21 November, 2024
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E’ stato eseguito venerdì 11 ottobre, nell’Ospedale Santissima Annunziata di Sassari, il primo prelievo multiorgano in Sardegna da donatore a cuore fermo controllato. La procedura, che ha comportato il prelievo di fegato e reni destinati a pazienti in attesa a Roma e a Padova è stata portata a termine con successo sulla base del programma nazionale di donazione a cuore fermo del CNT – Istituto Superiore di Sanità – già adottato in diverse Regioni del nostro Paese ed avviato quest’anno anche nella nostra Regione dal Centro regionale trapianti con il supporto dell’assessorato della Sanità della Regione. «Si aprono nuove promettenti prospettive per la nostra isola nel settore dei trapianti: questa procedura consente di ampliare il numero di potenziali donatori contribuendo a soddisfare la domanda dei pazienti sardi in attesa di trapianto nella nostra isola, e rafforzando contestualmente la rete di interscambio nazionale»

Così l’assessore della sanità, Armando Bartolazzi, promotore della delibera che ha dato recentemente il via libera all’istituzione del protocollo operativo sul Programma di donazione organi a cuore fermo (DCD).

«La donazione a cuore fermo è una tecnica innovativa, già presente nelle realtà più avanzate del nostro paese e che ora porta la nostra regione fra i punti di riferimento nazionali nel settore. La Sardegna vanta già da tempo un consolidato background nell’ambito trapiantologico, cosa che ha consentito di individuare nell’ARNAS Brotzu e nell’Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari i due punti di riferimento per l’introduzione di una nuova tecnica ad alta complessità che a pochi mesi dall’ok dell’esecutivo regionale è già una realtà». E’ stata la delibera regionale 29/1 dello scorso 7 agosto ad introdurre per la prima volta in Sardegna il Programma di donazione e prelievo di organi a cuore fermo, con l’istituzione di un apposito tavolo tecnico di appoggio presso la direzione generale della Sanità.

La donazione a cuore fermo è un programma di donazione di organi da donatore cadavere che viene effettuata da soggetti deceduti per arresto cardiocircolatorio e sottoposti ad accertamento di morte con criteri cardiologici (Donor after Circulatory Death – DCD), diversamente dai donatori in morte encefalica, programma già da anni regolarmente svolto nella nostra Regione, nei quali l’accertamento di morte viene effettuata con criteri neurologici (Donor after Brain Death – DBD). Aspetto peculiare della donazione a cuore fermo è dato dalla certificazione di morte con criteri cardiologici che in Italia può avvenire solo dopo venti minuti di arresto cardiaco registrati con elettrocardiogramma, per cui, per evitare che gli organi possano risentire della c.d. ischemia calda sistolica (ovvero quella fase in cui il circolo è fermo e gli organi sono in sede, ma non perfusi dalla circolazione ematica, né fisiologica, né artificiale, né sostenuta da manovre di rianimazione cardiopolmonare), occorre mettere in atto tecniche specifiche e un rigoroso rispetto dei tempi, che presuppone una elevata professionalità ed una perfetta sinergia tra i diversi operatori.

Il lavoro che è stato svolto nel corso della donazione presso l’AOU di Sassari è stato particolarmente impegnativo, in quanto si è trattato di un processo clinico-chirurgico di alta complessità, che ha richiesto un elevatissimo livello di collaborazione tra strutture e discipline diverse presidiate dal coordinamento Locale e tramite la Centrale operativa regionale, dal Centro regionale trapianti.

«Il programma regionale a cuore fermospiega il dott. Lorenzo D’Antonio, coordinatore regionale trapianti – consentirà un sensibile aumento in Sardegna della disponibilità di organi, in particolare fegato e reni, che permetterà di eseguire un numero maggiore di trapianti con conseguente riduzione dei tempi di attesa per i pazienti iscritti in lista affetti da gravissima insufficienza d’organo. Siamo impegnati a proseguire su questa strada, con l’obiettivo di rendere il nostro sistema regionale di donazione e trapianto sempre più efficiente ed efficace, consapevoli che per ottenere risultati concreti ed importanti sia necessario dotare le nostre strutture dedicate di risorse adeguate indispensabili per poter svolgere un lavoro così complesso ed articolato. La donazione a cuore fermo che ha avuto luogo a Sassari ha concluso Lorenzo D’Antonioè stato il risultato di un bellissimo lavoro di equipe, un esempio di grande impegno e di condivisione, per il quale mi sento di ringraziare in particolare il dott. Giuseppe Feltrin, direttore del Centro Nazionale Trapianti, la dott.ssa Paola Murgia ed il dott. Leonardo Bianciardi rispettivamente coordinatrice locale e direttore della Terapia intensiva dell’AOU di Sassari, ma anche tutti i singoli professionisti che hanno partecipato attivamente al processo.»

«Abbiamo segnato un momento storico per la sanità della nostra regione e per la nostra aziendaafferma il direttore generale dell’Aou di Sassari, Antonio Lorenzo Spano -. Un ringraziamento particolare va al donatore e alla sua famiglia che hanno permesso la realizzazione di questa donazione che salverà la vita ad altri pazienti in lista d’attesa. Sono stati prelevati reni, fegato e cornee da un paziente di 65 anni che aveva espresso la volontà di donare nel rinnovo della carta d’identità”

Oltre al dott. Leonardo Bianciardi e alla dottoressa Paola Murgia, la direzione generale dell’AOU di Sassari ha esteso i suoi ringraziamenti agli specialisti Ecmo con la dottoressa Stefania Milia medico intensivista, ai cardiochirurghi e perfusionisti guidati da Michele Portoghese, ai cardioanestesisti guidati dal dottore Andrea Balata, agli infermieri di sala operatoria, al team della Clinica urologica diretta dal professor Massimo Madonia, agli specialisti del laboratorio analisi diretto da Angela Bitti, alla Microbiologia e virologia del professor Salvatore Rubino, al Centro trasfusionale diretto dal dottor Pietro Manca, alla Radiologia diretta dal professor Salvatore Masala, agli oculisti della Clinica diretta dal professor Antonio Pinna e all’Anatomia patologica diretta dal professor Antonio Cossu.

