5 November, 2024
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Un appello di 11 Regioni e 2 Province Autonome al presidente del Consiglio Conte: alcune Regioni, tra cui la Sardegna, possono riavviare le attività produttive e allentare i vincoli dell’isolamento sociale in totale sicurezza.
«Abbiamo scritto al presidente del Consiglio comunica il presidente Christian Solinas -, come Governatori della maggioranza delle Regioni italiane e delle Province autonome e alla luce dell’incontro odierno col Governo per chiarire, con spirito di collaborazione, la nostra posizione sulla fase 2. Nelle richieste avanzate, è possibile ritrovare i punti fondamentali per la ripartenza già illustrati nei giorni scorsi, che hanno trovato ampia condivisione tra tutti i colleghi, nel segno del rispetto delle Autonomie e delle peculiarità territoriali, e dell’esigenza di diversificare le misure in atto.»
«Anche in Sardegnaribadisce il presidente Christian Solinas -, alla luce dei dati è possibile avviare finalmente una ripresa ordinata, prudente ma più rapida, del nostro sistema economico e produttivo, e consentire un graduale ritorno a quella nuova normalità della vita sociale tanto attesa da tutti.»

Il testo integrale della lettera-appello.

Al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte

Al ministro degli Affari regionali Francesco Boccia

e p.c. Al presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Al presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati

