24 November, 2024
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renzi-pigliaru

L’esito del referendum ha segnato la fine del Governo Renzi ed ha portato aria di tempesta sulla Giunta Pigliaru. Se poco dopo la mezzanotte, appena si è capito che il successo dei sostenitori del NO al referendum costituzionale è divenuto definitivo, il presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, ha preso atto del risultato e lo ha commentato annunciando la fine dell’esperienza del suo Governo con le sue dimissioni (vedi il filmato allegato, tratto dal sito del Governo), il risultato maturato in Sardegna, dove le proporzioni della sconfitta sono state più schiaccianti (616.791 NO, il 72,22%, contro i 237.280 di SI’, il 27,78%), ha portato aria di tempesta sulla Giunta Pigliaru e sul Partito Democratico, il partito più rappresentativo, sia numericamente sia politicamente, della maggioranza di centrosinistra che la sostiene.

Il 72,22% di NO dei sardi è un segnale forte, fortissimo, trasmesso alla Giunta Pigliaru, anche se va sottolineato che la maggioranza di centrosinistra non ha assunto una posizione unitaria sul referendum costituzionale. In particolare, i due maggiori alleati del Partito Democratico, il Partito dei Sardi e Sinistra Ecologia e Libertà, si sono espressi apertamente e con grande forza e determinazione, contro le proposte del Governo Renzi ed hanno votato e invitato i sardi a votare NO.

Da mesi, praticamente da un anno, si parla di verifica nel centrosinistra e di rimpasto nella Giunta Pigliaru, ma fino ad oggi tutto è rimasto fermo. Il Partito Democratico già prima del referendum ha vissuto una fase di profonda crisi interna, esplosa fragorosamente con il mancato accordo sulla scelta del nuovo segretario, dopo le dimissioni dell’europarlamentare Renato Soru, con uno scontro che è arrivato, ad inizio ottobre, fino all’“onta” del commissariamento, con la nomina, su mandato del segretario nazionale Matteo Renzi, del presidente della Commissione nazionale di garanzia, il deputato veneto Gian Pietro Dal Moro, garante per la gestione del tesseramento 2016 e per tutta l’attività politica ed istituzionale in vista del prossimo Congresso regionale fissato per la fine del prossimo mese di febbraio e della campagna referendaria appena conclusa.

Per il PD sardo, alle prese con una crisi d’identità profonda dopo le pesantissime batoste elettorali subite alle ultime amministrative che hanno avuto nella perdita, per la prima volta, della guida del comune di Carbonia da parte del centrosinistra, il segnale più forte, è stato quello di resa che mortifica l’autonomia da sempre rivendicata. Ed ora la pesantissima batosta subita con il referendum, impone una verifica immediata che, inevitabilmente porterà ad un rimpasto nella Giunta Pigliaru, anche perché gli equilibri politici in seno alla maggioranza rispetto all’inizio della legislatura sono profondamente cambiati ed un’inversione di rotta appare non più rinviabile.

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Sala consiliare San Giovanni Suergiu 1

L’Aula consiliare del comune di San Giovanni Suergiu ospiterà venerdì 11 novembre, a partire dalle ore 17.00, la presentazione del libro “L’ultima Spagna”, di Pietro Soddu, ex presidente della Regione Sardegna. Seguirà un dibattito sull’autonomia sarda e sul referendum costituzionale, con la partecipazione dei giornalisti Giacomo Mameli ed Anthony Muroni, dell’europarlamentare del Partito Democratico Renato Soru, ex presidente della Regione Sardegna ed ex segretario regionale dello stesso Partito Democratico, e del deputato Francesco Sanna, anch’egli del Partito Democratico, I lavori saranno moderati dal sindaco di San Giovanni Suergiu, Elvira Usai.

L’iniziativa è organizzata dall’Amministrazione comunale di San Giovanni Suergiu.

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Gian Pietro Dal Moro

Tanto tuonò che piovve. Constatata l’impossibilità di dirimere lo scontro tra le due componenti del Partito Democratico nell’Isola per l’elezione del nuovo segretario regionale dopo le dimissioni dell’europarlamentare Renato Soru, su esplicita richiesta dell’Assemblea regionale, il vicesegretario nazionale del partito Lorenzo Guerini, su mandato del segretario nazionale Matteo Renzi, ha nominato il presidente della Commissione nazionale di Garanzia, il deputato veneto Gian Pietro Dal Moro, garante per la gestione del tesseramento 2016 e per tutta l’attività politica ed istituzionale in vista del prossimo Congresso regionale fissato per la fine del prossimo mese di febbraio e della campagna referendaria.

Per il PD sardo, alle prese con una crisi d’identità profonda dopo le pesantissime batoste elettorali subite alle ultime amministrative che hanno avuto nella perdita, per la prima volta, della guida del comune di Carbonia da parte del centrosinistra, il segnale più forte, è quello di resa che mortifica l’autonomia da sempre rivendicata.

Simbolo PD

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Il consigliere regionale di Forza Italia Ignazio Locci contesta i requisiti scelti dall’assessorato regionale della Sanità per la stabilizzazione dei precari del mondo della sanità sarda. «Dando una lettura ai requisiti per beneficiare della stabilizzazione – dice Ignazio Locci – si scopre che per accedere alle procedure concorsuali, occorre essere stati assunti, in sostanza, prima del 2008. Esattamente il periodo in cui la Regione è stata guidata da Renato Soru e Nerina Dirindin. Resta da chiedersi, a questo punto, che fine debbano fare tutti coloro che hanno lavorato nel comparto sanità in qualità di precari da quel periodo in poi. Se esistono, di sicuro sono considerati precari di serie B.»

