24 November, 2024
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Per l’ex presidente della BCE Jean-Claude Trichet, intervistato da Serena Bortone su Rai 3 il 21 aprile, quella che staturisce dalla Pandemia Covid-19 è senza ombra di dubbio “La più Grande Crisi Economica dell’Umanità”. Una catastrofe economica che riguarda tutti i Paesi del mondo, che va oltre quella del 2009 e delle  crisi successive alle due guerre mondiali, di cui, la seconda, è stata per gran parte conseguente alla più pesante crisi del 1929.

«Una crisi che al momento differisce dalle precedenti per la regolazione e l’iniezione di liquidità da parte degli Stati, dalle loro aggregazioni politiche, istituzionali, economiche e finanziarie». E sottolinea, “al momento”, perché la crisi è appena iniziata e non si può neanche immaginare fino a dove si può spingere; una crisi che per essere contrastata non ammette divisioni, fughe, né protezioni nazionaliste, perché sarà molto dura e lunga e se ne potrà uscire solo se si sarà capaci di capire e di agire con vedute comuni e iniziative solidaristiche, che non possono che essere degli uni verso gli altri. Infine, per sintetizzare il pensiero dell’esperto di economia, una crisi che avrà bisogno che tutti capiscano che non si potrà caricare l’onere della ricostruzione su qualche classe sociale ma che ognuno dei cittadini del mondo dovrà fare la propria parte secondo la propria possibilità. Nella sua lucidissima analisi richiama certamente i fondamenti della Rivoluzione Francese “Libertè Egalitè Fraternitè”, ma anche i dettati costituzionali di molti Paesi sulla proporzionalità e progressività della partecipazione ai costi pubblici sia correnti che per gli investimenti e ancor più per le catastrofi come l’attuale. Infine, a proposito di ricorsi storici e per evidenziare meglio la gravità della situazione, richiama le parole di Winston Churchill dicendo che «saranno lacrime, sudore e sangue».

Il sangue materiale è riportato dai numeri dei morti per la pandemia in ogni parte del mondo che ad oggi ammontano a 183.470 e che aumentano di migliaia di persone ogni giorno. Quello economico e sociale invece è già rappresentato dalla chiusura di milioni di luoghi di produzione e dalla perdita di milioni di posti di lavoro. Con riflessi gravissimi che nell’immediato sono ben evidenziati dal prezzo del petrolio che è precipitato fino allo zero, perché i depositi sono pieni e non si sa più dove stoccarlo. C’è poi il surplus delle commodities che spaziano dall’estrazione delle materie prime a quelle delle produzioni primarie di metalli ferrosi e non ferrosi. Le quali non hanno interrotto la produzione, diversamente dai beni derivati, con la conseguenza che «parte dell’eccesso di offerta è già visibile nei magazzini monitorati dallo Shanghai Futures Exchange, dove le scorte sono rapidamente salite ad oltre 528.000 tonnellate contro le 189.000 di inizio anno; mentre nei magazzini London Metal Exchange le scorte di alluminio ammontano ad 1,13 milioni di tonnellate, in crescita di oltre il 10% rispetto a metà marzo».

Magazzini monitorati dalla ShFE e LME, dunque, strapieni per il non utilizzo dei metalli causata dal blocco delle produzioni a partire dall’Automotive. Ma con la loro produzione che non si è fermata per alcuni semplici motivi: il primo perché non hanno bisogno (come il petrolio) di depositi/serbatori per essere stoccati; il secondo per gli elevatissimi costi della ripartenza degli stabilimenti. Per questo nel mondo e soprattutto in Cina, dove ad esempio si utilizza il 52% del totale dell’alluminio prodotto nel mondo, si è preferito continuare a produrre in perdita fino al 40%, con questo valore peraltro mitigato dal crollo dei combustibili necessari per produrre l’energia per l’elettrolisi.

