22 November, 2024
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“Voglio farvi piangere – una tragedia artigianale” è il titolo del nuovo spettacolo scritto e diretto da Elio Turno Arthemalle, che andrà in scena da mercoledì 21 a domenica 25 e da mercoledì 27 a venerdì 30 settembre all’Exart, in piazzetta Dettori 9 a Cagliari, con inizio alle ore 21.00 (ingresso 10 euro).

La produzione, firmata dalla compagnia Teatro Impossibile, si avvale dei costumi di Salvatore Aresu, gli allestimenti di Luca Carta, la scenotecnica di Pietro Rais, il suono di Francesco Medda, la direzione tecnica e la consulenza drammaturgica di Felice Colucci e la direzione organizzativa di Emanuela Lai. 

Nel centro storico della nostra città di provincia, uno sconosciuto ferma le persone che incontra per strada e inizia a parlare. Racconta la sua vita, trancia giudizi su tutto e tutti: è torrenziale, inarrestabile, insopportabile. Sta male, e non lo nasconde. Qualcuno, tra i passanti, dice di averlo conosciuto da giovane. Un tempo era un artista dicono. Ora, a cinquant’anni, è un barbone.

Più in là, tre amici nel pieno della rituale bevuta settimanale. E poi un uomo che vive una situazione ai limiti della sopportazione umana, e aspetta un aiuto che potrebbe salvarlo da una morte quasi sicura. Per lui è questione di secondi.

In “Voglio farvi piangere – una tragedia artigianale” Elio Turno Arthemalle torna al monologo e i personaggi che individua nella folla festante prendono corpo e vita in un teatro vuoto, senza luci, senza impianti. Il pubblico non vedrà altri che lui, dal momento in cui metterà piede in teatro sino a quando uscirà. Perché Arthemalle gestirà la biglietteria, accoglierà il pubblico, lo riaccompagnerà all’uscita. Non chiede e non vuole collaborazioni, concentrato sull’unico obiettivo di questo lavoro: riuscire a far piangere il pubblico. 

«È, forse, la cosa più cruda, sgradevole e aggressiva che abbia mai scritto – spiega l’artista -. E sicuramente è la più sincera, quella in cui rabbia e amore vero cercano un linguaggio, non si nascondono dietro i segni.»

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Viaggio tra le “opere e visioni pirandelliane” con Nunzio Caponio, attore, regista e dramaturgo, protagonista sulla scena insieme a Tiziana Pani e Ivano Cugia di un originale “Pirandello / Ora Pro Nobis” – avvincente spettacolo multimediale  (prodotto da Origamundi) che, sulla falsariga dei “Sei Personaggi”, descrive l’incontro fra l’autore e le creature scaturite dalla sua fantasia. La pièce – impreziosita dai video e le animazioni di Roberto Putzu e le scene e i costumi di Salvatore Aresu, con il disegno luci di Ivano Cugia – concluderà la tournée isolana sotto le insegne del CeDAC, nell’ambito del XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo con lo slogan di sapore pirandelliano “Giù la Maschera!” (dopo il debutto venerdì 6 marzo alle 21.00 al Cine Teatro Montiggia di Palau) nel Sulcis, con l’atteso appuntamento di sabato 11 aprile, alle 20.45, al Teatro Centrale di Carbonia.

In una felice commistione fra i capolavori del teatro del Novecento e le nuove tecnologie, “Pirandello / Ora Pro Nobis” trae ispirazione dalla poetica del grande drammaturgo siciliano per raccontare la condizione umana in bilico tra  l’essere e l’apparire, la vita palpitante e mutevole e la forma che codificandola la imprigiona dietro la fissità di una maschera. La visione moderna di un essere incapace di essere se stesso, costretto a inseguire e conformarsi a modelli esterni, a ubbidire alla convenzioni – per cui paradossalmente l’unica vera possibilità di libertà è offerta dalla pazzia, poiché solo un folle può permettersi di parlare e agire secondo la propria natura, mentre per tutti gli altri vigono regole e convenzioni – riflette e in certo senso anticipa le inquietudini del secolo breve.

