22 December, 2024
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Immaginare i “buchi neri” è piuttosto impegnativo. Li ipotizzarono i Professori Fisici nucleari che posero le basi della “meccanica quantistica” e della “teoria della relatività”. Quando immaginiamo un buco nero, tutti pensiamo ad un nero abisso in cui si può essere inghiottiti senza ritorno. 

Invece i “ buchi neri stellari” sono quelli descritti dai fisici teorici. Da quelle basi scientifiche nel 1945 emerse il progetto delle prime bombe atomiche che distrussero Hiroshima e Nagasaki. 

Il professor Robert Oppenheimer spiega in una sua lezione che il buco nero è il fenomeno fisico più terrificante dell’Universo. Esso è capace di risucchiare i pianeti, le stelle e anche le intere galassie, facendoli scomparire in un “nulla” inconcepibile per la mente umana. È il fenomeno astrofisico più vicino alla morte biologica. Secondo Oppenheimer i buchi neri stellari si formano quando le stelle di massa superiore a 8 volte il Sole esplodono come “Supernovae”. Il materiale dell’esplosione forma una coltre pesantissima che circonda il nucleo della stella, generando sopra di essa una “forza gravitazionale “immane”. Ad un certo punto il nucleo non regge più quel sovraccarico e “implode”. È molto difficile immaginare il nucleo che si collassa su se stesso, soprattutto, se si considera che il nucleo delle stelle è fatto della stessa materia densissima e durissima che dette origine all’Universo. Eppure può esistere un peso eccessivo ancora più grande che, circondando la stella, la comprime fino a far crollare la struttura atomica del suo nucleo e annientarlo. Al suo posto si forma un “buco nero” che ha un potere di risucchio immane su tutto ciò che lo circonda. Niente gli può resistere, neppure la luce. Anche i “fotoni” della luce e la loro onda elettromagnetica vengono risucchiati nel buco nero, schiacciati e azzerati. La luce che vi entra non può più tornare indietro. 

Gli scienziati affermano che il nostro Sole non dovrebbe diventare mai un buco nero perché non è gravato da onde gravitazionali tanto grandi da farlo implodere. Pare che le esplosioni termonucleari, con cui ci irradia di luce e calore, gli facciano da scudo. 

Tutti dovrebbero sentire la lezione di Oppenheimer per entrare nel mondo della fisica e, soprattutto, dovrebbero ascoltarlo i responsabili della Sanità Regionale Sarda. Avrebbe-ro la prova che accentrando i Servizi sanitari in un’unica “stella-ospedale” della sanità, e aumentando la for-za di attrazione gravitazionale a cui verrà sottoposta, è possibile creare un “buco nero”. 

Quel buco nero, al pari di quello dei Fisici, ha la capacità di risucchiare il Sistema degli ospedali provinciali che ruotano intorno ad esso e di distruggerli. Questo si sapeva già da tempo, tuttavia coloro che progettarono di accentrare tutta la Sanità a Cagliari non sapevano che una volta formato il “buco nero della Sanità”, esso genera problemi da cui è difficile tornare indietro. Adesso l’involuzione del nostro intero Sistema appare inarrestabile; per salvarsi si dovrebbe emigrare in un altro Sistema sanitario, oppure si potrebbe farne uno con i pesi sanitari equamente distribuiti su ognuna delle 8 province. 

Le disposizioni politiche che hanno portato al disastro sanitario a cui stiamo assistendo, iniziarono quando lo Stato nel 1992 iniziò a liberarsi delle sue pregiate proprietà come le Partecipazioni Statali e la Sanità Pubblica. Con le prime perdemmo il più grande polo minerario e industriale d’Italia che era nel Sulcis Iglesiente. Con la trasformazione della Sanità pubblica in una Sanità parzialmente privatizzata, iniziammo a perdere gli ospedali. 