Una situazione che seppure ha già portato alla riduzione di circa ¼ della quotazione dell’alluminio (ma anche degli altri metalli) evidentemente sposterà in avanti il grandissimo problema dell’accumulo che le Società di analisi dei mercati e di Ricerca, dall’International Aluminum Institute, la Wood Mackenzie e la CRU, prevedono in «un surplus che spazia dai 2 ai 4 milioni di tonnellate nel corso del 2020, con una contrazione della domanda pari al 7,9%»

Situazione che per il responsabile della Wood Mackenzie, porta a prevedere che «prima che le fonderie prendano in considerazione una chiusura, i prezzi dovranno rimanere bassi per molto tempo, ma prima tenteranno di ridurre i costi, ad esempio sospendendo la manutenzione degli impianti» (con tutto ciò che ne consegue per gli stessi impianti e l’occupazione) e aggiunge, «che avremo delle interruzioni della produzione già quest’anno, ma il grosso avverrà nell’anno successivo e la maggior parte delle fermate saranno concentrate in Cina, dove la maggior parte dei produttori sta perdendo denaro».

Detto questo veniamo a noi, tenendo però conto che quelle dinamiche mondiali si inseriscono nel quadro europeo. E ancora di più in quello del nostro Paese che non ha certo i fondamentali fra i migliori rispetto agli altri Stati del vecchio continente: per il suo noto debito pubblico; per il tasso di crescita vicino allo zero; per il fatto che è il più colpito dalla pandemia in termini contagiati e di vittime; per la netta quanto anacronistica divisione politica e infine per le conseguenti pesantissime ripercussioni economiche, produttive e sociali derivanti dalle misure di contrasto al virus.

Prima che scoppiasse il Covid-19, il Governo italiano ha deciso di andare incontro alle direttive della UE, in merito agli obiettivi di efficientamento energetico e riduzione di emissioni di gas clima alteranti.

Lo ha fatto con l’invio (il 21 gennaio 2020)  alla Commissione europea del proprio PNIEC (piano Nazionale italiano energia e clima) che esso stesso definisce “molto ambizioso” in  ogni sua parte. Un Piano che, fra le altre misure sempre ambiziose di efficientamento energetico urbano, dei trasporti, nell’automotive, nell’intensità energetica delle produzioni di energia e industriali, prevede la rimodulazione del mix energetico: con la messa al bando del carbone a partire dal 2025 (che per noi del Sulcis comporta la perdita secca di 1200 buste paga fra diretti, appalti e indotto della Centrale Grazia Deledda), diversamente dal resto dei competitori europei quali la Germania che lo fissa al 2038; lo sviluppo delle energie rinnovabili fino al 30%; la realizzazione di impianti di produzione a gas (dove c’è…); la realizzazione di interconnessioni nazionali e transnazionali. Il tutto «subordinato alla programmazione e realizzazione degli impianti sostitutivi e delle necessarie infrastrutture».

Un Piano che prevede investimenti per la cifra considerevole di 1.190 miliardi di euro cosi articolato: 1) energia, sviluppo Fonti Energia Rinnovabile (FER),  impianti a gas: 129 miliardi €;

2) edilizia 270 miliardi €;

3) automotive 700 miliardi €.

Le coperture sono tutte in capo agli utenti finali, che sono i cittadini, sia che si tratti di automotive, di edilizia e di energia. Restando su quest’ultima, fra le altre, sono previsti adeguamenti delle misure agevolative (ovviamente in negativo) per le aziende energivore; ulteriori liberalizzazioni del mercato; superamento definitivo del prezzo unico nazionale; riorganizzazioni e razionalizzazione delle configurazioni di autoconsumo; rimodulazione dei costi (in aumento) di produzione di CO2; ecc. ecc..

Costi che evidentemente andranno a ripercuotersi nella bolletta finale degli utenti e degli acquisti di beni di qualsiasi natura e tipologia.

Un Piano che, repetita iuvant, il Governo stesso definiva ambizioso, che si scontra però con i due concetti chiamati sostenibilità e competitività delle produzioni e del complesso del sistema economico e occupazionale, che ne deriva, rispetto al resto d’Europa e del mondo.

Un piano che per l’ing. Giuseppe Toia, vicepresidente dell’Assomet (associazione nazionale industrie metalli non ferrosi, notoriamente energivori) ed ex AD dell’Alcoa Italia, “non tiene però conto che si parte da condizioni strutturali degli stabilimenti italiani e di costi produttivi, molto diversi rispetto alla concorrenza” per due aspetti sui quali è bene soffermarsi.

