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Tre giorni fa, all’Ospedale Sirai di Carbonia, il dottor Salvatore Ierna ha compiuto l’”Impresa”: ha riaperto un’arteria coronarica ostruita da una specie di “getto di calcestruzzo” fatto di aggregati cristallini di carbonato di calcio. Per curare una condizione del genere, non esiste una soluzione ideale. Certamente il paziente potrebbe essere operato introducendo un”by-pass”. Il “by-pass” è un trattino di vena che viene interposto collateralmente alle coronarie distrutte dal calcare e suturato all’arteria malata, sopra e sotto l’ostruzione. Il problema è che suturare un segmento di vena sana ad un’arteria malata come questa, è quasi impossibile.
In certi casi si può staccare chirurgicamente il “tappo di calcare” dalla parete arteriosa ma ciò che rimarrebbe dell’arteria sarebbe un velo di “tonaca avventizia” che potrebbe rompersi o trombizzare subito dopo l’intervento, con morte certa del paziente. Come fare per rimuovere il “tappo di calcare” dall’arteria senza operazione a “torace aperto”? E’ un problema gigantesco. Immaginate di avere un’incrostazione calcarea in un tubo d’acqua. L’acqua scenderà dal rubinetto goccia a goccia, poi alla fine non ne uscirà più. Se questo avviene a casa, si chiama un idraulico che sostituirà il tubo calcificato con uno nuovo. Altri cercheranno di disostruirlo, ma il risultato sarà deludente, perché il tubo si ostruirà di nuovo.
Ora il dottor Ierna ha disostruito l’arteria e l’ha protetta in modo tale che non si richiuda, superando diverse difficoltà.
Primo: il paziente era un soggetto “fragile”. Chi soffre di quella patologia alle coronarie, ne soffre anche in altre sedi vitali, come le arterie carotidi che nutrono il cervello, le arterie renali, l’arteria aorta, le arterie che irrorano le gambe.
Secondo: il dottor Ierna ha agito quasi alla cieca. Cioè, non aveva sotto gli occhi l’arteria coronaria chiusa, e neppure la poteva toccare per indirizzare il filo guida. Aveva una “visione virtuale”. Cioè vedeva l’intervento che stava eseguendo nelle immagini ricostruite in un monitor radiologico.
Terzo: il paziente non era collegato ad un apparecchio di rianimazione come avviene in cardiochirurgia, dove si opera a torace aperto.
La vita del paziente dipendeva dalla precisione dell’operatore, dalla velocità di esecuzione, dalla sua conoscenza dell’anatomia e dalla sapienza tecnica ottenuta con molto studio ed esercizio. Cioè con sofferenza personale, individuale ed indivisibile. L’intervento è stato sviluppato nella sua mente, in uno stato di assoluta solitudine.
Quarto: il chirurgo emodinamista ha necessità assoluta di un’assistenza illuminata, fedele, consapevole, pronta ed infaticabile di almeno due tecnici ultra-esperti ed insostituibili. Sono figure introvabili. I nuovi dovranno maturare anni di esperienza.
Raccontare come si fa è facile. Eseguirlo è assolutamente difficile.
Descrizione sintetica: il dottor Salvatore Ierna dapprima ha eseguito una coronarografia; cioè ha iniettato nelle arterie del cuore un mezzo di contrasto radio-opaco e ha visto, nel monitor, il disegno delle arterie. Una volta studiata la mappa di quelle arterie malate, vi ha infilato un “filo guida” sottilissimo, partendo da un’arteria delle braccia. Il filo guida è penetrato nella coronaria e si è arrestato nel punto di ostruzione. A questo punto, sulla guida del filo e delle immagini radiologiche, è stata inserita una sonda speciale fino all’ostacolo ed è stata appoggiata sul “tappo calcareo”. Quindi è stato azionato il pedale che mette in funzione la fonte di ultrasuoni. Gli ultrasuoni emessi dalla punta della sonda hanno scaricato tutta la loro potenza sulla placca calcarea, rompendola.
Perché si rompe la placca? Perché ha una struttura cristallina come quella dei vetri. Le onde di ultrasuoni penetrano nella placca e si trasformano in energia che fa esplodere il cristallo di calcare. Durante la procedura si eseguono lavaggi per allontanare i microframmenti calcifici, e poi si prosegue nella perforazione, per creare un tunnel nella “roccia”. Una volta trovata la fine dell’ostruzione il filo guida passa, in territorio libero dell’arteria. L’intervento si conclude con la sistemazione dello stent, e il sangue riprende a nutrire le carni del cuore. La vita del paziente riprende a scorrere.
Grandiosa esecuzione, portata a termine per la prima volta in Sardegna.
