una concreta revisione della spesa laddove è possibile, e i margini sono vasti.

Per il Biofuel Copagri Sardegna propone di sfruttare le aree inquinate del Sulcis per non danneggiare le colture alimentari.

«La società milanese Mossi & Ghisolfi, come ampiamente pubblicizzato – si legge in una nota di Copagri Sardegna -, ha avanzato la proposta di investire 220 milioni di euro nel Sulcis per la produzione di bioetanolo. L’investimento produrrebbe a Portovesme, a loro detta, ben 300 posti di lavoro e richiederebbe la coltivazione da 5.000 a 17.000 ha di canna comune.»

«Giova agli agricoltori sardi produrre canne anziché prodotti alimentari di cui la nostra Isola ha fortemente bisogno? – si chiede Ignazio Cirronis, presidente regionale di Copagri Sardegna -. Ebbene la conclusione a cui arriva l’associazione agricola è semplice: NO. O meglio va bene la sperimentazione ma non a danno delle colture alimentari.»

La Sardegna importa ogni anno circa 300 milioni di euro di prodotti agroalimentari con una bilancia commerciale fortemente negativa. Sono note le carenza produttive nei comparti della cerealicoltura, carni, specie bovine, olivicoltura, ortofrutticolo. È risaputo che varcano i confini dell’Isola, con cifre e volumi di un certo rilievo, pomodori e carciofi, vini, formaggi, agnelli. Per il resto importiamo di tutto. «Il tema della sicurezza alimentare, intesa come sicurezza degli approvvigionamenti, è sempre più all’attenzione dell’Unione Europea e degli Stati del mondo – aggiunge Pietro Tandeddu, coordinatore regionale dell’associazione agricola -. Già oggi 800 milioni di persone muoiono di fame e nel 2050 la Terra conterà 9 miliardi di abitanti. Ciò spinge i cosiddetti paesi in via di sviluppo come Cina, India e Corea ad accaparrarsi milioni di ettari di terre prevalentemente in Africa.»

Per queste ragioni, e non solo, anche il consumo del suolo agricolo, la sua cementificazione, cominciano a destare qualche preoccupazione in più. In trenta anni, in Italia, i terreni agricoli sono passati da 18 milioni di ettari a 12; ce ne vorrebbero 61 per coprire i consumi nazionali. «Perché pensare allora alla coltivazione di canna, pianta che ha un certo fabbisogno idrico, e metterla in concorrenza (a Masainas, Tratalias, Giba e vicinanze) con il carciofo spinoso DOP? – prosegue Cirronis -. «Chiediamo, per quel territorio e per l’intera Isola, un progetto agricolo serio con l’obiettivo di utilizzare pienamente le acque disponibili a fini alimentari. Nei comprensori di bonifica l’acqua registra, nelle aree attrezzate, un tasso di utilizzo sotto il 30%: è come se avessimo speso il triplo per dotare le zone agricole di impianti irrigui!».

Copagri Sardegna propone un’alternativa alla società Mossi e Ghisolfi: sperimentare la coltivazione della canna comune nel Sulcis, a ridosso di Portoscuso e Portovesme, dove vaste aree sono state inquinate e definitivamente compromesse per il forte tenore di metalli pesanti. Tutti ricordano le vicende delle uve al piombo che, per alcuni anni, hanno mortificato l’immagine di un’eccellenza come il Carignano. Si conducano lì, nella zona delimitata dal piano regionale di bonifica e quindi nelle aree interdette alle coltivazioni food, le sperimentazioni, sia da parte dell’Università che di Agris, cui la coltura della canna non è sconosciuta. Si vedrà nel proseguo se i produttori ne riconosceranno la convenienza ben sapendo di avere un unico acquirente il cui potere contrattuale sarà enorme nel dettare le condizioni contrattuali.