 

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«È importante che gli operatori sanitari siano vaccinati contro l’influenza, sono una fascia esposta al rischio di sviluppare patologie e di trasmetterle ai pazienti. Ecco perché è importante sensibilizzare il nostro personale alla vaccinazione.»

A dirlo è il direttore generale dell’Aou di Sassari, Nicolò Orrù, che ieri, per rafforzare la campagna partita a novembre, si è sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale nell’ambulatorio della direzione medica di presidio, assieme ad alcuni direttori di struttura.

«Questa attività deve diventare una prassi – ha aggiunto – perché l’influenza, oltre a essere un male di stagione, è anche un importante problema di sanità pubblica. Per questo è importante fare prevenzione.»

Una prevenzione che parte, appunto, dagli operatori sanitari. E proprio su questo principio si basa la campagna di vaccinazione che, già a novembre, aveva preso il via nei presidi ospedalieri dell’Aou di Sassari e che ieri, con la vaccinazione dei direttori, l’Aou ha voluto rafforzare. L’obiettivo è quello di vaccinare il numero maggiore di operatori sanitari: medici, infermieri, specializzandi e personale socio-sanitario. Ieri con il direttore a farsi vaccinare erano presenti anche il direttore sanitario Bruno Contu, il direttore della Neuropsichiatria infantile professor Stefano Sotgiu, il direttore della Microbiologia professor Salvatore Rubino e il direttore di Direzione di Igiene e controllo delle infezioni ospedaliere professor Paolo Castiglia.

Sul campo per l’Aou, così da raggiungere il massimo obiettivo, sono impegnati la struttura complessa Direzione di Igiene e controllo delle infezioni ospedaliere, il team di Vaccinarsinsardegna.org, il medico competente e la Medicina del lavoro, la Direzione Medica di presidio, la Scuola di Specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell’Università di Sassari.

E la prima risposta che arriva dagli operatori è buona. In molti, infatti, già da novembre avevano scelto di vaccinarsi nell’ambulatorio della Direzione Medica di presidio, al terzo piano del palazzo Rosa. Altri, invece, vengono raggiunti adesso direttamente sul campo.

«Abbiamo creato una squadra ad hoc che – ha spiegato il professor Paolo Castiglia -, attraverso un’attività di catch up, si occupa di raggiungere direttamente gli operatori nei luoghi di lavoro per effettuare la vaccinazione. Si tratta di una novità che sta ottenendo un ottimo riscontro.»

L’Azienda di viale San Pietro, inoltre, per il secondo anno consecutivo ha avviato la campagna di comunicazione vaccinale per la vaccinazione antinfluenzale negli operatori sanitari dell’Aou di Sassari. Iniziativa che, proprio di recente a Roma in occasione del contest #PerchéSì lanciato da Sanofi Pasteur, è stata premiata come migliore progetto di comunicazione vaccinale in Italia per il 2018-2019.

Anche quest’anno è stato adottato materiale divulgativo di supporto, cioè poster esplicativi, locandine, spille, t-shirt, cappellini, datari pluriennali, striscioni, roll-up e locandine recanti tutti il leitmotiv della campagna che nel 2018 ha ottenuto un ottimo riscontro: «La Dinamo e l’Aou di Sassari in campo contro l’influenza». Alla campagna è legato anche l’hashtag “#iomivaccino” che potrà essere utilizzato sui canali social twitter e Instagram.

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La difesa dell’identità e delle diversità culturali quali elementi portanti del dialogo tra i popoli. «Perché i diritti culturali sono parte dei diritti fondamentali dell’uomo che devono essere preservati, anche per il rispetto della dignità umana». E nella ricerca di questo dialogo c’è la necessità di creare reti, network e ponti per facilitare l’incontro tra i popoli che tenga conto dei valori per generare inclusione.

Sabato si è aperto centrando, sin da subito, i temi portanti dell’appuntamento che, dal 2015 a oggi, ha messo il paese di pescatori al centro del bacino Mediterraneo, rappresentando una vera e propria occasione di apertura e dialogo tra popoli. La quinta edizione di Dialogando, che ha trovato nelle sale del museo della Tonnara la sua location ideale, ha messo attorno al tavolo esperti di cooperazione, studiosi, docenti universitari ed esponenti religiosi che hanno dato vita a un convegno che ha concentrato l’attenzione su religione, dialogo interculturale ed interreligioso quindi sul ruolo della donna. Al centro anche argomenti quali la diplomazia, il paecekeeping, il ruolo delle reti di supporto per le donne e le vittime di tratta, quindi l’università nell’educazione e nella cooperazione.

Ad aprire il convegno è stato il primo cittadino Antonio Diana che ha ricordato l’importanza di Dialogando, nato nel 2015, in un periodo complesso e caratterizzato dagli attentati terroristici in Francia.

