21 November, 2024
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Alcune centinaia di persone hanno partecipato ieri sera all’incontro pubblico “Pale a mare: come salvare l’Isola” tenutosi negli spazi dell’antica Tonnara Su Pranu, a Portoscuso, organizzato dal comune di Portoscuso, in collaborazione con il Comitato “No speculazione energetica Carloforte”. Hanno partecipato, tra gli altri, don Antonio Mura, parroco delle chiese di Portoscuso e Paringianu e direttore della Pastorale per il Sociale e il Lavoro della diocesi di Iglesias; Ignazio Atzori, sindaco del comune di Portoscuso; Stefano Rombi, sindaco del comune di Carloforte; Salvatore Obino, presidente del comitato “No speculazione energetica Carloforte”; Rolando Marroccu, portavoce del comitato tecnico Sardegna sostenibile. I lavori sono stati moderati dalla giornalista Susanna Lavazza.

Gli interventi hanno ribadito la ferma opposizione all’imposizione di un numero abnorme di impianti eolici offshore (oltreché eolici a terra e fotovoltaici) la cui realizzazione minaccia una vera e propria nuova servitù per la Sardegna. Sono ben 23, infatti, le richieste di allaccio per impianti eolici offshore davanti alle coste della Sardegna, anche a sole 12 miglia dalle spiagge, come nel caso dell’isola Sant’Antioco (Toro1). Tre sono in dirittura d’arrivo. Sono ben 16 i progetti per impianti offshore nel Sud Sardegna, 8 attorno all’isola di San Pietro. Il più vicino alla definitiva approvazione è l’Ichnusa Wind Power, per il quale la richiesta è stata fatta nel 2020 e sono già iniziati i lavori di trivellazione dei fondali davanti a Carloforte e Portoscuso, benché non ci sia ancora il semaforo verde dopo le integrazioni alle osservazioni per la procedura di Via (Valutazione di impatto ambientale) che avevano come termine il 19 luglio.

Nel corso degli interventi, sono state sottolineate tutte le problematiche legate alla proliferazione di progetti e, unitamente alla forte preoccupazione che la mancanza di regole abbia concesso agli speculatori di portarsi avanti nelle fasi procedurali, anche la convinzione che la forte e crescente mobilitazione in atto possa frenare l’iter e attenuare quantomeno la portata degli interventi e, conseguentemente, i danni sul territorio.

Dopo gli interventi di don Antonio Mura, dei sindaci di Portoscuso Ignazio Atzori e Carloforte Stefano Rombi, dei rappresentanti delle associazioni Rolando Marroccu e Salvatore Obino, sono intervenuti anche alcuni rappresentanti di altre associazioni che portano avanti la stessa battaglia, giunti da Sant’Antioco, Nuraxi Figus, Quartu Sant’Elena, Selargius e Uta, nel corso dei quali sono state evidenziate anche le problematiche legate alla realizzazione del Tyrrhenian Link, il doppio collegamento sottomarino di Terna che collegherà la Sardegna alla Sicilia e alla Penisola, strettamente collegato all’insediamento di tanti impianti eolici (a terra e offshore) e fotovoltaici, per il trasferimento dell’energia prodotta in Sardegna, considerato che – com’è noto – l’Isola non ha bisogno di energia, dal momento che ne produce già in quantità superiore a quanto ne consuma.

Nonostante l’incontro fosse stato organizzato per trattare le problematiche legate all’eolico offshore, si è parlato anche della raccolta di firme in corso in tutta la Sardegna per il progetto di legge di iniziativa popolare denominato “Pratobello 24”.

Allegata l’intervista realizzata con don Antonio Mura al termine dei lavori.

   

Il comune di Portoscuso, in collaborazione con il Comitato “No speculazione energetica Carloforte”, ha organizzato l’incontro pubblico “Pale a mare: come salvare l’Isola”, che si terrà lunedì 19 agosto, dalle 19.30, negli spazi dell’antica Tonnara Su Pranu, a Portoscuso.