Polo industriale Portovesme 3

Palazzo del Consiglio regionale 2014 2 copia

I rappresentanti delle organizzazioni agricole hanno aperto in Terza commissione la giornata dedicata alle audizioni sulla Manovra finanziaria, illustrata ieri, nel parlamentino del Bilancio presieduto da Franco Sabatini (Pd), dall’assessore della Programmazione, Raffaele Paci.

Pietro Tandeddu, coordinatore regionale di Copagri, ha lamentato il ritardo con il quale è stata presentata la Manovra e soprattutto ha rivolto critiche all’esecutivo regionale per le scarse risorse a disposizione del comparto agricolo. Tandeddu ha quindi ribadito che le risorse comunitarie devono essere considerate aggiuntive  rispetto a quelle regionali e ricordato le rigidità che caratterizzano la spendita dei fondi Feasr (il programma di fondi europei per l’agricoltura).

«In ogni caso – ha denunciato il coordinatore di Copagri – se togliamo dal bilancio regionale gli stanziamenti per le agenzie e consorzi fidi, alle imprese agricole resta lo 0,1% delle somme complessivamente stanziate nella Manovra 2015». Tandeddu ha quindi auspicato l’impegno della Commissione per garantire adeguate risorse ai consorzi fidi in agricoltura, per favorire le aggregazioni dei produttori, per incrementare i fondi destinati ai centri di assistenza agricola e per il microcredito in agricoltura.

Il coordinatore Copagri ha inoltre lamentato come nell’annunciato piano regionale per le infrastrutture, finanziato con il ricorso ad un mutuo di 600 milioni di euro, non vi è traccia di proposte per realizzare infrastrutture al servizio dell’agricoltura. Tandeddu ha quindi concluso il suo intervento proponendo un piano di dismissioni delle terre pubbliche per destinarle alle attività agricole ed ha denunciato come dal 2012 al 2015 i fondi destinati alle organizzazioni agricole abbiano subito un taglio pari al 61%.

Il direttore regionale di Coldiretti, Luca Saba, ha marcato le distanze dalla finanziaria approvata lo scorso 23 dicembre dalla Giunta, «non solo per l’esiguità delle risorse a disposizione» ma soprattutto – così ha spiegato Saba – per l’assenza di strategia per il settore agricolo sardo». «Non registriamo differenze rispetto al passato – ha aggiunto il direttore Coldiretti – nonostante gli annunci e le promesse di rilancio fatte dal presidente della Regione. La nostra posizione critica, dunque, non cambia e evidenziamo che i 10 milioni “manovrabili” in più, rispetto al 2014, sono quelli destinati ai consorzi di bonifica».

A giudizio di Coldiretti nella Manovra non vi è traccia del riassetto del debito agricolo e si registrano diminuzioni negli stanziamenti destinati ai consorzi fidi (meno 300 milioni) e per i consorzi di “difesa” (meno 600 milioni). Saba ha poi criticato duramente l’esiguità del fondo per la partecipazione alle fiere, sottolineando come nell’anno dell’Expò la Regione sarda stanzi solo 750mila euro («non si investe dunque in una manifestazione di fondamentale importanza per l’agroalimentare»).

Il direttore della Coldiretti ha concluso denunciato una riduzione degli stanziamenti a favore delle organizzazioni agricole «in una misura non proporzionale a quanto fatto per le organizzazioni degli altri settori che anzi vedono aumentare le relative dotazioni». «Non faccio bottega – ha dichiarato Luca Saba – ma difendo la dignità delle organizzazioni agricole e invito la commissione regionale a verificare le relative rendicontazioni di spesa».

Luca Sanna, presidente di Confagricoltura, ha lamentato come dall’esame della Manovra 2015 emerga «la preoccupante assenza di una concreta programmazione per il rilancio del comparto agricolo sardo». Sanna ha quindi rivolto l’invito alla Regione perché si occupi del cosiddetto debito in agricoltura. «Il comparto agricolo sardo – ha spiegato – non è più in grado di indebitarsi e di conseguenza non è più nelle condizioni di investire per lo sviluppo».