E a rompere il ghiaccio per prima, nella sezione moderata dal direttore della Nuova Sardegna Antonio Di Rosa, è stata Anna Paolini, direttore Unesco a Doha, che nel focalizzare il ruolo dell’agenzia da lei rappresenta in Qatar, ha ricordato come nel mondo oltre 70 milioni di persone, a causa di particolari condizioni economiche e politiche, vivono lontani dai loro paesi di origine. Di questi 70 milioni circa 41 milioni sono sfollati, 36 milioni sono rifugiati e circa 3,5 milioni richiedenti asilo. «È un momento particolare – ha detto – in cui abbiamo visto crescere atti di estremismo religioso, di violenze, di odio verso le minoranze etniche e religiose. Si parla di conflitti di ordine nazionale e internazionale che aggiungono povertà. A questi si aggiungono disastri di origine naturale, movimenti interni di persone, atti di terrorismo e pandemia».

Il ruolo dell’Unesco è quello di favorire la pace e la sostenibilità. La difesa della pace deve iniziare dal diaologo tra i popoli, ha detto ancora la rappresentante dell’Unesco che ha ricordato alcuni progetti particolari sostenuti dall’Agenzia e incentrati sulla promozione culturale, interreligiosa, l’educazione, la comunicazione e la prevenzione degli estremismi.

Un dialogo che l’arcivescovo di Sassari, monsignor Gianfranco Saba, ha avvicinato al concetto di casa e dell’abitare «che – ha affermato – significa prendersi cura, della persona, dell’ambiente. Ecco allora che non possiamo non abitare e la casa è la cosa tangibile del nostro essere, che ci lega al prenderci cura, come fatto distintivo dell’essere umano. La capacità di abitare interiormente prepara l’ambiente attorno a noi, ci interpella su come stiamo strutturando la nostra vita».

L’abitare quindi ci pone di fronte agli altri, implica tensioni verso un processo culturale che deve portare l’uomo a superarli. E sebbene possa sembrare strano, una delle vie per sviluppare il dialogo è l’esperienza del silenzio. «Nel silenzio matura la parola vera – ha detto ancora monsignor Saba – e la parola è una risonanza del silenzio».

A sottolineare la necessità di un dialogo laico è stato l’arcivescovo di Damasco Jihad Mtanos Battah che si è concentrato sul dialogo religioso e interculturale in Siria.

Un concetto quello dell’uguaglianza che è stato ribadito da Amal Al Masri, rappresentante del forum libanese delle donne, che ha ricordato come le donne arabe siano ancora discriminate e non possano partecipare alla vita politica, fatte alcune sparute eccezioni.

Di dialogo interreligioso, interculturale, interlinguistico ha parlato Fabrizio Lobasso, console d’ambasciata e Capo ufficio Africa Orientale e Corno d’Africa, sottolineando i progetti realizzati in Sudan.

Accanto al dialogo un ruolo importante lo gioca la cooperazione. E questo è stato il tema della seconda parte del convegno che ha visto protagonista l’Università di Sassari impegnata nell’attivazione di nuovi corsi nei Paesi in via di sviluppo.

Nell’ambito della cooperazione decentrata, interessante il progetto presentato da Giustina Casu dell’Associazione di volontariato Acos che da 12 anni si occupa del supporto alle donne e ai minori vittime di tratta. «Dal 2007 al 2012 abbiamo contattato 167 donne – ha detto – in gran parte provenienti dalla Nigeria». Per la maggior parte si tratta di donne sfruttate dal punto di vista lavorativo e sex-workers.

«Dal 2016 al 2019 il numero si è ridotto a 137. Questo – ha ripreso – può far pensare che il fenomeno sia in diminuzione o superato, ma non è così. Il rachet sta spostando le donne negli appartamenti, non facilmente raggiungibili dai volontari delle unità di strada che, con difficoltà hanno contatto con le donne per far conoscere quali siano i loro diritti di salute», ha concluso.

Infine spazio anche all’esperienza locale stintinese, rappresentata dai ragazzi di Stintino Holidays che con Fabrizio Contini ha spiegato il significato del progetto turistico e non solo, in particolare di quello fotografico dedicato a Hospitaly has no boundaries. Un progetto – è stato illustrato – volto a creare dialogo con gli stranieri e attraverso il quale scambiare esperienze e tradizioni.

Il convengo è stato organizzato dall’associazione il Tempo della Memoria in collaborazione con il comune di Stintino, il Mut, il Centro studi sulla civiltà del mare, l’Università di Sassari, il corso universitario sulla Sicurezza e cooperazione internazionale e la Fondazione Accademia.

Al convegno, durante il quale sono state proiettate le immagini realizzata da Mauro Fancello sull’Asinara ai tempi del carcere e sulla Vela latina degli anni Novanta, hanno partecipato, il prefetto di Sassari Maria Luisa D’Alessando, il questore di Sassari Diego Buso, Gennaro Capoluongo, consigliere ministeriale aggiunto della segreteria del Dipartimento della Pubblica sicurezza in materia di cooperazione internazionale di polizia, il docente dell’Università di Sassari Salvatore Rubino quindi Massimo Carpinelli, rettore dell’Università di Sassari, Aziz Pollozhani, rettore dell’Università Mother Theresa di Skopije in Macedonia, lo storico Attilio Mastino e già rettore dell’Università di Sassari, Piero Cappuccinelli dell’Accademia nazionale dei Lincei quindi Luciano Gutierrez, pro-rettore Università di Sassari con la delega al programma Erasmus e cooperazione internazionale. E ancora il docente dell’Università di Sassari Quirico Migheli, Angela Mameli, vice presidente della Fondazione di Sardegna, Luca Bondioli del Museo delle Civiltà, Federico Chiodi, direttore della Associazione italiana per la solidarietà tra i popoli, Francesco Squarotti del Gruppo Umana Solidarietà,Fabrizio Contini di Stintino Holidays. Infine, Stefania Zanetti dell’Università di Sassari e gli studenti del corso Sicurezza e cooperazione internazionale Salvatore Correddu, Gabriele Dore, Isabella Fois, Norma Luisa Migheli, Alessandra Rubelli.