Interverranno: don Antonio Mura, parroco delle chiese di Portoscuso e Paringianu e direttore della Pastorale per il Sociale e il Lavoro della diocesi di Iglesias; Ignazio Atzori, sindaco del comune di Portoscuso; Stefano Rombi, sindaco del comune di Carloforte; Salvatore Obino, presidente del comitato “No speculazione energetica Carloforte”; Rolando Marroccu, portavoce del comitato tecnico Sardegna sostenibile.

Modererà i lavori la giornalista Susanna Lavazza.

Sono 23 le richieste di allaccio per impianti eolici offshore davanti alle coste della Sardegna, anche a sole 12 miglia dalle spiagge, come nel caso dell’isola Sant’Antioco (Toro1). Tre sono in dirittura d’arrivo, seguendo l’iter sul sito del ministero per l’Ambiente e la Sicurezza energetica.

Sono ben 16  i progetti per impianti offshore nel Sud Sardegna, 8 attorno all’isola di San Pietro. La più alta concentrazione in Italia.

Il più a rischio di essere approvato è l’Ichnusa Wind Power, per il quale la richiesta è stata fatta nel 2020 e sono già iniziati i lavori di trivellazione dei fondali davanti a Carloforte e Portoscuso, benché non ci sia ancora il semaforo verde dopo le integrazioni alle osservazioni per la procedura di VIA (valutazione impatto ambientale) che avevano come termine il 19 luglio.

Le osservazioni delle associazioni ambientaliste sul territorio, dei sindaci, dei comitati, di zoologi e biologi marini hanno rilevato che i 42 aerogeneratori IWP – altri tre volte e mezzo quelli attualmente a Portovesme, da installare sulle rotte dei tonni e dei falchi della Regina – causeranno danni all’habitat, alla pesca, al turismo, al paesaggio, alla navigazione, alla sicurezza marittima.

In particolare, sono a rischio le due tonnare storiche di Portoscuso e Carloforte.

I sindaci del Sulcis Iglesiente hanno già espresso “contrarietà” nei Consigli comunali. 

Dopo i saluti del sindaco di Portoscuso, Ignazio Atzori, verrà data la parola a don Antonio Mura, che porterà la voce della Chiesa diocesana, che corrisponde al territorio del Sulcis Iglesiente: «Esprimerò anche idee e prospettive abbondantemente confrontate con il cardinale Arrigo Miglio».

«Agiremo a livello legalesottolinea il presidente del comitato No speculazione energetica Carloforte, l’avvocato Salvatore Obino -. Abbiamo constatato che, in violazione delle regole di correttezza e buona fede, la Ichnusa Wind Power ha oscurato, rendendola illeggibile, parte della documentazione riguardante l’impatto ambientale del mega impianto offshore di 42 pale eoliche flottanti  da collocarsi in area marina a Nord-Ovest dell’Isola di San Pietro, ritenendo di impedire di proporre osservazioni in opposizione al progetto da parte dei portatori di interessi. Noi stigmatizziamo questo comportamento che denota arroganza e non affidabilità della società proponente, anzi riteniamo che sia passibile di annullamento della procedura di VIA.»

«Approfondiremo le attuali procedure ministeriali per gli impianti offshore e l’urgenza di una moratoria nazionale su tutte le richieste sia a mare sia a terradice Rolando Marroccu, componente del Comitato Tecnico Sardegna Sostenibile -. Verrà illustrata la proposta su come governare l’assalto speculativo ai mari sardi con l’istituzione di un piano di gestione delle spazio marittimo e di un limite di distanza dalle coste di 36 miglia nautiche, circa 70 km.»

Il sindaco di Carloforte, Stefano Rombi, si è espresso anche in un recente post su Facebook: «Cosa bisogna fare, oltre a firmare la legge e a continuare a lavorare sul decreto aree idonee?

Molte cose le ha già scritte l’associazione dei sindaci sardi (ANCI Sardegna) pochi giorni fa. Ne dico alcune, senza pretesa di essere esaustivo.