Un ulteriore sottolineatura critica è stata rivolta a proposito della priorità di spesa dei fondi Ue rispetto ai fondi regionali e Sanna ha denunciato il pericolo che i fondi comunitari non possano essere spesi per mancanza della quota parte di cofinanziamento privato, previsto per la realizzazione della maggior parte delle misure europee.

Il rappresentante di Confagricoltura ha concluso il suo intervento rimarcando l’assenza di soluzioni per ciò che attiene la continuità territoriale per le merci e la riduzione del costo dell’energia per le aziende agricole.

Il presidente della Cia, Martino Scanu, nel ribadire le critiche espresse dai suo omologhi  di Copagri, Coldiretti e Confagricoltura, ha dichiarato la propria “insoddisfazione per i livelli di attenzione e la quantità di risorse destinate all’agricoltura”. «Con la Manovra 2015 – ha spiegato Scanu – resta insoluta la partito del debito e il tutto significa che per l’intero comparto non c’è alcuna possibilità di ricorrere al credito per fare investimenti». «Chiediamo alla Giunta e alla Regione – ha concluso il presidente Cia – di essere conseguente alle dichiarazioni fatte riguardo al rilancio del comparto agricolo sardo».

Copagri dice no al Cannonau veneto spacciato per sardo, in generale alle truffe ai danni dei prodotti isolani, e si prepara a dare battaglia. La questione ha tenuto banco per le feste natalizie quando sono state messe in commercio bottiglie di “Cannonau di Sardegna DOC” prodotte dalla Cantina di Cazzano di Tramigna in Veneto, con l’etichetta che, al posto della nostra Isola, riportava l’immagine della Sicilia.

«A parte l’evidenziazione della Regione Sicilia nell’etichetta, che si commenta da sola, tutto fa supporre che si tratti di una vera e propria truffa – dichiara Ignazio Cirronis, presidente  regionale di Copagri Sardegna – che va perseguita a norma di legge. Il disciplinare di produzione del Cannonau di Sardegna DOC prevede che le uve siano prodotte in Sardegna e solamente nella nostra Isola. Va precisato inoltre che, con la modifica del disciplinare approvata nel  2011, si è stabilito che anche l’imbottigliamento del cannonau debba avvenire all’interno della Sardegna».

Inoltre, «a suo tempo – rileva Pietro Tandeddu, coordinatore regionale di Copagri – su proposta dell’allora assessore dell’Agricoltura Francesco Foddis, il ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro emanò uno specifico decreto (dell’11 dicembre 2007 e tuttora vigente), dove si prevede che l’utilizzo del vitigno cannonau e sinonimo cannonao sia riservato all’esclusiva designazione e presentazione dei vini DOC e DOCG della  Regione Sardegna».

Copagri Sardegna non si ferma qui. L’associazione agricola ha denunciato questa (che sembra un’autentica truffa) alla direzione regionale dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari affinché questa provveda ad effettuare gli opportuni accertamenti e prenda le conseguenti decisioni.

Copagri Sardegna lancia l’allarme sui Consorzi di Bonifica e invita la Regione a dare attuazione alla riforma approvata sei anni fa. È, infatti, continua e giusta la protesta dei dei coltivatori: l’ultima riguarda il Consorzio di Oristano, e prima ancora quello del Basso Sulcis e della Nurra. Ora basta.

«Non si capisce perché debbano ancora esistere NOVE consorzi di bonifica con nove gestioni separate che determinano un costo dell’acqua non uniforme sul territorio regionale, e causano concorrenza sleale all’interno delle stesse colture», dichiara Ignazio Cirronis, presidente di Copagri Sardegna. «Le Organizzazioni agricole hanno in sostanza condiviso la scelta dell’assessorato di unificare il Consorzio della Sardegna Meridionale con quelli del Basso Sulcis e del Cixerri, ma non basta – aggiunge Pietro Tandeddu, coordinatore regionale di Copagri -. «La soluzione ottimale è rappresentata da un’unica Agenzia o struttura consortile, ma nel frattempo si provveda all’integrazione del consorzio dell’Ogliastra con Nuoro e all’unificazione dei tre consorzi del Nord Sardegna».