Nelle commedie e tragedie di Luigi Pirandello (e il confine tra ironia e dramma è ben sottile, quel che fa ridere o sorridere chi guarda è il paradosso irresistibile, che per chi lo vive è spesso l’incubo e il tormento di un’esistenza)  si concretizza lo spirito dei tempi, tra le contraddizioni profonde di una società ipocrita e moralista, in cui la trasgressione è consentita solo nell’ombra e nel segreto, e non fa peccato se non chi rivela la colpa, e il nome del peccatore.

Temi intriganti come l’identità – e l’essere per sé o dover essere per gli altri – sono al centro di pièces emblematiche (una per tutte, “Come tu mi vuoi”) ma anche romanzi come “Il fu Mattia Pascal” e “Uno, nessuno e centomila”: il drammaturgo, come il narratore,  si pone la questione della scelta tra le infinite storie e i personaggi che gli affollano la mente, tanto da indurlo, o meglio quasi costringerlo, a mettere su carta, o portare sulla scena le loro vicende. L’eco dei disastri della “grande guerra” come l’evoluzione della società, la profonda diversità tra la città e la campagna, raccontano la storia del Belpaese sospeso tra l’arcaica immutabilità e il progresso tecnico e scientifico, le mutazioni economiche e culturali; e l’autore sottolinea su un piano più squisitamente psicologico  il contrasto tra i modi civili che mascherano passioni e segreti e quelle esplosioni inattese in cui improvvisamente viene messa a nudo, senza possibilità di equivoci, la verità. Una lingua per certi versi “inventata”, magmatica ed evocativa, capace di dar conto del sentire individuale, tra sottili percezioni e divagazioni astratte ai limiti della filosofia, rende i testi dell’artista siciliano Premio Nobel affascinanti e per certi versi musicali, complessi e semplici a un tempo, in una stratificazione di significati che si affida in teatro alla bravura degli attori, i quali devono saper rendere credibili quei giochi di specchi e quelle iperboli linguistiche ai limiti del grottesco.

Un vivido affresco della Sicilia e dell’Italia – e forse dell’Europa – nella prima metà del XX secolo – emerge dall’opera di Pirandello, che indaga nei labirinti della mente e del cuore umano, oltre lo schermo delle apparenze, costringendo le figure dell’immaginario, e con esse lettori e spettatori, a interrogarsi sui reali moventi, sugli impulsi da cui scaturiscono scelte e comportamenti, su quella realtà enigmatica che è la distanza tra la maschera e il volto.

“Pirandello / Ora Pro Nobis” propone una significativa antologia di quelle “opere e visioni” in cui si riassume il pensiero del drammaturgo e scrittore nato – come egli stesso amava ricordare – a “Caos”, con la forza icastica del racconto dei “pupi”, le marionette tradizionali siciliane, che si muovono per volontà esterna, mentre un “puparo” tira le fila delle loro esistenze terrene, governate dalla paura dello scandalo o al contrario da una sana indignazione che si scontra però contro l’indifferenza dei più. Quel fato è come un dono avvelenato, in cui la presunzione del libero arbitrio è solo un’ingannevole consolazione, perché è quasi impossibile sottrarsi alla rigidità di una forma, all’immobilità di una maschera e qualora, divenutine improvvisamente coscienti, si cercasse di liberarsene, si finirebbe inevitabilmente per cadere in un’altra forma, e indossare un’altra maschera: se noi non siamo altro che quel che sembriamo ad altri, non possiamo consistere per noi stessi, ma solo adattarci e comunicare con quell’ambiente, in un ciclo infinito in cui si moltiplica, tra microvariazioni intorno agli stessi temi, il fantastico “gioco delle parti”.

La complessa architettura dello spettacolo, che vede interagire attori in carne ed ossa e avatar virtuali, è completata dalle voci fuori campo di Alessandro Fulvio Bordigoni, Giorgia Barracu, Consuelo Melis e Fabrizio Murgia e le proiezioni in video dei personaggi interpretati da Margherita Margarita, Danilo ‘Il Drugo’, Rita Napolitano, Annalisa Zedde, Ismaelle Melville, Lorenzo Melini, Carla Teodora Puggioni, Laura Zedda, in una sorta di coinvolgente, e poetica, fantasmagoria.