1. Sapere che il Governo non solo ha prevedibilmente impugnato la moratoria – tutti lo sapevano, anche gli estensori – ma ha anche predisposto un provvedimento (credo non ancora definitivamente approvato) che fa prevalere l’interessa ambientale su quello paesaggistico. Cioè uno schema che dice: del paesaggio (italiano, non solo sardo) poco ci interessa, conta solo l’ambiente. Ora, è chiaro a tutti che l’ambiente conta tantissimo, peccato che l’articolo 9 della Costituzione metta paesaggio e ambiente sullo stesso piano. Quindi: se questa cosa sarà confermata, la regione – anzi le regioni – farebbero bene a fare ricorso alla Corte Costituzionale per bloccarla.  

2. Trovare ulteriori meccanismi normativi – anche impugnabili… – per recuperare il tempo necessario – ottenuto anche grazie alla moratoria – per rendere efficace la legge regionale sulle aree idonee, legge complessissima su cui tutti gli uffici regionali stanno lavorando su indicazione della Giunta.

3. Come chiesto da ANCI, bisogna aprire “un grande cantiere di elaborazione e condivisione che attraversi tutti i territori dell’isola seguendo un cronoprogramma preciso, che sia definito da una cabina di regia tecnica/politica che veda al suo interno anche rappresentanti degli Enti Locali e dei Comitati. Un percorso che veda tutti impegnati in diverse fasi”. 

4. Fare il nuovo Piano Energetico e Ambientale della Sardegna, con il quale possiamo avere maggiori opportunità (forse) di mettere in discussione l’obiettivo minimo dei 6,2 Gw di produzione. 

5. Costituire l’Agenzia Regionale Sarda per l’Energia.

Andiamo avanti uniti e compatti. Con un unico obiettivo: la tutela di Carloforte e della Sardegna tutta. Lavorando per una transizione giusta, democratica, condivisa e rispettosa del paesaggio», conclude Stefano Rombi.

«Nonostante da decenni il Porto commerciale di Sant’Antioco sia in stato di totale abbandono e degrado, ancora oggi possiede un enorme potenziale. Occorre una nuova politica sulla portualità, soprattutto nei confronti della nautica green che rappresenta il futuro ad alta sostenibilità ambientale. In sintesi è richiesta la totale rivisitazione del Piano Regolatore Portuale attualmente in fase di verifica.»

Lo scrivono, in una nota, Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau, portavoce del Comitato Porto Solky di Sant’Antioco.

«Le scelte del Piano Urbanistico Comunale in merito alla destinazione urbanistica delle aree ex Sardamag e Palmascave sono di interesse strategico provincialeaggiungono Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau -. Tali scelte devono rispondere ad una visione organica del territorio in grado di definirne nuovi modelli di sviluppo finalizzati alla ripresa socio economica sostenibile. L’attuale scelta urbanistica degli amministratori invece fa perdere la potenzialità edificatoria di queste aree. Per questo motivo il comitato ha chiesto il ripristino della destinazione urbanistica delle aree ex Sardamag e della Palmas Cave secondo quanto previsto dalle linee di indirizzo della Regione Sardegna, del Piano Paesaggistico Regionale e della Pianificazione Strategica Provinciale. Ovvero il ripristino della capacità edificatoria finalizzata alla realizzazione di strutture ricettive/servizi per il totale di 50.000 mc per le aree ex Sardamag e 70.000 mc per il compendio della Palmas Cave.»

«Ricordando che le linee di indirizzo del PUC presuppongono che il processo partecipativo è prioritario nella definizione delle scelte del piano stesso e che l’art.5 dello Statuto Comunale prevede una chiara e trasparente azione di coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali, economici e sociali, si fa presente che l’intero iter pianificatorio del PUC durato 12 anni è stato per tutta la sua durata secretato. L’unico rispetto procedurale è avvenuto solamente con la presentazione pubblica del Piano Urbanistico completato e subito dopo portato in adozione. Insomma la popolazione si è vista letteralmente calare dall’alto il PUCsottolineano Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau –.