Una quindicina d’anni fa nelle Regione Sardegna fu formulata la teoria dell’accentramento sanitario nell’Isola allo scopo di ridurre le spese. Per questo si pensò di sviluppare due poli sanitari: Cagliari e Sassari. Il polo più grosso doveva essere Cagliari. Poi con la teoria che fosse utile unificare la Amministrazioni delle 8 ASL sarde in una soltanto, si procedette a svuotare di poteri e di disponibilità economica le altre 7 ASL provinciali ,concentrando tutte le funzioni in “1” ASL regionale. Venne sostenuta l’idea che centralizzando gli acquisti e le assunzioni avremmo speso di meno. In realtà la spesa sanitaria aumentò mentre, al contrario, il servizio sanitario continuò a diminuire. Si teorizzò anche l’utilità di concentrare tutti gli investimenti per le nuove tecnologie in un unico centro sanitario regionale. Ciò venne fatto ma naturalmente questo comportò lo spostamento di finanziamenti dagli ospedali provinciali e quelli centrali (HUB). Ne derivò anche lo spostamento del personale sanitario dalla Provincia al Centro. Tale operazione non fu ostacolata perché nessuna delle altre 7 ASL poteva più assumere personale né fare acquisti, e ciò avvantaggiò l’unica ASL centralizzata. Era nato, per la Sanità, il più grande centro gravitazionale ospedaliero della Sardegna. 

Tale concentrazione di potere politico, di finanziamenti, di personale, di attrezzature, e di strutture tutte su Cagliari avviò un fenomeno che Oppenheimer avrebbe previsto, ma i politici e i teorici di stampo bocconiano non capirono. 

Così è stato fabbricato un “buco nero” sanitario che oggi Cagliari non può più sostenere. Il Brotzu non riesce più a proteggersi dalla forza di attrazione gravitazionale con cui ha attirato pazienti provenienti da tutta la Sardegna e, teoricamente, dovrebbe implodere. Non è un’esagerazione. L’ha fatto capire chiaramente l’allarme che abbiamo letto pochi giorni fa sui quotidiani lanciato dalla dottoressa Agnese Foddis, D.G. dell’Azienda Brotzu di Cagliari. 

Chi ha avuto l’esperienza di passare negli ospedali cagliaritani ha visto, toccato, udito il disagio provocato dalle barelle in “fila d’attesa” negli anditi dei reparti di degenza. 

I pazienti provenienti dalle province vogliono essere curati per quelle patologie gravi e urgenti che nessuno degli ospedali provinciali può più accettare e che il Brotzu ormai non può più assistere. 

Nelle Province molti stanno subendo l’umiliazione delle “liste di attesa” per ottenere una TAC, una Risonanza magnetica o visite specialistiche. 

Questo avviene nella più grande “Stella ospedaliera” in Sardegna, Cagliari, che sta implodendo nel suo buco nero. Purtroppo, quel buco nero, fabbricato da politici improvvidi, sta risucchiando e annientando il personale, le attrezzature e i finanziamenti spettanti agli altri ospedali provinciali. 

Questo buco nero adesso è incontrollabile e non si fermerà spendendo 12 milioni di euro per le “liste d’attesa”. 

Dopo il film “Oppenheimer” è fortemente consigliato leggere i quotidiani sardi e seguire le cronache della paralisi progressiva degli ospedali (Nuoro, Oristano, San Gavino, Iglesias, Carbonia). 

Che fare? I fisici nucleari ci risponderebbero che il Sole si difende dalle forze gravitazionali con proprie esplosioni termonucleari continue. Questo dovrebbero fare gli ospedali provinciali. Far riesplodere la loro vita con l’autonomia gestionale e la politica locale. Salverebbero se stessi e Cagliari. 

I Sindaci e i Politici forniti di coscienza propria ci assistano! 