Al presidente della Camera dei deputati Roberto Fico

Proposte al Governo per la Fase 2: più competenze alle Regioni

La Fase 1 dell’emergenza Covid-19 ha visto un accentramento dei poteri normativi in capo al Governo, secondo lo schema decreto-legge + DPCM attuativi che ha posto problemi di compatibilità con la Costituzione, sia con riferimento al coinvolgimento parlamentare, sia con riferimento al rispetto delle competenze regionali. Tale accentramento è stato comunque responsabilmente accettato dalle Regioni a causa dell’assoluta emergenza e del principio di leale collaborazione tra livelli di governo, ma il protrarsi, anche nell’attuale fase di superamento della stretta emergenza, di risposte eccezionali, date rigidamente con atti del presidente del Consiglio dei Ministri sprovvisti di forza di legge, potrebbe portare alla luce criticità anche notevoli circa la tenuta di un impianto giuridico basato su atti amministrativi che, in quanto tali, sono sì successivamente sindacabili innanzi al giudice amministrativo e, per ciò che concerne le Regioni, anche presso la Corte Costituzionale, ma che sfuggono al controllo preventivo da parte del potere pubblico e costituzionale. Ad ogni modo adesso inizia la Fase 2. È una fase nuova, che si giustifica per una progressiva diminuzione dell’emergenza. Per questo motivo, è essenziale che si ritorni progressivamente ad un più pieno rispetto dell’assetto costituzionale e del riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni, sempre in applicazione dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione. È necessario giungere progressivamente ad una “normalizzazione dell’emergenza”, che consenta un ritorno agli equilibri democratici previsti dalla Costituzione. E che porti, da un lato, a svolgere quanto prima le elezioni nelle Regioni a fine consiliatura e, dall’altro, a riconsegnare alle Regioni le competenze provvisoriamente avocate al livello centrale. Ogni territorio, infatti, ha le proprie specificità, sia da un punto di vista strutturale, sia da un punto di vista epidemiologico. Essendoci, dunque, situazioni di oggettiva disomogeneità di condizioni sul territorio nazionale, è necessario che si possano dare regolamentazioni differenziate. Si deve perciò passare dalla logica dell’uniformità alla logica dell’uguaglianza. Diversamente, trattando in modo uniforme situazioni diverse, si giungerebbe al paradosso di aumentare le disuguaglianze, con una lesione della logica dei livelli essenziali da garantire su tutto il territorio (art. 117, c. 2, lett. m, Cost.), del principio di valorizzazione delle autonomie (art. 5 Cost.) e, soprattutto, del principio di uguaglianza sostanziale tra i cittadini italiani (art. 3, c. 2, Cost.). Come ha recentemente detto il presidente della Corte costituzionale non si può affermare che esista un diritto speciale per i tempi eccezionali, quali quelli che stiamo vivendo. È dunque necessario mettere a punto un sistema di collaborazione tra governo centrale e governi regionali maggiormente in linea con le prerogative costituzionali. Un ordinato sistema di regolazione dell’emergenza Covid-19 dovrebbe portare il livello di governo centrale ad adottare la cornice di riferimento, prevalentemente con atti normativi primari, sottoposti al controllo parlamentare. Tali atti potranno essere integrati da atti amministrativi (Dpcm) nello stretto limite di quanto previsto dalle competenze statali, o richiesto dal principio di sussidiarietà. Le prescrizioni concrete poste dal Governo centrale dovranno comunque lasciare uno spazio di regolazione alle Regioni, per adattare le previsioni alle specifiche condizioni dei territori. In entrambi i casi, lo spazio per la regolazione regionale dovrà essere sottoposto ad un rigoroso controllo da parte del Governo centrale, utilizzando parametri scientifici oggettivi riferiti ad ogni sistema sanitario regionale, come ad esempio la saturazione dei posti letto [in terapia intensiva / semi-intensiva] o l’indice R0, con scansioni temporali settimanali. Ciò premesso in generale, con riferimento in particolare al mondo produttivo (ma senza, per questo, ridimensionare in alcun modo gli enormi problemi presenti in altri settori quali, ad esempio, la scuola dell’infanzia e dell’istruzione) si osserva che con il protrarsi delle chiusure delle attività produttive e di quelle del terziario, come il commercio, il turismo, i servizi, i trasporti e le professioni, e con la prospettiva che questa situazione si prolunghi nel tempo, il quadro economico è destinato a peggiorare drasticamente e i consumi rischiano un crollo generalizzato. Pertanto, ci attendiamo che il Governo recepisca da subito le istanze delle diverse categorie produttive, in quanto prolungare il lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali e non fatturare, con l’effetto che molte imprese finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese. A questo punto è fondamentale realizzare un percorso rapido e chiaro, con decisioni condivise basate su una interlocuzione costante tra Pubblica Amministrazione, associazioni di categoria e sindacati che indichi le tappe per arrivare alla piena operatività. È chiaro che la salute è il primo e imprescindibile obiettivo, ma non può essere l’unico. Del resto il bene della vita ‘salute’ è caratterizzato da una molteplicità di profili: innanzitutto, fisico e psicologico ed è evidente che quest’ultimo è gravemente compromesso dalla perdita del lavoro e dai debiti Le Regioni condividono le fondate preoccupazioni delle categorie più volte espresse e quindi, pur essendo pienamente consapevoli che il virus non conosce confini geografici, sottolineano l’importanza di produrre il massimo sforzo per contemperare la doverosa tutela della salute con la salvaguardia del tessuto economico, non solo per limitare allo strettissimo indispensabile la compressione delle più importanti libertà fondamentali dei cittadini ma anche per evitare che la gravissima crisi economica in atto diventi irreversibile, con le catastrofiche conseguenze sociali correlate. Per fare ciò pare assolutamente necessario che l’attuale struttura del DPCM 26 aprile 2020, imperniato su regole previste rigidamente in funzione della sola tipologia di attività economica svolta e con la possibilità di adottare, nelle singole regioni, solamente misure più restrittive, venga riformata in quanto non dotata della necessaria flessibilità capace di riconoscere alle Regioni, laddove la situazione epidemiologica risulti migliorata e i modelli previsionali di contagio in sostenuta decrescita, la possibilità di applicare nei loro territori regole meno stringenti di quelle previste a livello nazionale, con una compressione delle libertà costituzionali strettamente proporzionata all’esigenza di tutela della salute collettiva. Si ritiene che un tanto sia conseguibile col riconoscimento alle singole Regioni della facoltà di calibrare le aperture delle varie attività produttive. È fondamentale, per quanto riguarda le attività produttive, industriali e commerciali, mutare radicalmente la prospettiva, superando la logica della disciplina in base all’enumerazione delle attività consentite in base, ad esempio, ai codici ATECO, per giungere alla possibilità di definire le aperture in base alla capacità effettiva di rispettare e far rispettare le misure di sanità pubblica atte a evitare il diffondersi del virus, da definire in modo chiaro sulla base dell’interlocuzione tra Pubblica Amministrazione, associazioni di categoria e sindacati e comunque non meno restrittive di quelle contenute nel DPCM 26 aprile 2020. In estrema sintesi, dunque, le Regioni propongono, in presenza di una data situazione epidemiologica riscontrabile oggettivamente e certificata dall’Autorità sanitaria delle singole Regioni e sottoposta ad uno scrupoloso controllo del Governo, di garantire la possibilità di poter riaprire la propria attività a tutti coloro che rispettino le misure già previste dal DPCM del 26 aprile 2020 e dai protocolli di sicurezza aziendali.