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Religione, cultura, processi di pace e cooperazione internazionale, ritorna ricca di temi di attualità la quinta edizione di Dialogando, il convegno internazionale che dal 2015 rappresenta una vera e propria occasione di apertura e dialogo tra popoli. Il 30 novembre, a partire dalle ore 9,30 a ospitare l’evento sarà il museo della Tonnara di via Lepanto.

Qui si ritroveranno esperti di cooperazione, studiosi, docenti universitari ed esponenti religiosi per dare vita a un convegno che concentrerà l’attenzione su religione, dialogo interculturale e interreligioso quindi sul ruolo della donna. Al centro ci saranno anche argomenti quali la diplomazia, il paecekeeping, il ruolo delle reti di supporto per le donne e le vittime di tratta, quindi l’università nell’educazione e nella cooperazione.

Sei le sessioni previste che sabato daranno spazio anche al dibattito e al confronto. Ad aprire i lavori sarà l’intervento del prefetto di Sassari Maria Luisa D’Alessandro. Si inizia subito con il tema portante che ha sempre distinto Dialogando: Il dialogo interreligioso e interculturale. A moderare la prima sezione, che inizierà alle 9,30, sarà Antonio Di Rosa, direttore del quotidiano La Nuova Sardegna. Sono previsti gli interventi di Anna Paolini, direttore Unesco a Doha, dell’arcivescovo di Sassari, monsignor Gian Franco Saba, dell’arcivescovo di Damasco Jihad Mtanos Battah e di Amal Al Masri, componente del Forum libanese delle donne.

La seconda sessione, dal titolo Dialogo sul nuovo Sudan, sarà moderata dal docente universitario Piero Cappuccinelli e vedrà la partecipazione di Fabrizio Lobasso, console d’ambasciata e Capo ufficio Africa Orientale e Corno d’Africa, Dgmo – Maeci, oltre che già ambasciatore italiano in Sudan, quindi di Abdelwahab Eltayib Bashir Babiker del Center for African Research and Studies dell’università internazionale dell’Africa a Khartoum.

L’ultima sessione mattutina, La cooperazione sulla sicurezza e peacekeeping, sarà moderata dal questore di Sassari Diego Buso. Sono previsti gli interventi di Gennaro Capoluongo, consigliere ministeriale aggiunto della segreteria del Dipartimento della Pubblica sicurezza in materia di cooperazione internazionale di polizia, quindi di Andrea di Stasio, comandante della Brigata Sassari.

Il pomeriggio si aprirà con la sessione dedicata alla cooperazione universitaria, moderata dal docente dell’Università di Sassari Salvatore Rubino. Interverranno Massimo Carpinelli, rettore dell’Università di Sassari, Aziz Pollozhani, rettore dell’Università Mother Theresa di Skopije in Macedonia, lo storico Attilio Mastino e già rettore dell’Università di Sassari, Piero Cappuccinelli dell’Accademia nazionale dei Lincei quindi Luciano Gutierrez, pro-rettore Università di Sassari con la delega al programma Erasmus e cooperazione internazionale.

La quinta sessione dedicata a La cooperazione decentrata sarà moderata dal docente dell’Università di Sassari Quirico Migheli. Interverranno Angela Mameli, vice presidente della Fondazione di Sardegna, Luca Bondioli del Museo delle Civiltà, Federico Chiodi, direttore della Associazione italiana per la solidarietà tra i popoli, Giustina Casu dell’Associazione di volontariato Acos, Francesco Squarotti del Gruppo Umana Solidarietà, Fabrizio Contini di Stintino Holidays.

A chiudere il convegno la sessione dedicata a Educare alla cooperazione e sarà moderata da Stefania Zanetti dell’Università di Sassari. Interverranno Salvatore Correddu, Gabriele Dore, Isabella Fois, Norma Luisa Migheli, Alessandra Rubelli.

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Un ponte tra le comunità, una cooperazione per lo sviluppo tra i popoli e il dialogo interreligioso. E ancora, la necessità di investimenti in cultura, ambiente, sanità e integrazione sociale per sostenere i governi e le comunità e arrivare a condizioni di equità. Si è aperta su questi temi, sabato al Mut di Stintino, la quarta edizione del convegno internazionale Dialogando che ha messo al centro dell’attenzione le questioni della religione, dell’identità e della cooperazione tra l’Europa, l’Africa e il vicino Oriente.

Il convegno, organizzato dal Comune di Stintino con il contributo dell’Università di Sassari e dell’associazione il “Tempo della memoria”, ha colto nel segno ancora una volta e le testimonianze, alcune arrivate anche da terre di frontiera, hanno dimostrato un forte desiderio di confronto e di apertura. La voglia di abbattere il muro delle differenze e la volontà, pur nelle diversità e specificità, di costruire legami veri e di amicizia tra i popoli.

«È un piccolo contributo – ha detto il sindaco di Stintino, Antonio Diana – che la nostra amministrazione vuole dare. Un’attività iniziata nel 2015 e siamo orgogliosi che questa prosegua con una forte risposta. Siamo convinti della necessità del dialogo continuo tra i popoli, perché da qui possono nascere quelle azioni di sviluppo, di cooperazione, amicizia e scambio economico, fattori cruciali per la pace e la prosperità economica.»