Mario Marroccu

La “tempesta perfetta” è un evento naturale catastrofico che si verifica raramente e che deriva dalla somma di più fenomeni meteorologici che si potenziano a vicenda.
Anche nella Storia della civiltà umana sono avvenute “tempeste perfette” dovute a fattori politici, economici, sociali che si sono concluse con catastrofi.
Nel Medioevo, per spiegare l’origine di queste grandi disgrazie, si evocava l’intervento negativo dei Quattro cavalieri dell’Apocalisse” della profezia di Giovanni.
– Primo cavaliere: la conquista militare.
– Secondo: violenza e stragi.
– Terzo: carestia.
– Quarto: pestilenza.
Gli uomini del Medioevo, vedendo i fatti di oggi, attribuirebbero la colpa al primo, al secondo ed al quarto cavaliere.
Il terzo cavaliere, quello della carestia, nella visione laica del 21° secolo lo possiamo identificare con la paura del:
– crollo della produzione industriale e agricola,
– caduta del valore dei salari e redditi,
– svalutazione dei risparmi,
– paura di investire.
Nei decenni ‘20, ‘30, ‘40 del secolo scorso, avvenne una tempesta perfetta che iniziò con la“speculazione” in borsa che intaccò la fornitura delle materie prime e si concluse con le bombe nucleari in Giappone.
A settembre 2021, finita la pausa estiva dei mercati, assistemmo all’improvviso raddoppio del prezzo dei legnami e dei metalli. Negli ultimi mesi del 2021 iniziò l’ascesa del prezzo dei carburanti liquidi e del gas. A dicembre la svalutazione del dollaro in America raggiunse il 7% annuo, mentre in Italia la svalutazione era ancora sotto il 2%. Oggi, a fine marzo apprendiamo che si prevede per i prossimi mesi una svalutazione in Italia intorno al 6% annuo.
Le cose si sono iniziate a complicare a gennaio, quando fu chiaro che il prezzo del gas e del petrolio era universalmente salito con l’impulso iniziale dato dalla riduzione delle forniture dalla Russia.
L’aumento del prezzo del grano, mais e fertilizzanti è un altro segno che, oltre alla guerra, anche laspeculazione” è in movimento.

La speculazione in momenti di gravi crisi internazionali non è un fatto nuovo. I nostri nonni videro, quasi un secolo fa, fenomeni speculativi basati sull’accaparramento delle materie prime e l’intoppo alla catena di approvvigionamento. Gli esiti allora furono disastrosi.
Negli anni ‘60 a noi studenti liceali si spiegava, nelle lezioni di storia contemporanea, come l’origine della “Grande Depressione” del 1929 fosse da attribuirsi alla speculazione finanziaria esplosa in America e, per contagio, in Europa. Gli studiosi avevano accertato che la disoccupazione, la povertà e la fame che in quegli anni uccidevano la gente per strada avveniva proprio quando i magazzini americani erano strapieni di grano e mais.
Premettendo che la sintesi di fatti estremamente complessi ha sempre carenze, si può tentare di riassumere i fenomeni economici e sociali degli anni ‘30 facendo alcune considerazioni. Subito dopo la Prima Guerra Mondiale vi fu una fortissima ripresa dell’economia americana con una iper-produzione industriale di beni durevoli come le macchine. Fin dal 1922 le banche concedevano prestiti a bassissimo interesse per stimolare gli investitori. Ben presto, per rendere più veloci i guadagni, i prestiti erogati vennero investiti sopratutto giocando in Borsa nella compravendita di titoli e non investendo nelle imprese produttive. Con i meccanismi della contrattazione di Borsa si ottenne una moltiplicazione del valore dei titoli rispetto al valore reale dei prodotti che rappresentavano. Allo scopo di far salire il valore dei titoli si arrivò ad accaparrare il grano destinato al mercato e a stoccarlo in magazzini senza immetterlo nel mercato. Con questo metodo si spuntarono prezzi di vendita del grano altissimi. Gli agricoltori, per poter acquistare il grano per la semina, si indebitarono con le banche accettando tassi di interesse molto alti, nella speranza di ottenere un raccolto vendibile agli stessi prezzi elevati indotti dalla speculazione.
Contemporaneamente i capitani dell’industria meccanica e automobilistica americana iniziarono ad applicare le regole del “Taylorismo”. Ciò produsse conseguenze inaspettate. I Taylorismo era l’applicazione pratica di una teoria nata per ottenere l’aumento della produzione industriale nelle catene di
montaggio, dando un ritmo scientifico al metodo di lavoro senza aumentare i salari agli operai. I capitani d’industria guadagnarono molto ma gli operai impoverirono mentre i costi per vivere salivano. Di quella aberrazione della qualità di vita degli operai fece una descrizione magistrale Charlie Chaplin nel film-parodia “Tempi Moderni”.