«La delibera varata dalla Giunta, inoltre, prevede la stabilizzazione di Lsu (Lavoratori socialmente utili) nelle Asl della Sardegna, ammesso esistano posti in organico. Ci auguriamo vivamente che i destinatari del provvedimento vengano scelti tra gli unici aventi diritto: ovvero quanti fanno parte del bacino regionale degli Lsu istituito con delibera di Giunta nel 2014. Su questo non faremo alcuno sconto – conclude Ignazio Locci -: vigileremo affinché almeno a questa categoria di lavoratori vengano riconosciute pari opportunità.»

Assessorato regionale della Sanità 6 copia

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L'europarlamentare Paolo De Castro.

L’europarlamentare Paolo De Castro.

Francesco Sanna, deputato del Partito Democratico.

Francesco Sanna, deputato del Partito Democratico.

Martedì 19 aprile, Paolo De Castro, parlamentare europeo, già ministro dell’Agricoltura nei governi del centrosinistra, presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale a Bruxelles, sarà in Sardegna.

«Paolo De  Castro ha accettato l’invito che insieme al Partito Democratico della Sardegna e ad alcune associazioni agricole gli abbiamo fatto per discutere della politica agricola comunitaria, con particolare attenzione al caso Sardegna – ha detto Francesco Sanna, deputato del Partito Democratico -. Alle ore 11.00, dopo aver visitato il mercato ortofrutticolo di Sestu, parteciperò con lui all’incontro organizzato dal Consorzio per la tutela del formaggio pecorino romano per parlare del settore agroalimentare nell’Unione Europea: ortofrutta e lattiero caseario, la crisi del settore del latte, le strategie per il settore ovino, il trattato TTIP, sempre negli spazi del Mercato ortofrutticolo. Nel primo pomeriggio visiteremo le strutture della cooperativa S’Atra Sardigna.»

Alle ore 18.00 a Sinnai, presso la Fondazione Polisolidale (locali ex Comunità Montana) in via della Libertà è in programma il dibattito dal titolo “La sfida europea dell’agricoltura”. Al centro della discussione il quadro di regole e le opportunità offerte dalla Politica Agricola Comunitaria nello scenario della competizione extra-continentale.

Si parlerà anche del quadro normativo nazionale e regionale. Francesco Sanna interverrà sui provvedimenti parlamentari adottati e in fase di studio riguardanti il settore agricolo, la valorizzazione dell’agroalimentare, la nuova legge contro gli sprechi alimentari e il ruolo del volontariato sociale.

Un approfondimento specifico sarà dedicato al Piano di sviluppo rurale ed alle imminenti opportunità per gli operatori del settore agropastorale. All’incontro-dibattito parteciperanno, insieme a Paolo De Castro, l’assessore regionale all’Agricoltura Elisabetta Falchi, i consiglieri regionali Luigi Lotto e Cesare Moriconi e concluderà i lavori l’europarlamentare e segretario del Partito Democratico della Sardegna Renato Soru.

Sarà l’occasione per un confronto con le associazioni di categoria, che interverranno con Martino Scanu (Cia), Luca Maria Sanna (Confagricoltura), Ignazio Cirronis (Copagri), Battista Cualbu (Coldiretti) e, infine, Claudio Atzori (Legacoop).

L’incontro sarà moderato da Andrea Murgia, componente della segreteria regionale Pd e sarà preceduto dai saluti del segretario provinciale, Francesco Lilliu, e dal sindaco di Sinnai, Barbara Pusceddu.

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Pietro Cocco 6 copia

Emergono posizioni contrastanti, in seno al centrosinistra e allo stesso Partito Democratico, in Sardegna, sul referendum in programma domenica prossima. Il Consiglio regionale, presieduto da Gianfranco Ganau, esponente del Partito Democratico, è tra i promotori del referendum e lo stesso Ganau ha partecipato agli incontri del comitato promotore per il sì; il segretario regionale del Partito Democratico, Renato Soru, si è schierato contro il referendum, definendolo inutile, ed altrettanto ha fatto ieri il presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru.

Oggi, sulla questione, interviene il capogruppo del partito, Pietro Cocco.

«La posizione di Pigliaru sul referendum del 17 aprile è molto chiara e netta. Fra chi sostiene il contrario ci sono coloro che lo fanno in modo strumentale e in assoluta malafede – ha detto Pietro Cocco -. Il presidente, infatti, ha spiegato i contenuti di quel referendum e il fatto che non si sta chiedendo l’autorizzazione all’impianto di nuove trivelle, prendendo così le distanze da comode posizioni demagogiche molto spesso non motivate né circostanziate che in questo momento abbondano. Non aver dato indicazioni di voto è dovuto al fatto che Pigliaru ha voluto informare ma non condizionare gli elettori, sottolineando la necessità di quella transizione energetica necessaria a bloccare il cambiamento climatico e dando a ognuno gli elementi per valutare liberamente e con piena cognizione di causa quale scelta fare. Una posizione estremamente ragionevole e rispettosa delle sensibilità di ciascun cittadino.»