Per Copagri non sono bastati 6 anni per mettere a posto i bilanci dei consorzi in modo uniforme e trasparente, secondo lo schema del bilancio della Regione, in modo che si possa evincere una chiara situazione patrimoniale e un chiaro conto economico.

Per questo l’associazione suggerisce alcuni punti di immediata attuazione:

– si dovrebbero istituire servizi comuni tecnici, amministrativi e contabili a livello regionale, con dotazioni organiche definite per i consorzi,

– si dovrebbe ripristinare la norma del 2008 che fissava all’80% il contributo regionale per le spese di manutenzione, norma “furbescamente” modificata dalla precedente Giunta (che scrisse “sino all’90%”): un vero e proprio specchietto per le allodole, dato che lascia all’amministrazione la discrezionalità di decisione;

– si devono rivendicare e utilizzare al meglio le risorse irrigue che arriveranno dal Programma nazionale del PSR (anche per completare il piano di installazione dei contatori che possono consentire un risparmio idrico con il pagamento secondo i reali consumi);

– la Regione deve deliberare i criteri per la determinazione annuale del contributo irriguo da porre a carico dei produttori, e che premi i migliori consorzi in termini di economicità ed efficienza;

– bisogna dire basta all’assunzione di precari per 6 o 8 mesi nonostante un utilizzo di pochi mesi e pur senza copertura finanziaria per l’intero periodo

Copagri, infine, si rivolge all’assessore dell’Agricoltura affinché promuova a breve un incontro con le organizzazioni, i consorzi e la struttura dell’assessorato per fare il punto della situazione e condividere un piano di azione capace di determinare un giusto costo dell’acqua di irrigazione.

Riparte il dibattito sul credito agrario e Copagri Sardegna presenta le sue proposte. Mercoledì, l’assessore dell’Agricoltura Elisabetta Falchi, sentita la  Sfirs e il Banco di Sardegna, che, si sa, eroga nell’Isola circa l’80% del credito in agricoltura, ha avviato il confronto con le Organizzazioni professionali agricole sul tema. Copagri ha ben accolto la notizia che dimostra la volontà di ricostruire una politica per il credito, da diversi anni scomparsa dall’agenda politica.

Tra gli annosi problemi che affliggono il settore ci sono la difficoltà di accesso al credito e i tassi di interesse molto elevati, come è stato evidenziato dal presidente di Copagri Sardegna, Ignazio Cirronis, e dal suo coordinatore Pietro Tandeddu. Pur in presenza di un tasso di sconto pari allo 0,25% stabilito dalla Bce, infatti, i tassi sono compresi entro una forbice di 2,5-8 punti oltre l’Euribor, a seconda del rating delle aziende.

È inoltre indispensabile coinvolgere, oltre la Sfirs e il Banco di Sardegna, tutti i soggetti che hanno voce in capitolo come i consorzi fidi agricoli, l’Abi Sardegna e l’Ismea, così come è importante avere dati aggiornati per avere un quadro dettagliato e al passo con i tempi, in particolare, dei debiti in situazione di incaglio e sofferenza.

La prima azione da intraprendere è il consolidamento dei debiti a breve termine portandoli a medio, lungo periodo, questo tramite un accordo tra banche e imprese agricole rappresentate dalle Organizzazioni di categoria. Ismea potrebbe fornire garanzie dirette a prima richiesta grazie ai fondi che le erano stati erogati dalla Regione all’epoca della Giunta Soru. L’azione dovrebbe inoltre coinvolgere la Sfirs per l’estensione del Fondo di Garanzia regionale anche alle imprese agricole di produzione (il fondo oggi è rivolto solo alle imprese industriali).