Il primo è relativo all’obiettivo più velleitario che ambizioso dei miglioramenti di 2 fattori produttivi fondamentali. Il Piano, infatti, si prefigge la riduzione dell’intensità energetica in misura del 43% rispetto all’obiettivo UE del 32%.

Il secondo è la riduzione di emissioni di CO2 in misura del 56%,  rispetto al 43% della UE.

Obiettivi che però non tengono conto che in Italia si parte da situazioni impiantistiche decisamente migliori della concorrenza che, sempre per l’Assomet, sono riassumibili con la produzione di CO2 secondo il seguente dato di comparazione con il principale competitor,  la Germania:

  1. Emissione totale settori per intensità: Germania 907 ml/t – Italia 427 ml/t;
  2. Settore produzione energia: Germania 318% in più dell’Italia;
  3. Industria: Germania 271% in più dell’Italia.

Il tutto ad evidenziare che diversamente dalla narrazione politica e/o ambientalista, l’industria italiana, per noi la filiera dell’alluminio,  zinco e piombo, con il forte legame alla generazione elettrica, è tutt’altro che obsoleta ed anzi molto più efficiente e performante di quella tedesca, la quale beneficia  dell’ulteriore vantaggio competitivo di avere azzerato il costo della CO2. Mentre nel nostro Paese lo si vuole anche aumentare.

(fonte VMZINC)

In definitiva, quel piano molto ambizioso nei suoi termini,  di per sé, già prima del Covid-19, produce un impatto drammatico sul sistema energetico / produttivo, economico e sociale nel nostro territorio (già gravato da 35.500 disoccupati ante lockdown); in tutta Sardegna per la mancanza del Gas e in tutto il Paese. In mancanza di prese d’atto e delle più evidenti buone ragioni per rivederlo radicalmente nei tempi e nelle modalità, soprattutto nei 3 fattori relativi ai costi finali, agli oneri dei sistemi, alla garanzia della capacità e della continuità dell’erogazione dell’energia, in altre parole alla Competitività e in costanza di mancanza del Gas, rischia di diventare l’elemento che frenerà ogni possibile ricostruzione economica e ripresa produttiva per molti anni.

Anche dopo che verranno scoperti la cura e/o il vaccino, che è e rimane la condizione fondamentale per aggredire e superare “La più Grande Crisi Economica dell’Umanità”, per poter guardare ad un orizzonte di ripresa globale e nazionale, equilibrata e realistica nei vari settori dell’economia.

Roberto Puddu

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Il ragioner Carlo Lolliri, alla soglia del compimento dei 77 anni, il 31 dicembre 2019 lascia l’incarico di presidente del Consiglio di Amministrazione della Portovesme srl. Per annunciare la sua decisione, ha convocato una conferenza stampa nella sala riunioni dello stabilimento.

Nella parte iniziale della conferenza stampa, Carlo Lolliri ha ricostruito i suoi inizi, risalenti al lontano 1966, quando, poco più che ventenne, gli venne affidato «l’incarico di prelevare gli assegni circolari che furono utilizzati per l’acquisizione dei terreni dove, due anni più tardi, sorse il nucleo originario di quella che oggi è la Portovesme srl»

Ha poi ricordato gli anni del seminario gestito dai Figli di Don Orione, frequentato  fino a pochi anni prima, che gli hanno dato le basi su cui costruire il suo futuro: l’umiltà nell’apprendimento, la costanza nel perseguire gli obiettivi, la determinazione nel sostenere le proprie convinzioni e la Fede, che lo ha sempre sostenuto nei momenti tristi e bui.

I ricordi lo hanno poi portato a citare il rapporto con il rag. Pinna all’ufficio del personale e quello instaurato con Annibale Murgia; le migliaia di persone conosciute, i fuoriusciti dalla miniera e i vecchi operai negli anni ’70, quelli che negli anni ’80 erano considerati le giovani promesse, i neo laureati negli anni ’90 e, infine, tutto il personale attualmente impiegato.