Con spirito di collaborazione, Regione Abruzzo – Presidente Marco Marsilio Regione Basilicata – Presidente Vito Bardi Regione Calabria – Presidente Jole Santelli Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – Presidente Massimiliano Fedriga Regione Liguria – Presidente Giovanni Toti Regione Lombardia – Presidente Attilio Fontana Regione Molise – Presidente Donato Toma Regione Piemonte – Presidente Alberto Cirio Regione Autonoma della Sardegna – Presidente Christian Solinas Regione Siciliana – Presidente Nello Musumeci Regione Umbria – Presidente Donatella Tesei Regione Veneto – Presidente Luca Zaia Provincia Autonoma di Trento – Presidente Maurizio Fugatti

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La Camera, con votazione segreta elettronica, ha approvato nella tarda mattinata, le dimissioni del deputato Andrea Mura.

Andrea Mura aveva presentato le dimissioni da deputato all’inizio di agosto, con una decisione a sorpresa, a pochi giorni dall’espulsione dal gruppo del Movimento 5 Stelle (nel quale era stato eletto) e dall’adesione al gruppo Misto, con una lettera inviata al presidente della Camera.

Con le dimissioni, approvate oggi dalla Camera, Andrea Mura pone fine alle tante polemiche scatenatesi sulle sue presenze ai lavori dell’Aula e rinuncia alla sostanziosa indennità di deputato per i prossimi cinque anni che, complessivamente, avrebbe superato il milione di euro.

Di seguito il testo integrale della lettera di dimissioni, pubblicata a inizio agosto sul suo profilo Facebook.

«Ho dato le dimissioni da Parlamentare, torno ad essere un comune cittadino. Ecco la lettera inviata al Presidente della Camera On. Roberto Fico.

Al Presidente della Camera dei Deputati

Egregio Presidente,
con questa lettera presento le mie dimissioni da membro della Camera.

È stato per me un grande onore essere eletto per rappresentare i cittadini nella Camera dei Deputati da Lei autorevolmente presieduta.

Ho sempre ritenuto che stare in Parlamento non possa essere solo un onore o un privilegio, ma un dovere di servizio, per partecipare attivamente e legiferare.

Ho assunto e portato avanti il mandato di parlamentare con la massima serietà e nel pieno rispetto delle istituzioni repubblicane. Ho partecipato alla stragrande maggioranza delle sedute della Camera. In totale sono mancato a 7 sedute, per impegni sul territorio o per una breve malattia.

Ciò nondimeno sono stato oggetto di un linciaggio mediatico senza precedenti, di accuse ignominiose basate su fatti inesistenti, su affermazioni da me mai pronunciate, che nessuno ha mai voluto verificare. Ho subito dei danni enormi e agirò in tutte le sedi per difendere la mia reputazione.

Sono stato espulso dal mio gruppo parlamentare senza essere nemmeno convocato, senza poter replicare alle accuse infamanti che mi sono state rivolte.

Alla luce di tutto quello che è accaduto non ha alcun senso restare in quest’aula, senza poter incidere, senza poter portare avanti il progetto per cui sono stato eletto dai cittadini che mi hanno votato.

Torno ad essere un cittadino comune, come sono sempre stato. Torno nel mio mondo, allo sport e al mare, dove ci sono i valori a cui mi sono sempre ispirato: l’impegno, il sacrificio e – da buon sardo – la parola data.