«Facendo appello al buonsenso dell’intero Consiglio comunale, sarebbe opportuno in apertura dei lavori richiedere al Segretario Comunale il parere in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, agli statuti ed ai regolamenti in merito al processo di redazione del Piano Urbanistico Comunale andando possibilmente a verificare in quali date e in quelli termini la popolazione è stata resa partecipe delle scelte di indirizzo nonché dell’iterconcludono i tre portavoce del Comitato Porto Solky -. E nel caso si dovesse procedere ugualmente all’approvazione delle osservazioni, chiediamo ai Consiglieri l’approvazione delle tre osservazioni presentate dal comitato Porto Solky (numero 88.1, 88.2 e 88.3).»

 

La storia che ha preceduto la firma del Piano Sulcis è ampiamente conosciuta, un susseguirsi di vicende che ci ha consegnato il triste primato di provincia più povera d’Italia (allora e forse ancora oggi). Presidente della Regione Sardegna era Ugo Cappellacci e con il Piano voleva «salvaguardare le realtà esistenti e rendere competitivo territorio». Come? Con una commistione di interventi, molti provenienti dal passato, che sin da subito avevano fatto capire che si stava partendo con il piede sbagliato. Insomma un piano senza piano.

Per questo motivo fu duramente criticato dal Governo Monti che invece suggeriva l’indizione di un bando internazionale di idee per il Sulcis, per poi selezionare le migliori per raggiungere il vero obiettivo del Piano di Sviluppo per il Sulcis.

Tra i vari interventi sbandierati in pompa magna c’era il potenziamento delle infrastrutture viarie e portuali, con in testa la riqualificazione del porto di Sant’Antioco quale volano di sviluppo per la nautica d’eccellenza, la cantieristica e la ricettività.

L’invidiabile e strategica posizione al centro del Mediterraneo permette a questo porto di innescare una ripresa socio-economica senza uguali nella storia del nostro territorio. Il settore della nautica è in forte crescita, soprattutto ora che si aggiunge il settore green. Ricordiamo, inoltre, che questo settore lavora e fa lavorare l’indotto 12 mesi l’anno.

Cosa ha fatto il Piano Sulcis dopo 10 anni per viabilità e portualità? Zero riporto zero. Ad oggi ci sono ancora inutilizzati circa 50 milioni di euro recuperati dalla sonora bocciatura del famoso Nuovo Ponte di Sant’Antioco, inventato perché l’attuale stava per crollare (severissime prove di carico, ripetute più volte nel corso degli anni, hanno smentito le voci maligne).

Cosa c’è come progettazione per il porto di Sant’Antioco? Solo una pianificazione studiata 60 anni fa, ovviamente finalizzata al settore industriale e minerario dell’epoca. Nulla che si possa neppure avvicinare alle esigenze attuali. Progetti vecchi, pagati profumatamente con soldi nuovi. Per quanto riguarda la bonifica delle aree ex Sardamag attigue al porto, non si muove uno spillo e la pianificazione urbanistica va contro le aspettative del territorio. Se continua l’attuale indirizzo politico, in queste aree non potranno sorgere la ricettività ed i servizi per il nuovo porto.

L’aspetto positivo di tutta la vicenda è che è ancora tutto risolvibile. Sia chiaro, con la volontà politica di far del bene a questo territorio.

In conclusione, ringrazio di cuore i tre presidenti della Regione Sardegna che di anno in anno si sono fatti scivolare via le redini del Piano Sulcis.

Grazie Presidenti Ugo Cappellacci, Francesco Pigliaru, Christian Solinas e a scendere a tutti i soggetti che, a vario titolo, hanno contribuito a questo clamoroso fallimento tripartisan.

Rolando Marroccu

Portavoce del Comitato Porto Solky – Sant’Antioco

«Le gigantesche pale eoliche a mare, per il momento solo sulla carta, sono arrivate a circondare anche le isole di Sant’Antioco e San Pietro, il tutto in un assordante silenzio.»

Lo scrivono, in una nota, Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau, portavoce del Comitato Porto Solky di Sant’Antioco.