Naturalmente queste capacità interventistiche non sono spuntate così, come un fungo, dal nulla, ma hanno avuto una gestazione di molti anni di preparazione, studio e viaggi di istruzione.
La nostra felicità è enorme.
Tutte le storie hanno un’origine più o meno lontana nel tempo. La storia delle Shockweaves (onde d’urto) per rompere le calcificazioni formatesi in posti sbagliati nel corpo umano, merita d’essere raccontata. Noi, a Carbonia, ne abbiamo un’antica esperienza, anche quella con la caratteristica del primato su tutti in Sardegna.
Le pietre che incrostano le coronarie hanno una struttura cristallina formata prevalentemente da carbonato di calcio. Lo conosciamo tutti molto bene: le scogliere bianche che vanno da Maladroxia a Coacuaddus sono di carbonato di calcio. E’ molto diffuso in natura. Nella patologia umana, lo troviamo nelle placche ateromasiche calcifiche e nei calcoli renali. In ambedue i casi, per distruggere le concrezioni, si usano le onde d’urto ad ultrasuoni.
L’impiego di queste onde nacque dalla ricerca aerospaziale tedesca.
Negli anni ’70, gli Americani si erano resi conto che la parte più pericolosa di un viaggio spaziale non era la “partenza” da Capo Canaveral, ma il ritorno dallo Spazio, nel momento in cui la navetta entrava nell’atmosfera. Passando improvvisamente dal vuoto assoluto dello spazio all’atmosfera terrestre, era come se la navetta andasse a sbattere contro un muro e, sfregando su quel muro di “gas”, si generava un attrito eccessivo che sprigionava calore ad altissima temperatura. La temperatura era tanto elevata da fondere lo scudo termico metallico e uccidere l’equipaggio. Si capì che era necessario ricoprire lo scudo termico della navicella con un materiale coibente. Si pensò di incollarci sopra piastrelle di ceramica speciale. L’idea era corretta ma… avrebbero le piastrelle di ceramica resistito all’impatto? Era necessario scoprirlo e riprodurre in laboratorio quell’impatto. Gli Americani avevano come consulente lo scienziato Wernher Von Braun. Costui era stato il progettista, per la Germania nazista, dei primi missili balistici della storia: i V2. Esattamente quei missili che avevano martoriato Londra. La fabbrica che li produceva apparteneva alla famiglia Dornier. Era la famosa fabbrica degli aerei da guerra per la Luftwaffe, che produceva i caccia Messerschmitt ed i bombardieri Junker-Dornier. Alla fine della guerra, la fabbrica venne convertita in un centro di ricerca aerospaziale e gli scienziati tedeschi, su richiesta degli Americani, misero a punto un sistema di produzione di “onde d’urto” (Shockweaves) per testare le piastrelle da incollare alla navicella spaziale. Le “onde d’urto” venivano generate con un sistema di elettrodi che produceva microesplosioni subacquee. Le “onde d’urto” che venivano emanate dalle esplosioni potevano essere indirizzate verso un bersaglio attraverso un apparato di puntamento costituito da specchi concavi. Al centro della parabola vi era il “fuoco” su cui si concentrava la somma della potenza di tutte le onde. Messe le piastrelle nel fuoco della parabola si potè testare la loro resistenza all’impatto.
Uno scienziato dell’Università di Monaco, il professor Chaussy, pensò che in quel modo si sarebbe potuto “sparare” energia contro i calcoli renali. Ne parlò con la famiglia Dornier proprietaria della fabbrica aerospaziale e ottenne la costruzione di un generatore di Shockweaves per uso umano. La macchina venne chiamata “Dornier 1”. Nel 1984 una delle prime pazienti italiane del professor Chaussy fu una signora di Carbonia che era nata con un rene solo e in più aveva un calcolo. Nel 1986 il professor Chaussy presentò la sua casistica a Madrid, nella casa di cura “La Luz”. In quella occasione venne presentata anche una nuova macchina, delle Storz tedesca, generatrice di onde d’urto ad ultrasuoni, destinata a rompere i calcoli dentro l’uretere. Gli interventi dimostrativi furono eseguiti con successo dal proprietario della clinica, il professor Perez Castro Ellendt.
I primi allievi italiani presenti a quelle lezioni di addestramento furono il professor Francesco Rocco (Università di Milano), il dottor Michele Gallucci (poi direttore dell’Istituto tumori Regina Elena di Roma), ed un chirurgo di Carbonia.
Al ritorno da Madrid ne venne fatta un’accurata relazione al presidente del Sirai, Pietro Cocco. Era presente il ragionier Efisio Melis. La decisione di Pietro Cocco fu, come sempre, di poche parole: «Ragioniere, acquisti quella macchina da shockweaves per i calcolotici del nostro Ospedale».