Continuerò le mie battaglie per la difesa del mare e dell’ambiente fuori del Parlamento.

La ringrazio e Le porgo i miei migliori saluti.

Andrea Mura

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Andrea Mura ha presentato le dimissioni da deputato. Lo ha fatto con una decisione che giunge a sorpresa, a pochi giorni dall’espulsione dal gruppo del Movimento 5 Stelle (nel quale era stato eletto) e dall’adesione al gruppo Misto, con una lettera inviata al presidente della Camera.

Con questa decisione, che dovrà essere ratificata con un voto della Camera dei deputati che potrebbe anche decidere di rifiutarle, costringendo il parlamentare a rimanere in carica contro la sua volontà, Andrea Mura pone fine alle tante polemiche scatenatesi sulle sue presenze ai lavori dell’Aula e rinuncia alla sostanziosa indennità di deputato per i prossimi cinque anni che, complessivamente, avrebbe superato il milione di euro.

Di seguito il testo integrale della lettera di dimissioni, pubblicata sul suo profilo Facebook.

«Ho dato le dimissioni da Parlamentare, torno ad essere un comune cittadino. Ecco la lettera inviata al Presidente della Camera On. Roberto Fico.

Al Presidente della Camera dei Deputati

Egregio Presidente,
con questa lettera presento le mie dimissioni da membro della Camera.

È stato per me un grande onore essere eletto per rappresentare i cittadini nella Camera dei Deputati da Lei autorevolmente presieduta.

Ho sempre ritenuto che stare in Parlamento non possa essere solo un onore o un privilegio, ma un dovere di servizio, per partecipare attivamente e legiferare.

Ho assunto e portato avanti il mandato di parlamentare con la massima serietà e nel pieno rispetto delle istituzioni repubblicane. Ho partecipato alla stragrande maggioranza delle sedute della Camera. In totale sono mancato a 7 sedute, per impegni sul territorio o per una breve malattia.

Ciò nondimeno sono stato oggetto di un linciaggio mediatico senza precedenti, di accuse ignominiose basate su fatti inesistenti, su affermazioni da me mai pronunciate, che nessuno ha mai voluto verificare. Ho subito dei danni enormi e agirò in tutte le sedi per difendere la mia reputazione.

Sono stato espulso dal mio gruppo parlamentare senza essere nemmeno convocato, senza poter replicare alle accuse infamanti che mi sono state rivolte.

Alla luce di tutto quello che è accaduto non ha alcun senso restare in quest’aula, senza poter incidere, senza poter portare avanti il progetto per cui sono stato eletto dai cittadini che mi hanno votato.

Torno ad essere un cittadino comune, come sono sempre stato. Torno nel mio mondo, allo sport e al mare, dove ci sono i valori a cui mi sono sempre ispirato: l’impegno, il sacrificio e – da buon sardo – la parola data.

Continuerò le mie battaglie per la difesa del mare e dell’ambiente fuori del Parlamento.

La ringrazio e Le porgo i miei migliori saluti.

Andrea Mura

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Il presidente della commissione Cultura del Consiglio regionale, Gavino Manca (Pd), ha lamentato formalmente – con due distinte note, rispettivamente indirizzate al ministro, Luca Lotti, e alla presidente del Consiglio di amministrazione della Rai, Monica Maggioni –  l’esclusione della lingua sarda dallo schema di contratto di servizio tra il ministero dello Sviluppo economico e la Rai, nonostante l’inserimento del sardo nella convenzione con la quale sono disciplinate le condizioni e le modalità per l’affidamento in esclusiva del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale.

Gavino Manca ha inoltre indirizzato al presidente della commissione parlamentare di vigilanza dei servizi radiotelevisivi, Roberto Fico, la richiesta di audizione di una delegazione della commissione Cultura, al fine di meglio illustrare le preoccupazioni del Consiglio regionale per l’evidente sperequazione cui è oggetto la più diffusa lingua delle minoranze storiche in Italia e per ricercare le opportune soluzioni, utili a garantire alla lingua sarda le adeguate tutele di legge, secondo quanto previsto anche nella convenzione Stato-Rai.