È stato il presidente del consiglio regionale Gianfranco Ganau a sottolineare come ci sia bisogno di «luoghi di confronto come questo, dove i rappresentanti dei Paesi diversi, di culture differenti, gettano ponti di dialogo convinti che solo dall’integrazione, dal rispetto e, soprattutto, dalla conoscenza possano germogliare i semi di una società giusta». Per Gianfranco Ganau è importante far riferimento alle Carte costituzionali, ai valori fondamentali e, per coloro che sono religiosi, ai principi e ai dettami della fede. Il presidente del consiglio, infine, ha voluto citare come buona pratica sul territorio del Sassarese la proposta avanzata dall’arcivescovo di Sassari Gianfranco Saba di attivare proprio a Sassari un polo di alta formazione interculturale ed interreligioso per la ricerca e la formazione specialistica. Un progetto che ha trovato la condivisione con l’Ateneo turritano, il comune di Sassari e la Regione.

«Il progetto culturale e sociale in atto nel nostro territorio – ha precisato l’arcivescovo Gianfranco Saba – rappresenta un’opportunità per lo sviluppo umano e la crescita culturale. Sono certo che il sostegno proseguirà e che sia necessario dare un’accelerata, perché le sfide sociali non ci permettono ritardi, soprattutto nel Nord Ovest Sardegna». Un territorio che guarda a una redenzione sociale e che può trovare nella proposta dell’arcidiocesi turritana un progetto al servizio del bene comune e della Chiesa di Sassari. E sulla necessità di dialogo, l’alto prelato si è soffermato sulla relazione tra testi religiosi e al bisogno di rileggere le fonti. «È necessaria una rialfabetizzazione – ha sottolineato – perché si è creata una profonda ignoranza tra cattolici e musulmani. Allora, una nuova forma di dialogo è quella che ci consente di andare verso le sorgenti, riconoscendo le specificità di ciascuno, interpretando quello che ci accomuna.»

Sulla questione dei giovani si è concentrato, invece, l’intervento del principe libanese Majid Talal Arslan, ricercatore in Scienze politiche e relazioni internazionali. «In Libano – ha detto – sono presenti divisioni che si identificano più dal punto di vista settario e che hanno elementi politici ed economici ancora più che religiosi». Ma quello che più preoccupa il ricercatore libanese è la problematica giovanile. «Molte persone che hanno preso parte ad attività estremistiche – ha proseguito – sono giovani». Per la maggior parte provengono da famiglie povere e disfunzionali. In piccola parte sono disoccupati e nella maggior parte dei casi si tratta di lavoratori sottopagati.

«La soluzione – ha aggiunto – potrà essere trovata nel consolidamento dei principi democratici. Le istituzioni devono accompagnare i loro interventi con investimenti di impatto, efficaci, che devono andare verso le necessità espresse dalle comunità locali». Questo anche per evitare che i giovani debbano trovare altrove il modo «di alleviare la sete di appartenenza e identità. Ecco allora, la necessità di un dialogo costante tra i giovani – ha chiuso – di ogni estrazione, di ogni religione, questo può essere l’approccio giusto per la realizzazione degli obiettivi».

Per l’ambasciatore italiano in Sudan, Fabrizio Lobasso, «alzare i muri vuol dire interrompere le comunicazioni quindi non comprendere il prossimo. Il contributo che oggi arriva da qui – ha concluso – è un esempio di diplomazia ibrida, che si realizza non per forza dall’attività statale ma arriva dall’associazionismo».

Due quindi i temi centrali della mattinata che hanno visto alternarsi numerosi relatori: da una parte la cooperazione per lo sviluppo tra i popoli e dall’altra il dialogo interreligioso e civile. E di cooperazione internazionale ha parlato l’assessore regionale agli Affari generali Filippo Spanu. Il rappresentante della giunta di Francesco Pigliaru ha ricordato il ruolo della Sardegna nel contesto geopolitico del Mediterraneo africano. L’Isola, che sostiene un approccio partecipato, sostenibile alle politiche di sviluppo, è parte di reti e relazioni con i Paesi del Mediterraneo dell’Africa sub-Sahariana. La Sardegna, poi, in tema di migrazioni ha l’obiettivo di lavorare sulle cause profonde delle migrazioni che – è stato detto – non deve essere la riduzione dei flussi, quanto piuttosto fare della migrazione una scelta per chi la sceglie e un’opportunità per chi ne è destinatario.

La prima e la seconda sessione quindi, “Il Sudan come modello di cooperazione allo sviluppo” e “Il Libano come modello interreligioso”, moderate da Piero Cappuccinelli e dall’arcivescovo Gianfranco Saba, sono state dedicate ai rapporti tra la Sardegna, il Libano e il Sudan al fine di individuare nuovi spazi di cooperazione allo sviluppo. Al tavolo dei relatori si sono alternati l’ambasciatore Fabrizio Lobasso, Abdalla Ali Mohammed Hamad rettore dell’Università di Kassal in Sudan, Federico Chiodi direttore dell’Aispo e Salvatore Rubino docente dell’Università di Sassari e responsabile dei progetti di cooperazione in Sudan. Quindi ancora, il vescovo di Beirut Youhanna Jihad Battah, il presidente della Syriac Legue in Libano Hbib Edmond Ephrem quindi il direttore del consiglio direttivo del Council of resarch and strategic studies Faisal Mosleh.

La sessione pomeridiana, moderata da Graziano Milia e dal titolo “Identità religiose e culturali tra conflitto e cooperazione in europa”, è stata dedicata ad alcuni aspetti della cultura sarda che la pongono in relazione con la vicina Corsica e con le altre regioni dell’Unione europea. A darsi il cambio al tavolo dei relatori, lo studioso Alberto Mario Carta che ha parlato di gemellaggi tra città e networks, Paolo Botta che ha illustrato le attività della Fondazione Hymnos, quindi monsignor Paolo Manfredi della diocesi di Mainz che ha parlato della Settimana interculturale, Antonio Remiddi che si è concentrato sul modello di dialogo inter-universitario nella transizione democratica. A questi si sono aggiunti Ioannis Korinthios ed Antonio Zedda che hanno parlato della diaspora greca nella storia moderna, quindi ancora Aziz Pollozhani dell’Università di Skopje sulla gestione della diversità etnica e culturale.