«Sono onorato e grato a Dio del percorso lavorativo che ho compiuto – ha detto Carlo Lolliri -. E’ stato un cammino impegnativo che mi ha visto “crescere” professionalmente, sino a diventare Amministratore delegato e, da ultimo, presidente del Consiglio di Amministrazione di una delle aziende più importanti della Sardegna: la Portovesme srl. Pronunciare questo nome mi procura emozioni forti e difficilmente spiegabili. La Portovesme srl è stata, per me, una sposa fedele a cui ho dedicato la mia esistenza ma che, in cambio, mi ha riempito il cuore e l’animo. E’ stato un rapporto di amore infinito. Mi sento figlio di questa società ma anche padre e madre.»

«Lascio la Portovesme srl – ha detto stamane ai giornalisti -, con una decisione lunga, difficile e travagliata, perché convinto che questa potesse essere l’unica possibile. Sul solco dell’amore che ha caratterizzato il mio rapporto con la Portovesme, ho pensato che fosse giunta l’ora di lasciare che questo figlio, ormai cresciuto, iniziasse il suo cammino di indipendenza, forte di quelli che sono stati gli insegnamenti trasmessi e le esperienze maturate. Lascio una società ormai maggiorenne, matura, in ottima salute. Sono certo che saprà farsi valere nel mondo e saprà vivere il suo futuro in maniera soddisfacente e produttiva. Il mio impegno di questi anni – ha aggiunto Carlo Lolliri – non sarebbe valso a nulla se non fossi stato affiancato, consigliato, coadiuvato nelle mie scelte da tutti coloro che hanno lavorato con indefesso impegno per questa Azienda. Operai, impiegati, quadri e management che si sono avvicendati negli anni della vita della fabbrica, fornendo il loro unico e preziosissimo contributo. Un apporto al quale non si sono sottratti gli imprenditori locali e le loro maestranze, così come gli enti istituzionali: Comuni, Provincia, Regione, che hanno sempre garantito il sostegno e la piena disponibilità al confronto per la risoluzione dei problemi. Un confronto che non è mai mancato con le organizzazioni sindacali che, seppure nello scacchiere strategico dei ruoli si presentassero come antagonisti, si sono sempre caratterizzate come interlocutori affidabili e propositivi, con i quali abbiamo condotto insieme durissime battaglie che hanno consentito di operare la riorganizzazione del lavoro, di ottenere tariffe energetiche competitive, le autorizzazioni per le discariche di Sa Piramide, S’Acqua Sa Canna e Genna Luas.»

«In questi ringraziamenti – ha aggiunto Carlo Lolliri – non posso dimenticare i vescovi e i tanti sacerdoti delle diocesi di Iglesias e Ales Terralba. Un ringraziamento speciale, infine, va alla Glencore. Oggi non staremmo qui a parlare di risultati positivi se non si riconoscesse alla Capo Gruppo il ruolo fondamentale che ha ricoperto nello sviluppo della Portovesme srl. Mai si è tirata indietro nel sostenere economicamente i progetti proposti e ci ha sempre fatto sentire la sua fiducia quando le cose andavano male.

Grazie a tutti voi. Grazie di cuore perché insieme siamo riusciti a realizzare un piccolo miracolo, al quale auguro le migliori fortune.

Vai Portovesme, è giunta l’ora di separarci. Io andrò avanti per la mia strada ma con uno sguardo sempre attento al tuo procedere: tu prosegui per il tuo cammino e sappi che io, per te, ci sarà sempre.»

Nel futuro di Carlo Lolliri, come lui stesso ha annunciato stamane, non c’è la pensione ma un altro progetto, un impegno diretto nel campo dell’economia circolare, definita il futuro per l’industria e per il territorio.

Alla conferenza stampa hanno presenziato alcuni dei più stretti collaboratori, intervenuti per ringraziare e salutare il loro maestro e la loro guida; il sindaco Giorgio Alimonda e l’ex segretario generale della Camera del Lavoro Roberto Puddu che salutando Carlo Lolliri, hanno sottolineato il ruolo avuto in oltre 50 anni nel polo industriale di Portovesme e nel sistema socio-economico del territorio.