«Molta perplessità – ha scritto Manca – desta verificare che nello schema del contratto di servizio mentre si prevede l’assolvimento degli obblighi specifici demandati dalla convenzione alla concessionaria del servizio pubblico per le minoranze linguistiche delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta e per le province autonome di Trento e Bolzano, viene omesso il richiamo alla regione sarda e all’adozione di azioni atte a tutelare le minoranze linguistiche in essa presenti.»

Beppe Grillo 3 copia

Beppe Grillo ha pubblicato sul suo blog le regole per candidarsi e votare per le liste del MoVimento 5 Stelle alle europee 2014.

«Il MoVimento 5 Stelle (M5S) promuove la partecipazione alle elezioni europee 2014, attraverso la presentazione sotto il simbolo di liste di candidati scelti in Rete secondo le seguenti regole.
I candidati dovranno essere in possesso dei necessari requisiti di candidabilità e dovranno aderire al Codice di comportamento dei candidati e degli eletti del MoVimento 5 Stelle al Parlamento Europeo.
La selezione dei candidati verrà effettuata attraverso votazione in Rete a cui potranno partecipare gli aderenti al MoVimento 5 Stelle aventi i requisiti, secondo l’apposita procedura di selezione dei candidati e formazione delle liste.

Regole per candidarsi e votare per le liste del MoVimento 5 Stelle alle europee 2014.

Candidati:

Tutti coloro iscritti al MoVimento 5 Stelle entro data 31-12-12 e con documento certificato entro il 20 marzo 2014, non diffidati, non svolgenti carica elettiva e non facenti parte di una lista partecipante alle elezioni amministrative 2014 certificata o in via di certificazione. Devono avere 25 anni o più al 25 maggio 2014. Gli italiani residenti all’estero si potranno candidare e votare nella regione e circoscrizione dell’ultima città di residenza in Italia che avranno dovuto indicare nella loro pagina profilo sul MoVimento 5 Stelle.

Votanti:

Tutti coloro iscritti al MoVimento 5 Stelle entro data 30-06-13 e con documento certificato entro il 20 marzo 2014 non diffidati

Formazione delle liste:

Primo turno:
Si vota con 3 preferenze solo per i candidati nella propria regione.
Il candidato più votato della regione entrerà di diritto nelle liste finali.
Gli altri candidati nella circoscrizione (utilizzata per il voto alle europee) andranno a un secondo turno nella misura di 30 per la circoscrizione Nord Ovest (Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Piemonte), 18 per la circoscrizione Nord Est (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Veneto), 20 per la circoscrizione Centro (Lazio, Marche, Toscana, Umbria), 24 per la circoscrizione Meridionale (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia), 12 per la circoscrizione Insulare (Sardegna, Sicilia). I candidati per il secondo turno saranno scelti in base al numero totale di preferenze raccolte nel primo turno e votati al secondo turno su base circoscrizionale europea.

Secondo turno:
Si vota con 3 preferenze per i candidati nella propria circoscrizione europea che hanno superato il primo turno. Saranno candidati alle elezioni europee i più votati fino a riempimento delle liste della circoscrizione dedotti i più votati nelle singole regioni al primo turno.

I nomi saranno inseriti in lista in ordine alfabetico.

Beppe Grillo, quale capo politico del MoVimento 5 Stelle e suo rappresentante, si occuperà degli adempimenti tecnico-burocratici necessari a consentire l’effettiva presentazione e partecipazione alle prossime elezioni europee 2014 delle liste dei candidati scelti in Rete, avvalendosi a tal fine di un gruppo di iscritti al MoVimento 5 Stelle che si sono resi disponibili a farsi carico di detti adempimenti, rinunziando preventivamente a presentare la propria candidatura alle prossime elezioni europee: Silvana Carcano, Vito Crimi, Gianni Benciolini, Stefano Patuanelli, Roberta Lombardi, Davide Barillari, Roberto Fico, Luigi Di Maio, Riccardo Nuti, Alessio Mattia Villarosa.»