«Ricordiamo che i parchi eolici off shore e in generale i progetti legati alle FER, così come indicato dalla Comunità Europea, prima di essere proposti dovrebbero essere concertati con il territorioaggiungono Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau. Invece, pochi giorni fa, negli albi pretori di vari comuni del territorio sono state pubblicate le richieste di concessione demaniale da parte della Seawind Italia s.r.l. per altri due parchi eolici off shore denominati Del Toro 1 e Del Toro 2 ubicati rispettivamente a 6 e 21 miglia marine dalla costa occidentale dell’isola di Sant’Antioco. Questi ultimi due enormi parchi eolici, assieme a quelli già proposti dalla Ichnusa Wind Power s.r.l., dalla Repower Renewable s.p.a. e dalla Nora Ventu s.r.l., di fatto rappresentano il più grande ostacolo al tanto sospirato sviluppo della nautica d’eccellenza nel nostro territorio.»

«Prendiamo atto che la Sardegna nell’ultimo periodo si trova sotto attacco speculativo per quanto riguarda l’installazione di pale eoliche sia a mare che a terra, così come per la posa di immensi parchi di pannelli fotovoltaicisottolineano -. Si vorrebbe installare una potenza produttiva che va ben oltre alla capacità futura di esportazione. Anche con la realizzazione del Thyrrenian Link, il nuovo collegamento sottomarino con la Sicilia da 1.000 MW, insieme al potenziamento del Sacoi3, Sardegna-Corsica-Italia da 400 MW ed il collegamento già esistente Sapei, Sardegna-Italia da 1.000 MW, la Sardegna nel breve termine avrà collegamenti via cavo con l’Italia con una portata complessiva di 2.400 MW. Se alla capacità di esportazione si somma il consumo interno di circa 1.000 MW riesce difficile pensare che in Sardegna si possano installare FER per più di 10.000 MW.»

«Se poi consideriamo che Draghi pochi giorni fa in Parlamento ha fatto capire che grazie alle più recenti misure di semplificazione delle autorizzazioni, i progetti del PNRR possono andare in deroga a qualsiasi norma ambientale e paesaggistica, è facile capire come la Sardegna, e il Sulcis in particolare, possano diventare vittima inerme di una speculazione che non lascerà nessun beneficio e anzi produrrà ulteriori impedimenti allo sviluppo socio economico. In conclusione, nel ribadire la non contrarietà allo sviluppo delle FER, il Comitato Cittadino Porto Solky di Sant’Antioco, auspica che il territorio unisca le forze per trovare un compromesso nei confronti delle numerose ed eccessive richieste di concessione demaniale al fine di rimuovere i vincoli legati alla navigabilità. Inoltre si dovrebbe imporre al Governo affinché una parte del surplus di produzione di energia prodotta dalle FER, venga utilizzata in Sardegna per la produzione di idrogeno facendo passi da gigante sia per la ricerca che per l’occupazione e l’ambiente creando quindi migliaia di nuovi posti di lavoro.»

«Nella strada gruviera SS 126 è un susseguirsi di limiti di velocità, spesso a 50 km/h, installati a causa della presenza di incroci a raso e di buche. Quindi se per quest’ultime ANAS a breve dovrebbe rifare il manto stradale in diversi tratti, per tutti gli altri interventi sulla viabilità territoriale proposti nel giugno 2020 che intenzioni ha l’assessorato dell’Industria che attualmente ha in consegna il Piano Sulcis e fondi residui?»

Lo dice Rolando Marroccu, uno dei tre coordinatori del Comitato Porto Solky.

«Per mettere in sicurezza la viabilità territoriale non sarà sufficiente il solo rifacimento del manto stradale. Paradossalmente le strade riasfaltate, incitando ad andare più veloci, potranno diventare più pericolose a causa degli innumerevoli incroci a raso e della ridotta sezione stradaleaggiunge Rolando Marroccu -. Il Sulcis con la sua rete viaria insufficiente e in condizioni precarie, da tutti ritenuta altamente pericolosa, non può più attendere i veri interventi strategici realmente funzionali allo sviluppo del territorio già previsti dalle linee di indirizzo del Piano Sulcis ovvero la messa in sicurezza della viabilità primaria del territorio dell’asse viario che va dal bivio Sirai verso le direttrici di Nuxis per il basso Sulcis e Calasetta per le isole.»