Il congedo di Carlo Lolliri dalla Portovesme srl è stato commentato da Chris Eskdale, responsabile della divisione zinco della Glencore.

«Come responsabile della divisione zinco della Glencore – ha scritto Chris Eskdale in una nota – voglio esprimere i miei più sentiti ringraziamenti a Carlo per il lavoro svolto in questi vent’anni alla Portovesme srl. Carlo Lolliri ha avuto il grande merito di amministrare con efficace oculatezza l’Azienda, sostenendo e proponendo scelte, a volte ardue e complesse, che hanno richiesto impegno costante, intelligenza, raziocinio, spesso il coraggio e, qualche volta, anche un pizzico di sana follia.

In tal modo, la Portovesme srl è riuscita a superare i momenti difficili, restando in piedi durante la gravissima crisi economica del 2008 e, al contempo, portando a casa risultati fondamentali che ad altri sarebbero apparsi impensabili.

Oggi lui lascia, a chi rimane, un’Azienda con una struttura solida e in salute, con bilanci ampiamente positivi, proiettata verso un futuro che più solo prevedere dei miglioramenti.

In tutto questo ha giocato a nostro favore la grande capacità di Carlo di affrontare con caparbietà e decisionismo anche le sfide più irte e, senz’altro, un ruolo di primo piano lo ha svolto la sua grande esperienza.

Siamo felici del fatto che Carlo – ha concluso Chris Eskdale – sarà comunque disponibile a fornirci pareri e consigli, qualora se ne presentasse l’eventualità.»

Al termine della conferenza stampa, abbiamo realizzato un’intervista con il ragionier Carlo Lolliri che vi proponiamo.

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10221312476789358/

 

 

 

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Tre incontri in 4 giorni, a Carbonia e Sant’Antioco. Si anima il dibattito sulla riforma degli Enti locali della Sardegna. Il primo si è svolto giovedì sera, a Carbonia organizzato dall’associazione Sinistra-Autonomia-Federalismo. Il tema in discussione è stato quello del commissariamento della provincia che si protrae ormai da oltre sette anni. Dopo il saluto di Andrea Corrias, rappresentante dell’associazione che cura l’attività del Circolo soci Euralcoop che ha sede in Piazza Marmilla ed ha ospitato l’incontro, sono stati numerosi gli interventi, nel corso dei quali sono state sviscerate tutte le conseguenze, negative per il territorio, scaturite dalla cancellazione della provincia di Carbonia Iglesias ed è stata sottolineata l’inadeguatezza della provincia del Sud Sardegna, che pure ha come capoluogo Carbonia, su una superficie complessiva abnorme di 6.530 kmq e ben 107 Comuni per 354.554 abitanti, priva, soprattutto, delle risorse necessarie per svolgere anche l’ordinaria amministrazione nei principali settori di intervento, strade, scuole ed ambiente…

La relazione introduttiva è stata svolta da Tore Cherchi, presidente della provincia di Carbonia Iglesias al momento dello svolgimento del referendum, che ha rimarcato il fatto che solo all’area di Cagliari è stato dato un assetto democratico, con la costituzione della Città metropolitana ed il Sulcis Iglesiente non ha una sua piena rappresentanza democratica, perché i Comuni hanno funzioni ed obiettivi distinti rispetto a quelli del governo complessivo di un territorio. Quando una comunità territoriale è impedita per così lungo tempo di scegliere autonomamente la sua rappresentanza, si producono gravi danni sul piano della democrazia innanzitutto. E’ stata sottolineata, in particolare, la necessità di superare subito il commissariamento, anche con il ricorso alle elezioni di secondo livello, in attesa di poter tornare alle urne per eleggere democraticamente un presidente ed i consiglieri provinciali.