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Con i malumori crescenti intorno alla posizione del segretario regionale Renato Soru, messo in minoranza dalle componenti interne che lo avevano portato alla guida del partito, sale il dibattito nel Partito Democratico sulla gestione del partito nell’Isola.

«Quella che nella sua nota Silvio Lai chiama “la verità”, è in realtà un invito (Soru lasci la segreteria del PD sardo) basato su un racconto di fatti e avvenimenti che però non torna a molti che li hanno vissuti – scrive in una nota il deputato Francesco Sanna -. Non penso sia condivisibile la lettura del 2003, quando il PD non esisteva, e il centrosinistra trovò in Soru la soluzione per vincere le elezioni e indicare una idea di Sardegna che i sardi sostennero e fecero propria, un’idea che ebbe enorme attenzione positiva dentro e fuori il Paese. E tantomeno che serva ora riaprire la discussione sulle responsabilità, interne alla maggioranza di centrosinistra, della fine della legislatura in cui Soru fu presidente della Regione. E’ più utile, piuttosto, comprenderci circa il diritto-dovere del PD sardo di oggi, che contribuisce con forza maggioritaria al governo dell’isola, di elaborare idee e programmi, senza che quest’opera venga fraintesa con il bacchettare questo o quell’assessore, perché invece serve a rendere più persuasiva, condivisa e comunicata sia la forza, sia il senso dei fatti prodotti dall’esecutivo. E’ più utile capire insieme come sia utile valorizzare la discussione pubblica dei temi, nelle sedi legittimate dalla democrazia interna: siamo l’unico partito che lo fa, in Sardegna ed in Italia, proviamo ad esserne orgogliosi!»

«E’ più utile riconoscere che proprio le primarie dell’ottobre 2014 decretarono anche un profondo rinnovamento nella struttura intima del PD sardo, dai circoli alle segreterie provinciali alla segreteria regionale – aggiunge Francesco Sanna -. E’ stato realizzato e sono certo continuerà in ogni occasione un forte rinnovamento, fatto sia di giovani, sia di competenze mai prima sperimentate. L’unica generazione bruciata è quella che attendeva nell’anticamera della cooptazione. Chi ci ha messo la faccia ha avuto spazio e ruolo ovunque. L’origine di questo processo è stato un congresso in cui si misurarono idee e persone diverse. Ma non è servito attendere un anno e qualche mese da quel congresso, percapire che molte di quelle idee sono tra loro non solo compatibili ma anche complementari, ed è utile che camminino insieme. E molte di quelle persone che allora si confrontarono su fronti diversi si possono, anzi si devono assumere l’onere di una responsabilità più condivisa tra tutti quelli che hanno a cuore le sorti del Partito Democratico sardo, anche in vista di prove molto importanti che lo attendono.»

«Mi sembra che questa sia la domanda e l’appello che il segretario regionale ha fatto al PD sardo, senza insultare o dileggiare nessuno, nemmeno quelli che hanno deciso che oggi non va più bene, ma quasi gramscianamente rivendicando il bisogno di un impegno, di uno studio e di una organizzazione, perché serve l’intelligenza e la disponibilità di tutti insieme e di ciascuno. Il passo in avanti non è il congresso estivo o semi autunnale (che implicherebbe disimpegno e disinteresse rispetto al referendum costituzionale) – conclude Francesco Sanna – ma di rinunciare alla comodità dei ruoli cristallizzati di maggioranza e minoranza per riprendere lo slancio e l’iniziativa dei democratici in questo tempo bello e difficile per la Sardegna.»

Francesco Sanna 1 copia

 

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Con la partenza quasi certa dei tedeschi, la base militare di Decimomannu si avvia verso la chiusura, di fronte alla totale indifferenza del Governatore Francesco Pigliaru e del centrosinistra al governo della Regione. La logica antimilitarista e populista del presidente rischia di ripercuotersi sull’economia isolana, visto l’elevato numero di quanti lavorano in quelle aree e l’indotto che queste generano. Ma non solo: di questo passo si favorisce anche la dismissione del Poligono di Capo Teulada e della base di Capo Frasca, con conseguenze gravissime. E chi guida una Regione come la Sardegna, ha il dovere di analizzare i fatti nella loro interezza, senza farsi trascinare dall’ondata retorica e demagogica che propugna il No all’Esercito a prescindere e che in Sardegna sembra avere preso piede, non considerando cosa significhi rinunciare alle forze armate. Per questo è doveroso che il Presidente della Regione analizzi le circostanze, partendo da due presupposti: l’importanza dell’Esercito in termini di difesa, considerato un valore irrinunciabile della nostra bandiera, e la rilevanza delle forze armate in considerazione dell’economia che esse garantiscono all’Isola.

Quanto al primo aspetto, la Sardegna, e quindi l’Italia, non può permettersi di rinunciare all’addestramento dei militari, sia per il particolare momento storico, sia perché la nostra nazione appartiene al Patto Atlantico. E il Poligono di Capo Teulada è una vera e propria palestra che come tale va considerata. E noi dobbiamo puntare alla sicurezza dei militari impegnati nelle missioni di pace, garantendo un esercito addestrato nel migliore dei modi e in grado di fronteggiare le nuove emergenze.

In merito al secondo aspetto, sono innegabili le ricadute economiche di cui beneficiano le comunità locali (e non solo) che ospitano le basi militari. E se ancora si ha qualche dubbio, forse sarebbe il caso di ricordare cosa ha dovuto sopportare la popolazione de La Maddalena con il benservito che il presidente Renato Soru ha consegnato alle forze Usa a suo tempo.