In secondo luogo, dopo che il microcredito deliberato dalla vecchia Giunta regionale si è rivelato una “bufala” perché sprovvisto di fondi, va riattivato il prestito agevolato di esercizio a breve termine, come fanno da anni molte Regioni italiane nel rispetto delle regole europee. Occorre la costituzione di un fondo dedicato per l’abbattimento dei tassi di interesse, il coinvolgimento dei consorzi fidi per sfruttare le loro convenzioni già attive con gli istituti di credito e la fornitura di garanzie. Anche qui Ismea e Sfirs potrebbero avere un ruolo importante.

Resta sempre attuale, inoltre, l’esigenza di favorire la capitalizzazione delle imprese agro industriali. Infine, secondo Copagri, va riattivata la Legge regionale n. 4 del 1998 per poter intervenire sulle aziende agricole in difficoltà, con piani personalizzati da sottoporre preventivamente alla Commissione europea.

INVITO PROGRAMMA SEMINARIO VILLAGRANDE - def

L’Hotel Orlando Resort di Villagrande Strisaili, in località Santa Barbara, ospiterà venerdì 10 ottobre, dalle ore 9.30, un seminario sul tema “Strategie e azioni finalizzate all’eradicazione della peste suina africana”, presente in Sardegna da 36 anni, progetto pilota per la realizzazione di una campagna di informazione e comunicazione, organizzato da #Copagri Sardegna e #Laore Sardegna.

I lavori verranno moderati e coordinati da Pietro Tandeddu (coordinatore regionale di Copagri Sardegna). Dopo i slauti e l’introduzione di Ignazio Cirronis (presidente regionale di Copagri Sardegna) e i saluti di Giuseppe Loi (sindaco di Villagrande), interverranno Dino Garau (direttore Servizio Sanità Animale della ASL di Lanusei), sul tema “Problematiche relative all’eradicazione della peste suina africana”; Giovanni Salis (consulente dell’assessore regionale dell’Igiene e Sanità), sul tema “Ipotesi di revisione e aggiornamento del piano di eradicazione”; Sebastiano Piredda (direttore generale dell’assessorato regionale dell’Agricoltura), sul tema “Misure di sostegno per il comparto suinicolo”; Sebastiano Porcu (Agris), sul tema “Le attività di ricerca relative alla salvaguardia e valorizzazione del suino autoctono sardo”; Giuseppe Fruttero e Tonello Abis (tecnici Laore), sul tema “Sistemi razionali di allevamento suinicolo e schema progetto Laore”.

Seguirà il dibattito, al quale è prevista la partecipazione degli assessori dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi, e della Sanità, Luigi Arru; del capogruppo della V commissione Attività produttive del Consiglio regionale, Luigi Lotto, e di Luigi Crisponi, vicepresidente della stessa Commissione.

 Combattere la peste suina africana è compito delle istituzioni che sinora non sono riuscite nell’intento, ma è anche interesse primario degli allevatori che Copagri invita a collaborare. Occorre una strategia comune e condivisa tra tutti gli enti coinvolti: assessorati, Asl, enti locali, allevatori e le loro organizzazioni, sapendo cosa si deve fare, come e chi lo deve fare. «Occorre prendere atto – afferma Ignazio Cirronis, presidente regionale di Copagri – che in questa fase il pascolo brado non può essere esercitato e che tutti i suini devono essere anagrafati. Bisogna favorire con misure adeguate l’emersione degli animali irregolari senza disperdere il patrimonio eccezionale rappresentato dal suino sardo, una delle sei razze suine autoctone riconosciute in Italia, che ha una potenzialità immensa». Secondo Pietro Tandeddu, coordinatore regionale di Copagri Sardegna, «sarà quindi possibile lavorare per ottenere il riconoscimento della DOP “porchetto sardo” da latte che rappresenta la produzione prevalente e tipica degli allevamenti sardi e, un domani, davanti ad un soggetto organizzato, lavorare ad una DOP per le carni di suino sardo come fatto per la razza “cinta senese” in Toscana, il cui lardo, per non citare le produzioni più nobili, ha prezzi di tutto rispetto».