A chiudere gli interventi è stato Quirico Migheli dell’Ateneo turritano che ha presentato il corso di laurea in “Sicurezza e cooperazione internazionale”.

A concludere l’importante incontro internazionale è stata la passeggiata inaugurale al presepe a grandezza naturale che quest’anno è arrivato alla sua undicesima edizione.

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Studi, libri e documenti inediti, testimonianze che raccontano la storia dell’Asinara, dei profughi e dei prigionieri che sull’isola trascorsero gli ultimi, tristi anni del primo conflitto mondiale. In 27mila arrivarono, trasportati con le navi da Valona dopo la lunga marcia della morte partita dalla Serbia, e in oltre 7mila trovarono la morte nei campi allestiti tra le pianure e le colline dell’isola.

Sono stati tanti e di profondo interesse i contributi arrivati venerdì, in occasione della prima giornata del convegno “Asinara isola d’Europa”, organizzato dal comune di Stintino, al Mut di via Lepanto e che si concluderà oggi, 17 novembre. L’appuntamento arriva a coronamento di un lungo percorso, avviato dall’amministrazione comunale stintinese nel 2013, in occasione del centenario della Grande Guerra, con il progetto per le “Commemorazioni di pace: i profughi serbi e i prigionieri austroungarici nell’isola dell’Asinara durante la prima guerra mondiale”.

«Un progetto che nasce da lontano – ha detto il sindaco di Stintino, Antonio Diana – e che in questi cinque anni ci ha consentito di raggiungere un importate obiettivo: fare dell’Asinara un luogo di incontro tra popoli». Lo dimostrano, come hanno detto l’assessore della Cultura Francesca Demontis e gli studiosi Alberto Mario Carta e Aldo Panti nel ripercorrere le tappe di questo percorso di studi, i partecipanti che negli anni si sono succeduti ai convegni e agli incontri stintinesi sulla storia dell’Asinara. Tra questi ricercatori, esperti, docenti universitari, rappresentanti delle istituzioni locali, regionali, del governo italiano e dei Paesi europei e del Medio Oriente, il presidente della Repubblica di Ungheria e ambasciatori delle Nazioni che, a vario titolo, furono coinvolti in quei tragici eventi. Accomunati tutti dalla volontà di dare dignità e un volto a prigionieri e profughi di varie etnie e religioni, provenienti dai vari Paesi di un’Europa allora disgregata, «che – ha aggiunto il direttore del Parco nazionale dell’Asinara Pierpaolo Congiatu – furono seppelliti in terra straniera. Quando riusciremo a dare all’Asinara il titolo di terra d’Europa, allora, quei ragazzi riposeranno come fossero nella loro patria».

Le novità illustrate sono state tante, a partire dai documenti emersi dagli archivi pubblici e privati, «come quello – ha sottolineato Vittorio Gazale direttore dell’Amp Asinara – a disposizione di Filippo Sallusto, discendente dell’ufficiale Alberto Cappelletti che sull’isola raccolse, disegni, acquerelli, fotografie, novelle e articoli per il suo giornale che portava il nome di una località dell’isola: la gazzetta degli Stretti». E ancora, ha illustrato Gabriele Carenti, le ricerche del dipartimento di Microbiologia dell’Università di Sassari che, sotto la guida di Salvatore Rubino, ha ricostruito la vita dei prigionieri sull’isola, avviato il recupero di campioni biologici per lo studio del Dna e individuato le malattie (colera, tifo, tubercolosi e dissenteria) che uccisero oltre 7mila persone. E ancora gli studi e le osservazioni di tipo archeologiche portate avanti dal dipartimento di Storia, Scienze dell’uomo e della Formazione dell’Ateneo sassarese con docente Marco Milanese. E poi ancora le tante storie di uomini e donne legate a doppio filo con l’Asinara: a partire da quella del cappellano militare croato Gabro Cvitanovic, illustrata da Filip Hamersak dell’istituto Lessicografico di Zagabria. E poi le vicende giudiziarie di alcuni prigionieri sull’isola raccontata dalla ricercatrice Marisa Porcu Gaias. Quindi, come sottolineato dal ricercatore Giuseppe Zichi, l’attenzione della Chiesa per la questione umanitaria dell’isola dell’Asinara e, in considerazione delle diverse etnie presenti nei campi profughi, la necessita di avviare un dialogo interreligioso. E ancora le vicende dei prigionieri, degli internati e dei confinati austro-ungarici ricoverati nel manicomio di Sassari. Una raccolta di documenti – studiati da Giovanni Fiori della Soprintendenza Mibac per province di Sassari e Nuoro – che mettono in luce il cammino di malattia e dolore di una parte degli austro-ungarici transitati in Sardegna durante la Grande Guerra.

Il convengo prosegue anche oggi al MuT sul tema: “1918-2018 un secolo di sogno europeo: identità, nazioni e minoranze”.

Domani, domenica 18 novembre, invece, i protagonisti del convegno si sposteranno sull’isola dell’Asinara, per una visita ai luoghi della memoria.

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Si aprirà domani pomeriggio, venerdì 16 novembre, la due giorni interamente dedicata alla storia dell’Europa alla fine del primo conflitto mondiale e vedrà l’isola dell’Asinara protagonista con la storia, ancora poco conosciuta, dei campi che ospitarono prigionieri di guerra e profughi. Sono questi i temi del convegno “Asinara isola d’Europa”, in programma domani e sabato 17 novembre nella sala conferenze del museo della Tonnara di Stintino.