Fu il primo apparecchio per “onde d’urto” venduto in Italia. Dal 1987 in poi vennero trattate a Carbonia centinaia di calcolosi dell’uretere senza operazione. Il nostro Ospedale fu anche in quel caso il primo e l’unico in Sardegna a fornire questa tecnica avveniristica. A Cagliari, si iniziò ad utilizzare questa tecnica dopo una nostra presentazione pubblica del metodo avvenuta nella sala congressi del Banco di Sardegna, nel 1991. Realizzammo dei videotutorial che spiegavano i segreti di Perez Castro per entrare nell’uretere, e presto in molti appresero la tecnica.
Di recente, questa tecnica è stata migliorata ed adattata alla rottura delle incrostazioni calcifiche dentro le arterie coronarie, e viene impiegata in pochi posti al mondo.
Ho voluto ricordare il fatto di 33 anni fa, per attirare l’attenzione sulle potenzialità che ha avuto sempre il Sirai nella crescita tecnologica. Da qui sono nati grandi professionisti che poi hanno arricchito di professionalità gli ospedali cagliaritani. Ricordiamo l’anestesista Paolo Pettinao che introdusse il Brotzu nell’era dei trapianti; il dottor Paolo Schiffini, che dopo l’esperienza maturata a Carbonia, si trasferì al Brotzu e fondò l’angiografia interventistica; il dottor Antonio Macciò, che oggi rappresenta il massimo polo sardo di attrazione scientifica nella chirurgia oncologica laparoscopica al Businco e le cui ricerche condotte proprio nel laboratorio di Carbonia, vengono pubblicate dalle massime riviste di oncologia ginecologica americane ed inglesi.
Adesso il Sirai offre la novità assoluta delle shockweaves per disostruire le coronarie difficili.
Questo giornale da molti mesi sta attirando l’attenzione sul miserevole stato in cui versa oggi il nostro Ospedale, e non smette mai di esporre all’opinione pubblica il disastro organizzativo a cui è stato sottoposto l’organico della Cardiologia e, soprattutto, quello dell’Emodinamica del dottor Ierna. La procedura che ha eseguito va classificata fra le imprese di medicina interventistica più difficili che si conoscano e, per la sua enormità, contrasta con la povertà di personale di cui dispone.
Vista l’insensibilità e l’insipidità della nostra attuale e passata dirigenza politica regionale in sanità pubblica, dobbiamo suscitare l’interesse di tutti, per porre fine al degrado organizzativo a cui si sta sottoponendo la struttura ospedaliera del Sirai.
Dopo quanto premesso, appare ragionevole chiedere un congruo finanziamento per l’immediato reintegro dei Medici di Cardiologia e l’istituzione di una scuola di Emodinamica da affidare alla magistrale direzione del dottor Salvatore Ierna. Abbiamo bisogno che produca allievi. E’ evidente che ci vogliono finanziamenti per gratificare il sacrificio di quegli operatori. Deve cessare, comunque, avendo a disposizione una struttura specialistica così avanzata, l’assurda chiusura del Servizio di Emodinamica per 16 ore su 24, e la totale chiusura dalle 16.00 del venerdì alle 8.00 del lunedì successivo. Questo disastro, di stampo contabile, deve essere fermato.
Contemporaneamente, è assolutamente necessario ricostituire subito gli organici di Ortopedia, Radiologia, Gastroenterologia e, soprattutto, di Anestesia e Rianimazione.
Purtroppo, da anni ci stanno svuotando di competenze specialistiche a causa di due teorie che hanno fallito nella gestione degli Ospedali: una è la teoria del “Hub And Spoke”, cioè del centro della ruota e dei suoi raggi. Con questa si teorizza che chi sta alla periferia (raggi) debba trasferire le sue funzioni al centro (Hub). In questo modo, sono stati depressi gli ospedali territoriali e gonfiati quelli del capoluogo. L’altra teoria è il “governo per processi”, con cui si teorizza la gestione degli ospedali, mantenendo le attuali strutture ma modificando e codificando i processi con cui si usano. In questo modo, è stata tolta ai Primari la capacità di iniziativa. Esattamente quella iniziativa che ha avuto il dottor Salvatore Ierna, facendo una cosa assolutamente imprevista dai burocrati.
Ad un certo punto, verrà il momento in cui si accorgeranno che la partita la giocano e la vincono i campioni scesi in campo e non i padroni del campo.
E adesso, invito tutti a tenere gli occhi aperti. Controlliamo se metteranno il dottor Salvatore Ierna nelle condizioni di lavorare oppure se alla fine riusciranno a farlo scappare.
Mario Marroccu