Dal canto la Regione, con il nuovo Psr, favorirà il processo con un premio legato al mantenimento della razza sarda e, come nuova misura, con un rimborso delle maggiori spese sostenute per garantire il benessere degli animali, misura fino ad oggi prevista esclusivamente per gli ovicaprini.

Come scritto il numero delle aziende è calato, tanto che che il fabbisogno locale di carni suine è soddisfatto solo per il 53%. Nell’Isola rimangono 69 salumifici che ormai lavorano solo carni provenienti dalla penisola e dall’estero. Il valore dei salumi, rilevato sulla base di  un consumo di 300.000 quintali, ammonta a 125 milioni di euro senza alcuna ricaduta positiva sugli allevatori sardi.

Il Palazzo Boyl di Milis ospiterò sabato sera, dalle 15.00 alle 20.00, un convegno sull’energia organizzato dal FAI, #Fondo Ambiente Italiano in Sardegna.

Da quando i primi fuochi illuminarono le notti senza elettricità i nostri antenati costruirono il mito che un giorno sarebbero stati affrancati dal lavoro e che l’energia sarebbe stata inesauribile. La realtà è stata diversa. Il lavoro è una chimera per troppi e qualunque scelta sull‘energia necessita di valutazioni che oltrepassino il qui ed ora.

Per tale ragione il ¶FAI Sardegna s’interroga su quale energia per quale Sardegna? L’energia è tema sensibile da affrontare col massimo di partecipazione perché i decisori non siano lasciati soli ad assumersi responsabilità che riguardano la comunità regionale ed i territori per i decenni a venire.

La progressiva dismissione delle industrie energivore e la crescita delle fonti rinnovabili avrebbero dovuto produrre in Sardegna una diminuzione del consumo di energia ed un minor costo. E‘ diminuito il consumo ma non il costo. E‘ tempo allora di riflettere sulle diverse fonti di produzione e sul loro impatto nei territori. In troppi casi devastante. E‘ il caso di molte fonti energetiche che hanno occupato i territori a destinazione agricola.

E‘ necessario coordinare le fasi di pianificazione, di erogazione dei contributi, di costruzione e di gestione del #Piano Energetico Regionale. Chiedersi se non sia il caso di creare un’Agenzia Energetica Regionale che risponda alle molteplici esigenze di natura pubblica o privata da parte di singoli o società. Promuovere l’autonomia energetica delle comunità locali ed una diffusa pedagogia del risparmio e del riuso specie nelle aziende agricole e zootecniche messe in grado di “autoprodurre”.

Nei mesi scorsi il FAI ha sollecitato il governo regionale sulla sottrazione – a tratti spregiudicata – della terra alle colture agricole con le fonti rinnovabili. Sono stati distrutti paesaggi, divorati preziosi suoli agricoli, disseminati i territori di cattedrali nel deserto, creato ulteriori servitù. Dopo l’eolico, il fotovoltaico e il termodinamico solare a terra ad altissimo impatto ambientale l’ultima frontiera è il cosiddetto MINIeolico.

Non risultano ad oggi disposizioni ostative alla realizzazione di impianti di 60 kW potenza. Pertanto, per il FAI, è urgente che si disponga che, anche gli impianti eolici di potenza inferiore ai 60 kw, si possano realizzare in aree agricole, a patto che siano destinati all’autoconsumo energetico per l’azienda che lo richiede; che il richiedente sia un  imprenditore agricolo professionale, e/o comunque una società agricola presente stabilmente nell‘isola; che siano assoggettati a V.I.A., ovunque localizzati, così come da ultimo ha stabilito la Sentenza della Corte Costituzionale (n. 188/2013 del 03.7.2013).