«Occorre ricordaresottolinea Rolando Marroccu che pochi giorni dopo la bocciatura del progetto del Nuovo Ponte di Sant’Antioco il Comitato Porto Solky, al fine di rimodulare velocemente i 57,5 milioni allora disponibili, aveva tempestivamente inviato alla Regione Sardegna le proposte sulla viabilità e sulla portualità che accoglievano la volontà formalmente espressa dai 16 Sindaci facenti parte del Piano Sulcis, i quali avevano partecipato alla Conferenza dei Servizi che aveva bocciato l’opera. Precisiamo che gli interventi sulla viabilità sono quelli già validati dal Piano Provinciale dei Trasporti e della Mobilità della ex Provincia di Carbonia Iglesias (PTMP).»

«A distanza di quasi due anni cosa si è fatto in merito alle proposte fortemente volute dal territorio? – conclude Rolando Marroccu -. Che risposte dà l’assessorato dell’Industria che attualmente detiene le sorti del Piano Sulcis?»

“C’è chi ha troppo e chi nulla” e poi c’è “chi ha tanto e non fa nulla” come nel nostro disastrato territorio. Per capire il senso di tale affermazione occorre fare una rapida ricognizione degli ingenti finanziamenti che abbiamo a disposizione ma che per puro immobilismo politico rischiano di essere persi o sperperati.

Per il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la Regione Sardegna ha presentato progetti per 7 miliardi e 690 milioni di euro. A grandi linee, si potrebbe presupporre che, in proporzione alla popolazione, per il Sulcis Iglesiente vengano finanziati investimenti per circa 600 milioni di euro.  Ad oggi non si conoscono i progetti.

Per il JTF, Just Transition Fund, l’Europa ha stanziato per l’area di Taranto e Sulcis Iglesiente 1,2 miliardi di euro in totale. Per il nostro territorio potrebbero essere finanziati progetti per circa 500 milioni. Al contrario del PNRR, per il JTF non si conoscono i 23 progetti selezionati tra i circa 200 proposti qualche mese fa dal territorio.

Infine, nell’ultimo stato di avanzamento del Piano Sulcis pubblicato nel 2019 si legge che la dote finanziaria del Piano sarebbe di un miliardo e 243 milioni di euro, di cui 805 milioni da fondi pubblici e 438 milioni da capitali privati. A fronte di una somma così ingente, risultano liquidati solamente 139 milioni. Quindi la chiusura dell’ufficio di coordinamento del Piano Sulcis fa pensare verosimilmente che ad oggi ci siano circa 1 miliardo e 100 milioni di investimenti immobilizzati.

Se sommiamo questi ultimi ai fondi del PNRR e del JTF si arriva alla cifra pazzesca di 2,2 miliardi. Occorre precisare che sono stime molto approssimative che comunque se rapportate agli altri territori d’Italia, fanno inquadrare il Sulcis Iglesiente come un unicum in tutta Italia; baciato dalla fortuna da un lato e prigioniero dell’immobilismo politico dall’altro.

La Provincia, intanto, istituzionalmente deputata a coordinare l’attività amministrativa del territorio, risulta soppressa da aprile ed opera oggi sotto Commissario regionale e con appena un terzo dei dipendenti.

Basta piangersi addosso, è vero che il Sulcis Iglesiente è tra le aree più povere d’Europa, ma è altrettanto vero che ha ricevuto e continua a ricevere ingenti finanziamenti che per miopia politica vengono sistematicamente sperperati o rimangono inutilizzati.

E’ quindi giunto il momento che Sindaci, Sindacati, Associazionismo e popolazione tutta, si uniscano in un fronte unico, per rivendicare l’istituzione nel territorio di una vera cabina di regia.

Perché dobbiamo continuare a perdere treni su treni?

Perché altri devono decidere per noi?