L’appuntamento arriva a coronamento di un lungo percorso, avviato dall’amministrazione comunale stintinese nel 2013 con il progetto per le “Commemorazioni di pace: i profughi serbi e i prigionieri austroungarici nell’isola dell’Asinara durante la prima guerra mondiale”, avviato in occasione del centenario della Grande Guerra. Un progetto che assieme al comune di Stintino, capofila dell’iniziativa, vede coinvolti anche il comune di Porto Torres, il Parco nazionale dell’Asinara, l’Università di Sassari, Dipartimento di Microbiologia diretto dal professor Salvatore Rubino, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri e la collaborazione della Camera di commercio del Nord Sardegna e della Fondazione Banco di Sardegna.

Domani, 16 novembre, la prima giornata con apertura alle ore 15.00, e sarà dedicata al “caso Asinara” e ai risultati sinora raggiunti nella ricostruzione delle vicende che la videro protagonista del primo conflitto mondiale e testimone della complessa stratificazione linguistica e nazionale dello spazio europeo.

Si prosegue il 17 novembre con apertura alle ore 9.00, domenica 18, invece, visita sull’isola dell’Asinara.

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Due giornate interamente dedicate alla storia dell’Europa, alla fine del primo conflitto mondiale ed alla nascita degli stati nazione e che metteranno l’isola dell’Asinara, protagonista suo malgrado, al centro di quella fase di profondo cambiamento in atto in quegli anni nel vecchio continente.

Saranno questi i temi del convegno “Asinara isola d’Europa”, in programma il 16 e 17 novembre nella sala conferenze del museo della Tonnara di Stintino.

L’appuntamento arriva a coronamento di un lungo percorso, avviato dall’amministrazione comunale stintinese nel 2013 con il progetto per le “Commemorazioni di pace: i profughi serbi e i prigionieri austroungarici nell’isola dell’Asinara durante la prima guerra mondiale”, avviato in occasione del centenario della Grande Guerra. Un progetto che assieme al comune di Stintino, capofila dell’iniziativa, vede coinvolti anche il comune di Porto Torres, il Parco nazionale dell’Asinara, l’Università di Sassari, Dipartimento di Microbiologia diretto dal professor Salvatore Rubino, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri e la collaborazione della Camera di commercio del Nord Sardegna e della Fondazione Banco di Sardegna.

Un lavoro che, secondo gli obiettivi comuni, ha mirato a tramandare la memoria storica di uno degli eventi tra i più tragici della Grande Guerra, oltre che far diventare l’Asinara e il Nord Ovest della Sardegna luogo di incontro tra popoli.

La prima giornata del convegno, il 16 novembre con apertura alle ore 15.00, sarà così dedicata al “caso Asinara” ed ai risultati sinora raggiunti nella ricostruzione delle vicende che la videro protagonista del primo conflitto mondiale e testimone della complessa stratificazione linguistica e nazionale dello spazio europeo.

La seconda giornata del convegno, il 17 novembre con apertura alle ore 9.00, guarda sia alla commemorazione della fine della prima guerra mondiale nel 1918 che al “periodo interbellico” nel quadro del novecento europeo: la nascita degli stati-nazione dopo il crollo degli imperi ed il fallimento del primo progetto di cooperazione e coesistenza pacifica in Europa.

Al convegno sono attesi relatori dell’Università di Sassari, della Soprintendenza MiBac per le provincie di Sassari e Nuoro, del Parco nazionale dell’Asinara, dell’Istituto lessicografico storico di Zagabria. Quindi ancora del Comitato sardo del centenario della Grande Guerra, del Laboratorio di Storia di Rovereto, dell’Università di Cassino, di ricercatori indipendenti, di studiosi del Centro studi sulla civiltà del mare, dell’Università di Corte e dell’Istituto delle lettere Catalane. E ancora dell’Università di Cagliari, della “Bohemia Troppau” rappresentanza della minoranza tedesca in Boemia e Silesia, dell’Unione Federale delle Nazionalità Europee, dell’Istituto di Storia dell’Europa Orientale dell’Università di Vienna, dell’Accademia delle Scienze e delle Arti Slovena, e del “Külső Magyarok” Media Provider per le Minoranze Ungheresi all’estero.

 

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È la storia a unire slovacchi e isola dell’Asinara. Qui, cent’anni fa, furono numerosi i soldati cecoslovacchi che, assieme ai circa 22.000 soldati dell’esercito austro-ungarico, vennero deportati come prigionieri. A loro renderà omaggio il 6 giugno l’ambasciatore slovacco a Roma Jàn Soth che, prima, parteciperà al Mut di Stintino alla chiusura della mostra “Centenario della Prima Guerra Mondiale 1914-1918”, e poi sarà sull’isola dell’Asinara.

Una visita quella dell’ambasciatore che, con la mostra dei pannelli fotografici che ripercorrono la storia di una Nazione, la Cecoslovacchia, e ritraggono i soldati cecoslovacchi al fronte e in Italia durante il primo conflitto mondiale, si inserisce nel lungo programma di eventi organizzato dall’amministrazione comunale di Stintino. Una serie di appuntamenti che hanno preso il via nel 2013, con il progetto “Commemorazioni di pace: i profughi e i prigionieri nell’isola dell’Asinara”.

L’arrivo dell’ambasciatore Jàn Soth è previsto per le 10,50 del 6 giugno al Mut, dove ad attenderlo ci saranno il sindaco di Stintino Antonio Diana, il prefetto Giuseppe Marani ed il comandante della Regione militare autonoma della Sardegna, il generale Giovanni Domenico Pintus.