Di sicuro, ciò che si ignora maggiormente (e forse persino con intenzione) – ovvero quello che potrebbe soddisfare i presupposti di cui sopra in un’ottica moderna, di rispetto dell’ambiente e delle popolazioni – è il progetto SIAT (Sistema Integrato per l’Addestramento Terrestre). Un progetto in cui rientra il Poligono di Capo Teulada che prevede ingenti investimenti economici capaci di generare a loro volta importanti ricadute nell’intera isola, e non soltanto nelle comunità locali. I vantaggi sarebbero enormi: si ridurrebbe sensibilmente l’utilizzo del munizionamento reale e, nel medio e lungo termine, si conseguirebbero importanti economie di scala, soprattutto in riferimento alla riduzione della quantità di munizionamento di vario calibro sparato. L’implementazione del progetto SIAT presenta inoltre intrinseci e innumerevoli vantaggi e opportunità di sviluppo per le possibili forme di cooperazione/collaborazione con gli Enti di ricerca (Sardegna ricerche e CRS4) e gli Istituti universitari di Cagliari e di Sassari che fanno della ricerca tecnologica il loro core business. E ancora: si assisterà allo sviluppo aerospaziale di Perdasdefogu. Senza dimenticare che se dovesse partire il SIAT, ne beneficerebbe anche la Brigata Sassari, con un incremento di mille uomini nell’isola. La Sardegna potrebbe fare un grosso passo in avanti, dunque, senza compromettere la propria Sovranità, la propria Terra e la libertà di chi vi abita.

Il Governatore deve guardare in faccia la realtà, non facendosi trascinare dall’ondata antimilitarista. Abbia invece il coraggio di alzare la testa imponendo al Governo maggiori garanzie, in termini di rapporto con le comunità locali. Noi non vogliamo assolutamente rinunciare all’Esercito, fondamentale per la sicurezza della nazione. Infine, non possiamo permettere che qualche altra Regione ci scippi l’opportunità di sviluppo data dai progetti di miglioramento tecnologico.

Ignazio Locci

Stefano Tunis

Pietro Pittalis

Alessandra Zedda

Alberto Randazzo

Ugo Cappellacci

Oscar Cherchi

Paolo Truzzu

Marco Tedde

Antonello Peru

Gianni Lampis

Edoardo Tocco

Peppino Pinna

Gianni Tatti

Gianluigi Rubiu

Esercitazioni militari copia

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Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

In Consiglio regionale prosegue il dibattito sul D.L. n. 176 “Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna”.

Alla ripresa dei lavori, ieri pomeriggio, il presidente Ganau ha messo in discussione l’emendamento 2359 all’emendamento 1948 e ha dato la parola all’on. Michele Cossa (Riformatori sardi) e Marco Tedde (Forza Italia), entrambi fortemente critici sulla formulazione delle norme relative all’istituzione dell’area metropolitana di Cagliari.

L’on. Ignazio Locci (Forza Italia) ha detto: “In questo modo state surrettiziamente ripristinando le vecchie province. Sarebbe stata necessaria una norma transitoria, che non avete invece realizzato”. Anche l’on. Alessandra Zedda (Forza Italia) ha annunciato il voto a favore.

L’emendamento 2359 è stato respinto.

Sull’emendamento 2360, relativo alle cosiddette “città medie”, l’on. Marco Tedde (Forza Italia) ha detto: “Non state facendo scelte strategiche ma scelte tattiche per accontentare qualcuno. Trentamila abitanti potrebbero essere un numero corretto o meno, dipende da come lo si intende”.

Anche l’on. Zedda (Forza Italia) ha preso la parola. “Quante città medie avete intenzione di realizzare in Sardegna? Ce lo fate sapere?”.

Sulle stesse posizioni l’on. Ignazio Locci (Forza Italia) e Gianluigi Rubiu (Udc), che hanno parlato espressamente di “allontanamento dal processo di semplificazione annunciato da Pigliaru in campagna elettorale. Che cosa ce ne facciamo di un altro ente, che nulla c’entra con i problemi reali della gente’ mi fa specie che in questo consiglio ci siano sindaci che pure avvallano riforme così inutili”.  

Il sardista Angelo Carta ha aggiunto le sue perplessità: “Questa legge dà una certezza, ovvero la nascita della città metropolitana di Cagliari. Il resto sono una serie di illusioni, perché la città media la state inventando voi e niente vieta che ci sia il paese grande e la città piccola. E’ più coerente che questi poteri siano conferiti con un decreto legge dal Governo. Per questo voto a favore dell’emendamento”.

Favorevole anche il consigliere Attilio Dedoni (Riformatori), che ha parlato del dimensionamento delle città, così come l’on. Stefano Tunis ha detto: “Questa maggioranza ha un problema di dimensioni perché parla solo di questo, con riferimento alle città sarde. L’ossessione del presidente Francesco Pigliaru è che ogni azione sia misurabile e sventura vuole che l’azione della Giunta sia misurabile solo con i numeri relativi. A voi non interessa il come organizzare gli enti locali ma interessa decidere chi è meno grande della città metropolitana”.