Interverranno: Antonia Fabiola Putzolu, sindaco di Milis; Maria Antonietta Mongiu, presidente regionale FAI Sardegna; Nicolò Migheli, sociologo; Antony Muroni, direttore de L’Unione Sarda; Antonello Pazzona, agronomo dell’Università di Sassari; Andrea Vallebona, ingegnere elettrico; Alfonso Damiano, ingegnere elettrico ed elettronico dell’Università di Cagliari; Paolo Randaccio, fisico dell’Università di Cagliari; Giacomo Oggiano, geologo dell’Università di Sassari; Franco Meloni, fisico dell’Università di Cagliari; Luciano Burderi, fisico dell’Università di Cagliari; Sergio Vacca, geo-pedologo dell’Università di Sassari; Angelo Aru, agronomo dell’Università di Cagliari; Ignazio Camarda, botanico dell’Università di Sassari; Chiara Rosnati, naturalista dell’Università di Sassari, Pietro Ciarlo, costituzionalista dell’Università di Cagliari; Ottavio Castello, direttore di Confservizi Sardegna; Michele Gutierrez, economista agrario dell’Università di Sassari; Fausto Pani, geologo; Pietro Tandeddu, esperto di politiche agricole; don Ettore Cannavera, responsabile della comunità La Collina; Giuseppe Pulina, agronomo dell’Università di Sassari; Mauro Mura, procuratore capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari.

#Copagri Sardegna prende posizione contro il recente decreto governativo “Sblocca Italia” che lascia mano libera ad ogni risma di speculatori attivi nel campo delle energie alternative: ma così il paesaggio agrario, elemento determinante  di valorizzazione delle produzioni agricole  sarde, fonte di attrazione del turismo, ne risulterà ampiamente compromesso. 

«Si perpetua – dichiara Pietro Tandeddu, coordinatore regionale di Copagri – il consumo del suolo, risorsa non rinnovabile e fonte essenziale per la nostra vita. Negli ultimi 50 anni l’Italia ha perso 8 mq di terreno al secondo. Il rapporto 2014 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) evidenzia anche per il 2012 un consumo del 7,3% del territorio nazionale, pari a 21.890 km quadrati. Non è esente dal fenomeno la Sardegna, con una stima di perdita del 2,8-4,7 %.»

Ancora più dure le parole di Ignazio Cirronis, presidente regionale di Copagri: «Si vuole compromettere la funzione agricola di terre fertili per far posto a pale eoliche, impianti solari, fotovoltaici, dichiarando spesso che ben si integrano con le produzioni agricole e illudendo le popolazioni, non sempre, su incrementi sostanziali di occupazione. Si vedano i casi di Narbolia, Villasor, Decimoputzu e Gonnosfanadiga».

Già i due governi nazionali precedenti l’attuale, avevano presentato due specifici ddl sul consumo del suolo che, purtroppo,  non hanno  avuto seguito nelle aule parlamentari.

La Sardegna, che produce il 30% in più di energia rispetto al fabbisogno, non ha necessità di ulteriore energia. Se c’è una priorità è quella, come la stessa Giunta e molti altri sostengono, di portare il gas sul nostro territorio (a mezzo tubo o gassificatori).

«Per queste ragioni – auspica Ignazio Cirronis – anche attraverso i contenuti dell’annunciato disegno di legge regionale  sull’urbanistica, la Regione, i parlamentari sardi, si oppongano con ogni mezzo a questo indirizzo che, tra l’altro,  toglie effettiva sovranità al popolo sardo imponendo una discutibile forma di neocentralismo e garantisce, fatto veramente sconcertante, all’impresa privata con scopo di lucro,  che produce utili privati, di invocare l’esproprio per pubblica utilità.»