Tra il 1926 e 1929 la produzione agricola in Europa imprevedibilmente migliorò, e comparve sul mercato una grande offerta di grano europeo. Ciò provocò la caduta del prezzo del grano americano e di altri prodotti agricoli.
Gli speculatori americani, per risollevare il prezzo dei prodotti agricoli stoccati nei loro magazzini, distrussero, gettandole in mare, o bruciandole, migliaia di tonnellate di cereali e caffè. Lo scopo era creare un squilibrio, tra domanda e offerta, a loro vantaggio. Commisero però un grave errore di calcolo. Non avevano previsto che il prezzo elevato dei cereali e le ridotte capacità di acquisto degli operai mal pagati, avrebbero raffreddato il mercato. I cereali rimasero invenduti. Anche il nuovo raccolto, per cui gli agricoltori si erano indebitati, rimase invenduto e non fu possibile pagare gli alti interessi richiesti dalle banche e fu fallimento. Il crollo delle vendite dei prodotti industriali e agricoli fece crollare i relativi titoli in Borsa. Gli investitori si precipitarono a vendere i titoli ormai svalutati e a ritirare dalle banche i liquidi rimasti. Le banche, private dei liquidi, dovettero chiudere. Al fallimento delle industrie e delle aziende agricole seguirono i licenziamenti, la disoccupazione e la chiusura delle fabbriche.
La speculazione finanziaria in breve tempo aveva attribuito ai titoli delle materie prime un valore fittizio tre volte superiore al loro valore reale e l’economia americana era finita in un vortice di regresso. La povertà gettò nella disperazione tutti: i capitani d’industria, l’alta e media borghesia e gli operai.
La crisi durò quattro anni. Iniziò la sua fine quando il Governo Statunitense prese drastiche decisioni; la prima fu la svalutazione di quasi il 50 per cento del valore del dollaro, allo scopo di abbattere i debiti. Ciò ebbe conseguenze in tutto il mondo. L’Europa subì il contraccolpo di quella svalutazione ed entrò in un vortice recessivo. I Paesi maggiormente indeboliti dalla Grande Guerra e dal ritiro dei capitali americani investiti, come Germania e Austria, ebbero una svalutazione mostruosa delle loro monete nazionali. Il disastro economico della Repubblica di Weimar spinse il popolo a sostenere il movimento estremistico di Adof Hitler la cui ideologia si basava sui capisaldi del complotto mondiale e della superiorità razziale.
All’acme della crisi politica il cancelliere Hindenburg affidò a Hitler il compito di formare il governo tedesco il 30 gennaio 1933. Si sa come finì.
In Italia la forte disoccupazione e la inarrestabile spinta emigratoria, esacerbate dalla crisi economica, portarono alla necessità di procurarsi colonie in Africa. Nel 1935 venne conquistata l’Etiopia. Nel 1936 la Società delle Nazioni reagì con le “Inique Sanzioni” contro l’Italia applicando l’embargo sul petrolio e sul carbone. La grave sanzione energetica gettò l’Italia fascista tra le braccia dei nazisti. A noi sardi portò il beneficio della nascita di Carbonia con le sue miniere.
Il seguito è noto: arrivò la “tempesta perfetta” della Seconda Guerra Mondiale.
Noi oggi non sappiamo cosa conseguirà alle speculazioni sulle materie prime in atto da alcuni mesi.
Conoscere fatti simili, sperimentati dai nostri padri e nonni nella prima metà del 1900, può tornare utile.
Il secondo fattore che può portare alla tempesta perfetta è la “minaccia nucleare” udita più volte nei telegiornali dal 24 febbraio ad oggi. Le origini di quest’altra piaga della storia si possono individuare nella seconda metà degli anni ‘30.
Un italiano fuggito in America a causa delle discriminazioni razziali, capì che la “teoria della relatività ristretta” di Albert Einstein, estesa alle leggi della elettromagnetica, conteneva il segreto per estrarre l’energia dal nucleo atomico. Era Enrico Fermi. Il metodo per raggiungere l’obiettivo venne ideato da Robert Oppenheimer.
La teoria di Einstein aveva loro suggerito la possibilità di poter trasformare la materia in energia e, viceversa, quegli scienziati convinsero il presidente Franklin Delano Roosvelt che c’era la possibilità ipotetica di costruire una bomba utilizzando il principio della fissione nucleare ed ottennero finanziamenti per il “Progetto Manhattan”.