Teatro Centrale Carbonia copia

Partirà il 30 gennaio 2015 la Stagione di Prosa 2015 al Teatro Centrale di Carbonia –  organizzata dal CeDAC (nell’ambito del XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo, “Giù la maschera!”) con il patrocinio e il sostegno del Comune di Carbonia.

Cinque titoli in cartellone, tra i grandi classici della letteratura e del teatro – dall’ “Alice” di Lewis Carroll a un viaggio nell’universo e nella poetica di Luigi Pirandello, alla fotografia dell’Italia ne “Il bell’Antonio” di Vitaliano Brancati, alla drammaturgia contemporanea, con l’originale “Ospiti” firmato da Angelo Longoni e “La leggenda del pallavolista volante”, ovvero la storia di Andrea Zorzi, detto “Zorro”, tra epopea sportiva e la vita, i sogni e le speranze di un campione.

Tra i protagonisti artisti del calibro di Andrea Giordana e Giancarlo Zanetti, diretti da Giancarlo Sepe, nella messa in scena del celebre romanzo di Brancati (l’adattamento è firmato dalla figlia dello scrittore siciliano, Antonia, e da Simona Celi) e divi del grande e del piccolo schermo, come l’affascinante Romina Mondello, nei panni di un’inedita Alice dark (moderna “sorella di Amleto”) per la regia di Matteo Tarasco, accanto a Cesare Bocci e Eleonora Ivone, alle prese con le complicazioni sentimentali di “Ospiti” con un irresistibile Marco Bonini. Sotto i riflettori anche un mito dello sport italiano, il pallavolista Andrea Zorzi, colonna portante della nazionale azzurra fino al 1996 (ora commentatore televisivo) che interpreta se stesso sulla scena, accanto all’attrice Beatrice Visibelli,  nello spettacolo scritto con Nicola Zavagli. Drammaturgo, attore, regista – una carriera cinematografica e teatrale tra Hong Kong, New York e la Sardegna – Nunzio Caponio si cimenta invece – nel suo “Pirandello/Ora Pro Nobis”,  con un’antologia di “opere e visioni pirandelliane”, mescolando le intuizioni e i personaggi dello scrittore Premio Nobel con il mondo virtuale e la realtà parallela degli avatar.

Inaugurerà la Stagione di Prosa di Carbonia (all’insegna dello slogan “Giù la maschera!” che attraversa l’intero Circuito, in un esplicito rimando alla capacità del teatro di mettere a nudo la verità attraverso il gioco mirabile della finzione) venerdì 30 gennaio 2015 alle 20.45, “Ospiti”, una commedia romantica e cinica scritta e diretta da Angelo Longoni (affermato autore teatrale, regista e sceneggiatore per il cinema e la televisione – tra i suoi successi, il fortunato “Caravaggio” con Alessio Boni). Sotto i riflettori Cesare Bocci (volto noto del grande e del piccolo schermo – da “L’aria serena dell’ovest” di Silvio Soldini a “Benvenuto, Presidente!”, dal ruolo di Mimì Augello ne “Il commissario Montalbano” a “Provaci ancora, Prof”, al Pietro Guarnieri di “Un’altra vita”) e Eleonora Ivone (esordi come modella di Valentino, Mariella Burani, Jean Paul Gaultier, e una formazione d’attrice, al cinema è tra i protagonisti di “Uomini senza donne”, e “Non aver paura”, in tv spazia da “Madri” all’antagonista di “Un amore di strega”) e l’eclettico Marco Bonini (studi di danza classica e moderna, ha frequentato l’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e il Centro Sperimentale di Cinematografia; tra le sue più recenti apparizioni sul grande schermo, Greshnov in “2047 – Sights of Death” di Alessandro Capone, dopo la commedia “Pane e Burlesque”, “Billo – Il Grand Dakhaar” di Laura Muscardin e “L’anno mille” di Diego Febbraro). Le scenografie sono di Mario Cavacchioli e Tiziana Massaro. La pièce di Longoni racconta l’amore nelle sue diverse sfaccettature, attraverso le vicende di Leo, Sara e Franco, e l’incrocio dei destini di tre personaggi diversissimi: un uomo solitario e disincantato, che si lascia tentare per un momento dall’ipotesi di una nuova relazione; una donna emancipata che fa del cinismo e della distanza la difesa contro il dolore e la possessività altrui; e un altro uomo, appassionato, forse troppo, che vive i sentimenti in modo estremo. Una fotografia della società contemporanea, della nuova grammatica delle passioni, spesso effimere seppur brucianti, dei dialoghi interrotti, dei troppi silenzi, della paura di impegnarsi che diventa metafora della solitudine: l’amore al tempo della rete, tra la casualità degli incontri, il desiderio di lasciarsi andare senza rinunciare alla propria indipendenza e  l’incubo dello stalking.