Dopo i saluti delle autorità civili e militari è prevista la visita alla mostra curata da Gabriela Dudeková dell’Istituto di storia dell’Accademia slovacca delle Scienze, in collaborazione con l’Archivio del Club di storia militare “Beskydy”. L’esposizione ha ottenuto l’alto patronato del ministero degli Affari Esteri della Repubblica Slovacca. All’incontro parteciperanno anche Luciano Gutierrez, delegato del rettore dell’Università di Sassari, e Salvatore Rubino, rappresentante del Comitato di indirizzo della Fondazione di Sardegna.

Alle 14.00, invece, le autorità si sposteranno sull’isola dell’Asinara dove è prevista una cerimonia di commemorazione all’ossario di Campo Perdu, alla presenza dell’ambasciatore slovacco e dell’arcivescovo di Sassari Gianfranco Saba. Dopo una visita a Cala Reale, il rientro a Stintino è previsto per le ore 16,30.

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Si è insediato questo pomeriggio il collegio di direzione dell’Aou di Sassari. Una riunione importante quella svolta nei locali della direzione generale perché, da oggi, inizia la sua attività l’organo deputato a supportare la direzione strategica nel perseguimento della missione aziendale e nel governo complessivo dell’Azienda.

«Posso dire che ci sentiamo meno soli – ha esordito il direttore generale Antonio D’Urso durante la riunione – perché l’azienda, che in precedenza non aveva un atto aziendale, da oggi ha un consiglio d’amministrazione che può e deve supportare la direzione».

E questo pomeriggio, attorno al tavolo della sala riunioni della direzione generale, si sono ritrovati appunto, oltre ai vertici aziendali dell’Aou, con il direttore generale che presiede l’organo, anche tutti i direttori dei dipartimenti e il direttore della direzione medica di presidio quindi il direttore Igiene e controllo infezioni ospedaliere.

Per l’occasione, «perché – ha aggiunto il direttore generale – ritengo che in un momento di z garantire la pluralità sia un momento di forza», hanno partecipato anche il direttore della struttura complessa di Farmacia, della struttura complessa delle Professioni sanitarie, i vice direttori del dipartimento del Farmaco e del dipartimento amministrativo e tecnico.

Nel ricordare la composizione del collegio di direzione, il manager ha fatto sapere che è stata pubblicata una deliberazione di rettifica per la nomina dei direttori di dipartimento, a seguito di nota del rettore dell’Università di Sassari. In precedenza, infatti, dall’Università era stato indicato come titolare del dipartimento Tutela delle fragilità un componente che al momento, invece, rivestirà l’incarico “pro tempore”, in attesa dell’effettuazione delle procedure previste dal regolamento Università-Aou di Sassari per l’individuazione dei direttori titolari delle strutture complesse a direzione universitaria.

Il collegio ha quindi approvato all’unanimità il regolamento di oganizzazione e funzionamento. Nove articoli in tutto, che disciplinano la composizione e l’attività di uno dei quattro organi presenti in azienda, oltre al direttore generale, al collegio sindacale e all’organo di indirizzo.

Il direttore generale, infine, ha colto l’occasione per far sapere che sono state indette le votazioni della componente elettiva dell’ultimo collegio di dipartimento, quello delle professioni sanitarie. Ad essere chiamati al voto, il 23 aprile dalle 9 alle 18, sono oltre 1.500 dipendenti del comparto delle professioni sanitarie.

Questa sera alla riunione hanno partecipato: il direttore generale Antonio D’Urso, il direttore sanitario Nicolò Orrù, il direttore amministrativo Lorenzo Pescini, quindi i direttori dei dipartimenti dell’assistenza integrata Francesco Bandiera per quello Medico, Maria Cossu delle Specialità mediche e della riabilitazione, Francesco Bussu Neuroscienze testa collo,Pierfranco Terrosu Cardio toraco vascolare, Stefano Profili Farmaco e diagnostica. Quindi ancora per l’Emergenza urgenza Pierpaolo Terragni, per quello Chirurgico Alberto Porcu, per quello Oncoematologico Gian Vittorio Campus, per quello della Tutela della Salute donna e bambino Salvatore Dessole, per il dipartimento Tutela delle fragilità Stefano Sotgiu. Inoltre, per quello amministrativo e tecnico Chiara Seazzu. Erano presenti anche i direttori della direzione Medica di presidio, Bruno Contu, della struttura complessa di Igiene e controllo delle infezioni ospedaliere Ida Iolanda Mura, della struttura complessa di Farmacia Gabriella Carmelita, della struttura complessa delle Professioni sanitarie Pina Brocchi. E ancora i vice direttori del dipartimento del Farmaco Salvatore Rubino e del dipartimento amministrativo e tecnico Luigi Spanu.

Così come prevede l’atto aziendale il collegio di direzione partecipa al governo delle attività cliniche e, più in generale, a quello strategico dell’Aou assumendone responsabilità collegiale. Partecipa, inoltre, alla pianificazione delle attività, incluse quelle relative alla didattica e alla ricerca nell’ambito dei programmi dell’Università degli Studi di Sassari ed è consultato obbligatoriamente dal direttore generale su tutte le questioni attinenti al governo delle attività cliniche. Quindi ancora, partecipa alla definizione delle soluzioni organizzative per l’attuazione dell’attività libero-professionale intramuraria e concorre allo sviluppo organizzativo e gestionale dell’azienda ospedaliero universitaria di Sassari, con particolare riferimento all’individuazione di indicatori di risultato clinico assistenziale e di efficienza e dei requisiti di appropriatezza e qualità delle prestazioni. Partecipa anche alla valutazione interna dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi prefissati.