Fermi, usando l’isotopo “uranio 235”, nel 1942 assemblò a Chicago la prima “pila atomica” o “ reattore nucleare a fissione” e Oppenheimer capì che si poteva ottenere una bomba che sfruttasse la reazione di fissione a catena”. Bastava produrre uranio “arricchito” fino ad ottenere una “massa critica” efficace.
Gli studi e la produzione finale della bomba avvennero a Los Alamos, nel deserto del Nuovo Messico.
La prima bomba venne fatta esplodere nel poligono di Alamogordo il 16 luglio 1945.
La seconda bomba venne fatta esplodere su Hiroshima appena 20 giorni dopo: il 6 agosto 1945.
La bomba di Hiroshima aveva una potenza compresa fra i 12,5 e 18 chilotoni.
Un chilotone equivale alla potenza della esplosione di 1000 tonnellate di tritolo.
Pertanto, la bomba di Hiroshima aveva la potenza di 12mila- 18 mila tonnellate di tritolo.
Il nucleo di Uranio entrò in reazione nucleare in un millesimo di secondo. Venne sprigionata istantaneamente un’immane quantità di energia elettromagnetica che dette origine ad una palla di fuoco luminosissima (fire ball). L’intensa luce dell’esplosione diffuse intorno una energia tale da incenerire all’istante qualsiasi corpo vivente (flash) per molte centinaia di metri. Lo spostamento d’aria fece crollare gli edifici della città polverizzandoli per alcuni chilometri di raggio (vento atomico). Intanto, si sollevava per 12 chilometri d’altezza, nella troposfera, il fungo atomico. La massa d’aria calda che ascendeva verso l’alto in forma di una immane colonna creò a terra una corrente d’aria di risucchio che provocò un vento, stavolta di direzione contraria, che portava al centro dell’esplosione tutto ciò che incontrava. La distruzione fu immensa. Morirono all’istante dagli 80.000 ai 120.000 abitanti.
Nelle ore successive avvenne la caduta dal cielo delle polveri più pesanti radioattive (fall out) per diversi chilometri intorno. Le polveri radioattive leggere, trasportate dai venti d’alta quota, si diffusero per molte centinaia di chilometri in tutto il Giappone e sul mare. I morti si moltiplicarono nei decenni successivi per effetti legati alle radiazioni ionizzanti. Parte delle polveri salite ad altissima quota si dispersero in tutto il mondo aumentando la radioattività dell’atmosfera.
Dopo 3 giorni, il 9 agosto 1945, una bomba simile venne fatta esplodere sulla città di Nagasaki e la Guerra Mondiale finì all’istante. Da allora nessuno più ha utilizzato ordigni nucleari strategici sull’Uomo.
Poi seguirono anni terribili la cui descrizione più accurata si trova nei testi di Medicina. Si capirono in pieno le relazioni esistenti tra radiazioni ionizzanti, le leucemie, i linfomi, i carcinomi, i melanomi, le malformazioni congenite e il danno al DNA di uomini, piante e pesci. Nei decenni successivi nacquero esseri mostruosi. Non fu solo una violenza contro il nemico, ma una atrocità contro la Natura. Nonostante ciò, i fabbricatori di ordigni nucleari aumentarono.