Seguirà,  domenica 8 febbraio 2015 alle 20.45, “Il bell’Antonio” di Vitaliano Brancati (produzione Lux Teatro) nell’adattamento teatrale di Antonia Brancati e Simona Celi, per la regia di Giancarlo Sepe: storia di un uomo bellissimo e nullafacente, nella Sicilia degli anni del fascismo, in cui s’intrecciano dramma personale e pungente satira della società e dei falsi miti del regime. La pièce – interpretata da attori del calibro di Andrea Giordana e Giancarlo Zanetti, con Luchino Giordana (nel ruolo di Antonio) e con Elena Callegari, Simona Celi, Michele De’ Marchi, Natale Russo e Alessandro Romano (scene di Carlo De Marino e disegno luci di Franco Ferrari) – mette in luce la dolorosa contraddizione tra l’essere e l’apparire, l’aspettativa della comunità e le convenzioni e i parametri su cui si misura il valore dei singoli individui da un lato e, dall’altro, i veri desideri e le inclinazioni di ciascuno. Prigioniero della sua avvenenza e del retaggio culturale della sua famiglia, il giovane – costretto a interpretare un ruolo contrario alla sua natura – diventerà il fulcro di una vicenda amara e grottesca, attraverso cui lo scrittore lascia intravedere una feroce critica verso i costumi e i riti della Sicilia e dell’Italia, durante il ventennio fascista, dietro cui si cela l’acquiescenza se non l’adesione a un regime antilibertario. “Il bell’Antonio” – già approdato sul grande schermo con il film di Mauro Bolognini interpretato da Marcello Mastroianni – insieme alla vicenda privata di un uomo, e all’interesse contrapposto di due famiglie, mette in mostra il pericolo, e il ridicolo, in una tragedia rovesciata che scaturisce, in fondo, dall’impossibilità di amare.

Il terzo appuntamento al Teatro Centrale di Carbonia, domenica 1 marzo 2015 alle 20.45, sarà con la “La leggenda del pallavolista volante”, originale spettacolo della compagnia Teatri d’Imbarco scritto a quattro mani da Nicola Zavagli (che ha curato anche la regia) e  Andrea Zorzi: la straordinaria carriera di un campione, dai primi allenamenti ai trionfi nella nazionale azzurra, all’imprevedibile sconfitta olimpica, alla vittoria su se stessi, indispensabile per trionfare in campo come nella vita. Riflettori puntati dunque su Andrea Zorzi detto “Zorro”, mito vivente di uno sport di squadra diffusissimo e molto praticato, anche se ben lontano dai fasti e dalle celebrazioni calcistiche. Il campione di volley, premiato come “giocatore dell’anno” dalla Federazione Internazionale di Pallavolo (FIVB) nel 1991, e due volte vincitore del titolo di  MVP (Most Valuable Player) alla World League (1990 e 1991) calcherà la scena insieme all’attrice Beatrice Visibelli, in una sorta di (auto)biografia teatrale in cui si intrecciano parole e gesto atletico, tra luci e ombre dell’esistenza di un esponente della “generazione dei fenomeni”. Un gigante – sul palco ma soprattutto in campo – con tutta la sua umana fragilità, dalle normali crisi dell’adolescenza alle difficoltà della crescita, agli incontri con i grandi allenatori che hanno segnato, in positivo, il suo destino – e quello della squadra: le vittorie, i successi, l’entusiasmo, i numeri da record, i tornei internazionali… e le occasioni perdute alle Olimpiadi. La splendida parabola sportiva s’intreccia alla vita privata – la famiglia, l’amore, le amicizie – e l’eccezionalità dei risultati in campo non mette al riparo da altri fallimenti. Tra sport e filosofia, arte e vita, “La leggenda del pallavolista volante” fa del volley una significativa metafora dell’esistenza.