Secondo l’on. Luigi Crisponi (Riformatori) “non saranno le città medie a risolvere i problemi dei cittadini. Tutto il resto della Sardegna diverso da Cagliari è paccottiglia da aggiungere all’area metropolitana, secondo voi”. Per l’on. Edoardo Tocco “sarebbe stato molto utile sentire il parere di qualcuno di voi e invece nulla, solo silenzio”.

Per il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, “l’articolo 2 è un pasticcio peggiore dell’articolo 1 perché per voi tutto ciò che non è Cagliari, ovvero il 90 per cento dei paesi della Sardegna, non ha dignità. Dove siete sovranisti e indipendentisti, che fate? Siete al servizio di altri che governano a Roma e scimmiottate quel che fanno in altre regioni italiane”.

L’on. Mario Floris (Uds – Misto) si è rivolto all’assessore agli Enti locali e ha detto: “Non vorrei che aver riportato in commissione la legge sia servizi a mascherare i limiti di una legge che stiamo vedendo”.

L’emendamento 2360 è stato respinto.

Il presidente Ganau ha aperto la discussione sull’emendamento 2361, soppressivo come i precedenti e relativo alla “rete urbana”. L’on. Tedde (FI) ha detto: “Siamo davanti a una tecnica normativa barocca, cosa vuol dire rete metropolitana? Non è una definizione politica, né sociale né urbanistica. Non esiste la rete metropolitana se non quella della metropolitana, nel senso dei trasporti. Non si può legiferare così”.

L’on. Luigi Crisponi (Riformatori) ha annunciato il voto a favore e così anche l’on. Ignazio Locci, che ha detto: “Avete parlato di rete urbana e città medie perché volete rispondere così alla città di Olbia e alla Gallura. Nulla di più. Noi abbiamo pensato che non è così  che si risponde alle esigenze sacrosante dell’area che più di tutte sta crescendo”.

Per l’on. Angelo Carta (Psd’az) “la rete urbana non è stata inventata solo per Olbia ma anche per Nuoro, che con Dorgali o con un comune confinante supera i trentamila abitanti. Ma quali sono i poteri di una rete urbana rispetto a quelli dell’Unione dei Comuni? Non si sa. Questa è demagogia pura”.

Secondo l’on. Gianni Lampis (Misto) “siamo davanti all’ennesima truffa, perché state scontentando tutte le zone interne della Sardegna”. Dello stesso parere l’on Rubiu (Udc), che ha detto. “I paesi sono il tessuto sociale della Sardegna e a loro dovremmo pensare scrivendo la riforma degli enti locali. Il vero obiettivo di questo provvedimento è invece la spartizione del potere”.

L’on. Tunis (Forza Italia) ha chiesto al presidente del Consiglio come debba essere intesa “Macomer” e ha presentato un emendamento orale sul punto. Anche l’on. Dedoni si è domandato il significato di “rete urbana. Non lo capisco e non comprendo cosa rappresenti. Manco voi lo sapete, però”.

Non è possibile fare leggi a richiesta di qualcuno, le leggi si fanno perché servono e non perché le chiede un sindaco appartenente a un partito”, ha detto l’on. Gianni Tatti, annunciando il voto a favore.

Per il capogruppo di Forza Italia, on. Pietro Pittalis, “l’unica spiegazione possibile alla rete urbana è l’interpretazione che ne dà Wikipedia rispetto alle reti telefoniche e di telecomunicazioni. E’ evidente che siete competenti in materia e volete far baciare alcuni centri della Sardegna da questa legge. E’ intollerabile confinare Nuoro dentro una scatola vuota come la rete urbana”.

L’emendamento 2361 è stato votato e respinto.

Il presidente ha quindi messo in discussione l’emendamento n. 2306, ed il primo firmatario, il consigliere del gruppo Misto, Paolo Truzzu (Fdi), è intervenuto per sostenere la soppressione della parola “contermine” alla lettera d) comma 1) dell’emendamento sostitutivo totale dell’articolo 2, presentato dal presidente della Prima commissione Francesco Agus e dal relatore della maggioranza, Roberto Deriu. Voto a favore è stato annunciato dal consigliere di Fi, Marco Tedde, («si usa la rete per accalappiare le volontà politiche e mi dispiace che non siano presenti in Aula i colleghi del Centro democratico che forse non sono stati accalappiati»).

Posto in votazione l’emendamento 2306 non è stato approvato (18 sì e 27 no) e quindi il presidente Ganau ha annunciato la votazione dell’emendamento 2309 (Truzzu e più). Marco Tedde (Fi) ha dichiarato voto favorevole per la soppressione della lettera e) comma 1): «E’un tentativo di presa in giro per il Nord Sardegna e la rete metropolitana è un atto di bullismo politico perché è un invenzione priva di contenuti». « Stiamo rappresentando una parodia dell’attività legislativa – ha concluso l’esponente della minoranza – e non è accettabile questo comportamento nei confronti dei cittadini del Nord Sardegna che meritavano di vedere riconosciuta la loro città metropolitana».

Paolo Truzzu (Misto-FdI) ha affermato che la legge del centrosinistra “scatena il campanilismo fine a se stesso e nella lettera e) c’è il tentativo di offrire un ciambella di salvataggio ai consiglieri di maggioranza del Nord Sardegna”. A favore anche il capogruppo del Psd’Az, Angelo Carta: «Giusto eliminare la parola “contermini” per non pregiudicare la collaborazione tra Nuoro e la Gallura».