I lavori, coordinati da Mauro Esu ed Elio Sindaco, sindaco di Santadi ed ex presidente del Consiglio della provincia di Carbonia Iglesias, hanno visto poi gli interventi di Stefano Rombi, assessore del comune di Carloforte; Piero Comandini, vice presidente del Consiglio regionale; Ilaria Portas, assessore e vicesindaco del comune di Masainas; Gloria Dessì, dipendente della provincia del Sud Sardegna e sindacalista della Cisl funzione pubblica; Giacomo Guadagnini, consigliere di amministrazione del Consorzio industriale di Carbonia Iglesias; Laura Cicilloni, ex consigliere comunale di Iglesias; Antonangelo Casula, ex sindaco di Carbonia; Mauro Pistis; il professor Gianfranco Sabatini; il segretario regionale di Articolo Uno Luca Pizzuto; l’ex segretario della Camera del Lavoro del Sulcis Iglesiente, Roberto Puddu.

Tutti gli intervenuti hanno rimarcato l’importanza di sostenere la re-istituzione della provincia di Carbonia Iglesias, per contribuire concretamente all’avvio di una nuova stagione di sviluppo per un territorio in grande difficoltà, con una situazione acuitasi negli ultimi anni anche per la manca di uno strumento di governo qual era la provincia di Carbonia Iglesias, perché con la sua cancellazione, sono stati tagliati drasticamente anche i trasferimenti e quindi i servizi.

I lavori sono stati conclusi da Tore Cherchi.

   

                                   

Roberto Puddu, ex segretario generale dellaCsmeta del lavoro di Carbonia Iglesias, è il primo pellegrino che percorrerà la ciclovia per Mountain bike del Cammino Minerario di Santa Barbara. Dopo aver ricevuto la timbratura della credenziale nella sede della Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara dal presidente Giampiero Pinna, Roberto Puddu, appena rientrato da un’analoga impresa nel Cammino di Santiago, è partito questo pomeriggio per percorrere interamente il Cammino Minerario di Santa Barbara.

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Una lunga storia che ci lascia ma che resterà nella memoria e nei cuori dei tanti che hanno avuto la fortuna di conoscerti e di percorrere con te un pezzo del loro cammino.
Un grande Compagno che dagli albori delle lotte per i diritti, per la dignità, la sopravvivenza del Lavoro e della sua Città, ha trascorso gran parte della sua vita mettendosi a disposizione della CGIL in ogni occasione e con ogni ruolo di servizio e rappresentanza dei lavoratori e dei Pensionati.
Impegno continuo che ha condiviso con tutti i suoi affetti ai quali va un abbraccio fortissimo
Minatore, Elettrico, Delegato, Dirigente, Segretario della Camera del Lavoro del Sulcis Iglesiente e dello SPI.
Marito, Padre, Nonno premuroso.

Ciao Peppuccio
che la Tua terra Ti sia Lieve

Roberto Puddu

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Questo pomeriggio si è svolto a Cagliari un convegno su “Il gas naturale per dare nuova energia alla Sardegna: i benefici per comunità e territorio“. Tra gli ospiti c’era l’on. Andrea Vallascas, deputato del Movimento 5 Stelle. Tra le diverse considerazioni, Andrea Vallascas ha ribadito la posizione contraria al metano e alla dorsale e – come ha riportato questa sera Roberto Puddu, ex segretario generale della Camera del Lavoro CGIL del Sulcis Iglesiente in un post pubblicato su Facebook – «ha detto che oramai è praticamente assodato che le centrali a carbone della Sardegna, non si potranno fermare al 2025».

«Avendo visto e sentito l’on.le – ha aggiunto Roberto Puddu – credo di poter dire che all’affermazione è farina del sacco di suoi “superiori” che stanno al MISE. In ogni modo, se così è, sarebbe il caso di formalizzare questa presa d’atto e programmare urgentemente le nuove scadenze (che non possono essere inferiori ad almeno 10 anni), perché si potrebbero rimettere a correre investimenti, lavoro, sinergie vitali per la salvaguardia occupazionale e la ripresa produttiva dell’apparato industriale. Perché al momento – ha concluso Roberto Puddu – è tutto sospeso e il tempo stringe.»