Sarà poi la volta, domenica 29 marzo 2015 alle 20.45, di un’intrigante “Alice” di Lewis Carroll, con drammaturgia e regia di Matteo Tarasco, prodotta da Arte e spettacolo Domovoj, in collaborazione con il XLV Festival Teatrale Borgio Verezzi. Romina Mondello (attrice di cinema, teatro e televisione, dagli esordi con “Estasi”, a “Palermo Milano solo andata” di Claudio Fragasso, alle numerose fiction, da “La piovra 7” alla serie  “R.I.S. – Delitti imperfetti”, a “L’isola dei segreti – Korè” di Ricky Tognazzi e “L’ombra del destino” di Pier Belloni) incarna una versione dark della ragazzina perduta tra il paese delle meraviglie e la vita oltre lo specchio. L’immaginaria stanza di Alice nel Manicomio di Wonderland diventa il teatro delle sue visioni, tra follia e sogno, o meglio in quella “follia della finzione” in cui l’adolescente inquieta, quasi una “sorella di Amleto”, trova rifugio e sollievo dalla realtà del mondo. Una dimensione del fantastico – proiezione della società vittoriana, con la sua ipocrisia perbenista – in cui la mente della giovane eroina può spaziare tra incubi e sogni, tra figure stravaganti e perfino inquietanti, buffe o seducenti, in bilico tra verità e allucinazione, e dialogare con i suoi fantasmi. Una moderna fiaba dark che riscopre – oltre la privata dedica e la convenzionale destinazione all’infanzia – la stratificazione di senso sospesa nelle parole, tra filastrocche e calembours, personaggi inventati e protagonisti della novellistica inglese, dove la chiave della pazzia diventa lo strumento per guardare oltre il limite e riconoscere ciò che è invisibile agli occhi. Nel cast – oltre a  Romina Mondello – Salvatore Rancatore, Giulia Galiani, Odette Piscitelli; le musiche sono di Riccardo Benassi e Nicola Sacchelli, i costumi di Chiara Aversano, le scene e le luci – come  drammaturgia e regia – dello stesso Matteo Tarasco.

Concluderà la Stagione di Prosa 2015 del CeDAC a Carbonia, sabato 11 aprile 2015 alle 20.45, “Pirandello/Ora Pro Nobis – opere e visioni pirandelliane”: lo spettacolo scritto diretto e interpretato da Nunzio Caponio, protagonista in scena con  Tiziana Pani e Ivano Cugia, e prodotto da Origamundi, s’ispira alla poetica del grande drammaturgo siciliano e analizza il dramma di un’esistenza “sospesa fra Vita e Forma”.  Pièce multimediale (impreziosita da video e animazioni di Roberto Putzu, con la partecipazione di Margherita Margarita, Danilo ‘Il Drugo’, Rita Napolitano, Annalisa Zedde, Ismaelle Melville, Lorenzo Melini, Carla Teodora Puggioni, Laura Zedda, voice over di Alessandro Fulvio Bordigoni, Giorgia Barracu, Consuelo Melis e Fabrizio Murgia) “Pirandello/ Ora Pro Nobis” vede l’interazione fra attori in carne ed ossa e avatar virtuali, ispirati ai più celebri personaggi del teatro pirandelliano. S’intersecano così differenti piani narrativi – e percettivi – nell’alternarsi di dialoghi e momenti salienti dell’opera di Pirandello e riflessioni dell’autore sulla condizione umana, quell’esser tutti  come “pupi”, personaggi di una rappresentazione, mentre ciascuno è per se e per gli altri “uno, nessuno e centomila”. Tecnologie d’avanguardia e linguaggi della scena compongono un’articolata partitura, un surreale incontro (nel non-luogo evocato dalle scenografie di Salvatore Aresu, che firma anche i suggestivi costumi e dalle luci di Ivano Cugia) tra l’autore e le creature nate dalla sua fantasia, in una rivisitazione, alle soglie del Terzo Millennio, della tragedia dei “Sei Personaggi”