Ignazio Locci (Fi) ha dichiarato voto favorevole all’emendamento: «Non si può pensare che i cittadini del sassarese abbiano l’anello al naso e la maggioranza ha rifiutato il confronto politico sulla possibilità di inserire la seconda città metropolitana nel testo di legge».

Luigi Crisponi (Riformatori), ha dichiarato voto a favore “all’emendamento che interviene sul bestiario delle definizioni contenute da questa legge”. Il capogruppo Attilio Dedoni (Riformatori) ha dichiarato voto a favore ed ha introdotto il tema dei collegamenti con banda larga che – a suo giudizio – sarebbero riservati solo per i grandi agglomerati urbani.

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha dichiarato voto favorevole ed ha affermato che le definizioni di rete urbana e rete metropolitana “sono state gonfiate nella comunicazione perché sono in realtà contenitori assolutamente vuoti”.

«La rete urbana – ha concluso l’esponente della minoranza – cerca di dare il contentino a qualche Comune, ben sapendo che niente cambia e nulla si ottiene rispetto al risultato di città metropolitana ottenuto da Cagliari. Tutto il resto è, infatti, solo schiuma propagandistica»

Il consigliere del gruppo Misto, Mario Floris (Uds), ha evidenziato “la resa totale da parte di quelle forze politiche che sembravano orientate a difendere gli interessi della Sardegna”. «Ma sui Comuni – ha tuonato l’ex presidente della regione – non vincerete». Floris ha concluso il suo intervento evidenziando come Sassari non ottenga il riconoscimento di città metropolitana mentre conta il presidente della Giunta, il presidente del Consiglio e una miriade di assessori: «E’ evidente che c’è qualcosa che non funziona. Riflettete!».

Posto in votazione l’emendamento 2309 non è stato approvato con 18 favorevoli e 30 contrari.

Annunciata la discussione dell’emendamento 2310, il primo firmatario Paolo Truzzu (Misto- FdI) è intervenuto per dichiarare il voto a favore; seguito dal consigliere Ignazio Locci (Fi) e da Marcello Orrù (Psd’Az) che ha insistito sulle penalizzazioni per il territorio del sassarese a fronte del perdurare di una visione politica cagliaricentrica. Attilio Dedoni (Riformatori) ha dichiarato voto a favore: «Questa legge aggrava le disparità tra i diversi territori e anche tra i disoccupati della Regione». Il capogruppo di Fi, Pietro Pittalis ha dichiarato voto a favore ed ha invitato la maggioranza a fermarsi e a ritirare il disegno di legge («squalifica la politica e non rende alcun servizio alla nostra Isola»). «Noi ci opporremo con tutte le nostre forze a questo provvedimento – ha concluso Pittalis – che è discriminatorio e fa aumentare la conflittualità tra i diversi territori della Sardegna».

Marco Tedde (Fi) a favore della soppressione della lettera e): «E’ uno dei passaggi più offensivi verso il Nord Sardegna, uno sberleffo nei confronti di una parte dell’Isola».

Il capogruppo Udc, Gianluigi Rubiu, ha dichiarato voto favorevole ed ha espresso forti critiche alle istituende reti metropolitane: «Creano un ulteriore ingorgo amministrativo, mi chiedo cosa dovrà fare un’impresa o un privato per ottenere un’autorizzazione».

Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa ha dichiarato voto a favore: «Tra le tanti invenzioni di cui non sentiva il bisogno c’è certamente la rete metropolitana».

Posto in votazione l’emendamento n. 2310 non è stato approvato con 32 contrari e 19 a favore.

Subito dopo il Consiglio ha iniziato la discussione dell’emendamento n. 2311 all’emendamento n. 1948.

Il consigliere Gianni Lampis (Misto-Fdi) ha affermato che il senso della sua proposta è quello di «evitare l’approvazione di una nuova legge truffa, soprattutto nella parte in cui si parla di soppressione delle province, mentre anzi viene istituita la nuova provincia del sud Sardegna di cui faranno parte i comuni non compresi nell’area metropolitana». Con questa decisione, ha continuato, «sarà dura spiegare ai cittadini della Marmilla che dovranno andare a Carbonia per utilizzare servizi essenziali e gli stessi disagi toccheranno a cittadini di altre zone sfortunate dell’Isola, che resteranno tali».

Ha assunto la presidenza dell’Assemblea il vice presidente Eugenio Lai.

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha criticato con forza le norme transitorie della legge che «riportano in vita quelle province che saranno soppresse definitivamente dopo l’approvazione della riforma costituzionale; c’è poi una asimmetria dei tempi che porterà solo in Sardegna alla sopravvivenza di questi enti». Piuttosto, ha concluso, la vera emergenza della Sardegna, riguarda la verifica dell’efficienza della pubblica amministrazione sarda e, come dicono tutte le indagini, nel 2015 c’è stato un forte peggioramento rispetto all’anno precedente».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha detto che «non c’era alcun bisogno di riesumare le province dopo il referendum del 2012, è una brutta pagina della politica sarda di cui il centro sinistra ha la responsabilità, con in più la faccia tosta di dire ai sardi perfino quali saranno le province soppresse stralciando la posizione di quelle cosiddette storiche».

Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) ha ricordato che, astrattamente, «gli ambiti territoriali strategici potevano essere un elemento positivo della legge, solo che poi vengono collegati alla soppressione delle province alla quali in pratica si sovrappongono del tutto, chiamando le province con un altro nome; per cui è giusta l’abrogazione».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha definito l’emendamento «giusto», per cercare di riportare un minimo di chiarezza in un testo «pieno di confusione e di espedienti tattici di basso profilo che, inoltre, dilata a dismisura il tessuto istituzionale (istituendo perfino una nuova provincia) che invece doveva essere snellito e semplificato».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha sottolineato la scarsa chiarezza della legge al punto che, provocatoriamente, «sarebbe stato forse meglio ripristinare le vecchie province piuttosto che introdurre una articolazione pasticciata che oltretutto non decentra alcuna funzione, o anche fare di tutta la Sardegna una intera area metropolitana».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori sardi) ha lamentato «l’ennesima incongruità di una legge che crea una gerarchia fra i comuni ed ora anche fra gli organismi di aggregazioni, istituendo anche una specie di doppione delle province». Ma dove è finita, ha chiesto, «la razionalizzazione del sistema che era la vera necessità della Sardegna? Casomai gli ambiti territoriali strategici andavano dimensionati sulla base dei confini dei nuovi enti e non dei vecchi».

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha rilevato la mancanza di una idea di fondo e di una prospettiva concreta della riforma proposta dalla maggioranza, che «non dice niente sul punto centrale che interessa davvero ai cittadini, cioè chi fa cosa, eppure la Sardegna ha avuto anni di tempo per progettare una riforma vera che, magari con pochi articoli, metta al centro il cittadino rispettando le vocazioni dei diversi territori».

Messo in votazione, l’emendamento è stato respinto con 19 contrari e 30 contrari.

Subito dopo è iniziato l’esame dell’emendamento n. 2362.

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha criticato la violazione del principio di sussidiarietà, «mentre sarebbe stato utile ispirarsi ai modelli istituzionali più avanzati, in modo flessibile, istituendo nuovi organismi laddove c’è la necessità di gestire problemi comuni nell’interesse dei cittadini sardi». Questo è il grande obiettivo mancato della riforma, ha protestato Dedoni, «che divide le comunità e spinge ai margini della Regione le zone della Sardegna in cui si registra il maggiore ritardo di sviluppo».

Il consigliere Angelo Carta (Psd’Az) ha osservato che «l’emendamento ha lo scopo di impedire alla maggioranza di dire tutto ed il suo contrario, con riferimento all’art.44 dello Statuto che sancisce il decentramento delle funzioni dalla Regione agli enti locali; per questo è giusto abrogare il passaggio della riforma relativo agli ambiti territoriali strategici che invece consentono alla Regione di andare in controtendenza con un nuovo processo accentratore».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia), favorevole, ha chiarito che «si vuole incidere su una delle maggiori storture della legge che divide i cittadini sardi e che molto probabilmente sarà impugnata per l’istituzione di una nuova provincia che la legge Delrio vieta espressamente».

Il consigliere Ignazio Locci, anch’egli di Forza Italia, ha dichiarato che «occorre richiamare la maggioranza alle sue responsabilità perché non solo questa legge è il tentativo fallito di organizzare in modo diverso la rete istituzionale regionale ma, come si vedrà più avanti, contiene interventi settoriali destinati a risolvere situazioni delicate sparse qua e là per la Sardegna».

Il consigliere Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, ha citato una recente dichiarazione del capogruppo del Pd Pietro Cocco a difesa dell’assessore dei Trasporti Massimo Deiana oggetto di un attacco del segretario del Pd Renato Soru. E’ l’ennesima mozione di sfiducia interna, ha detto polemicamente, «ma sarebbe ora di finirla perché tanto, se Deiana dovesse abbandonare la Giunta, continuerebbe a fare il consulente della Regione come ha fatto per vent’anni».

Messo in votazione l’emendamento è stato respinto con 18 voti favorevoli e 28 contrari.

Sull’emendamento 2314 (Truzzu e più) che prevede la soppressione all’art 2 comma 1 lettera g delle parole “sino alla definitiva soppressione delle stesse” sono intervenuti: Attilio Dedoni (Riformatori) che ha detto, riprendendo il tema sollevato dal capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, che questa legge aggrava anche il sistema dei trasporti. Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha affermato che i trasporti sono argomento di estrema attualità. Questo tema ben si coniuga con la discussione in corso che riguarda la riorganizzazione territoriale. L’emendamento è stato bocciato (presenti 50, sì 18, no 32) .

Sull’emendamento 2486 (Tedde e più), che modifica l’articolo 2, comma 1 lettera B) e che prevede di intendere per città metropolitana di Cagliari i comuni compresi nelle province di Cagliari, Oristano, Carbonia Iglesias e Medio Campidano, è intervenuto Marco Tedde (Forza Italia) che voterà a favore dell’emendamento prima di tutto per il rispetto della gerarchia delle fonti. Il disegno di legge non rispetta la legge nazionale. E’ d’accordo anche Ignazio Locci (Forza Italia). Paolo Truzzu (Misto) ha espresso parere favorevole e ha definito l’emendamento “una ciambella di salvataggio” che viene offerta alla maggioranza per superare il concetto di città metropolitana di Cagliari. Gianni Lampis (Misto) ha ricordato che in commissione la minoranza aveva proposto un dialogo ma non lo ha mai trovato . L’idea originale era quella di un’area metropolitana unica regionale, ma si poteva discutere anche sull’ipotesi di due città metropolitane. Invece, l’opposizione si è scontrata contro un muro. L’emendamento è stato bocciato (presenti 50, sì 19, no 31).