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https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10219417489535861/

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10219417524616738/

Un centinaio di persone, sindaci, parlamentari in carica ed ex, amministratori locali, sindacalisti, lavoratori, hanno risposto all’invito del sindaco di Gonnesa, Hansel Cristian Cabiddu, che ha convocato un incontro negli spazi di S’Olivariu, a Gonnesa, per discutere della drammatica situazione socio-economica del territorio, alle prese con i tempi lunghi, lunghissimi, delle vertenze per il rilancio produttivo di Eurallumina e Sider Alloys (ex Alcoa), legate all’annosa questione degli elevati costi dell’energia e, da qualche mese, con il programma di dismissione delle centrali elettriche alimentate a carbone entro il 2015 che, in mancanza di alternative, rischia di decretare la parola fine a qualsiasi progetto di rilancio del polo industriale e una crisi senza vie d’uscita.

Nel corso dei numerosi interventi, è emersa la consapevolezza della gravità della situazione e, soprattutto, della necessità di avviare una grande mobilitazione popolare, per convincere da un lato il Governo a rivedere il progetto della dimissione della Centrale Grazia Deledda entro il 2025, e dall’altro a sostenere concretamente i programmi di rilancio dell’apparato industriale e le nuove iniziative per la creazione di un modello di sviluppo questa volta finalmente integrato, nel quale l’industria dovrà avere un ruolo ancora importante ma non totalitario, com’è avvenuto negli ultimi 50 anni.

Durante lo svolgimento dei vari interventi, abbiamo realizzato due interviste, con Luca Pizzuto, ex consigliere regionale e segretario regionale di Articolo Uno, e Roberto Puddu, ex segretario generale della Camera del Lavoro CGIl del Sulcis Iglesiente.

                          

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«Repetita iuvant: sono sempre più insistenti le “vocine” che portano al Game Over per il Polo energetico ed industriale di Portovesme. E no, nonostante non si parli d’altro, l’Europa non ha colpe che invece stanno tutte nel “bel Paese” e, soprattutto, nella “mandronia” del gruppo dirigente locale e regionale. Il tempo non è mai una variabile indipendente e le stalle, quando se ne ha il sentore, si deve fare di tutto per provare a chiuderle prima che i buoi siano scappati. In caso contrario le colpe sono e saranno sempre di chi neanche ci prova a combattere per fatalismo, rassegnazione, incompetenza o semplicemente per non avere (scusate l’inglesismo) “rotture di coglioni”.»

Roberto Puddu, ex segretario generale della Camera del Lavoro CGIL del Sulcis Iglesiente, ha commentato così, su Facebook, le notizie riguardanti l’annunciata chiusura entro il 2025, delle centrali a carbone, che in mancanza dei tempi necessari per la conversione della Centrale Grazia Deledda a metano (non disponibile), porterebbe “inevitabilmente” alla chiusura dell’intero polo industriale, con conseguenze drammatiche per il territorio.

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Nell’ambito della rassegna Carbonia scrive, venerdì 5 aprile, presso il Salone della Società Umanitaria, Ex Dì Fabbrica del Cinema, nell’area della Grande Miniera di Serbariu a Carbonia, è stato presentato il libro di Carlo Panio “Dall’Enel alla Carbosulcis”.

L’appuntamento culturale è stato patrocinato dal comune di Carbonia, dall’associazione Amici della Miniera, dall’associazione Storia e Radici della città di Carbonia, dalla Società Umanitaria e dello S.B.I.S..

I lavori sono stati coordinati dal giornalista di Videolina e La 7 Luca Gentile che ha aperto la serata anticipando il tema e gli interventi della serata, a cura di un vasto partner di relatori. Subito dopo, i saluti da parte della sindaca Paola Massidda che ha parlato dell’importanza di valorizzare il territorio puntando ad una diversificazione del lavoro ma ricordando anche quanto comunque la storia sia maestra di vita.

Alle spalle dei relatori, particolarmente suggestiva la carrellata delle immagini legate alla Grande miniera e alla Carbosulcis, cinquant’anni di lotte operaie, sindacali e politiche, per un progetto minerario su cui si è puntato tanto, tralasciando forse l’eventualità che il panorama potesse cambiare e che la risposta potesse non essere più adeguata alla richiesta di mercato.