Concludiamo con un caloroso invito rivolto a tutti i Sindaci del territorio, soprattutto appena eletti: sarebbe opportuno non perdere un solo giorno per rivendicare l’istituzione di una vera Cabina di Regia nel territorio e il contestuale avvio dei tavoli istituzionali per riappropriarsi del potere decisionale nei confronti delle progettualità già avviate dai vari piani, nonché per recepire nuove proposte di investimenti realmente strategici per il Sulcis Iglesiente

Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau

Portavoce Comitato Porto Solky

Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Giovannini ha nominato il presidente Solinas Commissario Straordinario per la viabilità. Tra le 10 opere considerate strategiche compare inspiegabilmente il Nuovo Ponte di Sant’Antioco il cui progetto è stato sonoramente bocciato dallo stesso Ministero nel maggio 2020.

Sant’Antioco 12 settembre 2021: sembra di essere su scherzi a parte ma è accaduto realmente che un Ministero abbia potuto commissariare la realizzazione di un viadotto quando lo stesso Ministero nel maggio 2020 ne aveva bocciato il progetto. La decisione era stata presa dalla Conferenza di Servizi alla quale aveva partecipato attivamente il fronte unico promosso dal Comitato Porto Solky di Sant’Antioco al quale avevano aderito 16 comuni del territorio e varie associazioni ambientaliste.

Come è possibile che sia potuto accadere?

Come mai la Regione Sardegna non si è accorta che nell’elenco delle 10 opere commissariate c’è un progetto respinto con vigore da tutto il territorio?

Tre giorni dopo la bocciatura del progetto il Comitato Porto Solky, al fine di rimodulare velocemente i 57,5 milioni all’ora disponibili, aveva tempestivamente inviato al presidente Solinas delle proposte sulla viabilità e sulla portualità che accoglievano la volontà formalmente espressa dai 16 Sindaci facenti parte del Piano Sulcis. A questa proposta non c’è mai stato un riscontro. Come mai?

Il Sulcis con la sua rete viaria insufficiente e in condizioni precarie, da tutti ritenuta altamente pericolosa, non può più attendere i veri interventi strategici realmente funzionali allo sviluppo del territorio già previsti dalle linee di indirizzo del Piano Sulcis ovvero la messa in sicurezza della viabilità primaria del territorio dell’asse viario bivio Sirai-Nuxis-Calasetta.

Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau,

portavoce del Comitato Porto Solky – Sant’Antioco

Il Comitato Cittadino Porto Solky di Sant’Antioco, da anni impegnato per la ripresa socio economica del Sulcis, ha proposto l’eliminazione degli enormi tralicci che oggi attraversano lo stagno di Santa Caterina e la Laguna di Sant’Antioco tramite l’interramento della linea con un tracciato esterno alle zone sensibili. Si propone di finanziare la stessa tipologia di intervento realizzata nel 2007 nello stagno di Molentargius.

Il Just Transition Fund (JTF) dovrebbe finanziare il Sulcis Iglesiente con circa 500 milioni di euro per supportare la transizione verso modelli economici più sostenibili. Per beneficiare delle ingenti risorse occorrerà dotarsi di un Piano Territoriale per una Transizione Giusta elaborato sulla base di progetti o idee da presentare entro la fine di aprile.

L’eliminazione dei 16 tralicci richiede l’interramento di circa 5,6 km di elettrodotto che partendo dalla zona retrostante la ex centrale di Santa Caterina, attraversa la zona SIC Stagno di Santa Caterina e parte della laguna di Sant’Antioco per poi attestarsi alla Cabina Primaria di Sant’Antioco. Il costo stimato per l’intervento è di 10 milioni di euro.

La proposta mira soprattutto a salvaguardare l’aspetto paesaggistico e la sopravvivenza della colonia stanziale del fenicottero rosa e dell’avifauna che popola abitualmente l’area SIC di Santa Caterina in quanto, nonostante gli interventi attuati per limitare la collisione e la folgorazione degli uccelli, ad oggi si continuano a trovare carcasse di volatili spesso sotto i cavi e talvolta anche appese ai conduttori proprio in prossimità dei dissuasori ottici a spirale.