Sull’emendamento 2304 (Lampis e più) che prevede di sostituire la parola quarantamila a trentamila scritta alla lettera C del comma 1 dell’art 2 è intervenuto Paolo Truzzu (Misto) che ha fatto una riflessione sul numero degli abitanti che deve avere la “città media”. L’emendamento è stato bocciato (presenti 48, sì 17, no 30, 1 astenuto).

Sull’emendamento 2305 (Lampis e più), che prevede di sostituire la parola venticinquemila alla parola trentamila scritta nel comma 1 dell’articolo 2 lettera C,  è intervenuto Ignazio Locci che si è soffermato anche lui sul numero che devono avere le città medie. Marco Tedde (Forza Italia) ha sottolineato che le città medie costituiscono un concetto tormentato per la maggioranza che si sforza di accontentare tutti. Questo Dl è un pasticcio normativo e se approvato sarà una delle leggi peggiori di questo Consiglio. L’emendamento è stato bocciato (presenti 48, sì 18, no 30).

Si è poi passati all’esame degli emendamenti (nn. 2476 e 2501) all’emendamento 1948. Il presidente Lai ha annunciato il ritiro degli emendamenti che sono stati fatti propri dal capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis.

Ha quindi preso la parola il consigliere dei Riformatori Luigi Crisponi che ha sottolineato come l’emendamento 2476 bocci la previsione di una città media con 30mila abitanti e propone invece una quota pari a diecimila. “E’ un modo di dare dignità agli esclusi – ha detto Crisponi – per questo voteremo a favore».

Il presidente Ganau, tornato al banco della presidenza, ha quindi dato la parola al capogruppo del Psd’Az Angelo Carta: «Non capisco perché questi emendamenti siano stati ritirati – si è chiesto il consigliere sardista – si sta superando il ridicolo. State facendo diventare una barzelletta un argomento serio».

Marco Tedde (Forza Italia) ha sottolineato come gli emendamenti fossero finalizzati a dare il titolo di città medie anche a centri minori come Macomer. «Ci dispiace che oggi siano assenti i consiglieri che hanno presentato gli emendamenti – ha detto Tedde – prima si avanzano proposte di correzioni, corredate da dichiarazioni a mezzo stampa, e poi non ci si presenta in aula. Anche questo emendamento rientra in una legge priva di contenuti che vuole dare un contentino a tutti».

L’emendamento n. 2476 che è stato respinto dall’Aula con 44 voti contrari e 5 a favore.

Il presidente Ganau ha quindi dichiarato chiusa la seduta e aggiornato i lavori del Consiglio a giovedì mattina alle 10.00.

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«Che fine hanno fatto i progetti di riqualificazione in chiave turistica delle aree ex Palmas Cave a Sant’Antioco?»

A chiederlo è Ignazio Locci, consigliere regionale di Forza Italia Sardegna, originario proprio di Sant’Antioco:

«Nel lontano 2006 l’allora Governatore Renato Soru – aggiunge Locci – mise a bando, per più di una volta, la cessione, la valorizzazione e la trasformazione degli immobili della Palmas Cave, un’area complessiva di 270 ettari al cui interno è ricompresa una cava dismessa di ben 22 ettari. Contemporaneamente vennero promosse anche le gare a evidenza pubblica per la riqualificazione dei 14 ettari della Seamag (ex Sardamag). Come andò a finire è noto a tutti: bandi deserti per svariati motivi (superfluo sottolinearne le ragioni, ma è evidente che non erano sufficientemente capaci di attrarre potenziali investitori), e da allora nulla è stato fatto per ridare una chance di sviluppo a quelle aree e, dunque, all’isola e a tutto il territorio del Sulcis Iglesiente.»

«Ma se per la distesa ex Sardamag si attende con pazienza smisurata l’avvio delle bonifiche necessarie a rendere appetibili i terreni, per la Palmas Cave nulla è in programma. Eppure si tratta di porzioni di terra certamente degradate ma di sicuro interesse paesaggistico, che meritano maggiore attenzione da parte della Regione e dell’Amministrazione comunale, che tuttavia non sembra interessata a rivendicare un qualsivoglia progetto di rilancio per quelle superfici, situate nel cuore di Sant’Antioco e visibili a quanti percorrono la provinciale che conduce alle spiagge. Se l’obiettivo è imprimere una svolta in chiave turistica – sottolinea ancora Ignazio Locci -, allora non possiamo farci sfuggire l’occasione di cedere quelle zone, e questa volta a titolo definitivo: ettari che si affacciano sul mare e urbanisticamente dedicati allo sviluppo turistico. Gli amministratori locali devono creare le giuste sinergie con la Regione al fine di attrarre capitali privati, ora che sembra esserci un rinnovato interesse verso la Sardegna. Bisogna ospitare i rappresentanti dei grandi fondi finanziari con lo scopo di mostrare le nostre meraviglie.»

«I cittadini di Sant’Antioco sono pronti per queste nuove sfide. Se saremo abbastanza bravi e anche un pizzico fortunati, riusciremo a invertire i trend negativi sull’immigrazione giovanile e sulla disoccupazione. Ma è necessario mettersi al lavoro – conclude Ignazio Locci -, e chi amministra Regione e Comune di Sant’Antioco deve al più presto prenderne atto.»

Sardamag dall'alto 1 copia