Anche l’intervento dell’editore Carlo Delfino ha avvalorato la tesi, ormai più volte presentata, sul fatto che la riconversione dovesse essere fatta anni fa, piuttosto che continuare ad impegnare risorse economiche dettate da scelte politiche che nel tempo si sono poi rivelate non idonee. Basti pensare a quanto la nostra isola potrebbe vivere “alla grande” di bellezza del territorio, di cultura archeologica, di artigianato, di silenzi in luoghi immersi nella natura e di storia fatta di eventi molto lontani nel tempo.

Un libro, quello di Carlo Panio, che denuncia, che racconta, attraverso tanti articoli di giornale, la nascita delle attività estrattive ad opera di minatori che giungevano nel Sulcis da varie parti d’Italia, con la speranza di un lavoro e di una vita migliore per le loro famiglie.

La nascita della città di Carbonia ad opera di Benito Mussoliniche ha dato una casa proprio ai lavoratori impegnati nell’estrazione del carbone che poi si sarebbe rivelato di limitato potere calorifico e qualitativamente inferiore, perché ricco di impurità altamente inquinanti, uscito perdente dalla concorrenza con altri combustibili fossili europei.

La lignite però, di lì a poco, sarebbe stata destinata a diventare il combustibile che avrebbe alimentato il mega impianto da costruire a Porto Vesme. Fame e miseria sembravano arginate da questo grande progetto ed arrivarono gli anni del boom economico, sino al momento in cui scelte politiche intervennero ad interrompere lo sfruttamento delle ultime miniere ancora in attività.

Uno scenario che la cronaca ha raccontato per tutta la sua durata, cinquant’anni di vita di un territorio teatro di speranze puntualmente deluse, di alti e bassi economici che si sono ripercossi nelle vite di tante famiglie.

Ora la necessità di cambiar pelle, di puntare a progetti legati all’innovazione tecnologica ed alla ricerca, nonché al turismo.

Su questo tema hanno puntato il dito i relatori che si sono susseguiti durante la serata: Mario Zara, presidente dell’associazione “Amici della Miniera”; Enea Casti, presidente dell’associazione “Storia e Radici della città di Carbonia”; Paolo Serra, direttore della Società Umanitaria; Alberto Scanu, presidente della Confindustria Sardegna; Antonio Martini, amministratore unico della Carbosulcis; Raffaele Cotza, professore di arte mineraria presso l’università di Cagliari; Salvatore Cherchi, coordinatore regionale del Piano Sulcis; Salvatore Benizzi, vicario episcopale per la pastorale del lavoro della diocesi di Iglesias; Enrico Manca, ex presidente ed amministratore delegato della Carbosulcis; Sabrina Sabiu, assessore della Cultura del comune di Carbonia e, infine, Roberto Puddu, ex segretario della Camera del Lavoro CGIL del Sulcis Iglesiente.

Una serata storico-culturale che ha visto una buona partecipazione di pubblico che ha seguito i vari interventi, tutti interessanti e meritevoli di attenzione, che hanno ancora una volta delineato l’importanza di rilanciare quanto prima il territorio, ormai da anni sofferente per una crisi economica grave, dai toni sempre più preoccupanti, che necessita quanto prima di una risoluzione che possa risollevare le sorti di un territorio martoriato per la mancanza di lavoro, a cui si aggiunge un calo demografico non indifferente che va a complicare il quadro generale.

La speranza è che finalmente la situazione migliori e che le nuove generazioni possano continuare a vivere nel luogo dove sono nati e dove le loro famiglie hanno posto le radici, in quel lontano dicembre 1938.

Nadia Pische

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Dramma sfiorato questa mattina sulla prima spiaggia di Porto Pino. Una donna anziana s’è sentita male in neanche un metro d’acqua e stava per annegare. Soccorsa, è stato chiamato l’elisoccorso che è arrivato sul posto in soli 15 minuti, provvedendo al trasferimento in ospedale. Atterrato all’interno dello stadio Comunale “Carlo Zoboli” di Carbonia, la donna è stata trasferita al Sirai di Carbonia con un’ambulanza del 118.

Fotografie di Roberto Puddu.