L’intervento proposto migliorerebbe la resilienza della rete elettrica e, fattore molto gradito alle comunità da questa servite, la continuità di servizio. Inoltre ridurrebbe, quasi azzerandole, le periodiche attività manutentive che necessita l’attuale elettrodotto esposto ai forti venti e all’inquinamento di tipo salino. Proprio in questi giorni l’ente gestore sta provvedendo alla sostituzione dei conduttori. Inoltre L’eliminazione dei tralicci consentirebbe l’accesso alla laguna di Sant’Antioco ad un numero maggiore di barche a vela. Ricordiamo che negli scorsi anni diverse imbarcazioni hanno urtato i conduttori in tensione con i loro alberi.

L’intervento è funzionale anche al progetto di recupero e riqualificazione della centrale elettrica di Santa Caterina, monumento di archeologia industriale, una delle testimonianze più significative di quello che fu l’industrializzazione in Sardegna nei primi del Novecento che attualmente versa in stato di abbandono e degrado.

La proposta del Comitato Porto Solky si sviluppa nelle tre dimensioni della sostenibilità poiché garantisce non solo uno sviluppo di tutela ambientale, ma soprattutto uno sviluppo sociale ed economico poiché favorirà il rilancio turistico del territorio grazie alla nuova vista dell’intero comparto paesaggistico formato dallo stagno, in cui vivono e nidificano i fenicotteri, dalla laguna e dal waterfront di Sant’Antioco; un intervento auspicato ed ampiamente gradito sia dalla popolazione, dagli imprenditori turistici, dal mondo della nautica nonché dalle amministrazioni locali.

Il Comitato vorrebbe stimolare l’intero territorio alla presentazione di altre idee di sviluppo sostenibile.

Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau

Portavoce del Comitato Porto Solky

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I tre portavoce del Comitato Porto Solky, Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau, hanno inviato ieri pomeriggio una richiesta di convocazione degli Enti interessati al Piano Sulcis per la presentazione delle proposte di rimodulazione dei finanziamenti derivanti dalla bocciatura del progetto per la realizzazione del Nuovo Ponte di Sant’Antioco, riguardanti la viabilità del Sulcis e la pianificazione per il porto di Sant’Antioco.

«Il Comitato Porto Solky ha inviato le schede tecniche del CIREM per le proposte di rimodulazione dei 57,5 milioni di euro che saranno disponibili dalla mancata realizzazione del Nuovo Ponte. Si punta sugli investimenti nel Porto di Sant’Antioco, sulla viabilità di tutto il Sulcis: circonvallazione per Calasetta e riqualificazione di SS 126, SP 75 e SS 293 – si legge in una nota -. Martedì 9 giugno il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha inviato l’ennesima comunicazione che conferma l’irremovibile rigetto in merito alla realizzazione del Nuovo Ponte di Sant’Antioco e invita gli Enti a presentare nuovi progetti per la viabilità strategica del territorio. Tale informativa ribadisce per l’ennesima volta, a chi non si è ancora rassegnato all’evidenza, la sonora bocciatura del mega viadotto di 2 km dal costo di 57,5 milioni di euro.»

«Ricordiamo che questa vittoria che resterà alla storia è potuta avvenire grazie alla presa di posizione unanime dei Sindaci del Sulcis che, accettando l’invito del Comitato Porto Solky, recentemente avevano costituito il granitico fronte del NO, condividendo le Osservazioni Tecniche del Comitato che hanno dimostrato l’assoluta inutilità del progetto Anas in quanto privo di valenza strategica la ripresa socioeconomica del Sulcis Iglesiente aggiunge la nota del Comitato Porto Solky -. In assenza del fronte unico si sarebbe rischiato di sperperare 57,5 milioni di euro del Piano Sulcis in quanto l’Anas aveva chiesto l’applicazione degli articoli di legge per la quale, a fronte di un progetto strategico, l’opposizione del solo Comune di Sant’Antioco sarebbe stata inutile.»

«I Sindaci del Piano Sulcis, legittimati ad indirizzare i finanziamenti, hanno già deciso: si deve perseguire lo sviluppo della Nautica nel territorio e la riqualificazione della viabilità di tutto il Sulcis – concludono Rolando Marroccu, Alfonso Curridori e Daniele Garau -. D’altronde quei finanziamenti sono il frutto delle battaglie del 2012 che rivendicavano una nuova opportunità di ripresa socioeconomica della provincia più povera d’Italia.»