Nel 1949 si dotò di bombe atomiche l’Unione Sovietica. Nel 1952 l’Inghilterra. Nel 1960 la Francia, Nel 1964 la Cina. Nel 1966 Israele. Nel 1974 l’India. Nel 1979 il Nord Africa. Nel 1983 il Pakistan. Nel 2006 la Nord-Corea. L’unica nazione a rinunciare, dopo l’allarme dato dagli Scienziati di tutto il mondo, compreso Albert Einstein, fu il Sud Africa.
Il genere di ordigni nucleari di Hiroshima non viene più prodotto. Oggi vengono prodotte bombe di potenza enormemente maggiore. La loro potenza viene misurata in megatoni.
Un megatone è pari a 1.000 chilotoni, cioè pari a un milione di tonnellate di tritolo.
Apprendiamo dai giornali che la Russia ha minacciato di mettere in campo il Poseidon. Si tratta di un ordigno termonucleare di una potenza che va dai 20 ai 40 megatoni. Arma un drone sottomarino telecomandato. Se dovesse esplodere nella Baia di Hudson provocherebbe uno tsunami con onde alte 100 metri. L’onda sommergerebbe la città e lo Stato di New York distruggendo tutto al suo passaggio.
L’onda, si dirigerebbe anche verso il mare aperto in Atlantico e raggiungerebbe le coste dell’Europa.
La Russia possiede 6.500 ordigni nucleari di questa potenza.
Stesso armamentario lo possiedono gli Stati Uniti.
Si sta parlando con incredibile leggerezza della possibilità che venga impiegata una bomba termonucleare tattica nel conflitto di questi giorni.
Cosa succederebbe?
Mettiamoci nei panni dei Generali. Come rispondere a quell’attacco? Esiste un’unica opzione utile: lanciare in risposta un attacco nucleare totale con l’intento di distruggere radicalmente il nemico in modo che non possa reagire. Una guerra del genere, dall’inizio alla fine durerebbe pochi minuti e i vincitori sparirebbero con i vinti.
Pochi giorni fa il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ipotizzato di impiegare il First nuclear strike.
Cioè ha teorizzato la possibilità di sferrare l’attacco nucleare totale prima che lo faccia l’altro.

Sarebbe una decisione talmente grave che l’unica possibilità di salvezza che abbiamo è sperare che non succeda mai.
Dato per scontato che l’ordigno nucleare non verrà mai usato, rimane però l’altro ordigno a reazione “a catena”: quello gettato nel cuore dell’Economia mondiale, innescato con la Speculazione e l’Accaparramento delle fonti di energia, delle materie prime e dei prodotti agricoli.
L’innesco è stato attivato alcuni mesi fa, quando vennero chiusi molti rubinetti del gas, del petrolio, del grano e dei fertilizzanti.
Le anime belle si aspetterebbero solidarietà mondiale ed aiuto reciproco, invece si è scatenata immediatamente la speculazione sulle materie prime.
Anche se non venisse usata la guerra nucleare, basterebbero questi fattori economici per innescare una reazione a catena” che porterebbe alla “tempesta perfetta”.

Mario Marroccu