Si è svolto stamane il dibattito sul futuro dell’UE, in vista della Dichiarazione di Roma.
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I leader dei gruppi politici del Parlamento hanno reagito oggi al Consiglio europeo della settimana scorsa, delineando le loro priorità in vista della Dichiarazione di Roma del 25 marzo sul futuro dell’UE. La maggioranza dei deputati ha sottolineato la necessità che gli Stati membri diano la possibilità all’UE di affrontare i bisogni immediati dei cittadini.
Aprendo il dibattito, il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha detto: «Non possiamo limitarci a una cerimonia formale per ricordare quelli che sono stati i migliori 60 anni nella storia dell’Europa libera. L’anniversario della firma dei Trattati di Roma deve essere, prima di tutto, l’occasione per riavvicinare l’Europa ai cittadini. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno dell’unità europea. L’Ue va cambiata, non indebolita».
Sul futuro dell’Europa, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha dichiarato che «se si vuole andare veloci si va da soli, mentre se si vuole andare lontano si va insieme». Ha quindi promesso di impegnarsi nei colloqui Brexit per l’unità politica tra i 27, assicurando nel contempo che Regno Unito e Unione europea rimangono “amici intimi”. «Le porte saranno sempre aperte per i nostri amici britannici», ha aggiunto. Rifiuterà però «affermazioni, presentate come minacce, che nessun accordo rappresenterebbe un male per l’Unione europea: sarebbe un male per entrambi». Parlando in olandese, Tusk ha espresso solidarietà ai Paesi Bassi, un «luogo di libertà e democrazia».
Il presidente della commissione Jean-Claude Juncker ha messo in guardia contro il ridurre il dibattito sul futuro dell’Europa a uno scenario «a due velocità»: «Io non voglio una nuova ‘cortina di ferro’ in Europa». Juncker ha quindi ricordato gli attacchi turchi all’Olanda, dicendo che sono “totalmente inaccettabili” e che i responsabili di tali attacchi stanno allontanando la Turchia dall’UE. Ha anche osservato che la nuova politica commerciale degli Stati Uniti ha aumentato le aspettative dell’UE di diventare il nuovo leader mondiale del libero commercio multilaterale, ma ha sottolineato che tutti i negoziati di libero scambio devono includere le parti sociali e la società civile.
Se non riduciamo la disoccupazione e lasciamo soli i paesi UE che sono in prima linea con la crisi migratoria, se cederemo ai nazionalismi e lasceremo indietro i più deboli, «non avremo la fiducia dei cittadini verso l’Unione europea», ha detto il primo ministro italiano Paolo Gentiloni. Sul dibattito su un’Europa a due velocità, ha detto: «Dico no a due Europe, piccola e grande, est e ovest, ma sì a una dove ognuno può avere il proprio livello di ambizione e tutti possono scegliere se partecipare a forme di cooperazione rafforzata, ora o dopo, e tutti sono coinvolti nel progetto comune».
«Oggi la parola magica è: la velocità. Ma l’Europa a più velocità è un metodo, non è strategia. Il problema dell’Europa non è la velocità, ma la direzione di marcia, l’approdo. Abbiamo bisogno di una nuova direzione», ha detto il leader del gruppo S&D Gianni Pittella (IT). Vogliamo «un’Europa con un forte pilastro sociale e una strategia di investimenti» per creare lavoro, da finanziare con una lotta più dura all’evasione fiscale, ha proposto il capogruppo.
«La nave sta affondando e noi dovremmo chiederci come mai», ha dichiarato Raffaele Fitto (ECR, IT), chiedendo un cambiamento delle politiche. A suo parere, l’UE è diventata troppo centralizzata e distante dai cittadini. L’ECR vuole una rinegoziazione dei trattati e rifiuta ogni ulteriore cessione di sovranità nazionale, ha concluso.
«Esiste già un’Europa a due velocità» ha dichiarato Rosa D’Amato (EFDD, IT), aggiungendo che «esiste l’Europa delle banche, delle grandi multinazionali e delle lobby, e poi l’Europa dei cittadini che hanno perso il loro lavoro e non hanno diritti».
Matteo Salvini (ENF, IT) ha chiesto di porre fine ai finanziamenti UE verso la Turchia nonché alla procedura d’adesione all’Unione: «Non sarebbero mai dovuti iniziare». Ha inoltre incolpato i leader europei di «aver rovinato il sogno europeo”.